Immoralità di famiglia
Jun. 4th, 2015 03:44 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Immoralità di famiglia
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Mundus, Sparda, Vergil
Wordcount: 4124 (
fiumidiparole)
Prompt: Incest per la Badwrong Week #3 e il bonus relazione genitore/figlio per la challenge estemporanea FATEDELVOSTROPEGGIO @
maridichallenge
Note: Age difference, Blowjob, Enema, Incest, Lemon, Linguaggio forte, probabile OOC, Rimming, Voyeur (accennato), Yaoi
Vergil si appostò contro il legno cercando di fare meno rumore possibile. Le dita gli tremavano leggermente nello stringere silenziosamente la spada.
Con cautela si affacciò alla finestrella per sbirciare all'interno e sul suo viso comparve un'espressione di completo stupore.
«Non... è possibile...» bisbigliò quasi senza emettere suoni, solo formando le parole con le labbra.
La fortezza di Mundus si stagliava finalmente dinanzi a Vergil, irta di guglie e cinta di mura altissime che pullulavano di guardie ben armate.
Vergil aveva dovuto viaggiare per molti giorni attraverso l'Inferno ed eliminare le schiere infernali che Mundus gli inviava regolarmente contro per ostacolarlo senza aver mai un attimo di tregua, ma alla fine ce l'aveva fatta. Il suo nemico era ormai a portata di mano e lui assaporava già la vittoria ed il potere che da essa sarebbe derivato: se lo avesse distrutto sarebbe stato lui a diventare il nuovo dominatore incontrastato degli inferi.
L'albino se ne stava seduto a gambe incrociate sulla cima di una collinetta nuda situata a distanza di sicurezza dal castello, riflettendo sul da farsi.
Il suo corpo era al limite nonostante le sue ferite continuassero a rimarginarsi a velocità impressionante. Aveva fame e aveva bisogno di riposarsi, una condizione che non lo rendeva in grado di fronteggiare l'orda di guardie che probabilmente sarebbe fuoriuscita in massa dal castello non appena si fosse avvicinato.
Il ragazzo chiuse gli occhi un momento e sorrise immaginandosi quale sarebbe stata la brillante strategia adottata da suo fratello: anche se Dante fosse stato in fin di vita, sarebbe entrato sfondando il portone principale a spadone sguainato e si sarebbe battuto fino a stramazzare a terra senza forze, essere soverchiato dalle guardie e sbattuto nelle prigioni aspettando che Mundus decidesse se ucciderlo subito o divertirsi prima torturandolo.
«Imprigionato...?».
L'albino aprì gli occhi di scatto, raddrizzando la schiena mentre sul suo viso prendeva forma il sogghigno tipico di chi stava avendo una qualche illuminazione.
Puntò Yamato a terra e la sfruttò per rimettersi in piedi, sollevando il volto improvvisamente privo di qualsivoglia traccia della fatica che ancora interiormente provava.
Al contrario di Dante, lui era dotato anche di un intelletto piuttosto fine oltre che della mera forza bruta e dato che obiettivamente non sarebbe stato in grado di superare una legione di demoni e riuscire ad entrare nel castello, doveva trovare una maniera alternativa per farlo.
Quale migliore alternativa c'era del farsi scortare dentro proprio da quella legione di demoni contro cui avrebbe dovuto lanciarsi a spada tratta?
Mosso dalla certezza che il suo piano sarebbe andato a buon fine - demoni di così basso rango non sarebbero mai stati in grado di intuire le sue vere intenzioni, addomesticati com'erano ad obbedire ciecamente al loro padrone - sfoderò Yamato e corse giù per lo scosceso pendio della piccola altura, simulando con ineccepibile bravura un attacco frontale alla fortezza.
In un attimo il portone si aprì, vomitando un esercito di demoni armati e desiderosi di combattere, esattamente come il ragazzo si aspettava.
Vergil ne uccise una trentina prima di abbassare la guardia e fingersi esausto, finendo con l'essere atterrato e messo in catene. Gli bloccarono i polsi e le caviglie e ben sei demoni gli si disposero intorno trattenendo saldamente le estremità opposte delle catene. Altre due guardie lo trassero malamente in piedi e gli si affiancarono mentre i restanti lo circondavano per bloccargli ogni eventuale via di fuga.
A quel punto il corteo si mosse alla volta della fortezza.
L'albino camminava a testa china, lentamente, cercando di sembrare il più affaticato possibile quando invece avrebbe solamente voluto sorridere e dimostrarsi fiero del suo ingegnoso piano. Quegli stupidi avevano fatto esattamente ciò che lui si era aspettato e adesso lui era dentro, sempre più vicino al suo obiettivo.
Al suo passaggio i demoni che erano rimasti a controllare l'interno del castello lo fissavano e poi sghignazzavano e grugnivano coi compagni senza abbassare il tono. Vergil non era in grado di capire il loro linguaggio, però era evidente che lo stessero deridendo.
Abbozzò un sorriso pensando a come avrebbero cambiato atteggiamento nei suoi confronti una volta che avesse distrutto Mundus. A quel punto avrebbero solo dovuto giurargli fedeltà o morire tra atroci sofferenze.
Il ragazzo venne scortato attraverso una lunga serie di ampie sale mezze vuote; dopodiché la folla che lo aveva circondato si dissolse quasi letteralmente ad eccezione dei suoi sei carcerieri, i quali lo trascinarono giù per una lunga e ripida scala. Le pareti erano anguste e trasudavano umidità. In esse si aprivano dei varchi nei quali erano incassate delle porte di legno che davano l'idea di essere piuttosto robuste a dispetto delle apparenze fatiscenti. Delle fiaccole appese tra le porte illuminavano fiocamente l'angusto passaggio.
Man mano che scendevano l'aria si faceva più pesante e ben presto Vergil iniziò a percepire il miasma di sangue e carne putrida.
Quel tanfo gli diede la nausea. Fece di tutto per resistere all'impulso di dar di stomaco: era già fiaccato a sufficienza dal periglioso viaggio senza che ci si mettesse anche la debolezza intrinseca del suo essere per metà umano a peggiorare la situazione.
Lo condussero in una stanza situata molto in profondità, dove - per sua fortuna - la puzza del corridoio non arrivava. Lungo le pareti erano disposte innumerevoli logge per armi delle forme e delle dimensioni più disparate. Dall'altro lato rispetto all'uscio per cui erano entrati si trovava un varco che conduceva ancora più in basso.
Vergil sollevò la testa per esaminare i dintorni ma fu costretto in ginocchio da un colpo sferratogli a tradimento dietro le ginocchia.
A quel punto gli tirarono in alto le braccia e gli tolsero i ferri. Uno dei demoni fece per togliergli Yamato dal fianco ma il ragazzo fu talmente veloce da sfoderarla e squarciare la pancia dell'armatura e del demone in essa contenuto prima che chiunque dei presenti avesse modo di reagire.
Solo il tonfo della carcassa del compagno che si accasciava a terra parve indurre negli altri cinque una qualche reazione, ma per allora Vergil era già di nuovo in piedi.
Nonostante fosse stanco, era talmente incazzato per la mancanza di rispetto che gli avevano dimostrato che la rabbia gli infuse nuova forza, spingendolo a compiere una vera e propria strage.
Nessuno riuscì a chiamare aiuto prima di andare incontro alla sua atroce fine; ciononostante, Vergil si assicurò che la porta da cui era entrato fosse ben chiusa prima di dirigersi verso le scale all'altra estremità della stanza.
Aveva l'impressione che quel sotterraneo fosse più esteso di quanto potesse sembrare ad un primo sguardo e che pertanto dovessero esserci più di un solo accesso. Probabilmente era stato progettato come un labirinto, per impedire ad eventuali fortunati che fossero riusciti a fuggire dalle rispettive celle di guadagnarsi la libertà prima che le guardie potessero riacciuffarli.
Il ragazzo scese lentamente le scale, chinando il capo per non sbatterlo contro il basso soffitto e costeggiando la parete cui erano appese le torce, una mano sempre poggiata sull'elsa di Yamato per ogni evenienza.
Non incontrò niente e nessuno fino al fondo della scala, dove si ritrovò dinanzi ad un'altra porta, la quale tuttavia era diversa dalle altre per una piccola finestrella quadrata chiusa da sbarre di metallo. Da essa filtrava una fioca luce rossastra, segno che c'era qualcuno all'interno.
Vergil si appostò contro il legno cercando di fare meno rumore possibile. Le dita gli tremavano leggermente nello stringere silenziosamente la spada.
Con cautela si affacciò alla finestrella per sbirciare all'interno e sul suo viso comparve un'espressione di completo stupore.
«Non... è possibile...» bisbigliò quasi senza emettere suoni, solo formando le parole con le labbra.
Abbandonò ogni prudenza e si sporse completamente a guardare attraverso le sbarre: lungo le pareti della stanza erano ordinatamente disposti tutta una serie di strumenti di tortura veri e propri insieme ad altri attrezzi che per la forma parevano adibiti a torture alternative alle classiche fatte per far soffrire e basta.
Per fortuna che non c'era nessuno nella camera ad eccezione del prigioniero, sul quale gli occhi di Vergil si posarono pressoché immediatamente: era un uomo pallido di innegabile bell'aspetto completamente nudo. Le braccia erano trattenute sollevate da spesse catene scure che lo tenevano sospeso in mezzo alla stanza in maniera tale che arrivasse appena a toccare il pavimento.
Aveva la pelle sporca di sangue rappreso e piena dei segni rossi e delle ferite tipici delle percosse e delle torture.
Il suo viso era chino in avanti e ciondolava leggermente sbilenco sul petto, rivelando segni di torture anche sui suoi bei lineamenti aristocratici. Gli occhi erano chiusi e sembrava senza coscienza e senza più forze.
I capelli albini erano insozzati di sangue ed erano appiccicati scompostamente al viso.
Vergil conservava pochi ricordi nitidi della sua infanzia, ma era assolutamente certo di non avere mai visto suo padre in una condizione tanto pietosa.
Sparda era un demone d'alto rango, potente; eppure a guardarlo adesso sembrava il peggiore degli schiavi, privato di ogni cosa.
Non sentiva più affetto nei suoi confronti, benché l'avesse riconosciuto e fosse assolutamente certo e consapevole di trovarsi di fronte al padre che per anni aveva creduto morto; tuttavia, sentiva di dover fare qualcosa per lui. Era stato il suo punto di riferimento per tutta la sua vita e non poteva lasciarlo lì a soffrire ancora, sottomesso completamente al volere di Mundus.
Doveva liberarlo. In quel modo la sua vittoria sarebbe stata assoluta su ogni fronte.
Prima di entrare decise comunque di mascherare il suo aspetto, per evitare che suo padre lo riconoscesse subito. Se riusciva a liberarlo avrebbero avuto poi modo di parlare con calma, ma adesso aveva bisogno di rimanere concentrato.
Tirò su il bavero del cappotto e scompigliò i capelli, che ricaddero sul suo viso alla maniera in cui li portava in genere Dante, quindi nascose Yamato.
Afferrò l'anello che fungeva da maniglia con forza e lo trasse a sé.
L'uscio era stato lasciato aperto; pertanto la porta si spalancò di colpo, sbattendo contro la parete.
Vergil sobbalzò impercettibilmente e si guardò alle spalle per riflesso, temendo che da un momento all'altro gli arrivassero addosso altre guardie attirate dal baccano. Per un momento si dimenticò del fatto che aveva bloccato l'ingresso alla sala superiore.
Il forte rumore riecheggiò contro le pareti cupamente amplificato, arrivando fino al sensibile udito di Sparda, che si ridestò dal suo fragile e tormentato riposo.
Sollevò la testa e lo fissò attraverso le palpebre socchiuse.
Era la prima volta che vedeva un demone di così bell'aspetto. I suoi soliti aguzzini erano veramente orribili, anche se di tempo per osservarli non gliene concedevano poi molto.
Quello pareva pure più giovane, o forse era soltanto più potente e quindi in grado di cambiare forma, come lui e Mundus.
Alzò la testa lentamente e sorrise con aria sfinita mentre il nuovo venuto varcava la porta.
«Hai davvero bisogno di sfogarti? Mi fa ancora male il culo dall'ultimo dei vostri che è venuto a divertirsi...» esclamò.
Vergil lo guardò perplesso per un momento, poi arrossì leggermente immaginandosi suo padre che veniva scopato da uno di quei ributtanti demoni capaci solo di grugnire.
Solo in quel momento notò le dimensioni dei suoi attributi e percepì una fame sessuale stranamente forte che fino ad un momento prima non c'era.
Si rese conto che era dal suo scontro con Dante sulla cima della Temen-ni-gru che non scopava - la violenza del loro incontro era stata come benzina gettata sul fuoco - e che adesso che lo vedeva più da vicino suo padre gli ricordava molto suo fratello, ad eccezione delle ferite e della corporatura provata dalla prigionia.
Quel semplice paragone completamente inconscio, unito all'ammirazione che aveva da sempre provato per lui e al lungo periodo di astinenza fecero sì che in Vergil si accendesse il desiderio di fare sesso con lui.
Il suo cazzo si indurì virtualmente subito - reazione che gli parve un po' esagerata ma che non destò in lui nessun interrogativo - e talmente tanto che rimanere coi pantaloni chiusi divenne una tortura.
Abbandonò tutte le buone intenzioni che lo avevano momentaneamente animato nell'attimo stesso in cui l'aveva visto. Adesso aveva bisogno di risolvere problemi più personali e Sparda sembrava essere lì appositamente per quello.
Quest'ultimo lo vide marciare verso di lui e coprire la distanza che li separava con pochi lunghi passi.
Sentì le sue labbra fredde che si muovevano a contatto con le sue, voraci e vogliose. Non erano in molti quelli che si degnavano di baciarlo, dato che era usato come un semplice oggetto di sfogo sessuale. In un certo senso era felice di ciò a causa dell'aspetto ripugnante dei demoni al servizio di Mundus; tuttavia, in quell'occasione era contento del contrario. Le labbra di quello sconosciuto erano più morbide e piacevoli.
La lingua non impiegò molto a trovare la strada per la sua bocca. Vi s'intrufolò spingendosi il più a fondo possibile, passando in rassegna il palato e l'interno delle guance prima di andare a stuzzicare la sua lingua.
Vergil sentiva il bisogno urgente di entrare in contatto col suo corpo, manifestargli i suoi desideri, accendere il suo ardore. Voleva essere desiderato con la stessa forza con cui lui lo desiderava.
Nel mentre che la sua bocca era impegnata le sue mani scesero ad aprire i pantaloni. Le sue dita affusolate s'intrufolarono nelle mutande e si strinsero attorno alla sua erezione, liberandola dalla costrizione del tessuto.
A quel punto cinse con le mani i fianchi di Sparda e si accostò a lui strusciando deliberatamente il pene teso contro il suo.
Il demone sobbalzò leggermente al contatto tra il suo corpo e quella protuberanza calda e turgida che dopo avergli accarezzato il pene era andata a cacciare la punta nel suo ombelico.
A Sparda piaceva sentire il fervore di quel corpo così stranamente attraente.
Se qualcuno gli avesse detto molti anni addietro che un giorno sarebbe stato felice di far eccitare un maschio come minimo gli avrebbe tagliato la lingua. A furia di essere penetrato aveva cominciato a sviluppare un certo piacere nel vedere sconosciuti eccitarsi guardandolo. Si sentiva un po' una puttana ma non aveva altra scelta se non convivere con quel nuovo tipo di sensazioni e voglie. Quella era la sua condanna per l'eternità.
Il suo organismo espresse a pieno il suo apprezzamento per il trattamento che gli era riservato dal ragazzo. Il suo cazzo duro arrivò a toccare con la punta il cavallo dei pantaloni del suo amante.
Mugolii di dolore si mescolarono ad ansiti di piacere mentre il bacio si faceva sempre più feroce e appassionato.
Presto divenne insufficiente per la soddisfazione di entrambi.
Sparda era incapace di muoversi; pertanto toccava a Vergil mettersi all'opera per appagare la lussuria di tutti e due.
Il giovane scese a leccare e succhiare i capezzoli del demone, strappandogli indecenti e acuti gemiti di piacere, poi andò ancor più giù.
S'inginocchiò in modo tale da arrivare col viso all'altezza del suo cazzo. Lo afferrò con la mano e lo masturbò con foga mentre con la lingua tracciava il contorno dell'orifizio umido del glande.
Sparda si contorse e gemette, colto alla sprovvista dal picco di piacere improvviso. Istintivamente spinse in fuori il bacino e Vergil si ritrovò con la sua erezione infilata a forza nella sua bocca.
Udì suo padre emettere un inconfondibile grugnito d'apprezzamento; pertanto si applicò per offrirgli il miglior pompino di cui era capace.
Leccò e succhiò più che poteva, godendo nel sentire la voce di suo padre roca e calda mentre esplicitava quanto gli piacesse quel tipo di pratica. Non riusciva a stare neanche fermo nella stessa posizione per più di qualche momento e le gambe gli tremavano in maniera incontrollata.
Venne prima ancora che Vergil arrivasse al dunque, cogliendolo impreparato. Eiaculò nella sua bocca emettendo un verso gutturale ed inarcando la schiena, sgranando gli occhi per l'improvviso sollievo.
Il ragazzo accolse tutto lo sperma nella propria bocca, senza inghiottirlo. Gonfiò addirittura le guance per far sì che ci entrasse tutto.
Una volta che Sparda ebbe finito di eiaculare si rialzò e lo aggirò in fretta, riposizionandosi all'altezza del suo culo.
Il demone percepì le mani del suo amante che lo stringevano all'altezza dei fianchi e lo costringevano a flettersi in avanti, cosa che lui fece nei limiti che gli erano imposti dalle catene.
Trascorsero alcuni secondi di calma completa durante i quali l'unico rumore che si udiva erano gli ansiti di Sparda mentre tentava di riprendere fiato.
All'improvviso sentì il viso dell'altro affondare tra le sue natiche e poi un fiotto tiepido che gli veniva pompato all'interno dell'orifizio, seguito subito dopo da qualcosa di umido che si agitava cercando di entrare sempre di più.
Sparda tremò e si rilassò per permettere all'altro di addentrarsi il più possibile.
Vergil gli lubrificò abbondantemente l'apertura anche utilizzando la lingua, non soddisfatto del solo uso del suo sperma. Una volta che reputò la sua muscolatura anale abbastanza rilassata e soprattutto allargata, si alzò in piedi e lo guidò senza esitazioni il suo cazzo ben teso e turgido dentro il suo fondoschiena.
L'ingresso fu piuttosto facile e Sparda non soffrì molto: il suo culo era stato violato senza alcun garbo talmente tante volte che ormai i suoi muscoli avevano smesso di opporsi.
Il demone percepì con inconsueto piacere l'erezione calda lo riempiva e lo chiudeva.
Gemette ancora, appagato da quell'intimo contatto, e Vergil non perse tempo in inutili convenevoli, iniziando a sbatterselo immediatamente e con foga.
Sparda gemette e ansimò, sudando copiosamente per l'intensità del piacere che provava. Arrivò ad invocare l'orgasmo mentre ogni fibra del suo essere cedeva incapace di resistere a tanto piacere insieme.
Vergil lo accontentò e se lo scopò con forza fino a farlo venire a ripetizione un numero incredibilmente alto di volte.
D'altro canto, anche lui venne un considerevole numero di volte: le suppliche disperate di suo padre per avere altro piacere e l'estasi che si palesava in ogni suo sospiro lo eccitavano da impazzire, spingendolo all'orgasmo ripetutamente.
Ogni volta che veniva eiaculava direttamente nel culo dell'altro - che esprimeva godimento per il liquido che gli riempiva l'intestino e che andava accumulandosi orgasmo dopo orgasmo - e poi riprendeva a spingere, senza mai fermarsi neppure per riprendere fiato un momento: tutte le volte che veniva desiderava con più forza tornare a scoparsi suo padre.
Quando finalmente Vergil arrivò a sentirsi soddisfatto, si fermò appoggiando la fronte contro la nuca di Sparda mentre acquietava il respiro affannoso.
Non ricordava di essere mai venuto così tanto in vita sua. In genere si stancava molto prima.
Le sue mani accarezzarono spontaneamente l'addome del suo partner e con un certo imbarazzo si rese conto che questo non era più piatto e leggermente incavo, bensì arrotondato e gonfio al tatto.
Premette con entrambe le mani su di esso e tutto ciò che Sparda fu in grado di fare oltre ansimare fu contorcersi e sussurrare: «Non... schiacciare...».
Dal tono di voce sembrava stare compiendo un qualche grosso sforzo fisico che lo metteva profondamente a disagio e a Vergil non occorse molta fantasia per intuire di cosa si trattasse.
«L'ho davvero riempito io...?!» si domandò tra sé arrossendo.
Era venuto veramente tante volte, ma non era possibile che avesse eiaculato così tanto sperma da riempire la pancia di suo padre fino a farlo quasi sembrare gravido.
Continuò a tastare il ventre di Sparda, trovandolo stranamente piacevole da coccolare mentre rifletteva.
Il demone emetteva flebili versi che denotavano ulteriore piacere nei confronti di quelle carezze. Pareva essere ormai rimasto a corto di fiato e pertanto incapace di riprendere a gridare come aveva fatto fino a poco prima.
L'unica spiegazione vagamente sensata che Vergil riuscì a trovare a quella situazione fu che in qualche maniera le sue prestazioni sessuali fossero state rese maggiori per infliggere una "tortura" più grande al prigioniero stretto tra le sue braccia.
Molto probabilmente all'inizio la cosa aveva sortito l'effetto desiderato, poiché la muscolatura anale di un culo ancora vergine tendeva ad opporre molta resistenza alla penetrazione e a dolere di conseguenza - Vergil aveva avuto modo di provare la cosa almeno un paio di volte durante la sua recente breve riunione con il fratello - ma poi a furia di essere sbattuto come una puttana, Sparda doveva essersi abituato al dolore al punto tale che adesso l'aumento delle prestazioni sessuali dei suoi partner lo facevano godere all'estremo.
Era il solo ragionamento che, oltre a spiegare l'assurda quantità di liquido seminale che Vergil era riuscito a produrre ed espellere, riusciva a render conto anche dello sconveniente e imbarazzante atteggiamento da prostituta di suo padre.
L'idea del ventre di quest'ultimo carico del suo seme fino al limite gli diede una perversa sensazione di assoluto dominio della situazione che lo spinse a stringere la presa attorno all'addome del più grande.
Sparda si torse e strinse le gambe, supplicandolo perché smettesse di schiacciargli la pancia e accennando al fatto che non era in grado di trattenere tutto quel liquido.
Il più giovane, che aveva ancora il pene nel suo didietro, lo estrasse in parte per vedere che tipo di reazione avrebbe avuto.
Sparda si piegò di scatto, inarcando la schiena e stringendo con forza le cosce.
«N-no... non farlo!» esclamò esausto.
Vergil ascoltò con piacere quella supplica ma fece come il cervello gli suggeriva: con un colpo secco di bacino, rimosse il suo cazzo dall'orifizio anale del demone. La muscolatura era ancora tesa, anche se molto meno dato che non aveva più nessuno stimolo sufficiente ad eccitarlo, però riusciva ancora a far da tappo. Uscì con un sonoro rumore di risucchio, come se avesse appena stappato una bottiglia di spumante.
Sparda si piegò leggermente in avanti lanciando un verso roco che gli uscì dalle labbra come se nel farlo avesse raschiato la gola.
Vergil lo vide stringere le natiche tremando per qualche momento e poi cedere alla stanchezza.
Lo sperma fuoriuscì come un getto dal suo fondoschiena, annaffiando letteralmente il pavimento già sporco del liquido seminale che aveva espulso in precedenza in abbondanza.
Sparda gemette per il grosso sollievo e addirittura venne una ennesima volta.
Il ragazzo era stupefatto e imbarazzato insieme e non sapeva cosa fare se non stare a guardare mentre suo padre si svuotava completamente.
Quando il getto si affievolì e si ridusse a rigagnoli biancastri che scendevano lungo l'interno delle sue cosce, Vergil capì che era tutto finito.
Improvvisamente gli ritornò alla mente il motivo per cui aveva deciso di entrare in quella cella e decise di affrettarsi a portare a compimento il suo piano prima che un altro accesso di lussuria lo riportasse a desiderare il corpo di suo padre.
Senza neanche perdere tempo a rimettersi a posto i pantaloni si avvicinò a Sparda ma non fece in tempo a toccarlo che la porta venne spalancata con un colpo secco che la mandò a sbattere contro la parete.
Entrambi gli albini all'interno si volsero di scatto a guardare il nuovo rumoroso ospite.
Vergil sgranò gli occhi nel trovarsi di fronte un uomo di bell'aspetto con biondi capelli fini e lisci, lunghi fino alle spalle e poco oltre, gli occhi azzurri ed il corpo completamente nudo. Ad attirare la sua attenzione più del resto fu l'erezione ancora sporca di sperma che si ergeva fieramente fin quasi al suo ombelico.
«Mundus...» ringhiò Sparda a mezza voce, al che suo figlio guardò incredulo il biondo sull'uscio: era così diverso dal Mundus che aveva visto lui.
«Eravate uno spettacolo veramente entusiasmante... non ti ho mai visto venire così tanto, Sparda!» commentò con un sogghigno beffardo «Serviva che fosse tuo figlio a scoparti per farti reagire così vigorosamente?».
Sparda aprì gli occhi di colpo, fissando il fratello con l'aria di chi avesse appena ricevuto uno schiaffo morale.
«Figlio...?» ripeté atterrito.
Mundus rise.
«Seriamente non hai riconosciuto uno dei tuoi amati pargoletti?! Quello con cui ti sei divertito così tanto era il tuo caro piccolo Vergil...!» lo informò con scherno Mundus, continuando a ridere sguaiatamente.
«V-Vergil...?» il prigioniero si girò nella direzione del suo amante, cercando nel suo sguardo tracce di smentita a quello che gli era stato appena comunicato.
Purtroppo quegli occhi azzurri erano inconfondibili e quel: «Padre...» che gli venne rivolto con tono timoroso non lasciarono spazio ad ulteriori dubbi.
Sparda si abbandonò di peso al sostegno delle catene: era un demone fatto e finito, eppure si sentiva sporco dentro, come se avesse fatto qualcosa di spregevole persino per un demone.
«Quella tua espressione è bellissima, Sparda!» esclamò Mundus.
Vergil fece per estrarre la Yamato ma con un gesto della mano Mundus lo immobilizzò.
«Ragazzo, avresti dovuto continuare a scoparti tuo padre e non cercare di liberarlo...» gli disse avvicinandosi a lui «Adesso tocca a me divertirmi col tuo bel culetto...» gli sussurrò mentre gli accarezzava lascivamente il volto.
Vergil avrebbe voluto tagliargli di netto la mano ma non poteva muovere neppure un muscolo. Si era infilato in un casino e non vedeva la maniera di uscirne.
«Lascialo stare!» gridò Sparda, in un estremo tentativo di proteggere il figlio.
«Spiacente caro fratellino ma è entrato lui di sua spontanea volontà nel mio castello... e tutto quello che sta qui dentro mi appartiene!» s'interruppe prima di tornare ad esaminare il suo giovane ospite «E quindi posso disporne come più mi piace...».
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Mundus, Sparda, Vergil
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Vergil si appostò contro il legno cercando di fare meno rumore possibile. Le dita gli tremavano leggermente nello stringere silenziosamente la spada.
Con cautela si affacciò alla finestrella per sbirciare all'interno e sul suo viso comparve un'espressione di completo stupore.
«Non... è possibile...» bisbigliò quasi senza emettere suoni, solo formando le parole con le labbra.
La fortezza di Mundus si stagliava finalmente dinanzi a Vergil, irta di guglie e cinta di mura altissime che pullulavano di guardie ben armate.
Vergil aveva dovuto viaggiare per molti giorni attraverso l'Inferno ed eliminare le schiere infernali che Mundus gli inviava regolarmente contro per ostacolarlo senza aver mai un attimo di tregua, ma alla fine ce l'aveva fatta. Il suo nemico era ormai a portata di mano e lui assaporava già la vittoria ed il potere che da essa sarebbe derivato: se lo avesse distrutto sarebbe stato lui a diventare il nuovo dominatore incontrastato degli inferi.
L'albino se ne stava seduto a gambe incrociate sulla cima di una collinetta nuda situata a distanza di sicurezza dal castello, riflettendo sul da farsi.
Il suo corpo era al limite nonostante le sue ferite continuassero a rimarginarsi a velocità impressionante. Aveva fame e aveva bisogno di riposarsi, una condizione che non lo rendeva in grado di fronteggiare l'orda di guardie che probabilmente sarebbe fuoriuscita in massa dal castello non appena si fosse avvicinato.
Il ragazzo chiuse gli occhi un momento e sorrise immaginandosi quale sarebbe stata la brillante strategia adottata da suo fratello: anche se Dante fosse stato in fin di vita, sarebbe entrato sfondando il portone principale a spadone sguainato e si sarebbe battuto fino a stramazzare a terra senza forze, essere soverchiato dalle guardie e sbattuto nelle prigioni aspettando che Mundus decidesse se ucciderlo subito o divertirsi prima torturandolo.
«Imprigionato...?».
L'albino aprì gli occhi di scatto, raddrizzando la schiena mentre sul suo viso prendeva forma il sogghigno tipico di chi stava avendo una qualche illuminazione.
Puntò Yamato a terra e la sfruttò per rimettersi in piedi, sollevando il volto improvvisamente privo di qualsivoglia traccia della fatica che ancora interiormente provava.
Al contrario di Dante, lui era dotato anche di un intelletto piuttosto fine oltre che della mera forza bruta e dato che obiettivamente non sarebbe stato in grado di superare una legione di demoni e riuscire ad entrare nel castello, doveva trovare una maniera alternativa per farlo.
Quale migliore alternativa c'era del farsi scortare dentro proprio da quella legione di demoni contro cui avrebbe dovuto lanciarsi a spada tratta?
Mosso dalla certezza che il suo piano sarebbe andato a buon fine - demoni di così basso rango non sarebbero mai stati in grado di intuire le sue vere intenzioni, addomesticati com'erano ad obbedire ciecamente al loro padrone - sfoderò Yamato e corse giù per lo scosceso pendio della piccola altura, simulando con ineccepibile bravura un attacco frontale alla fortezza.
In un attimo il portone si aprì, vomitando un esercito di demoni armati e desiderosi di combattere, esattamente come il ragazzo si aspettava.
Vergil ne uccise una trentina prima di abbassare la guardia e fingersi esausto, finendo con l'essere atterrato e messo in catene. Gli bloccarono i polsi e le caviglie e ben sei demoni gli si disposero intorno trattenendo saldamente le estremità opposte delle catene. Altre due guardie lo trassero malamente in piedi e gli si affiancarono mentre i restanti lo circondavano per bloccargli ogni eventuale via di fuga.
A quel punto il corteo si mosse alla volta della fortezza.
L'albino camminava a testa china, lentamente, cercando di sembrare il più affaticato possibile quando invece avrebbe solamente voluto sorridere e dimostrarsi fiero del suo ingegnoso piano. Quegli stupidi avevano fatto esattamente ciò che lui si era aspettato e adesso lui era dentro, sempre più vicino al suo obiettivo.
Al suo passaggio i demoni che erano rimasti a controllare l'interno del castello lo fissavano e poi sghignazzavano e grugnivano coi compagni senza abbassare il tono. Vergil non era in grado di capire il loro linguaggio, però era evidente che lo stessero deridendo.
Abbozzò un sorriso pensando a come avrebbero cambiato atteggiamento nei suoi confronti una volta che avesse distrutto Mundus. A quel punto avrebbero solo dovuto giurargli fedeltà o morire tra atroci sofferenze.
Il ragazzo venne scortato attraverso una lunga serie di ampie sale mezze vuote; dopodiché la folla che lo aveva circondato si dissolse quasi letteralmente ad eccezione dei suoi sei carcerieri, i quali lo trascinarono giù per una lunga e ripida scala. Le pareti erano anguste e trasudavano umidità. In esse si aprivano dei varchi nei quali erano incassate delle porte di legno che davano l'idea di essere piuttosto robuste a dispetto delle apparenze fatiscenti. Delle fiaccole appese tra le porte illuminavano fiocamente l'angusto passaggio.
Man mano che scendevano l'aria si faceva più pesante e ben presto Vergil iniziò a percepire il miasma di sangue e carne putrida.
Quel tanfo gli diede la nausea. Fece di tutto per resistere all'impulso di dar di stomaco: era già fiaccato a sufficienza dal periglioso viaggio senza che ci si mettesse anche la debolezza intrinseca del suo essere per metà umano a peggiorare la situazione.
Lo condussero in una stanza situata molto in profondità, dove - per sua fortuna - la puzza del corridoio non arrivava. Lungo le pareti erano disposte innumerevoli logge per armi delle forme e delle dimensioni più disparate. Dall'altro lato rispetto all'uscio per cui erano entrati si trovava un varco che conduceva ancora più in basso.
Vergil sollevò la testa per esaminare i dintorni ma fu costretto in ginocchio da un colpo sferratogli a tradimento dietro le ginocchia.
A quel punto gli tirarono in alto le braccia e gli tolsero i ferri. Uno dei demoni fece per togliergli Yamato dal fianco ma il ragazzo fu talmente veloce da sfoderarla e squarciare la pancia dell'armatura e del demone in essa contenuto prima che chiunque dei presenti avesse modo di reagire.
Solo il tonfo della carcassa del compagno che si accasciava a terra parve indurre negli altri cinque una qualche reazione, ma per allora Vergil era già di nuovo in piedi.
Nonostante fosse stanco, era talmente incazzato per la mancanza di rispetto che gli avevano dimostrato che la rabbia gli infuse nuova forza, spingendolo a compiere una vera e propria strage.
Nessuno riuscì a chiamare aiuto prima di andare incontro alla sua atroce fine; ciononostante, Vergil si assicurò che la porta da cui era entrato fosse ben chiusa prima di dirigersi verso le scale all'altra estremità della stanza.
Aveva l'impressione che quel sotterraneo fosse più esteso di quanto potesse sembrare ad un primo sguardo e che pertanto dovessero esserci più di un solo accesso. Probabilmente era stato progettato come un labirinto, per impedire ad eventuali fortunati che fossero riusciti a fuggire dalle rispettive celle di guadagnarsi la libertà prima che le guardie potessero riacciuffarli.
Il ragazzo scese lentamente le scale, chinando il capo per non sbatterlo contro il basso soffitto e costeggiando la parete cui erano appese le torce, una mano sempre poggiata sull'elsa di Yamato per ogni evenienza.
Non incontrò niente e nessuno fino al fondo della scala, dove si ritrovò dinanzi ad un'altra porta, la quale tuttavia era diversa dalle altre per una piccola finestrella quadrata chiusa da sbarre di metallo. Da essa filtrava una fioca luce rossastra, segno che c'era qualcuno all'interno.
Vergil si appostò contro il legno cercando di fare meno rumore possibile. Le dita gli tremavano leggermente nello stringere silenziosamente la spada.
Con cautela si affacciò alla finestrella per sbirciare all'interno e sul suo viso comparve un'espressione di completo stupore.
«Non... è possibile...» bisbigliò quasi senza emettere suoni, solo formando le parole con le labbra.
Abbandonò ogni prudenza e si sporse completamente a guardare attraverso le sbarre: lungo le pareti della stanza erano ordinatamente disposti tutta una serie di strumenti di tortura veri e propri insieme ad altri attrezzi che per la forma parevano adibiti a torture alternative alle classiche fatte per far soffrire e basta.
Per fortuna che non c'era nessuno nella camera ad eccezione del prigioniero, sul quale gli occhi di Vergil si posarono pressoché immediatamente: era un uomo pallido di innegabile bell'aspetto completamente nudo. Le braccia erano trattenute sollevate da spesse catene scure che lo tenevano sospeso in mezzo alla stanza in maniera tale che arrivasse appena a toccare il pavimento.
Aveva la pelle sporca di sangue rappreso e piena dei segni rossi e delle ferite tipici delle percosse e delle torture.
Il suo viso era chino in avanti e ciondolava leggermente sbilenco sul petto, rivelando segni di torture anche sui suoi bei lineamenti aristocratici. Gli occhi erano chiusi e sembrava senza coscienza e senza più forze.
I capelli albini erano insozzati di sangue ed erano appiccicati scompostamente al viso.
Vergil conservava pochi ricordi nitidi della sua infanzia, ma era assolutamente certo di non avere mai visto suo padre in una condizione tanto pietosa.
Sparda era un demone d'alto rango, potente; eppure a guardarlo adesso sembrava il peggiore degli schiavi, privato di ogni cosa.
Non sentiva più affetto nei suoi confronti, benché l'avesse riconosciuto e fosse assolutamente certo e consapevole di trovarsi di fronte al padre che per anni aveva creduto morto; tuttavia, sentiva di dover fare qualcosa per lui. Era stato il suo punto di riferimento per tutta la sua vita e non poteva lasciarlo lì a soffrire ancora, sottomesso completamente al volere di Mundus.
Doveva liberarlo. In quel modo la sua vittoria sarebbe stata assoluta su ogni fronte.
Prima di entrare decise comunque di mascherare il suo aspetto, per evitare che suo padre lo riconoscesse subito. Se riusciva a liberarlo avrebbero avuto poi modo di parlare con calma, ma adesso aveva bisogno di rimanere concentrato.
Tirò su il bavero del cappotto e scompigliò i capelli, che ricaddero sul suo viso alla maniera in cui li portava in genere Dante, quindi nascose Yamato.
Afferrò l'anello che fungeva da maniglia con forza e lo trasse a sé.
L'uscio era stato lasciato aperto; pertanto la porta si spalancò di colpo, sbattendo contro la parete.
Vergil sobbalzò impercettibilmente e si guardò alle spalle per riflesso, temendo che da un momento all'altro gli arrivassero addosso altre guardie attirate dal baccano. Per un momento si dimenticò del fatto che aveva bloccato l'ingresso alla sala superiore.
Il forte rumore riecheggiò contro le pareti cupamente amplificato, arrivando fino al sensibile udito di Sparda, che si ridestò dal suo fragile e tormentato riposo.
Sollevò la testa e lo fissò attraverso le palpebre socchiuse.
Era la prima volta che vedeva un demone di così bell'aspetto. I suoi soliti aguzzini erano veramente orribili, anche se di tempo per osservarli non gliene concedevano poi molto.
Quello pareva pure più giovane, o forse era soltanto più potente e quindi in grado di cambiare forma, come lui e Mundus.
Alzò la testa lentamente e sorrise con aria sfinita mentre il nuovo venuto varcava la porta.
«Hai davvero bisogno di sfogarti? Mi fa ancora male il culo dall'ultimo dei vostri che è venuto a divertirsi...» esclamò.
Vergil lo guardò perplesso per un momento, poi arrossì leggermente immaginandosi suo padre che veniva scopato da uno di quei ributtanti demoni capaci solo di grugnire.
Solo in quel momento notò le dimensioni dei suoi attributi e percepì una fame sessuale stranamente forte che fino ad un momento prima non c'era.
Si rese conto che era dal suo scontro con Dante sulla cima della Temen-ni-gru che non scopava - la violenza del loro incontro era stata come benzina gettata sul fuoco - e che adesso che lo vedeva più da vicino suo padre gli ricordava molto suo fratello, ad eccezione delle ferite e della corporatura provata dalla prigionia.
Quel semplice paragone completamente inconscio, unito all'ammirazione che aveva da sempre provato per lui e al lungo periodo di astinenza fecero sì che in Vergil si accendesse il desiderio di fare sesso con lui.
Il suo cazzo si indurì virtualmente subito - reazione che gli parve un po' esagerata ma che non destò in lui nessun interrogativo - e talmente tanto che rimanere coi pantaloni chiusi divenne una tortura.
Abbandonò tutte le buone intenzioni che lo avevano momentaneamente animato nell'attimo stesso in cui l'aveva visto. Adesso aveva bisogno di risolvere problemi più personali e Sparda sembrava essere lì appositamente per quello.
Quest'ultimo lo vide marciare verso di lui e coprire la distanza che li separava con pochi lunghi passi.
Sentì le sue labbra fredde che si muovevano a contatto con le sue, voraci e vogliose. Non erano in molti quelli che si degnavano di baciarlo, dato che era usato come un semplice oggetto di sfogo sessuale. In un certo senso era felice di ciò a causa dell'aspetto ripugnante dei demoni al servizio di Mundus; tuttavia, in quell'occasione era contento del contrario. Le labbra di quello sconosciuto erano più morbide e piacevoli.
La lingua non impiegò molto a trovare la strada per la sua bocca. Vi s'intrufolò spingendosi il più a fondo possibile, passando in rassegna il palato e l'interno delle guance prima di andare a stuzzicare la sua lingua.
Vergil sentiva il bisogno urgente di entrare in contatto col suo corpo, manifestargli i suoi desideri, accendere il suo ardore. Voleva essere desiderato con la stessa forza con cui lui lo desiderava.
Nel mentre che la sua bocca era impegnata le sue mani scesero ad aprire i pantaloni. Le sue dita affusolate s'intrufolarono nelle mutande e si strinsero attorno alla sua erezione, liberandola dalla costrizione del tessuto.
A quel punto cinse con le mani i fianchi di Sparda e si accostò a lui strusciando deliberatamente il pene teso contro il suo.
Il demone sobbalzò leggermente al contatto tra il suo corpo e quella protuberanza calda e turgida che dopo avergli accarezzato il pene era andata a cacciare la punta nel suo ombelico.
A Sparda piaceva sentire il fervore di quel corpo così stranamente attraente.
Se qualcuno gli avesse detto molti anni addietro che un giorno sarebbe stato felice di far eccitare un maschio come minimo gli avrebbe tagliato la lingua. A furia di essere penetrato aveva cominciato a sviluppare un certo piacere nel vedere sconosciuti eccitarsi guardandolo. Si sentiva un po' una puttana ma non aveva altra scelta se non convivere con quel nuovo tipo di sensazioni e voglie. Quella era la sua condanna per l'eternità.
Il suo organismo espresse a pieno il suo apprezzamento per il trattamento che gli era riservato dal ragazzo. Il suo cazzo duro arrivò a toccare con la punta il cavallo dei pantaloni del suo amante.
Mugolii di dolore si mescolarono ad ansiti di piacere mentre il bacio si faceva sempre più feroce e appassionato.
Presto divenne insufficiente per la soddisfazione di entrambi.
Sparda era incapace di muoversi; pertanto toccava a Vergil mettersi all'opera per appagare la lussuria di tutti e due.
Il giovane scese a leccare e succhiare i capezzoli del demone, strappandogli indecenti e acuti gemiti di piacere, poi andò ancor più giù.
S'inginocchiò in modo tale da arrivare col viso all'altezza del suo cazzo. Lo afferrò con la mano e lo masturbò con foga mentre con la lingua tracciava il contorno dell'orifizio umido del glande.
Sparda si contorse e gemette, colto alla sprovvista dal picco di piacere improvviso. Istintivamente spinse in fuori il bacino e Vergil si ritrovò con la sua erezione infilata a forza nella sua bocca.
Udì suo padre emettere un inconfondibile grugnito d'apprezzamento; pertanto si applicò per offrirgli il miglior pompino di cui era capace.
Leccò e succhiò più che poteva, godendo nel sentire la voce di suo padre roca e calda mentre esplicitava quanto gli piacesse quel tipo di pratica. Non riusciva a stare neanche fermo nella stessa posizione per più di qualche momento e le gambe gli tremavano in maniera incontrollata.
Venne prima ancora che Vergil arrivasse al dunque, cogliendolo impreparato. Eiaculò nella sua bocca emettendo un verso gutturale ed inarcando la schiena, sgranando gli occhi per l'improvviso sollievo.
Il ragazzo accolse tutto lo sperma nella propria bocca, senza inghiottirlo. Gonfiò addirittura le guance per far sì che ci entrasse tutto.
Una volta che Sparda ebbe finito di eiaculare si rialzò e lo aggirò in fretta, riposizionandosi all'altezza del suo culo.
Il demone percepì le mani del suo amante che lo stringevano all'altezza dei fianchi e lo costringevano a flettersi in avanti, cosa che lui fece nei limiti che gli erano imposti dalle catene.
Trascorsero alcuni secondi di calma completa durante i quali l'unico rumore che si udiva erano gli ansiti di Sparda mentre tentava di riprendere fiato.
All'improvviso sentì il viso dell'altro affondare tra le sue natiche e poi un fiotto tiepido che gli veniva pompato all'interno dell'orifizio, seguito subito dopo da qualcosa di umido che si agitava cercando di entrare sempre di più.
Sparda tremò e si rilassò per permettere all'altro di addentrarsi il più possibile.
Vergil gli lubrificò abbondantemente l'apertura anche utilizzando la lingua, non soddisfatto del solo uso del suo sperma. Una volta che reputò la sua muscolatura anale abbastanza rilassata e soprattutto allargata, si alzò in piedi e lo guidò senza esitazioni il suo cazzo ben teso e turgido dentro il suo fondoschiena.
L'ingresso fu piuttosto facile e Sparda non soffrì molto: il suo culo era stato violato senza alcun garbo talmente tante volte che ormai i suoi muscoli avevano smesso di opporsi.
Il demone percepì con inconsueto piacere l'erezione calda lo riempiva e lo chiudeva.
Gemette ancora, appagato da quell'intimo contatto, e Vergil non perse tempo in inutili convenevoli, iniziando a sbatterselo immediatamente e con foga.
Sparda gemette e ansimò, sudando copiosamente per l'intensità del piacere che provava. Arrivò ad invocare l'orgasmo mentre ogni fibra del suo essere cedeva incapace di resistere a tanto piacere insieme.
Vergil lo accontentò e se lo scopò con forza fino a farlo venire a ripetizione un numero incredibilmente alto di volte.
D'altro canto, anche lui venne un considerevole numero di volte: le suppliche disperate di suo padre per avere altro piacere e l'estasi che si palesava in ogni suo sospiro lo eccitavano da impazzire, spingendolo all'orgasmo ripetutamente.
Ogni volta che veniva eiaculava direttamente nel culo dell'altro - che esprimeva godimento per il liquido che gli riempiva l'intestino e che andava accumulandosi orgasmo dopo orgasmo - e poi riprendeva a spingere, senza mai fermarsi neppure per riprendere fiato un momento: tutte le volte che veniva desiderava con più forza tornare a scoparsi suo padre.
Quando finalmente Vergil arrivò a sentirsi soddisfatto, si fermò appoggiando la fronte contro la nuca di Sparda mentre acquietava il respiro affannoso.
Non ricordava di essere mai venuto così tanto in vita sua. In genere si stancava molto prima.
Le sue mani accarezzarono spontaneamente l'addome del suo partner e con un certo imbarazzo si rese conto che questo non era più piatto e leggermente incavo, bensì arrotondato e gonfio al tatto.
Premette con entrambe le mani su di esso e tutto ciò che Sparda fu in grado di fare oltre ansimare fu contorcersi e sussurrare: «Non... schiacciare...».
Dal tono di voce sembrava stare compiendo un qualche grosso sforzo fisico che lo metteva profondamente a disagio e a Vergil non occorse molta fantasia per intuire di cosa si trattasse.
«L'ho davvero riempito io...?!» si domandò tra sé arrossendo.
Era venuto veramente tante volte, ma non era possibile che avesse eiaculato così tanto sperma da riempire la pancia di suo padre fino a farlo quasi sembrare gravido.
Continuò a tastare il ventre di Sparda, trovandolo stranamente piacevole da coccolare mentre rifletteva.
Il demone emetteva flebili versi che denotavano ulteriore piacere nei confronti di quelle carezze. Pareva essere ormai rimasto a corto di fiato e pertanto incapace di riprendere a gridare come aveva fatto fino a poco prima.
L'unica spiegazione vagamente sensata che Vergil riuscì a trovare a quella situazione fu che in qualche maniera le sue prestazioni sessuali fossero state rese maggiori per infliggere una "tortura" più grande al prigioniero stretto tra le sue braccia.
Molto probabilmente all'inizio la cosa aveva sortito l'effetto desiderato, poiché la muscolatura anale di un culo ancora vergine tendeva ad opporre molta resistenza alla penetrazione e a dolere di conseguenza - Vergil aveva avuto modo di provare la cosa almeno un paio di volte durante la sua recente breve riunione con il fratello - ma poi a furia di essere sbattuto come una puttana, Sparda doveva essersi abituato al dolore al punto tale che adesso l'aumento delle prestazioni sessuali dei suoi partner lo facevano godere all'estremo.
Era il solo ragionamento che, oltre a spiegare l'assurda quantità di liquido seminale che Vergil era riuscito a produrre ed espellere, riusciva a render conto anche dello sconveniente e imbarazzante atteggiamento da prostituta di suo padre.
L'idea del ventre di quest'ultimo carico del suo seme fino al limite gli diede una perversa sensazione di assoluto dominio della situazione che lo spinse a stringere la presa attorno all'addome del più grande.
Sparda si torse e strinse le gambe, supplicandolo perché smettesse di schiacciargli la pancia e accennando al fatto che non era in grado di trattenere tutto quel liquido.
Il più giovane, che aveva ancora il pene nel suo didietro, lo estrasse in parte per vedere che tipo di reazione avrebbe avuto.
Sparda si piegò di scatto, inarcando la schiena e stringendo con forza le cosce.
«N-no... non farlo!» esclamò esausto.
Vergil ascoltò con piacere quella supplica ma fece come il cervello gli suggeriva: con un colpo secco di bacino, rimosse il suo cazzo dall'orifizio anale del demone. La muscolatura era ancora tesa, anche se molto meno dato che non aveva più nessuno stimolo sufficiente ad eccitarlo, però riusciva ancora a far da tappo. Uscì con un sonoro rumore di risucchio, come se avesse appena stappato una bottiglia di spumante.
Sparda si piegò leggermente in avanti lanciando un verso roco che gli uscì dalle labbra come se nel farlo avesse raschiato la gola.
Vergil lo vide stringere le natiche tremando per qualche momento e poi cedere alla stanchezza.
Lo sperma fuoriuscì come un getto dal suo fondoschiena, annaffiando letteralmente il pavimento già sporco del liquido seminale che aveva espulso in precedenza in abbondanza.
Sparda gemette per il grosso sollievo e addirittura venne una ennesima volta.
Il ragazzo era stupefatto e imbarazzato insieme e non sapeva cosa fare se non stare a guardare mentre suo padre si svuotava completamente.
Quando il getto si affievolì e si ridusse a rigagnoli biancastri che scendevano lungo l'interno delle sue cosce, Vergil capì che era tutto finito.
Improvvisamente gli ritornò alla mente il motivo per cui aveva deciso di entrare in quella cella e decise di affrettarsi a portare a compimento il suo piano prima che un altro accesso di lussuria lo riportasse a desiderare il corpo di suo padre.
Senza neanche perdere tempo a rimettersi a posto i pantaloni si avvicinò a Sparda ma non fece in tempo a toccarlo che la porta venne spalancata con un colpo secco che la mandò a sbattere contro la parete.
Entrambi gli albini all'interno si volsero di scatto a guardare il nuovo rumoroso ospite.
Vergil sgranò gli occhi nel trovarsi di fronte un uomo di bell'aspetto con biondi capelli fini e lisci, lunghi fino alle spalle e poco oltre, gli occhi azzurri ed il corpo completamente nudo. Ad attirare la sua attenzione più del resto fu l'erezione ancora sporca di sperma che si ergeva fieramente fin quasi al suo ombelico.
«Mundus...» ringhiò Sparda a mezza voce, al che suo figlio guardò incredulo il biondo sull'uscio: era così diverso dal Mundus che aveva visto lui.
«Eravate uno spettacolo veramente entusiasmante... non ti ho mai visto venire così tanto, Sparda!» commentò con un sogghigno beffardo «Serviva che fosse tuo figlio a scoparti per farti reagire così vigorosamente?».
Sparda aprì gli occhi di colpo, fissando il fratello con l'aria di chi avesse appena ricevuto uno schiaffo morale.
«Figlio...?» ripeté atterrito.
Mundus rise.
«Seriamente non hai riconosciuto uno dei tuoi amati pargoletti?! Quello con cui ti sei divertito così tanto era il tuo caro piccolo Vergil...!» lo informò con scherno Mundus, continuando a ridere sguaiatamente.
«V-Vergil...?» il prigioniero si girò nella direzione del suo amante, cercando nel suo sguardo tracce di smentita a quello che gli era stato appena comunicato.
Purtroppo quegli occhi azzurri erano inconfondibili e quel: «Padre...» che gli venne rivolto con tono timoroso non lasciarono spazio ad ulteriori dubbi.
Sparda si abbandonò di peso al sostegno delle catene: era un demone fatto e finito, eppure si sentiva sporco dentro, come se avesse fatto qualcosa di spregevole persino per un demone.
«Quella tua espressione è bellissima, Sparda!» esclamò Mundus.
Vergil fece per estrarre la Yamato ma con un gesto della mano Mundus lo immobilizzò.
«Ragazzo, avresti dovuto continuare a scoparti tuo padre e non cercare di liberarlo...» gli disse avvicinandosi a lui «Adesso tocca a me divertirmi col tuo bel culetto...» gli sussurrò mentre gli accarezzava lascivamente il volto.
Vergil avrebbe voluto tagliargli di netto la mano ma non poteva muovere neppure un muscolo. Si era infilato in un casino e non vedeva la maniera di uscirne.
«Lascialo stare!» gridò Sparda, in un estremo tentativo di proteggere il figlio.
«Spiacente caro fratellino ma è entrato lui di sua spontanea volontà nel mio castello... e tutto quello che sta qui dentro mi appartiene!» s'interruppe prima di tornare ad esaminare il suo giovane ospite «E quindi posso disporne come più mi piace...».