Avanzi di pizza
Oct. 4th, 2013 03:56 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Avanzi di pizza
Rating: Verde
Genere: Slice of life
Personaggi: Dante, Vergil
Wordcount: 926 (
fiumidiparole)
Prompt: 147. Fame echeggiante @
500themes_ita + Scaldare gli avanzi della sera prima @
piscinadiprompt
Note: Incest, Shonen-ai
«Ehi!» iniziò il più piccolo dei due, sbattendo la propria rivista sulla scrivania e alzandosi in piedi «Guarda che avere fame è una cosa normale!».
Come a supporto della sua tesi, il suo stomaco brontolò di nuovo in maniera ben udibile.
«Immagino che solo avere fame quanto te sia strano allora...» continuò Vergil.
Dante, come al solito seduto dietro alla scrivania con solo i pantaloni addosso, era intento a leggere una delle sue riviste, mentre suo fratello gemello Vergil era come al solito impegnato a lucidare la sua inseparabile katana seduto sul divano.
Erano le sette meno dieci di sera e nessuno dei due sembrava accusare l'avvicinarsi dell'ora di cena... perlomeno fino ad allora, quando nel pacifico silenzio della Devil May Cry riecheggiò un gorgoglio decisamente buffo a volume parecchio alto.
Il primo a commentare il rumore fu Vergil, che molto pacatamente - in tono quasi piatto - domandò: «Che cos'è stato?».
Al quesito Dante oppose una risposta semplicissima ed inoppugnabile: «Ho fame».
Non era abituato a fornire spiegazioni riguardo istinti basilari quali il nutrirsi e il riposarsi - o fare l'amore. Era sempre stato da solo prima che suo fratello tornasse dal buco d'inferno dov'era andato a nascondersi per un anno, per cui doveva ancora abituarsi all'idea che i suoi bisogni non fossero più in cima alla lista delle priorità e che adesso alcune cose - tra cui ad esempio gli orari dei pasti - andavano decise di comune accordo.
«Non pensavo che uno stomaco potesse emettere dei rumori simili» esclamò Vergil fingendo sorpresa nel tono di voce.
«Forse perché il tuo ha smesso di cercare di farsi sentire... tanto ormai era una causa persa» rimbeccò Dante.
«Io non sono un morto di fame, a differenza tua» obiettò l'altro.
«Ehi!» iniziò il più piccolo dei due, sbattendo la propria rivista sulla scrivania e alzandosi in piedi «Guarda che avere fame è una cosa normale!».
Come a supporto della sua tesi, il suo stomaco brontolò di nuovo in maniera ben udibile.
«Immagino che solo avere fame quanto te sia strano allora...» continuò Vergil, irritando il gemello, che fece per avventarglisi addosso quando di nuovo un gorgoglio si fece sentire dalla sua pancia, trattenendolo.
Vergil scosse la testa esasperato.
«Mi fai quasi pena. Quasi» disse, alzandosi in piedi e rinfoderando la Yamato «Scaldo qualcosa da mangiare» aggiunse, spostando da parte suo fratello.
Quest'ultimo lo seguì con gli occhi, sorpreso dall'affermazione che aveva appena fatto: «Perché, tu sai cucinare?».
Tra tutti e due era dura stabilire chi fosse il meno indicato per le faccende domestiche. Erano entrambi eccellenti cacciatori di demoni, ma quando si trattava di cose come pulire o cucinare erano negati.
«Che ci vuole a scaldare due avanzi di pizza?» domandò Vergil, offeso dalla scarsa fiducia riposta nella sua persona.
Non sapeva cucinare, era vero, ma per riscaldare del cibo già pronto non ci voleva certo uno chef.
Dante lo fissò dubbioso mentre spariva oltre la porta della cucina pensando che quand'erano bambini lui faceva sempre affidamento su Vergil anche per le cose più stupide, perché lui sapeva sempre come fare.
Anche per mangiare, spesso e volentieri si era affidato a lui, dato che i loro genitori li lasciavano molte volte da soli.
Dante si sdraiò sul divano, in attesa del ritorno di Vergil. Nel frattempo, continuò ad ascoltare il proprio stomaco che protestava a viva voce il bisogno di carburante per diversi minuti.
«Quanto gli ci vorrà per scaldare qualche avanzo?» si domandò a mezza voce, intrecciando le dita sopra la pancia e sospirando «Mangiavo anche senza che scaldasse niente...».
«Che gentile che sei, e io che pensavo di farti un favore...».
Vergil apparve sulla porta della cucina con un paio di piatti sui quali aveva posizionato diverse fette di pizza.
Dante si raddrizzò subito sentendo l'odore di cibo aleggiare nell'aria.
«Be', è vero. Gli avanzi li mangio anche freddi in genere» spiegò mentre suo fratello posava sul vecchio tavolino di legno vicino al divano i piatti.
Dante fece per prendere la prima fetta, ma Vergil gliela sottrasse prima che ci arrivasse, guadagnandosi un'occhiataccia. Si accomodò accanto a lui, osservandolo mentre si serviva.
«Non dirmi che ti piace veramente di più fredda» esclamò, addentando il pezzo che aveva preso. A lui personalmente la pizza piaceva solo se era calda o tiepida, ma a suo fratello - che ne era un patito - probabilmente bastava che fosse pizza perché gli piacesse.
Dante addentò vorace un trancio, strappandone metà.
«Buona anche scaldata» commentò, ed aveva tutta l’aria di essere l’unica cosa simile ad un complimento che sarebbe uscita dalla sua bocca.
Vergil gli porse la propria fetta.
«Che c'è, non la vuoi?» domandò l'altro, perplesso «Oppure è un tentativo di approccio sexy mal riuscito?».
Dal rossore che si diffuse sulle guance del fratello, probabilmente era la seconda.
«Guarda, si fa così».
Dante gli tolse di mano la pizza e lo afferrò cingendolo con il braccio destro, stringendolo contro il proprio petto. Si protese verso la sua bocca - che grazie alla loro situazione di gemelli monozigoti era alla stessa altezza - e la congiunse con la propria.
Vergil sentì il sapore di pizza del suo alito e della sua lingua - attualmente impegnata ad ispezionare il suo palato con cura.
Quando si trattava di romanticismo e amore, Vergil era totalmente negato, al contrario di Dante, che era un playboy nato.
Il fratello più grande lasciò a quest'ultimo la più completa direzione del bacio, preferendo godersi la sensazione di piacevolezza che avvertiva nascere e crescere nel bassoventre.
Dopo alcuni minuti Dante recise il contatto ed esclamò: «Dai, Vergil apri la bocca».
Lui obbedì, e il fratello gli imboccò un pezzo di pizza. Aveva sperato in qualche tipo particolare di bacio, ma non ci fu nessuna prosecuzione di quanto avvenuto poco prima.
«Posso mangiare anche da solo» tagliò corto Vergil, riacquisendo totale autonomia. Sembrava scocciato dalla fine di quel momento particolarmente intimo.
Dante gli sorrise con fare ammiccante.
«Se fai il bravo più tardi possiamo riprendere da dove abbiamo interrotto...» disse, servendosi un'altra fetta di pizza.
Le guance di Vergil si fecero di nuovo rosse, anche se stavolta lo fecero contro la sua volontà.
Rating: Verde
Genere: Slice of life
Personaggi: Dante, Vergil
Wordcount: 926 (
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Note: Incest, Shonen-ai
«Ehi!» iniziò il più piccolo dei due, sbattendo la propria rivista sulla scrivania e alzandosi in piedi «Guarda che avere fame è una cosa normale!».
Come a supporto della sua tesi, il suo stomaco brontolò di nuovo in maniera ben udibile.
«Immagino che solo avere fame quanto te sia strano allora...» continuò Vergil.
Dante, come al solito seduto dietro alla scrivania con solo i pantaloni addosso, era intento a leggere una delle sue riviste, mentre suo fratello gemello Vergil era come al solito impegnato a lucidare la sua inseparabile katana seduto sul divano.
Erano le sette meno dieci di sera e nessuno dei due sembrava accusare l'avvicinarsi dell'ora di cena... perlomeno fino ad allora, quando nel pacifico silenzio della Devil May Cry riecheggiò un gorgoglio decisamente buffo a volume parecchio alto.
Il primo a commentare il rumore fu Vergil, che molto pacatamente - in tono quasi piatto - domandò: «Che cos'è stato?».
Al quesito Dante oppose una risposta semplicissima ed inoppugnabile: «Ho fame».
Non era abituato a fornire spiegazioni riguardo istinti basilari quali il nutrirsi e il riposarsi - o fare l'amore. Era sempre stato da solo prima che suo fratello tornasse dal buco d'inferno dov'era andato a nascondersi per un anno, per cui doveva ancora abituarsi all'idea che i suoi bisogni non fossero più in cima alla lista delle priorità e che adesso alcune cose - tra cui ad esempio gli orari dei pasti - andavano decise di comune accordo.
«Non pensavo che uno stomaco potesse emettere dei rumori simili» esclamò Vergil fingendo sorpresa nel tono di voce.
«Forse perché il tuo ha smesso di cercare di farsi sentire... tanto ormai era una causa persa» rimbeccò Dante.
«Io non sono un morto di fame, a differenza tua» obiettò l'altro.
«Ehi!» iniziò il più piccolo dei due, sbattendo la propria rivista sulla scrivania e alzandosi in piedi «Guarda che avere fame è una cosa normale!».
Come a supporto della sua tesi, il suo stomaco brontolò di nuovo in maniera ben udibile.
«Immagino che solo avere fame quanto te sia strano allora...» continuò Vergil, irritando il gemello, che fece per avventarglisi addosso quando di nuovo un gorgoglio si fece sentire dalla sua pancia, trattenendolo.
Vergil scosse la testa esasperato.
«Mi fai quasi pena. Quasi» disse, alzandosi in piedi e rinfoderando la Yamato «Scaldo qualcosa da mangiare» aggiunse, spostando da parte suo fratello.
Quest'ultimo lo seguì con gli occhi, sorpreso dall'affermazione che aveva appena fatto: «Perché, tu sai cucinare?».
Tra tutti e due era dura stabilire chi fosse il meno indicato per le faccende domestiche. Erano entrambi eccellenti cacciatori di demoni, ma quando si trattava di cose come pulire o cucinare erano negati.
«Che ci vuole a scaldare due avanzi di pizza?» domandò Vergil, offeso dalla scarsa fiducia riposta nella sua persona.
Non sapeva cucinare, era vero, ma per riscaldare del cibo già pronto non ci voleva certo uno chef.
Dante lo fissò dubbioso mentre spariva oltre la porta della cucina pensando che quand'erano bambini lui faceva sempre affidamento su Vergil anche per le cose più stupide, perché lui sapeva sempre come fare.
Anche per mangiare, spesso e volentieri si era affidato a lui, dato che i loro genitori li lasciavano molte volte da soli.
Dante si sdraiò sul divano, in attesa del ritorno di Vergil. Nel frattempo, continuò ad ascoltare il proprio stomaco che protestava a viva voce il bisogno di carburante per diversi minuti.
«Quanto gli ci vorrà per scaldare qualche avanzo?» si domandò a mezza voce, intrecciando le dita sopra la pancia e sospirando «Mangiavo anche senza che scaldasse niente...».
«Che gentile che sei, e io che pensavo di farti un favore...».
Vergil apparve sulla porta della cucina con un paio di piatti sui quali aveva posizionato diverse fette di pizza.
Dante si raddrizzò subito sentendo l'odore di cibo aleggiare nell'aria.
«Be', è vero. Gli avanzi li mangio anche freddi in genere» spiegò mentre suo fratello posava sul vecchio tavolino di legno vicino al divano i piatti.
Dante fece per prendere la prima fetta, ma Vergil gliela sottrasse prima che ci arrivasse, guadagnandosi un'occhiataccia. Si accomodò accanto a lui, osservandolo mentre si serviva.
«Non dirmi che ti piace veramente di più fredda» esclamò, addentando il pezzo che aveva preso. A lui personalmente la pizza piaceva solo se era calda o tiepida, ma a suo fratello - che ne era un patito - probabilmente bastava che fosse pizza perché gli piacesse.
Dante addentò vorace un trancio, strappandone metà.
«Buona anche scaldata» commentò, ed aveva tutta l’aria di essere l’unica cosa simile ad un complimento che sarebbe uscita dalla sua bocca.
Vergil gli porse la propria fetta.
«Che c'è, non la vuoi?» domandò l'altro, perplesso «Oppure è un tentativo di approccio sexy mal riuscito?».
Dal rossore che si diffuse sulle guance del fratello, probabilmente era la seconda.
«Guarda, si fa così».
Dante gli tolse di mano la pizza e lo afferrò cingendolo con il braccio destro, stringendolo contro il proprio petto. Si protese verso la sua bocca - che grazie alla loro situazione di gemelli monozigoti era alla stessa altezza - e la congiunse con la propria.
Vergil sentì il sapore di pizza del suo alito e della sua lingua - attualmente impegnata ad ispezionare il suo palato con cura.
Quando si trattava di romanticismo e amore, Vergil era totalmente negato, al contrario di Dante, che era un playboy nato.
Il fratello più grande lasciò a quest'ultimo la più completa direzione del bacio, preferendo godersi la sensazione di piacevolezza che avvertiva nascere e crescere nel bassoventre.
Dopo alcuni minuti Dante recise il contatto ed esclamò: «Dai, Vergil apri la bocca».
Lui obbedì, e il fratello gli imboccò un pezzo di pizza. Aveva sperato in qualche tipo particolare di bacio, ma non ci fu nessuna prosecuzione di quanto avvenuto poco prima.
«Posso mangiare anche da solo» tagliò corto Vergil, riacquisendo totale autonomia. Sembrava scocciato dalla fine di quel momento particolarmente intimo.
Dante gli sorrise con fare ammiccante.
«Se fai il bravo più tardi possiamo riprendere da dove abbiamo interrotto...» disse, servendosi un'altra fetta di pizza.
Le guance di Vergil si fecero di nuovo rosse, anche se stavolta lo fecero contro la sua volontà.