fiamma_drakon: (Neuro_Nōgami)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Di momenti piccanti tra fratelli
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Dante, Vergil
Wordcount: 2197 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: 50 Pervertibles / 007. Cioccolata @ [livejournal.com profile] kinks_pervs + 272. Promesse infrante @ [livejournal.com profile] 500themes_ita + Manie di controllo @ [livejournal.com profile] piscinadiprompt
Note: BDSM, Enema, Food!play, Incest, Lemon, Non-con, Rimming, Yaoi
Vergil caricò la siringa sotto i suoi occhi, riempiendola di un denso liquido marrone contenuto in un enorme flacone trasparente.
«C-cos'è quello?» domandò la vittima, preoccupata: le altre volte che suo fratello l'aveva obbligato a subire quella pratica aveva sempre usato liquidi comuni, come l'acqua o qualche bibita gassata.
Un sorriso malvagio si dipinse sul viso del carnefice, al di fuori del campo visivo di Dante.


Dante era malamente trattenuto carponi sopra la scrivania della sua agenzia, opportunamente sgombrata per l'occasione. Le mani erano infilzate con la Rebellion ad una estremità del supporto in legno mentre i piedi erano semplicemente trattenuti da un paio di pesanti cavigliere di un qualche strano materiale che la sovrumana forza dell'albino non riusciva a spezzare. 
«Ehi, Vergil! Mi avevi promesso che non l'avresti più fatta una cosa del genere!» gridò, non essendo suo fratello all'interno del suo limitato campo visivo. 
Trascorsero alcuni momenti prima che gli giungesse la risposta, accompagnata da un lento e minaccioso rumore di passi in avvicinamento. 
«E tu mi avevi promesso che non saresti più tornato in quel locale pieno della feccia dell'umanità... e invece mi hai mentito!» ribatté Vergil, comparendo al suo fianco e sollevando una enorme siringa dal beccuccio stretto e lungo «Quindi devo punirti». 
«Non ci sono andato per fare cose strane! Sono solo andato a bere un paio di bicchieri!» si difese Dante prontamente, per niente allettato dalla prospettiva che si delineava per lui. 
«Non importa, avevi promesso!» tuonò Vergil. 
Dante odiava le assurde manie di controllo di suo fratello. Doveva sempre sapere dov'era ed eventualmente con chi e a letto doveva avere il totale controllo della situazione. 
Cose come quella che gli stava facendo erano il suo ideale di relazione: lui poteva fare tutto quel che gli pareva e il suo partner poteva soltanto sottomettersi e subire senza poter reagire. 
«Oh, andiamo! Lo sai che non mi piace più fare sesso con le donne!» tentò di difendersi in ultimo gemello più piccolo. 
Vergil caricò la siringa sotto i suoi occhi, riempiendola di un denso liquido marrone contenuto in un enorme flacone trasparente. 
«C-cos'è quello?» domandò la vittima, preoccupata: le altre volte che suo fratello l'aveva obbligato a subire quella pratica aveva sempre usato liquidi comuni, come l'acqua o qualche bibita gassata. 
Un sorriso malvagio si dipinse sul viso del carnefice, al di fuori del campo visivo di Dante. 
Quest'ultimo sentì i pantaloni che gli venivano abbassati assieme alle mutande, lasciandogli il sedere scoperto. 
«Una cosa nuova» rispose infine Vergil, un momento prima di spingergli il beccuccio della siringa a fondo nel culo. 
Dante raddrizzò momentaneamente la schiena lanciando un grugnito di dolore per quella sgarbata intrusione, senza però cercare di opporre resistenza né di dibattersi, perché sapeva che sarebbe stato peggio. 
Solo una volta che l'estremità dello strumento fu abbastanza in profondità per i gusti di suo fratello, quest'ultimo premette lo stantuffo. 
Dante avvertì qualcosa di molto denso entrare e scendere nel suo fondoschiena. 
Rabbrividì in un primo momento, al contatto con quella strana sostanza, poi ne avvertì l'odore forte nell'aria e sgranò gli occhi, allibito. 
«È cioccolato?!» esclamò con voce leggermente stridula per lo stupore: non si aspettava di certo che spendesse fatica e denaro per comprare del cioccolato e fonderlo appositamente per infilarglielo in culo. 
«Non è semplice cioccolato...» fece presente suo fratello, il tono di voce di chi stesse pregustando una perversa conquista che sarebbe arrivata a breve. 
Con uno scarto di pochi secondi Dante comprese cosa volesse dire: cominciava ad avvertire una fastidiosissima sensazione di bruciore all'interno del fondoschiena che andava intensificandosi sempre di più. 
Si contorse invano nel tentativo di trovare una posizione che gli impedisse di sentire quel bruciore. 
«Che diamine è?!» protestò a disagio mentre percepiva il cioccolato che continuava a fluirgli dentro. 
Vergil si concesse un momento per ammirare il gemello e compiacersi del proprio operato prima di spiegare: «Cioccolato al peperoncino». 
Dante serrò i denti ed emise un sonoro sbuffo di completa disapprovazione mista a sofferenza. 
«Toglilo immediatamente!» ringhiò minaccioso. 
Vergil per tutta risposta compresse con più forza lo stantuffo, accelerando l'ingresso del fluido. 
«Non sei nelle condizioni di darmi ordini, caro fratellino!» puntualizzò con un sogghigno beffardo ad increspargli le labbra. 
Dante tentò di ribellarsi ancora ma di nuovo non ottenne alcun risultato. 
Suo fratello mosse la punta della siringa all'interno del suo fondoschiena, ruotandola in modo tale da premerla contro le strette pareti del suo sfintere. 
L'altro mugolò a volume più alto, chiaramente irritato da quel trattamento. 
Quando la siringa fu vuota, Vergil la estrasse lentamente e Dante si abbandonò in avanti con un ulteriore gemito. 
Purtroppo il suo sollievo fu momentaneo, poiché durò solo per il breve lasso di tempo necessario a ricaricare il suo strumento di tortura. 
Alla seconda somministrazione il bruciore si era notevolmente affievolito, probabilmente perché la superficie mucosa del suo condotto anale si era abituata in parte. 
Il cioccolato, a differenza dell'acqua, gli dava una bizzarra sensazione di pienezza, come se anziché inserirglielo nel posteriore Vergil glielo stesse facendo mangiare con la forza. Generalmente arrivava a sentirsi così pieno solo dopo parecchie volte che suo fratello riempiva la siringa e la svuotava nel suo sedere. 
«Basta, non ne posso già più...! Sono pieno!» protestò avvertendo il beccuccio abbandonarlo di nuovo. 
«È solo un'impressione, lo sai bene anche te che riesci a prendere molto più liquido di questo» minimizzò suo fratello mentre ricaricava ancora una volta la sua siringa. 
«Ma questa non è acqua!» rimbeccò con impeto Dante, speranzoso di riuscire ad ottenere qualche risultato. 
Un grugnito accompagnò il terzo ingresso della siringa nel suo fondoschiena. 
«Non ti ho mai sentito lamentarti così tanto come oggi... sei diventato una femminuccia piagnucolosa?» lo sfotté apertamente Vergil, muovendo di nuovo il beccuccio della siringa mentre riempiva suo fratello. 
«Fottiti, bastardo!» ringhiò Dante tra i denti «È colpa delle tue fantasie erotiche perverse!». 
Il cipiglio di Vergil si incupì di colpo e la sua mano spinse con tale foga la siringa tra le natiche del gemello da rischiare di infilare anche il corpo centrale dello strumento nel suo sfintere.  
La vittima serrò i denti e si impose di non emettere alcun suono, per niente intenzionato a dare a suo fratello la soddisfazione di udire le sue manifestazioni di dolore. 
Vergil estrasse la siringa e la utilizzò per altre tre somministrazioni di cioccolato. Alla sesta Dante non ne poteva veramente più. Sentiva il peso della sua pancia gonfia che lo spingeva verso il basso. 
Fortunatamente Vergil non l'aveva costretto a mettere una qualunque maglia, altrimenti a quel punto avrebbe avuto ulteriori dolori addominali a causa della compressione del tessuto. 
Avvertiva una sensazione generale di fiacchezza che non lo aiutava per niente a rimanere nella posizione in cui si trovava. 
Vergil aveva quasi finito di svuotare la siringa quando cominciò ad avvertire una leggera resistenza opposta all'ingresso di altro cioccolato. Continuò mettendoci più forza, costringendo il fluido ad entrare. 
In contemporanea Dante avvertì una fitta sempre più intensa alla pancia e d'istinto cercò di chiudersi sul suo addome come per proteggerlo. 
Vergil estrasse la siringa e lasciò che il residuo di cioccolato colasse tra le natiche di suo fratello. 
Quest'ultimo emise un lieve sospiro di sollievo udendo il rumore dello strumento di tortura dell'altro che veniva posato da parte. 
Vergil si passò la lingua sulle labbra pregustando l'arrivo del suo momento preferito in assoluto dell'intera faccenda. 
Si slacciò i pantaloni ed estrasse il suo pene inturgidito per tutto quel che aveva fatto fino ad allora. 
Salì in ginocchio sulla scrivania e si piegò a leccare il cioccolato che scivolava tra le natiche del suo fratellino con lenti movimenti della lingua, curandosi di arrivare in ogni più piccolo anfratto e di non lasciarne traccia al di fuori dello sfintere di Dante. 
Quest'ultimo si morse il labbro inferiore all'inatteso piacere di quelle umide carezze che risvegliarono finalmente il suo ardore sopito. Non voleva gemere - non ancora almeno. 
Una volta finito con l'esterno suo fratello passò ad occuparsi dell'interno, perforando con la lingua la barriera costituita dal suo sfintere anale stretto, molto probabilmente allo scopo di non rilasciare il liquido che lo riempiva. 
Dante inarcò la schiena e a quel punto non riuscì ad impedirsi di gemere, sollevando al tempo stesso la testa con uno scatto improvviso. 
Avrebbe dovuto aspettarselo: Vergil lo faceva praticamente ogni volta, diventando sempre più bravo ad usare la lingua ad ogni prova, rendendogli difficile opporre resistenza. 
Il più giovane rilasciò completamente la muscolatura, incapace di continuare a stringerla con uno stimolo tanto piacevole. 
Suo fratello gli affondò il viso tra le natiche, protendendo la lingua al massimo della sua estensione, agitandola con vigore. 
Dante si produsse in un gemito misto ad un grugnito di protesta. 
«Smettila di andare così a fondo!» esclamò sforzandosi di mantenere un tono di voce abbastanza controllato «Hai esagerato con tutto quel cioccolato!». 
Suo fratello non rispose; piuttosto allungò entrambe le mani a premere sul ventre rigonfio dell'altro con forza. 
Dante masticò un'imprecazione mentre d'istinto cercava di svincolare le mani dalla lama della Rebellion per bloccarlo. 
«Sta' fermo, dannazione! Sto già trattenendo a fatica!» ringhiò. 
«E perché dovrei? È proprio questo il bello!» ribatté Vergil, uscendo dal suo fondoschiena con la metà inferiore del viso piena di cioccolato. 
Sulla pelle avvertiva un po' di bruciore, ma aveva provato anche dolore di tenore ben diverso, a confronto del quale quello era praticamente niente. 
Si afferrò l'erezione e la spinse senza un briciolo di delicatezza all'interno del suo sedere, arrivando piuttosto in profondità quasi subito a causa dell'abbondante lubrificazione data dal cioccolato. 
Dante si irrigidì in risposta a quell'intrusione; tuttavia si riprese l'attimo dopo, quando le braccia di Vergil lo cinsero al livello dell'addome con una presa d'acciaio. 
Si sentiva vittima indifesa degli eventi: da un lato c'era l'enorme erezione di suo fratello, calda e ingombrante, che affondava in lui con ritmo forsennato; dall'altro invece c'erano le sue grosse mani che gli comprimevano il ventre come a volergli spremere il fluido fuori dal corpo. 
Dante cominciava ad avere veramente mal di pancia. Avrebbe voluto tantissimo svuotarsi di tutta quella roba; tuttavia, Vergil non pareva volerglielo ancora concedere. 
Mentre veniva agitato e forzato a rispondere ai movimenti del gemello, Dante poté percepire distintamente il suo pene indurirsi e far pressione per evadere dai pantaloni, rimasti sollevati sul lato anteriore. 
Come se tutte le storie riguardo a connessioni recondite tra le menti dei gemelli fossero verità assoluta e imprescindibile, Vergil gli calò i calzoni e gli strinse l'erezione con presa salda, masturbandolo. 
A quel punto Dante non riuscì a trattenersi più dall'esplicitare vocalmente il suo piacere fisico. Cominciò a contorcersi goffamente, gemere e gridare mentre - nonostante il dolore addominale - marciava a grandi passi verso l'orgasmo. 
Vergil non rallentò minimamente, eccitato sempre di più da quella palese dimostrazione di sottomissione. Voleva sentirlo gridare ancora, finché non gli fosse andata via la voce. 
«Oh, vengo! A-ah!» esclamò. 
Prontamente la mano di Vergil scese a bloccargli la base del pene, stringendola con le dita talmente forte da impedire allo sperma di transitare verso l'uscita. 
Dante imprecò quasi gridando per la frustrazione. 
«Lasciami venire, cazzo!» ringhiò picchiando i piedi sulla scrivania con forza tale da far cigolare le giunzioni del piano. 
Era dannatamente doloroso sentire di essere sul punto di venire e non poterlo fare non per cause naturali ma per colpa delle inclinazioni sadiche di suo fratello. 
«Supplicami, Dante...» gli sussurrò mellifluo l'altro, premendogli sulla pancia con ancora maggior forza. 
L'interpellato digrignò i denti, per niente desideroso di essere umiliato più di come lo era già; tuttavia, non poteva rimanere in quelle condizioni in eterno. Aveva necessità di eiaculare - e anche in fretta. 
Il desiderio di espletare quella normale funzione fisiologica era in vivo contrasto con il suo ego smisurato che gli gridava di non sottomettersi oltre alle richieste di quel maniaco del suo gemello. 
Vergil premette ancora una volta sulla sua pancia, mettendolo così alle strette. 
«Cazzo, fammi venire! Fammi venire!» urlò in preda al dolore e all'esasperazione. 
L'altro storse la bocca in una espressione di sufficienza. 
«Mi aspettavo qualcosa di più struggente...» commentò «Però suppongo di dovermi accontentare...». 
Ciò detto Vergil lasciò la presa alla base del pene di suo fratello e riprese a masturbarlo con la veemenza impiegata fino a poco prima. 
Dante ansimò pesantemente per l'enorme sollievo; dopodiché finalmente venne. Il suo sperma schizzò sulla scrivania, copioso, ma né lui né suo fratello s'interessarono molto alla grossa macchia bianca sul legno. 
«Oooh...!» sospirò Dante, chinando il capo verso il basso e respirando in maniera leggermente affannosa. 
«Io non ho ancora fatto» gli fece presente Vergil. 
Dante fece appena in tempo a realizzare quel che gli era stato appena detto che percepì distintamente le spinte del gemello diventare più incalzanti. Ogni affondo lo faceva arrivare talmente in profondità che dovette faticare non poco a reprimere mugolii di dolore. 
Quando arrivò all'orgasmo, Dante avvertì altro liquido che gli scendeva all'interno dell'orifizio anale, tiepido e leggermente viscoso, lenendo in parte il bruciore dovuto al peperoncino. A quel punto non riuscì a trattenere un roco e ben udibile gemito. 
Vergil rimase bene a fondo nel suo corpo fino a che non ebbe terminato di eiaculare; a quel punto uscì e scese dalla scrivania. 
«Sei contento adesso? Spero tu abbia marcato il tuo territorio come volevi, bastardo...» ringhiò suo fratello con un lieve tremore nella voce «Adesso lasciami andare!». 
«Non tornerai più in quel locale? Posso fidarmi?» domandò Vergil per contro con una calma tale da risultare ancora più minaccioso del solito. 
«D'accordo, d'accordo! Non ci tornerò! Adesso lasciami andare!» acconsentì in tutta fretta: ora che era tutto finito aveva necessità urgente di andare in bagno.
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