End of all Hope
Apr. 15th, 2011 09:55 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: End of all Hope
Rating: Giallo
Genere: Generale, Introspettivo
Personaggi: Neuro Nōgami, Yako Katsuragi
Wordcount: 1088 (
fiumidiparole)
Prompt: Fine del mondo - 8° settimana del COW-T @
maridichallenge
Note: What if...? 25° episodio
Il cielo era una cupola rosata nella quale si riflettevano sprazzi di luce sanguigni, tra i quali si libravano ompre oscure ed informi di creature infernali.
I loro stridii, le loro grida animali rompevano il silenzio del cielo, riecheggiavano per ogni dove, fin nelle viscere dei pochi umani superstiti che ancora s'affannavano in cerca di un angolo in cui poter trovare riparo, la salvezza da una morte certa.
Il cielo era una cupola rosata nella quale si riflettevano sprazzi di luce sanguigni, tra i quali si libravano ombre oscure ed informi di creature infernali.
I loro stridii, le loro grida animali rompevano il silenzio del cielo, riecheggiavano per ogni dove, fin nelle viscere dei pochi umani superstiti che ancora s'affannavano in cerca di un angolo in cui poter trovare riparo, la salvezza da una morte certa.
Yako, atterrita, osservava la macabra panoramica del paesaggio completamente distrutto e devastato che le si offriva dalla sua postazione sopraelevata.
Si trovava a bordo di un elicottero pilotato da Godai, di ritorno dal sud America.
Innanzi ai suoi occhi non c'era nient'altro che desolazione, macerie di edifici, esigui gruppi di persone che cercavano di scappare dalla persecuzione feroce di mostri della peggiore specie e bestie che si cibavano di intestini umani senza il minimo scrupolo, spargendo noncuranti il sangue delle loro vittime sull'asfalto.
L'elicottero volava abbastanza basso da permetterle di scorgere tutto ciò con una ricchezza di particolari sufficiente a farle affermare con certezza che lì, nella sua città natale, adesso si era riversato l'Inferno vero e proprio, al quale Dio solo sapeva se sarebbero riusciti a trovare scampo.
Tutto quel guaio era cominciato a causa del collasso del portale dell'Inferno in sud America e da lì le orde infernali erano fuoriuscite e si erano dirette in Giappone, dov'era data per certa la presenza del demone per eccellenza, colui che era riuscito ad evadere dagli inferi forzando con le sole proprie forze il portale, senza subire alcun tipo di danno al proprio fisico nel passaggio.
Lui.
«Neuro... che cosa facciamo?».
La Katsuragi si volse verso il sedile affianco al suo, dov'era seduto il diretto interessato.
Neuro stava addossato allo schienale del sedile, il mento poggiato sul petto, braccia incrociate e gambe elegantemente accavallate. Era in un evidente stato pseudo-meditativo - o meditativo e basta - a giudicare dal fatto che non la degnò né di risposta né d'attenzioni.
La ragazza continuò a fissarlo, in attesa: da qualsiasi sua decisione in merito al da farsi sarebbe dipeso il destino del genere umano. Forse ne era consapevole, visto che continuava a pensare, almeno in apparenza; tuttavia, non avevano tempo per indugiare oltre.
«Neuro?» lo sollecitò una seconda volta la giovane, con più enfasi.
Il demone l'afferrò con veemenza per la testa, addossandola contro lo schienale del suo sedile in malo modo.
«Sto pensando, scarafaggio» disse, in tono serio e lievemente minaccioso, poi riprese a parlare, dopo appena pochi attimi: «Devo intervenire. Quegli esseri infimi stanno riducendo drasticamente la mia fonte di cibo».
Così dicendo si alzò dal sedile, lasciando la presa sul capo della ragazza, e si accostò allo sportello del veicolo, che aprì con nonchalance assoluta.
L'assordante rombo delle pale e poderose raffiche di vento entrarono nell'abitacolo, assordandoli tutti, scompigliando i capelli di Yako e trasformando in corte fruste i ciuffi bicromi di Neuro.
«Che cosa vuoi fare, Neuro?!» urlò la studentessa, cercando di sovrastare il rumore dell'elicottero, invano: il demone, senza darle ascolto e senza voltarsi a lei una seconda volta, saltò nel vuoto.
«NEUROOOOO!».
Yako s'affacciò dall'elicottero, guardando in basso: il demone si stava dirigendo verso il suolo a velocità spaventosa a dir poco. Se fosse stato un comunissimo essere umano, di lui all’impatto col suolo sarebbe rimasto ben poco.
Un gruppo di mostri neri con la pelle raggrinzita e la corporatura scheletrica si era già accorto della sua presenza e si stava avventando contro di lui.
Al guardarli, la studentessa non riuscì a trattenere un brivido di ribrezzo: erano mostruosi.
Se quelli erano solamente dei demoni di infimo livello - come le aveva spiegato Neuro in America - allora non voleva vedere che razza di aspetto avessero quelli di grado maggiore.
Erano ributtanti e, cosa peggiore, aggressivi e violenti in modo spaventoso; però Neuro era forte, superiore a loro per forza e intelligenza, e di ciò la Katsuragi era più che certa.
L’unico svantaggio era che i suoi avversari erano in superiorità numerica a dir poco schiacciante.
Avrebbe potuto sopraffarne tanti, forse la maggior parte, ma mai tutti. La sua forza non durava in eterno: prima o poi si sarebbe esaurita e con la fine di essa sarebbe stato distrutto.
In quel momento, mentre Neuro atterrava e cominciava lo scontro, Yako era oppressa da un vivo senso d'ansia, non solo per le sorti del mondo umano, ma anche e soprattutto per quelle del suo demone.
Da quando le loro strade si erano incrociate, mesi addietro, le loro vite erano state unite da un filo invisibile ma forte che, almeno da parte sua, la ragazza non riusciva e non voleva spezzare.Dall'arrivo di Neuro erano cambiate tante cose nella sua vita e non era convinta che fosse stato qualcosa di malvagio.
Adesso, però, quella parvenza di tranquillità che animava le loro giornate di lavoro sembrava essere solo un lontanissimo ricordo, ma anche un sogno irraggiungibile.
Le grida e i rumori della battaglia riempivano i cieli: stridii di dolore, schianto d'ossa spezzate e suono di carne lacerata.
La battaglia era ormai entrata nel vivo. Dal suo esito gli esseri umani sarebbero sopravvissuti o sarebbero stati annientati definitivamente.
Al solo pensarci, Yako si sentiva stringere alla bocca dello stomaco da un senso di impotenza e di nausea; tuttavia nutriva la massima fiducia in Neuro, il demone che avrebbe protetto la sua fonte di nutrimento fino a che non avesse emesso l’ultimo fiato.
Lo conosceva abbastanza bene da avere un'idea ben chiara del punto fin dove poteva spingersi e combattere fino alla morte per difendere il suo “territorio di caccia” e le sue “prede” rientrava decisamente entro quel confine.
La Katsuragi, guardando lo svolgersi dell'azione sotto di lei, serrò i pugni: non era disposta a rinunciare a Neuro così facilmente. Era solo merito suo se lei aveva trovato la forza di andare avanti, dopo la morte di suo padre.
Poteva considerare Neuro come una sorta di salvatore, anche se era venuto a lei soltanto per i suoi egoistici scopi.
«Godai, portami giù!» esclamò la ragazza all’improvviso, sporgendosi verso il biondo ai comandi.
«Che cosa?! Sei impazzita?» sbottò lui, incredulo, girandosi verso di lei.
«Devo aiutare Neuro!» spiegò la Katsuragi con determinazione e forza.
Godai la fissò per qualche momento, poi aggiunse uno scocciato: «Tsk! Fa’ un po’ come ti pare...!».
Era chiaro che disapprovasse la sua scelta - che fosse preoccupato per lei - e che stesse cercando, allo stesso tempo, di dissimularlo.
Il solito Godai.
Quest’ultimo invertì la direzione di marcia ed iniziò lentamente la discesa.
«Sto arrivando, Neuro...!» esclamò tra sé e sé Yako, pronta a saltar giù dall’elicottero non appena avesse raggiunto una distanza non troppo ampia dal punto d’atterraggio.
Se Neuro doveva combattere per salvare l’umanità, nel suo piccolo anche lei voleva aiutarlo.
In fin dei conti, quello era il suo mondo.
Rating: Giallo
Genere: Generale, Introspettivo
Personaggi: Neuro Nōgami, Yako Katsuragi
Wordcount: 1088 (
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Prompt: Fine del mondo - 8° settimana del COW-T @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Note: What if...? 25° episodio
Il cielo era una cupola rosata nella quale si riflettevano sprazzi di luce sanguigni, tra i quali si libravano ompre oscure ed informi di creature infernali.
I loro stridii, le loro grida animali rompevano il silenzio del cielo, riecheggiavano per ogni dove, fin nelle viscere dei pochi umani superstiti che ancora s'affannavano in cerca di un angolo in cui poter trovare riparo, la salvezza da una morte certa.
Il cielo era una cupola rosata nella quale si riflettevano sprazzi di luce sanguigni, tra i quali si libravano ombre oscure ed informi di creature infernali.
I loro stridii, le loro grida animali rompevano il silenzio del cielo, riecheggiavano per ogni dove, fin nelle viscere dei pochi umani superstiti che ancora s'affannavano in cerca di un angolo in cui poter trovare riparo, la salvezza da una morte certa.
Yako, atterrita, osservava la macabra panoramica del paesaggio completamente distrutto e devastato che le si offriva dalla sua postazione sopraelevata.
Si trovava a bordo di un elicottero pilotato da Godai, di ritorno dal sud America.
Innanzi ai suoi occhi non c'era nient'altro che desolazione, macerie di edifici, esigui gruppi di persone che cercavano di scappare dalla persecuzione feroce di mostri della peggiore specie e bestie che si cibavano di intestini umani senza il minimo scrupolo, spargendo noncuranti il sangue delle loro vittime sull'asfalto.
L'elicottero volava abbastanza basso da permetterle di scorgere tutto ciò con una ricchezza di particolari sufficiente a farle affermare con certezza che lì, nella sua città natale, adesso si era riversato l'Inferno vero e proprio, al quale Dio solo sapeva se sarebbero riusciti a trovare scampo.
Tutto quel guaio era cominciato a causa del collasso del portale dell'Inferno in sud America e da lì le orde infernali erano fuoriuscite e si erano dirette in Giappone, dov'era data per certa la presenza del demone per eccellenza, colui che era riuscito ad evadere dagli inferi forzando con le sole proprie forze il portale, senza subire alcun tipo di danno al proprio fisico nel passaggio.
Lui.
«Neuro... che cosa facciamo?».
La Katsuragi si volse verso il sedile affianco al suo, dov'era seduto il diretto interessato.
Neuro stava addossato allo schienale del sedile, il mento poggiato sul petto, braccia incrociate e gambe elegantemente accavallate. Era in un evidente stato pseudo-meditativo - o meditativo e basta - a giudicare dal fatto che non la degnò né di risposta né d'attenzioni.
La ragazza continuò a fissarlo, in attesa: da qualsiasi sua decisione in merito al da farsi sarebbe dipeso il destino del genere umano. Forse ne era consapevole, visto che continuava a pensare, almeno in apparenza; tuttavia, non avevano tempo per indugiare oltre.
«Neuro?» lo sollecitò una seconda volta la giovane, con più enfasi.
Il demone l'afferrò con veemenza per la testa, addossandola contro lo schienale del suo sedile in malo modo.
«Sto pensando, scarafaggio» disse, in tono serio e lievemente minaccioso, poi riprese a parlare, dopo appena pochi attimi: «Devo intervenire. Quegli esseri infimi stanno riducendo drasticamente la mia fonte di cibo».
Così dicendo si alzò dal sedile, lasciando la presa sul capo della ragazza, e si accostò allo sportello del veicolo, che aprì con nonchalance assoluta.
L'assordante rombo delle pale e poderose raffiche di vento entrarono nell'abitacolo, assordandoli tutti, scompigliando i capelli di Yako e trasformando in corte fruste i ciuffi bicromi di Neuro.
«Che cosa vuoi fare, Neuro?!» urlò la studentessa, cercando di sovrastare il rumore dell'elicottero, invano: il demone, senza darle ascolto e senza voltarsi a lei una seconda volta, saltò nel vuoto.
«NEUROOOOO!».
Yako s'affacciò dall'elicottero, guardando in basso: il demone si stava dirigendo verso il suolo a velocità spaventosa a dir poco. Se fosse stato un comunissimo essere umano, di lui all’impatto col suolo sarebbe rimasto ben poco.
Un gruppo di mostri neri con la pelle raggrinzita e la corporatura scheletrica si era già accorto della sua presenza e si stava avventando contro di lui.
Al guardarli, la studentessa non riuscì a trattenere un brivido di ribrezzo: erano mostruosi.
Se quelli erano solamente dei demoni di infimo livello - come le aveva spiegato Neuro in America - allora non voleva vedere che razza di aspetto avessero quelli di grado maggiore.
Erano ributtanti e, cosa peggiore, aggressivi e violenti in modo spaventoso; però Neuro era forte, superiore a loro per forza e intelligenza, e di ciò la Katsuragi era più che certa.
L’unico svantaggio era che i suoi avversari erano in superiorità numerica a dir poco schiacciante.
Avrebbe potuto sopraffarne tanti, forse la maggior parte, ma mai tutti. La sua forza non durava in eterno: prima o poi si sarebbe esaurita e con la fine di essa sarebbe stato distrutto.
In quel momento, mentre Neuro atterrava e cominciava lo scontro, Yako era oppressa da un vivo senso d'ansia, non solo per le sorti del mondo umano, ma anche e soprattutto per quelle del suo demone.
Da quando le loro strade si erano incrociate, mesi addietro, le loro vite erano state unite da un filo invisibile ma forte che, almeno da parte sua, la ragazza non riusciva e non voleva spezzare.Dall'arrivo di Neuro erano cambiate tante cose nella sua vita e non era convinta che fosse stato qualcosa di malvagio.
Adesso, però, quella parvenza di tranquillità che animava le loro giornate di lavoro sembrava essere solo un lontanissimo ricordo, ma anche un sogno irraggiungibile.
Le grida e i rumori della battaglia riempivano i cieli: stridii di dolore, schianto d'ossa spezzate e suono di carne lacerata.
La battaglia era ormai entrata nel vivo. Dal suo esito gli esseri umani sarebbero sopravvissuti o sarebbero stati annientati definitivamente.
Al solo pensarci, Yako si sentiva stringere alla bocca dello stomaco da un senso di impotenza e di nausea; tuttavia nutriva la massima fiducia in Neuro, il demone che avrebbe protetto la sua fonte di nutrimento fino a che non avesse emesso l’ultimo fiato.
Lo conosceva abbastanza bene da avere un'idea ben chiara del punto fin dove poteva spingersi e combattere fino alla morte per difendere il suo “territorio di caccia” e le sue “prede” rientrava decisamente entro quel confine.
La Katsuragi, guardando lo svolgersi dell'azione sotto di lei, serrò i pugni: non era disposta a rinunciare a Neuro così facilmente. Era solo merito suo se lei aveva trovato la forza di andare avanti, dopo la morte di suo padre.
Poteva considerare Neuro come una sorta di salvatore, anche se era venuto a lei soltanto per i suoi egoistici scopi.
«Godai, portami giù!» esclamò la ragazza all’improvviso, sporgendosi verso il biondo ai comandi.
«Che cosa?! Sei impazzita?» sbottò lui, incredulo, girandosi verso di lei.
«Devo aiutare Neuro!» spiegò la Katsuragi con determinazione e forza.
Godai la fissò per qualche momento, poi aggiunse uno scocciato: «Tsk! Fa’ un po’ come ti pare...!».
Era chiaro che disapprovasse la sua scelta - che fosse preoccupato per lei - e che stesse cercando, allo stesso tempo, di dissimularlo.
Il solito Godai.
Quest’ultimo invertì la direzione di marcia ed iniziò lentamente la discesa.
«Sto arrivando, Neuro...!» esclamò tra sé e sé Yako, pronta a saltar giù dall’elicottero non appena avesse raggiunto una distanza non troppo ampia dal punto d’atterraggio.
Se Neuro doveva combattere per salvare l’umanità, nel suo piccolo anche lei voleva aiutarlo.
In fin dei conti, quello era il suo mondo.