Discordia formato ridotto e peloso
May. 29th, 2011 02:16 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Discordia formato ridotto e peloso
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (N. Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 976 (
fiumidiparole)
Note: Self!love, Yaoi. Scritta per
mmom_italia
Feliciano, accucciato sul tappeto, continuava imperterrito ad emettere a ripetizione il solito rumore, una via di mezzo tra la riproduzione di fusa di gatto e l’incomprensibile verso che certe volte facevano le madri ai figli piccoli nel dargli la pappa.
«Italia...!».
Germania abbassò il libro che stava leggendo, spostando lo sguardo sul ragazzo.
Un debole verso riempiva l'altrimenti accogliente e tranquillo silenzio del soggiorno.
«Italia...?».
Feliciano, accucciato sul tappeto, continuava imperterrito ad emettere a ripetizione il solito rumore, una via di mezzo tra la riproduzione di fusa di gatto e l’incomprensibile verso che certe volte facevano le madri ai figli piccoli nel dargli la pappa.
«Italia...!».
Germania abbassò il libro che stava leggendo, spostando lo sguardo sul ragazzo. Nella sua espressione si leggeva chiaramente una nota di fastidio.
Di nuovo venne palesemente ignorato in favore dell'esserino peloso che stava steso sul tappeto, davanti all'italiano.
«ITALIA!».
Solo allora Veneziano sobbalzò sul posto e girò il viso a guardarlo, tremando spaventato.
«C-che cosa c'è, Germania? Ti prego, non farmi male...»
«Ah...!» esordì il biondo, esasperato dalla sua perenne paura di venir picchiato «Mi basta solo che tu giochi con quel gomitolo di pelo facendo meno confusione».
«Oh... va bene».
E l'italiano riprese tranquillamente a giocare.
Ludwig sospirò. Da quando Italia l'aveva convinto a prendere con loro un gatto, lui era stato messo da parte, ignorato quasi totalmente: Veneziano non faceva altro che giocare con quella palletta di pelo, coccolarla, dargli da mangiare - tanto che già gli aveva fatto metter su peso.
Si sentiva trattato come se fosse meno importante di un gatto e ciò gli dava fastidio. In un certo senso era addirittura geloso dell'animale, che adesso giaceva placidamente acciambellato in grembo ad Italia: a lui andavano tutte le sue attenzioni e per il tedesco non rimaneva niente.
Gli mancavano le notti in cui sentiva il fruscio delle lenzuola al suo fianco ed un braccio che gli cingeva il torace in cerca di conforto dai brutti sogni, così come gli mancavano le notti passionali che avevano consumato giocando tra le coperte, quand'erano loro due da soli. Veneziano non era male quando si trattava di quel genere di relazione, anzi, era molto più portato per quelle che per la guerra.
Dopo l'arrivo del gatto, addio notti di sesso e ricerca di contatto fisico: tutto il mondo di Feliciano aveva cominciato a ruotare intorno a quella bestiola come se fosse l'incarnazione del centro stesso dell'universo.
Germania riprese a leggere, cercando d'ignorare la tentazione orribile di distogliere le attenzioni del compagno dal micio: gli sembravano un comportamento ed una reazione ancor più infantili dello stesso Feliciano.
In un primo momento riuscì a resistere, pensando che non doveva abbassarsi a simili atteggiamenti per riconquistare le attenzioni perse, ma alla fine cedette: vedere Italia far tutte quelle carezze a quel peloso nemico della sua “quiete familiare” lo faceva imbestialire.
Posò il suo libro su un tavolinetto vicino alla poltrona e si piegò verso l'altro, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Italia... perché non lasci un po' perdere quel gatto?» domandò il tedesco.
L'interpellato carezzò la testa del cucciolo, sorridendo con quel suo solito fare ingenuo.
«No, è così carino...!» commentò, con voce trasognata.
«Ma non esiste solamente lui qui dentro...» ritentò Ludwig, amareggiato dall'assenza completa di interesse da parte sua.
«Oh, davvero...? Ma guarda com'è tenerooo...!».
Germania si stava spazientendo.
«Non hai voglia di giocare un po', magari sotto le coperte con me?! Come facevamo prima...».
Italia stavolta parve almeno pensarci un pochettino su; tuttavia, fu solo questione di attimi, prima che il responso giungesse, implacabile.
«No, perché dovrei...? È così divertente giocare con lui...!».
A quel punto, il tedesco non riuscì più a contenersi e si lanciò addosso all'italiano, inchiodandolo con il proprio corpo al pavimento, carponi sopra il suo petto.
Il gatto saltò via un momento prima che venisse schiacciato, andando a nascondersi in cucina.
Veneziano cominciò a frignare.
«Aaah! Ti prego non farmi male, non farmi male!»
«Non voglio farti del male, stupido!» lo rimbeccò severo Germania «Voglio solamente che tu lasci stare per un po' quella palla di pelo e...» esitò un momento, parendogli troppo sfacciato chiederglielo in quel modo.
Lo fissò negli occhi, arrossendo lievemente.
«... giochi con me...?».
Quel “giochi” era palese che non si riferisse a passatempi comuni - e soprattutto casti.
Dicendo ciò, Ludwig gli prese una mano e gliela portò fino al cavallo dei propri pantaloni, strusciandola contro il tessuto perché cominciasse ad eccitarsi.
Effettivamente, bastarono pochi secondi perché avvertisse già gli esordi dell'erezione.
«Germania...!» cominciò Italia, ma fu interrotto da un alquanto poco casto bacio cui presero parte - dopo qualche momento - pure le loro lingue, che s'intrecciarono, si toccarono e si ricercarono, ispezionando tutto il cavo orale del partner.
La loro, più di tante altre cose, sembrava una danza densa della più sfrenata lussuria.
Attirato e coinvolto dal bacio, Feliciano fece strisciare la propria mano lungo i pantaloni di Ludwig, fino al pene.
Qui cominciò a stuzzicare e provocare, facendo ciò che gli riusciva meglio: far sesso.
Il biondo lo lasciò fare senza porgli il minimo freno, semplicemente estasiato, non solo perché Veneziano lo stava masturbando con energia e passione, ma anche - e soprattutto - perché finalmente era nuovamente l'oggetto incondizionato delle attenzioni dell'italiano.
Vargas continuava a stuzzicargli il pene, invogliandolo ad accostarsi a lui, come se il suo stesso organismo desiderasse di più - come un rapporto sessuale completo.
Feliciano parve accorgersene, perché lo attirò a sé con il braccio libero, facendo sì che il suo corpo aderisse contro il proprio. A quel punto, cominciò a danzare con il bacino, strusciando il proprio inguine contro la sua erezione, ormai ben visibile attraverso i pantaloni, aumentando la tensione tra di loro.
Il castano infilò la mano nei calzari del tedesco e, raggiunto il membro, glielo strinse con fare provocante.
In quel momento Ludwig venne, schizzando nella sua mano.
Germania spezzò il bacio e sollevò la testa, fissando in viso il partner. Fece per dire qualcosa, ma tutto ciò che gli uscì dalle labbra fu una sorta di grido rauco insieme al quale s'alzò di scatto.
«German...?»
«Togliti di dosso, palla di pelo!» esclamò Ludwig, mettendosi in piedi.
Girandosi, Italia vide che alla sua camicia era appigliato il loro gatto. Quest'ultimo soffiava furioso, gli artigli piantati nel tessuto - e probabilmente anche nella schiena del biondo, che strenuamente stava cercando di toglierselo di dosso, anche in modo abbastanza violento.
Italia si sollevò dal pavimento, sorridendo intenerito dalla scena.
«Vieni qui, micio miciooo! Lascia stare Germania...».
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (N. Italia), Ludwig (Germania)
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Note: Self!love, Yaoi. Scritta per
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Feliciano, accucciato sul tappeto, continuava imperterrito ad emettere a ripetizione il solito rumore, una via di mezzo tra la riproduzione di fusa di gatto e l’incomprensibile verso che certe volte facevano le madri ai figli piccoli nel dargli la pappa.
«Italia...!».
Germania abbassò il libro che stava leggendo, spostando lo sguardo sul ragazzo.
Un debole verso riempiva l'altrimenti accogliente e tranquillo silenzio del soggiorno.
«Italia...?».
Feliciano, accucciato sul tappeto, continuava imperterrito ad emettere a ripetizione il solito rumore, una via di mezzo tra la riproduzione di fusa di gatto e l’incomprensibile verso che certe volte facevano le madri ai figli piccoli nel dargli la pappa.
«Italia...!».
Germania abbassò il libro che stava leggendo, spostando lo sguardo sul ragazzo. Nella sua espressione si leggeva chiaramente una nota di fastidio.
Di nuovo venne palesemente ignorato in favore dell'esserino peloso che stava steso sul tappeto, davanti all'italiano.
«ITALIA!».
Solo allora Veneziano sobbalzò sul posto e girò il viso a guardarlo, tremando spaventato.
«C-che cosa c'è, Germania? Ti prego, non farmi male...»
«Ah...!» esordì il biondo, esasperato dalla sua perenne paura di venir picchiato «Mi basta solo che tu giochi con quel gomitolo di pelo facendo meno confusione».
«Oh... va bene».
E l'italiano riprese tranquillamente a giocare.
Ludwig sospirò. Da quando Italia l'aveva convinto a prendere con loro un gatto, lui era stato messo da parte, ignorato quasi totalmente: Veneziano non faceva altro che giocare con quella palletta di pelo, coccolarla, dargli da mangiare - tanto che già gli aveva fatto metter su peso.
Si sentiva trattato come se fosse meno importante di un gatto e ciò gli dava fastidio. In un certo senso era addirittura geloso dell'animale, che adesso giaceva placidamente acciambellato in grembo ad Italia: a lui andavano tutte le sue attenzioni e per il tedesco non rimaneva niente.
Gli mancavano le notti in cui sentiva il fruscio delle lenzuola al suo fianco ed un braccio che gli cingeva il torace in cerca di conforto dai brutti sogni, così come gli mancavano le notti passionali che avevano consumato giocando tra le coperte, quand'erano loro due da soli. Veneziano non era male quando si trattava di quel genere di relazione, anzi, era molto più portato per quelle che per la guerra.
Dopo l'arrivo del gatto, addio notti di sesso e ricerca di contatto fisico: tutto il mondo di Feliciano aveva cominciato a ruotare intorno a quella bestiola come se fosse l'incarnazione del centro stesso dell'universo.
Germania riprese a leggere, cercando d'ignorare la tentazione orribile di distogliere le attenzioni del compagno dal micio: gli sembravano un comportamento ed una reazione ancor più infantili dello stesso Feliciano.
In un primo momento riuscì a resistere, pensando che non doveva abbassarsi a simili atteggiamenti per riconquistare le attenzioni perse, ma alla fine cedette: vedere Italia far tutte quelle carezze a quel peloso nemico della sua “quiete familiare” lo faceva imbestialire.
Posò il suo libro su un tavolinetto vicino alla poltrona e si piegò verso l'altro, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Italia... perché non lasci un po' perdere quel gatto?» domandò il tedesco.
L'interpellato carezzò la testa del cucciolo, sorridendo con quel suo solito fare ingenuo.
«No, è così carino...!» commentò, con voce trasognata.
«Ma non esiste solamente lui qui dentro...» ritentò Ludwig, amareggiato dall'assenza completa di interesse da parte sua.
«Oh, davvero...? Ma guarda com'è tenerooo...!».
Germania si stava spazientendo.
«Non hai voglia di giocare un po', magari sotto le coperte con me?! Come facevamo prima...».
Italia stavolta parve almeno pensarci un pochettino su; tuttavia, fu solo questione di attimi, prima che il responso giungesse, implacabile.
«No, perché dovrei...? È così divertente giocare con lui...!».
A quel punto, il tedesco non riuscì più a contenersi e si lanciò addosso all'italiano, inchiodandolo con il proprio corpo al pavimento, carponi sopra il suo petto.
Il gatto saltò via un momento prima che venisse schiacciato, andando a nascondersi in cucina.
Veneziano cominciò a frignare.
«Aaah! Ti prego non farmi male, non farmi male!»
«Non voglio farti del male, stupido!» lo rimbeccò severo Germania «Voglio solamente che tu lasci stare per un po' quella palla di pelo e...» esitò un momento, parendogli troppo sfacciato chiederglielo in quel modo.
Lo fissò negli occhi, arrossendo lievemente.
«... giochi con me...?».
Quel “giochi” era palese che non si riferisse a passatempi comuni - e soprattutto casti.
Dicendo ciò, Ludwig gli prese una mano e gliela portò fino al cavallo dei propri pantaloni, strusciandola contro il tessuto perché cominciasse ad eccitarsi.
Effettivamente, bastarono pochi secondi perché avvertisse già gli esordi dell'erezione.
«Germania...!» cominciò Italia, ma fu interrotto da un alquanto poco casto bacio cui presero parte - dopo qualche momento - pure le loro lingue, che s'intrecciarono, si toccarono e si ricercarono, ispezionando tutto il cavo orale del partner.
La loro, più di tante altre cose, sembrava una danza densa della più sfrenata lussuria.
Attirato e coinvolto dal bacio, Feliciano fece strisciare la propria mano lungo i pantaloni di Ludwig, fino al pene.
Qui cominciò a stuzzicare e provocare, facendo ciò che gli riusciva meglio: far sesso.
Il biondo lo lasciò fare senza porgli il minimo freno, semplicemente estasiato, non solo perché Veneziano lo stava masturbando con energia e passione, ma anche - e soprattutto - perché finalmente era nuovamente l'oggetto incondizionato delle attenzioni dell'italiano.
Vargas continuava a stuzzicargli il pene, invogliandolo ad accostarsi a lui, come se il suo stesso organismo desiderasse di più - come un rapporto sessuale completo.
Feliciano parve accorgersene, perché lo attirò a sé con il braccio libero, facendo sì che il suo corpo aderisse contro il proprio. A quel punto, cominciò a danzare con il bacino, strusciando il proprio inguine contro la sua erezione, ormai ben visibile attraverso i pantaloni, aumentando la tensione tra di loro.
Il castano infilò la mano nei calzari del tedesco e, raggiunto il membro, glielo strinse con fare provocante.
In quel momento Ludwig venne, schizzando nella sua mano.
Germania spezzò il bacio e sollevò la testa, fissando in viso il partner. Fece per dire qualcosa, ma tutto ciò che gli uscì dalle labbra fu una sorta di grido rauco insieme al quale s'alzò di scatto.
«German...?»
«Togliti di dosso, palla di pelo!» esclamò Ludwig, mettendosi in piedi.
Girandosi, Italia vide che alla sua camicia era appigliato il loro gatto. Quest'ultimo soffiava furioso, gli artigli piantati nel tessuto - e probabilmente anche nella schiena del biondo, che strenuamente stava cercando di toglierselo di dosso, anche in modo abbastanza violento.
Italia si sollevò dal pavimento, sorridendo intenerito dalla scena.
«Vieni qui, micio miciooo! Lascia stare Germania...».