fiamma_drakon: (Neuro_Nōgami)
fiamma_drakon ([personal profile] fiamma_drakon) wrote2011-04-25 09:58 am

D A R K S I D E [Capitolo 4]

Titolo: D A R K  S I D E
Rating: Arancione
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale
Personaggi: Brian Basco, Gabriel Spiegelman, Gina Timmins, Ian Bennett, Nuovo Personaggio
Wordcount: 1049 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Note: AU, Het, Long-fic, Non per stomaci delicati
«Brian...».
Non riuscivo a tenere sotto controllo la voce, che percepivo io stessa instabile e rotta da un pianto ormai prossimo.
Lo guardavo, e nei suoi occhi non vedevo più lo stesso uomo con cui avevo passato così tante avventure e del quale mi ero perdutamente innamorata, ma vedevo semplicemente un estraneo dall’aria familiare.
Volevo abbracciarlo, ma il mio cervello mi urlava disperatamente di non farlo, perché non era più veramente lui.
«Brian...» sussurrai di nuovo «... cosa sei?».
Lui abbassò gli occhi, e per un istante potei giurare di aver visto in un lampo il mio Brian.
«Un mostro...» disse semplicemente, la voce intrisa di dolore e orrore, voltandosi e correndo via.
«Gina!».
Il dottor Bennett mi sostenne, mentre le mie ginocchia cedevano e le lacrime traboccavano dai miei occhi, offuscando il suo profilo in fuga.

[Alternativamente Gina/Brian side]


Ero schifato, disgustato all’ennesima potenza. Non riuscivo a credere di essere stato... di aver potuto...
Fay era seduta poco distante e si stava leccando le dita ancora sporche di sangue come se quello fosse stato del succo di fragole.
Accanto a lei era disteso il corpo di uno straccione, riverso al suolo in un lago di sangue. Morto.
E Fay... e io...
Mi ero risvegliato pochi minuti prima accanto a lei, che mi aveva allontanato accusandomi di essere un invadente misero umano con cui lei non aveva niente a che spartire e che avrebbe atteso il risveglio dell’altro Brian per considerarmi.
Sentivo il sapore del sangue e della carne in bocca e l’orribile tanfo organico dal retrogusto metallico della linfa rossa che lei stava così sapientemente leccando da almeno venti minuti.
Non avevo idea di cosa fosse accaduto, ma mi sentivo sporco dentro e avevo voglia di vomitare, per quanto la sola idea di rigettare mi rivoltasse lo stomaco.
Era tutto confuso e nella mia testa una miriade d’immagini si sovrapponevano in continuazione, finché una particolare non attirò la mia attenzione: era una ragazza che correva, spaventata, verso una macchina.
Una donna che mi era ben familiare, così come la sua auto.
Gina. La mia amata Gina.
Sembrava così impaurita, terrorizzata... ma da cosa? Correva veloce attraverso un vicolo buio, disperata: sentivo il suo respiro accelerato pure tramite un semplice ricordo.
Una fitta alle tempie cancellò l’immagine di Gina dalla mia testa. Mi addossai alla parete dietro di me e reclinai il capo, mandando un sospiro al cielo: che cosa significava quel ricordo?
Perché mi faceva così male?

Forse perché non dovrebbe essere tuo, ma solo ed esclusivamente MIO...

Di nuovo quella voce. Mi sarebbe tanto piaciuto potergli dare un’identità, così da poterla temere per qualcosa, ma purtroppo non avevo la più pallida e remota idea di cosa o chi fosse.
Appoggiai il braccio destro sul ginocchio e mandai un sottile gemito: l’avambraccio mi faceva un male d’inferno e sanguinava senza tregua. Forse era rotto, ma se lo fosse stato semplicemente, non avrebbe sanguinato tanto.
Che ricordassi, prima di perdere conoscenza non mi faceva male... ma allora perché adesso sì? Cosa mi succedeva quando svenivo?
Mi sarebbe piaciuto tanto saperlo, così da poterlo evitare, in futuro.

Non potrai evitarlo, Brian. Ormai siamo questo... per sempre.
È inutile cercare di opporsi al destino...

«Esci, esci dalla mia testa!» esclamai tra me, alzando di scatto ambedue le braccia, afferrandomi la testa e scuotendola, ma riabbassai il braccio destro con un gemito ben udibile, che fece voltare Fay.
«Ehi, che hai?» sbottò, evidentemente irritata.
La fulminai con un’occhiataccia alla sua mano tinta di rosso.
Lei parve accorgersene, a giudicare da quel che mi disse in seguito: «Non guardarmi così, idiota! Hmpf! Non vedo l’ora che torni l’altro Brian...».
Quindi riprese a leccarsi, come un animale dopo un buon pasto.
Era a dir poco disgustoso.
Spostai di nuovo la mia attenzione sul mio braccio ferito e mi venne voglia di urlare: mi faceva male!
Tutto mi faceva male, non solo nel fisico, ma anche dentro, nella mente e nell’anima. Non sapevo in che situazione mi trovavo e sembrava che Fay Vayne fosse l’unico modo che avevo per saperlo, ma lei non aveva palesemente intenzione di aprire bocca in merito all’argomento.
C’era quella voce misteriosa che continuava ad assillarmi e poi quel ricordo di Gina e il braccio.
Strinsi un pugno e contrassi i muscoli: volevo sapere cosa mi stava accadendo intorno e il perché di tutto quel soffrire.
Avevo diritto di sapere, no? Perché allora nessuno voleva dirmi niente?!
Perché Fay non voleva spiegarmi?!?!
«Ehi, Brian...».
La sua voce era suadente e provocante e mi scivolò sulla schiena come un cubetto di ghiaccio.
La vidi in piedi, torreggiante sopra di me con fare minaccioso, nel suo sguardo un che di vagamente perverso. D’istinto, mi ritrassi contro la parete.
Lei si chinò su di me e allungò un dito a sfiorarmi il petto, scendendo sempre più giù, lentamente, fino a fermarsi sul rigonfiamento al cavallo dei miei pantaloni.
Mi abbagliò con un sorriso malizioso e nient’affatto normale che mi fece accapponare letteralmente la pelle: che cavolo aveva in mente di fare, quella pazza?
«Perché non ci divertiamo un po’, Brian? Anche se non sei il mio... be’, avremmo comunque modo di conoscerci meglio, non credi...?».
Aveva intenzione di... di... fare sesso con me?!
«A-ascolta, Fay... per favore...» dissi, ma mi persi in uno spasimo quando scese a toccarmi di nuovo l’inguine, in modo più forte e... piacevole.
Cavolo, era piacevole...?!?
Non potevo lasciarmi sopraffare dal piacere proprio in quel momento, men che meno con lei.
Tentai nuovamente di allontanarla, ma lei continuava a giocare con me nonostante fossi ancora completamente vestito, e pareva divertirsi nel vedermi gemere e contorcermi nel mio angolino, pieno di dolore.
«Ti... ti prego, basta...» la supplicai, strizzando gli occhi, cercando di sottrarmi.
«Perché? Non dirmi che... non ti piace...» mi sussurrò lei con una dolce nota erotica nella voce, mordicchiandomi il lobo dell’orecchio.
Il problema era proprio lì: a me piaceva. O meglio, al mio corpo: io volevo semplicemente andarmene, porre quanta più distanza possibile tra me e quella matta.
Sentii le sue mani infilarsi di nuovo tra le mie gambe e tentai di oppormi, anche se inutilmente.

Avanti, Brian, togliti dai piedi! Così non servi più a nessuno...!

«Fay... basta. Per piacere...» ripetei, con voce un po’ più ferma.
Lei parve ascoltarmi, perché ritrasse le mani, scrutandomi negli occhi.
Poi notai un barlume di follia nelle sue iridi e le sue labbra s’incresparono in un sorriso tutt’altro che sano, gli occhi dilatati in modo inverosimile.
«Eccolo! Sta per tornare!».

Vattene, Brian!

Di nuovo quel ringhio penetrante e assordante mi riempì le orecchie.
Ebbi la tentazione orribilmente forte di picchiarla, arrivando a desiderare addirittura di violentarla. Che cosa mi stava succedendo?! Cos’era tutta quella violenza improvvisa dentro di me?
«Fallo uscire, vattene!» gridò Fay, in preda ad un’eccitazione crescente.
Non ebbi il tempo di risponderle, né di farle domande: sentii i miei sensi venir meno e il buio inghiottirmi.
 
«Aww, Brian ! Finalmente!!» esclamò la donna, gettandosi al mio collo.
Le afferrai prontamente un polso e glielo sollevai dalla mia spalla con un gesto secco, cogliendola evidentemente di sorpresa.
«Che cosa volevi fare con lui?» chiesi, aggressivo.
«Conoscerti. Il vostro corpo, dopotutto, è lo stesso...».
Le gettai via la mano, irritato.
«Non osare mai più» decretai, rigido «E adesso, fa’ qualcosa per questo braccio: quella dannata umana me l’ha schiacciato con la gomma dell’auto!» aggiunsi, allungandole l’arto ferito.
Lei lo tastò qualche attimo, poi si alzò.
«Vieni, andiamo in un luogo dove possiamo curarlo con calma, senza essere visti da nessuno...».


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