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Titolo: Incidenti indesiderati durante gli allenamenti
Rating: Verde
Genere: Commedia, Generale, Slice of life
Personaggi: Dante, Nero
Wordcount: 2384 (
fiumidiparole)
Prompt: Misc Warning / #02 - Gen @
diecielode
Note: Gen
Andò a recuperare la sua arma e si volse nuovamente a fronteggiare il suo istruttore.
«Quando combatti non lo fai per metterti in mostra, ragazzo. Lo fai perché è necessario. Vedi di concentrarti di più» l'ammonì quest'ultimo, sollevando la Rebellion per riprendere da dove avevano interrotto.
Nero digrignò i denti sollevando la spada e portandola in alto, muovendosi per attaccare.
Dopo gli eventi di Fortuna, Nero aveva deciso di seguire Dante nella sua città -ovunque essa fosse - con lo scopo di migliorarsi nella tecnica con la spada.
Anche se gli rodeva ammetterlo, il cacciatore di demoni aveva molta più esperienza di lui ed era molto più bravo. Lui non se la cavava affatto male - e lo testimoniava l'egregia maniera in cui aveva battuto Sua Santità - ma per proteggere efficacemente la sua città da eventuali nuove minacce doveva migliorare ancora ed acquisire nuove capacità e Dante era la persona migliore cui rivolgersi per questo.
Dante non aveva niente in contrario: lottare contro quel ragazzino era divertente e stimolante per la sua abilità come spadaccino molto al di sopra dei demoni con cui in genere aveva a che fare; pertanto aveva accettato di fargli da insegnante senza fare domande né opporre resistenza.
«Ragazzo sei ancora lento...!».
Dante arretrò lentamente, un sorrisetto arrogante sulle labbra mentre portava la Rebellion sulla spalla destra, posandocela di piatto. Il suo sguardo stava percorrendo il corpo di Nero, disteso a terra nella polvere.
La Red Queen era conficcata nel suolo a pochi metri di distanza da lui.
«E devi stare più attento ai movimenti del tuo avversario» continuò Dante, accostandoglisi e tendendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.
Il più giovane fissò con sguardo truce la sua mano e volse il viso altrove, rimettendosi in piedi per conto suo. Non voleva essere trattato come un poppante alle prime armi.
Andò a recuperare la sua arma e si volse nuovamente a fronteggiare il suo istruttore.
«Quando combatti non lo fai per metterti in mostra, ragazzo. Lo fai perché è necessario. Vedi di concentrarti di più» l'ammonì quest'ultimo, sollevando la Rebellion per riprendere da dove avevano interrotto.
Nero digrignò i denti sollevando la spada e portandola in alto, muovendosi per attaccare. Era irritato dalle sue continue frecciatine, però non aveva altra scelta che sopportare per migliorare. Il problema era che per sua stessa natura non era molto portato ad avere pazienza; infatti ogni volta che Dante lo sfotteva o lo provocava in qualche modo lui si accaniva contro di lui con maggiore rabbia e aggressività, lanciando alle ortiche la sua buona volontà e i suggerimenti del maggiore.
Le lame cozzarono in un trionfo di scintille mentre Nero faceva pressione per costringere Dante a sottomettersi e piegarsi. Vederlo in difficoltà era il suo desiderio maggiore; tuttavia, se c'era una cosa che all'uomo riusciva bene, quella era senz'altro cavarsi d'impiccio durante uno scontro con spade.
Ruotò il busto posizionando le braccia in una posizione più vantaggiosa per fare maggiore leva; dopodiché sottrasse la Rebellion al contatto con la Red Queen.
Nero venne colto di sorpresa dal movimento e si piegò in avanti seguendo il peso della sua spada. Dante sgusciò agilmente via con un fluido movimento del corpo ma non senza approfittare della situazione per trattenere un piede davanti al suo allievo.
Quando si divertiva amava farlo fino in fondo, anche con qualche piccolo dispetto.
Nero inciampò nella sua gamba e rovinò a terra prono, inalando una buona dose di polvere.
Tossendo e sputando si mise carponi, pulendosi la bocca sul dorso della mano umana mentre, dietro di lui, Dante rideva godendosi lo spettacolo.
Vedere Nero così in difficoltà lo invogliava a impegnarsi ancora di più per rendere l'allenamento più arduo.
«Smettila di ridere, cazzo» sbottò Nero adirato, rimettendosi in piedi «Mi hai fatto cadere di proposito».
«Ehi, non è colpa mia se non sei abbastanza attento» gli disse l'altro in tono leggero, facendo spallucce.
«Cosa?! Ma se l'hai fatto di proposito!» ringhiò il minore stringendo i pugni. La sua spada era finita di nuovo a qualche metro da lui.
«Se tu avessi avuto i riflessi più pronti non sarebbe successo...» ribatté di nuovo Dante, dandogli le spalle per ristabilire la distanza ideale per ricominciare.
Il più giovane era paonazzo per la rabbia. Accettava i consigli, poteva cercare di non mandarlo a quel paese quando lo provocava, ma non riusciva a tollerare che lo facesse passare da stupido.
Colto da un accesso d'ira protese il Devil Bringer - nonostante gli fosse stato vietato di usarlo durante gli allenamenti - verso il più vecchio.
L'arto rifulse d'azzurro ed un più grosso avambraccio opalescente comparve come protesi del suo braccio. La mano di luce andò a chiudersi attorno all'elsa della Rebellion, che sporgeva all'infuori dalla spalla di Dante. Quest'ultimo percepì la presa sulla sua mano; ciononostante, la sua guardia momentaneamente abbassata non gli permise di reagire prontamente, col risultato che si sentì strappare di mano la spada con una facilità ridicola.
Si girò a fronteggiare il più giovane, deciso a fargli capire chi era tra i due quello che comandava, ma non riuscì a far niente: sfoderando buona parte della sua forza, Nero abbatté la Rebellion sulla sua testa.
La lama atterrò di piatto su di lui e l'impatto fu talmente veemente che per un momento, vedendo il cacciatore di demoni barcollare pericolosamente, Nero temette di aver fatto un danno irreparabile.
Dante, stordito terribilmente, cercò di rimanere dritto in piedi e di raggiungere il più giovane. Il dolore alla testa per il colpo sopraggiunse solo dopo qualche secondo e fu talmente violento e improvviso da fargli perdere quel poco di equilibrio che ancora aveva.
Rovinò pesantemente a terra - dapprima seduto e poi sdraiato - emettendo un verso soffocato di dolore.
Vedendolo lì immobile Nero lasciò cadere a terra la Rebellion e si affrettò ad andare a verificare che non fosse completamente K.O. Era certo che non fosse morto: Dante era un mezzo demone. L'aveva visto estrarre la sua spada dal suo corpo senza battere ciglio. Era alquanto inverosimile che un colpo alla testa - per quanto forte potesse essere stato - riuscisse a farlo passare a miglior vita.
«Ehi!» chiamò Nero, inginocchiandosi vicino all'altro «Ehi, Dante! Dante!».
Lo scosse leggermente per le spalle, poi gli diede uno schiaffo, il tutto per cercare di ottenere una qualche reazione da parte sua.
L'uomo girò appena il viso, guardandolo con aria inebetita. Sembrava stare ancora peggio di quando gli capitava di bere eccessivamente.
«Nero...» biascicò aggrottando le sopracciglia e cercando di alzare verso il suo viso le mani «... non sapevo avessi dei gemelli anche tu...».
La mascella del ragazzo cadde per lo stupore: l'aveva stordito al punto da vederci doppio o triplo...?! E per di più l'aveva anche chiamato col suo nome.
La botta doveva essere stata molto più forte di quanto lui stesso pensava.
«No, Dante non ho gemelli...» esclamò Nero esasperato «Ce la fai ad alzarti?».
Aveva deciso che era meglio interrompere lì l'allenamento, almeno finché Dante non fosse stato in grado di vedere di nuovo un solo obiettivo.
«Sì, certo... che domande fai...?» borbottò l'uomo, facendo leva sulle braccia per sedersi. Una volta messosi almeno col busto in posizione eretta alzò la testa ma così facendo perse quel poco equilibrio che aveva ritrovato e ricadde al suolo.
Nero roteò al cielo gli occhi. No, non era in grado di stare in piedi. Non osava neanche chiedergli se fosse capace di camminare.
«Forza, ti aiuto io» disse, chinandosi su di lui e prendendolo da sotto le braccia. Puntando bene i piedi a terra il ragazzo lo sollevò letteralmente di peso, facendogli riacquisire per un momento la posizione eretta; dopodiché se lo issò con non poca fatica - anche se Nero era dotato di una forza ben maggiore di quella umana Dante era pur sempre un uomo di corporatura robusta - su una spalla.
Con la mano libera afferrò le spade e si incamminò verso la Devil May Cry, che per fortuna non era molto distante dal parco abbandonato e seminascosto tra vecchi edifici fatiscenti che avevano eletto a loro personale campo d'allenamento.
Ad ogni passo a Dante pulsava terribilmente la testa. Il dolore non era localizzato in un punto preciso ma era delocalizzato ed abbracciava tutto ciò che c'era al di sopra delle sopracciglia.
Non era il tipo di persona che si lamentava come un bambino quando si faceva male, tanto più che si trovava in compagnia di Nero, con il quale non aveva la benché minima intenzione di mostrarsi debole.
Dopo poco la sua emicrania divenne talmente lancinante da fargli desiderare di essere depositato a terra e lasciato lì a riposare finché non fosse passata del tutto. Avrebbe anche posto una simile richiesta se non avesse iniziato ad avere la vista ottenebrata da tutta una serie di macchioline puntiformi colorate. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente, anche se l'ondeggiare dei passi di Nero continuava ad acuirgli il mal di testa.
Il ragazzo per contro aveva urgenza di arrivare a destinazione per mettere Dante a riposo e controllare allo stesso tempo che non gli fosse successo niente di così grave; inoltre aveva le spade da portare in aggiunta al peso non indifferente del cacciatore di demoni. Se si fosse trattato della sola Red Queen non ci sarebbero stati problemi, dato che aveva giusto una mano libera; tuttavia aveva anche la Rebellion da trasportare, sempre con la stessa mano. La spada di Dante era molto più ingombrante e pesante della sua. Se solo avesse potuto riporre la Red Queen sulla schiena sarebbe stato tutto più facile, ma lì c'era il corpo del suo istruttore temporaneo, per cui non aveva modo di rinfoderarla.
Se avesse dovuto portare solo le spade o solo Dante sarebbe stato tutto molto più facile e meno faticoso. In fondo era in parte umano, per cui anche lui aveva i suoi limiti.
Giunto a destinazione Nero spalancò una spallata la porta a doppio battente, ringraziando in cuor suo che Dante non avesse abbastanza denaro per delle porte con serratura.
Lasciò cadere le spade a terra e andò a posare il padrone del locale sul divano.
Nel venire finalmente disteso su un supporto morbido a Dante sfuggì un sospiro sollevato.
«Ti fa ancora male la testa?» s'informò Nero sedendosi sul bordo del divano.
«Sì...» rispose l'altro, portandosi una mano sul capo d'istinto, come per valutare egli stesso i danni riportati.
Nero si morse un labbro, pensando a cosa potesse fare per alleviargli il dolore. In fondo, era colpa sua se erano arrivati a quel punto, almeno in parte. Non avrebbe dovuto reagire così male alla sua provocazione.
«Hai del ghiaccio in casa?» domandò all'improvviso, cogliendo di sorpresa il suo interlocutore.
«Sì, nel freezer... in cucina...».
Non c'era bisogno che aggiungesse altro: Nero era stato lì un numero di volte sufficiente a sapere dove fossero le stanze e cosa ci fosse - più o meno - in ognuna.
Si alzò in piedi e andò verso la cucina senza dire niente, dando così a Dante l'opportunità di chiudere gli occhi e tentare di prendere sonno: improvvisamente si sentiva esausto, come se non dormisse da giorni.
Mentre il padrone di casa si lasciava lentamente avvolgere dalle braccia di Morfeo, Nero era alle prese con scomodi scrupoli di coscienza.
Aveva trovato il ghiaccio nel piccolo freezer sopra il frigorifero, proprio come gli aveva detto Dante, e adesso stava cercando qualcosa in cui avvolgerlo per poterlo poi posare sulla testa dell'altro.
Nel mentre che frugava, non riusciva a fare a meno di ripensare all'incidente.
Stava cercando disperatamente di convincersi che la colpa di tutto non era sua e della sua elevata irascibilità quanto piuttosto di Dante, delle sue provocazioni aperte e dei suoi stupidi scherzi.
Tuttavia, una parte di lui era consapevole del fatto che Dante era fatto così e che aveva deciso di seguirlo ben sapendo a cosa andava incontro. Avrebbe dovuto lasciar perdere o reagire in altro modo.
«No, è stata colpa sua!» si ripeté testardamente «Lo sapeva perfettamente che mi sarei incazzato con lui e l'ha fatto comunque. Se l'è cercata...!».
Eppure dirlo non serviva a cancellare il senso di colpa.
Dopo aver praticamente saccheggiato e ribaltato tutta la cucina ed essersi accertato che non c'era nessun cencio o altro da poter usare decise di ripiegare sul fazzoletto di stoffa che si portava sempre dietro, per ogni evenienza.
Si sentiva a disagio nell'usare qualcosa di suo in un'evenienza simile come ultima risorsa. Non voleva che venisse scambiato per un gesto affettuoso, perché non lo era assolutamente. Forse - e solo forse - lo sentiva in parte come una maniera per espiare quello che la sua coscienza gli faceva sentire come un fardello totalmente a suo carico.
Probabilmente Dante neanche si sarebbe accorto che era suo. Era troppo frastornato e c'era la possibilità che avesse qualche cosa di simile al suo fazzoletto in casa.
Avvolse il ghiaccio ed annodò il fazzoletto in maniera tale da formare una specie di sacchetto, quindi tornò nella stanza adiacente, dove trovò Dante profondamente assopito.
Respirava piano, il capo voltato di lato verso di lui e le labbra semiaperte. Teneva le mani intrecciate sull'addome e le gambe divaricate, una piegata e posata a terra, l'altra dritta con il piede poggiato sul bracciolo al fondo del divano.
Non sembrava che avesse niente che non andasse, eccetto l'insolito orario per il pisolino.
Nero gli si accostò un po' imbarazzato e gli si inginocchiò di fianco, posandogli piano il ghiaccio sulla testa.
Dante si girò in modo da avere il viso rivolto al soffitto ed emise un verso che sembrava esprimere piacere. Probabilmente il ghiaccio gli stava dando sollievo.
Vedendo che stava dormendo, il ragazzo pensò bene di approfittarne.
«Scusa...» borbottò con un fil di voce «Non dovevo colpire così forte...».
Se non fosse stato assolutamente certo che non fosse cosciente avrebbe di sicuro evitato di dire una cosa del genere. Ammettere la sua parte di colpa in maniera così aperta lo fece sentire meglio ed il fatto che Dante stesse dormendo gli permise anche di non morire di vergogna per le sue parole.
«Sono lieto di sentirtelo dire...».
Nero sobbalzò per la risposta e sgranò gli occhi vedendo le palpebre di Dante sollevarsi e le sue iridi azzurre muoversi fino ad incontrare le sue.
«Eri sveglio?!» esclamò allibito il più giovane, avvampando: fino ad un attimo prima sembrava in tutto e per tutto sprofondato nel sonno.
«Come faccio a dormire se mi tieni questo coso ghiacciato sulla testa?» ribatté a tono l'uomo, accennando al medicamento improvvisato dal più giovane.
Quest'ultimo digrignò i denti, adirato per come continuava a prenderlo per i fondelli nonostante stesse cercando di aiutarlo. Fece per togliere il ghiaccio ma Dante gli bloccò il braccio. Non era stato un movimento repentino perché non sarebbe stato in grado di farlo, però il colpo non aveva influito minimamente sulla sua stretta, che era solida come sempre.
«Non toglierlo, ragazzo» asserì come spiegazione per il suo gesto «Il mal di testa sta passando...».
Nero si sorprese per l'atteggiamento stranamente mansueto che aveva adottato nell'esporgli la sua richiesta. Era stato tentato di togliere il ghiaccio per fargli un dispetto ma ora non era più così allettato dall'idea.
«D'accordo» disse in tono un po' ruvido in un tentativo piuttosto blando di nascondere il proprio imbarazzo per la situazione che si era creata.
Rivolse lo sguardo altrove e mantenne il ghiaccio esattamente dove si trovava.
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Note: Gen
Andò a recuperare la sua arma e si volse nuovamente a fronteggiare il suo istruttore.
«Quando combatti non lo fai per metterti in mostra, ragazzo. Lo fai perché è necessario. Vedi di concentrarti di più» l'ammonì quest'ultimo, sollevando la Rebellion per riprendere da dove avevano interrotto.
Nero digrignò i denti sollevando la spada e portandola in alto, muovendosi per attaccare.
Dopo gli eventi di Fortuna, Nero aveva deciso di seguire Dante nella sua città -ovunque essa fosse - con lo scopo di migliorarsi nella tecnica con la spada.
Anche se gli rodeva ammetterlo, il cacciatore di demoni aveva molta più esperienza di lui ed era molto più bravo. Lui non se la cavava affatto male - e lo testimoniava l'egregia maniera in cui aveva battuto Sua Santità - ma per proteggere efficacemente la sua città da eventuali nuove minacce doveva migliorare ancora ed acquisire nuove capacità e Dante era la persona migliore cui rivolgersi per questo.
Dante non aveva niente in contrario: lottare contro quel ragazzino era divertente e stimolante per la sua abilità come spadaccino molto al di sopra dei demoni con cui in genere aveva a che fare; pertanto aveva accettato di fargli da insegnante senza fare domande né opporre resistenza.
«Ragazzo sei ancora lento...!».
Dante arretrò lentamente, un sorrisetto arrogante sulle labbra mentre portava la Rebellion sulla spalla destra, posandocela di piatto. Il suo sguardo stava percorrendo il corpo di Nero, disteso a terra nella polvere.
La Red Queen era conficcata nel suolo a pochi metri di distanza da lui.
«E devi stare più attento ai movimenti del tuo avversario» continuò Dante, accostandoglisi e tendendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi.
Il più giovane fissò con sguardo truce la sua mano e volse il viso altrove, rimettendosi in piedi per conto suo. Non voleva essere trattato come un poppante alle prime armi.
Andò a recuperare la sua arma e si volse nuovamente a fronteggiare il suo istruttore.
«Quando combatti non lo fai per metterti in mostra, ragazzo. Lo fai perché è necessario. Vedi di concentrarti di più» l'ammonì quest'ultimo, sollevando la Rebellion per riprendere da dove avevano interrotto.
Nero digrignò i denti sollevando la spada e portandola in alto, muovendosi per attaccare. Era irritato dalle sue continue frecciatine, però non aveva altra scelta che sopportare per migliorare. Il problema era che per sua stessa natura non era molto portato ad avere pazienza; infatti ogni volta che Dante lo sfotteva o lo provocava in qualche modo lui si accaniva contro di lui con maggiore rabbia e aggressività, lanciando alle ortiche la sua buona volontà e i suggerimenti del maggiore.
Le lame cozzarono in un trionfo di scintille mentre Nero faceva pressione per costringere Dante a sottomettersi e piegarsi. Vederlo in difficoltà era il suo desiderio maggiore; tuttavia, se c'era una cosa che all'uomo riusciva bene, quella era senz'altro cavarsi d'impiccio durante uno scontro con spade.
Ruotò il busto posizionando le braccia in una posizione più vantaggiosa per fare maggiore leva; dopodiché sottrasse la Rebellion al contatto con la Red Queen.
Nero venne colto di sorpresa dal movimento e si piegò in avanti seguendo il peso della sua spada. Dante sgusciò agilmente via con un fluido movimento del corpo ma non senza approfittare della situazione per trattenere un piede davanti al suo allievo.
Quando si divertiva amava farlo fino in fondo, anche con qualche piccolo dispetto.
Nero inciampò nella sua gamba e rovinò a terra prono, inalando una buona dose di polvere.
Tossendo e sputando si mise carponi, pulendosi la bocca sul dorso della mano umana mentre, dietro di lui, Dante rideva godendosi lo spettacolo.
Vedere Nero così in difficoltà lo invogliava a impegnarsi ancora di più per rendere l'allenamento più arduo.
«Smettila di ridere, cazzo» sbottò Nero adirato, rimettendosi in piedi «Mi hai fatto cadere di proposito».
«Ehi, non è colpa mia se non sei abbastanza attento» gli disse l'altro in tono leggero, facendo spallucce.
«Cosa?! Ma se l'hai fatto di proposito!» ringhiò il minore stringendo i pugni. La sua spada era finita di nuovo a qualche metro da lui.
«Se tu avessi avuto i riflessi più pronti non sarebbe successo...» ribatté di nuovo Dante, dandogli le spalle per ristabilire la distanza ideale per ricominciare.
Il più giovane era paonazzo per la rabbia. Accettava i consigli, poteva cercare di non mandarlo a quel paese quando lo provocava, ma non riusciva a tollerare che lo facesse passare da stupido.
Colto da un accesso d'ira protese il Devil Bringer - nonostante gli fosse stato vietato di usarlo durante gli allenamenti - verso il più vecchio.
L'arto rifulse d'azzurro ed un più grosso avambraccio opalescente comparve come protesi del suo braccio. La mano di luce andò a chiudersi attorno all'elsa della Rebellion, che sporgeva all'infuori dalla spalla di Dante. Quest'ultimo percepì la presa sulla sua mano; ciononostante, la sua guardia momentaneamente abbassata non gli permise di reagire prontamente, col risultato che si sentì strappare di mano la spada con una facilità ridicola.
Si girò a fronteggiare il più giovane, deciso a fargli capire chi era tra i due quello che comandava, ma non riuscì a far niente: sfoderando buona parte della sua forza, Nero abbatté la Rebellion sulla sua testa.
La lama atterrò di piatto su di lui e l'impatto fu talmente veemente che per un momento, vedendo il cacciatore di demoni barcollare pericolosamente, Nero temette di aver fatto un danno irreparabile.
Dante, stordito terribilmente, cercò di rimanere dritto in piedi e di raggiungere il più giovane. Il dolore alla testa per il colpo sopraggiunse solo dopo qualche secondo e fu talmente violento e improvviso da fargli perdere quel poco di equilibrio che ancora aveva.
Rovinò pesantemente a terra - dapprima seduto e poi sdraiato - emettendo un verso soffocato di dolore.
Vedendolo lì immobile Nero lasciò cadere a terra la Rebellion e si affrettò ad andare a verificare che non fosse completamente K.O. Era certo che non fosse morto: Dante era un mezzo demone. L'aveva visto estrarre la sua spada dal suo corpo senza battere ciglio. Era alquanto inverosimile che un colpo alla testa - per quanto forte potesse essere stato - riuscisse a farlo passare a miglior vita.
«Ehi!» chiamò Nero, inginocchiandosi vicino all'altro «Ehi, Dante! Dante!».
Lo scosse leggermente per le spalle, poi gli diede uno schiaffo, il tutto per cercare di ottenere una qualche reazione da parte sua.
L'uomo girò appena il viso, guardandolo con aria inebetita. Sembrava stare ancora peggio di quando gli capitava di bere eccessivamente.
«Nero...» biascicò aggrottando le sopracciglia e cercando di alzare verso il suo viso le mani «... non sapevo avessi dei gemelli anche tu...».
La mascella del ragazzo cadde per lo stupore: l'aveva stordito al punto da vederci doppio o triplo...?! E per di più l'aveva anche chiamato col suo nome.
La botta doveva essere stata molto più forte di quanto lui stesso pensava.
«No, Dante non ho gemelli...» esclamò Nero esasperato «Ce la fai ad alzarti?».
Aveva deciso che era meglio interrompere lì l'allenamento, almeno finché Dante non fosse stato in grado di vedere di nuovo un solo obiettivo.
«Sì, certo... che domande fai...?» borbottò l'uomo, facendo leva sulle braccia per sedersi. Una volta messosi almeno col busto in posizione eretta alzò la testa ma così facendo perse quel poco equilibrio che aveva ritrovato e ricadde al suolo.
Nero roteò al cielo gli occhi. No, non era in grado di stare in piedi. Non osava neanche chiedergli se fosse capace di camminare.
«Forza, ti aiuto io» disse, chinandosi su di lui e prendendolo da sotto le braccia. Puntando bene i piedi a terra il ragazzo lo sollevò letteralmente di peso, facendogli riacquisire per un momento la posizione eretta; dopodiché se lo issò con non poca fatica - anche se Nero era dotato di una forza ben maggiore di quella umana Dante era pur sempre un uomo di corporatura robusta - su una spalla.
Con la mano libera afferrò le spade e si incamminò verso la Devil May Cry, che per fortuna non era molto distante dal parco abbandonato e seminascosto tra vecchi edifici fatiscenti che avevano eletto a loro personale campo d'allenamento.
Ad ogni passo a Dante pulsava terribilmente la testa. Il dolore non era localizzato in un punto preciso ma era delocalizzato ed abbracciava tutto ciò che c'era al di sopra delle sopracciglia.
Non era il tipo di persona che si lamentava come un bambino quando si faceva male, tanto più che si trovava in compagnia di Nero, con il quale non aveva la benché minima intenzione di mostrarsi debole.
Dopo poco la sua emicrania divenne talmente lancinante da fargli desiderare di essere depositato a terra e lasciato lì a riposare finché non fosse passata del tutto. Avrebbe anche posto una simile richiesta se non avesse iniziato ad avere la vista ottenebrata da tutta una serie di macchioline puntiformi colorate. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente, anche se l'ondeggiare dei passi di Nero continuava ad acuirgli il mal di testa.
Il ragazzo per contro aveva urgenza di arrivare a destinazione per mettere Dante a riposo e controllare allo stesso tempo che non gli fosse successo niente di così grave; inoltre aveva le spade da portare in aggiunta al peso non indifferente del cacciatore di demoni. Se si fosse trattato della sola Red Queen non ci sarebbero stati problemi, dato che aveva giusto una mano libera; tuttavia aveva anche la Rebellion da trasportare, sempre con la stessa mano. La spada di Dante era molto più ingombrante e pesante della sua. Se solo avesse potuto riporre la Red Queen sulla schiena sarebbe stato tutto più facile, ma lì c'era il corpo del suo istruttore temporaneo, per cui non aveva modo di rinfoderarla.
Se avesse dovuto portare solo le spade o solo Dante sarebbe stato tutto molto più facile e meno faticoso. In fondo era in parte umano, per cui anche lui aveva i suoi limiti.
Giunto a destinazione Nero spalancò una spallata la porta a doppio battente, ringraziando in cuor suo che Dante non avesse abbastanza denaro per delle porte con serratura.
Lasciò cadere le spade a terra e andò a posare il padrone del locale sul divano.
Nel venire finalmente disteso su un supporto morbido a Dante sfuggì un sospiro sollevato.
«Ti fa ancora male la testa?» s'informò Nero sedendosi sul bordo del divano.
«Sì...» rispose l'altro, portandosi una mano sul capo d'istinto, come per valutare egli stesso i danni riportati.
Nero si morse un labbro, pensando a cosa potesse fare per alleviargli il dolore. In fondo, era colpa sua se erano arrivati a quel punto, almeno in parte. Non avrebbe dovuto reagire così male alla sua provocazione.
«Hai del ghiaccio in casa?» domandò all'improvviso, cogliendo di sorpresa il suo interlocutore.
«Sì, nel freezer... in cucina...».
Non c'era bisogno che aggiungesse altro: Nero era stato lì un numero di volte sufficiente a sapere dove fossero le stanze e cosa ci fosse - più o meno - in ognuna.
Si alzò in piedi e andò verso la cucina senza dire niente, dando così a Dante l'opportunità di chiudere gli occhi e tentare di prendere sonno: improvvisamente si sentiva esausto, come se non dormisse da giorni.
Mentre il padrone di casa si lasciava lentamente avvolgere dalle braccia di Morfeo, Nero era alle prese con scomodi scrupoli di coscienza.
Aveva trovato il ghiaccio nel piccolo freezer sopra il frigorifero, proprio come gli aveva detto Dante, e adesso stava cercando qualcosa in cui avvolgerlo per poterlo poi posare sulla testa dell'altro.
Nel mentre che frugava, non riusciva a fare a meno di ripensare all'incidente.
Stava cercando disperatamente di convincersi che la colpa di tutto non era sua e della sua elevata irascibilità quanto piuttosto di Dante, delle sue provocazioni aperte e dei suoi stupidi scherzi.
Tuttavia, una parte di lui era consapevole del fatto che Dante era fatto così e che aveva deciso di seguirlo ben sapendo a cosa andava incontro. Avrebbe dovuto lasciar perdere o reagire in altro modo.
«No, è stata colpa sua!» si ripeté testardamente «Lo sapeva perfettamente che mi sarei incazzato con lui e l'ha fatto comunque. Se l'è cercata...!».
Eppure dirlo non serviva a cancellare il senso di colpa.
Dopo aver praticamente saccheggiato e ribaltato tutta la cucina ed essersi accertato che non c'era nessun cencio o altro da poter usare decise di ripiegare sul fazzoletto di stoffa che si portava sempre dietro, per ogni evenienza.
Si sentiva a disagio nell'usare qualcosa di suo in un'evenienza simile come ultima risorsa. Non voleva che venisse scambiato per un gesto affettuoso, perché non lo era assolutamente. Forse - e solo forse - lo sentiva in parte come una maniera per espiare quello che la sua coscienza gli faceva sentire come un fardello totalmente a suo carico.
Probabilmente Dante neanche si sarebbe accorto che era suo. Era troppo frastornato e c'era la possibilità che avesse qualche cosa di simile al suo fazzoletto in casa.
Avvolse il ghiaccio ed annodò il fazzoletto in maniera tale da formare una specie di sacchetto, quindi tornò nella stanza adiacente, dove trovò Dante profondamente assopito.
Respirava piano, il capo voltato di lato verso di lui e le labbra semiaperte. Teneva le mani intrecciate sull'addome e le gambe divaricate, una piegata e posata a terra, l'altra dritta con il piede poggiato sul bracciolo al fondo del divano.
Non sembrava che avesse niente che non andasse, eccetto l'insolito orario per il pisolino.
Nero gli si accostò un po' imbarazzato e gli si inginocchiò di fianco, posandogli piano il ghiaccio sulla testa.
Dante si girò in modo da avere il viso rivolto al soffitto ed emise un verso che sembrava esprimere piacere. Probabilmente il ghiaccio gli stava dando sollievo.
Vedendo che stava dormendo, il ragazzo pensò bene di approfittarne.
«Scusa...» borbottò con un fil di voce «Non dovevo colpire così forte...».
Se non fosse stato assolutamente certo che non fosse cosciente avrebbe di sicuro evitato di dire una cosa del genere. Ammettere la sua parte di colpa in maniera così aperta lo fece sentire meglio ed il fatto che Dante stesse dormendo gli permise anche di non morire di vergogna per le sue parole.
«Sono lieto di sentirtelo dire...».
Nero sobbalzò per la risposta e sgranò gli occhi vedendo le palpebre di Dante sollevarsi e le sue iridi azzurre muoversi fino ad incontrare le sue.
«Eri sveglio?!» esclamò allibito il più giovane, avvampando: fino ad un attimo prima sembrava in tutto e per tutto sprofondato nel sonno.
«Come faccio a dormire se mi tieni questo coso ghiacciato sulla testa?» ribatté a tono l'uomo, accennando al medicamento improvvisato dal più giovane.
Quest'ultimo digrignò i denti, adirato per come continuava a prenderlo per i fondelli nonostante stesse cercando di aiutarlo. Fece per togliere il ghiaccio ma Dante gli bloccò il braccio. Non era stato un movimento repentino perché non sarebbe stato in grado di farlo, però il colpo non aveva influito minimamente sulla sua stretta, che era solida come sempre.
«Non toglierlo, ragazzo» asserì come spiegazione per il suo gesto «Il mal di testa sta passando...».
Nero si sorprese per l'atteggiamento stranamente mansueto che aveva adottato nell'esporgli la sua richiesta. Era stato tentato di togliere il ghiaccio per fargli un dispetto ma ora non era più così allettato dall'idea.
«D'accordo» disse in tono un po' ruvido in un tentativo piuttosto blando di nascondere il proprio imbarazzo per la situazione che si era creata.
Rivolse lo sguardo altrove e mantenne il ghiaccio esattamente dove si trovava.