La vendetta può assumere svariate forme
Jan. 30th, 2016 04:32 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: La vendetta può assumere svariate forme
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Generale
Personaggi: Arthas Menethil, Jaina Proudmoore, Sylvanas Windrunner
Wordcount: 8468 (
fiumidiparole)
Prompt: Vendetta inaspettata per il p0rn fest #9 @
fanfic_italia + Inverno & Threesome (almeno 3000 parole) per la Call of the Descendant (1° settimana) del team Lunacciaio per il COW-T #6 @
maridichallenge
Note: Biting, Bondage, Cunnilingus, Het, Lemon, Morning!sex, Non-con, Sex toys, Violence, Threesome, What if?, Yuri
«Credevi di potermi sfuggire in eterno, Arthas Menethil?! Adesso soffrirai, come tu hai fatto soffrire me!».
La minaccia riuscì a scuotere il diretto interessato, specialmente in virtù del suo primo quasi riuscito attentato alla sua vita. Sylvanas Windrunner era un'elfa pericolosa e non doveva sottovalutarla.
Jaina, mezza accasciata sul corpo di Arthas, completamente nuda e ansante, carpendo nel tono di voce del suo partner una nota di timore, si sentì in dovere di frapporsi per difenderlo.
La prima cosa che Arthas Menethil percepì nel riemergere dall'oscurità fu il freddo, un gelo che non si limitava alla semplice bassa temperatura esterna ma che era anche insito dentro di lui.
Tremava leggermente adesso ma i fremiti sembravano divenire più intensi momento dopo momento. Una sensazione generale di debolezza lo pervadeva, come se le sue membra si stessero risvegliando da un lungo e sofferto torpore.
Si appellò a tutta la sua forza di volontà e si costrinse ad aprire gli occhi, piano, ritrovandosi a fissare una volta di ghiaccio altissima e molto familiare. I suoi respiri fuoriuscivano in raschianti sibili dalle sue labbra intirizzite, condensandosi all'istante in sbuffi bianchi dinanzi al suo viso.
Stava male - se gli avessero infilzato una spada nella pancia forse sarebbe stato meno doloroso - ma era ancora vivo. La cosa lo lasciò alquanto perplesso.
Si concentrò su altro che non fosse quello che i suoi nervi mezzi congelati gli comunicavano e udì dei bisbigli concitati riecheggiargli tutt'attorno.
Con prudenza mosse appena le gambe, piegandole per trovare un'angolazione stabile a sufficienza da permettergli di fare leva sul pavimento ghiacciato. Allo stesso modo mosse le braccia e si levò seduto.
Davanti a lui c'era un folto gruppi di guerrieri, tutti di razze diverse ma tutti con lo stesso cipiglio guardingo e rabbioso rivolto nella sua direzione.
Frostmourne era a pezzi, inutilizzabile, ma anche se fosse stata integra e a portata di mano avrebbe fatto poca differenza: nelle sue attuali condizioni dubitava fortemente che sarebbe stato in grado di impugnare una qualsiasi arma, figurarsi maneggiarla per difendersi.
Ad un certo punto dei passi rapidi e leggeri riecheggiarono nella caverna, sovrastando tutto il resto. Il rumore prodotto era inequivocabilmente quello di un paio di tacchi ma Arthas non riusciva a capire chi potesse esserne il proprietario visto il genere di bruti che aveva dinanzi.
Dopo pochi secondi la folla cominciò a muoversi ed aprirsi facendo ala al passaggio di qualcuno.
Gli occhi dell'ormai ex Re dei Lich si spalancarono nel vedere emergere tra tutte quelle armature consumate e di varia foggia una figura femminile snella e aggraziata avvolta in un lungo abito di stoffa dei colori di Dalaran con una cascata di capelli del colore del grano maturo ad incorniciare il perfetto ovale del viso.
Sembrava trafelata ed il petto si innalzava ed abbassava velocemente. Nei suoi occhi azzurri riusciva a cogliere una meraviglia speculare alla sua.
Senza dire niente si affrettò a colmare lo spazio vuoto che li separava mentre Arthas cercava invano di mettersi in piedi.
Jaina Proudmoore praticamente volò nella sua direzione, inginocchiandosi infine di fronte a lui e guardandolo dritto negli occhi per qualche istante, poi allungò una mano verso il suo viso. L'albino riuscì a notare una ruga formarsi sulla sua fronte e dai recessi della sua mente riuscì a recuperare nozioni in merito. Lui sapeva cosa significava: perplessità e riflessione.
Ricordava anche che un tempo l'aveva trovata dannatamente carina.
Rimanendo con le mani ben piantate sul pavimento per non fare inutile allarmismo circa le sue intenzioni - del tutto innocue - Arthas offrì semplicemente il volto alle sottili dita protese nella sua direzione. I polpastrelli caldi si posarono sulle sue guance leggermente incavate e risalirono fino ad arrivare al limite degli zigomi, al di sotto degli occhi, permettendogli di poggiare il mento sul suo palmo.
Lui si mosse appena, emettendo un flebile e tremulo sospiro di sollievo nel percepire il calore della sua estremità, rievocando dal buio e dal gelo della sua mente le piacevoli sensazioni del tempo in cui quelle stesse mani erano avvezze a sondare il suo corpo nudo e ancora caldo, pulsante di vita ed energia.
Chiuse gli occhi e si abbandonò nella morbida mano di Jaina quando improvvisamente avvertì quel tenero supporto venire meno e quasi nello stesso istante un pugno abbattersi ferocemente sul suo naso.
Colto totalmente alla sprovvista dal gesto aprì gli occhi di scatto mentre cadeva all'indietro, sbattendo pesantemente la testa contro il pavimento.
Mentre la sua vista sbiadiva lentamente, inghiottita dal buio, udì la voce di Jaina dire: «Arthas... maledetto... stupido idiota...».
In quel "maledetto" il giovane uomo udì rabbia e risentimento, sentimenti che lo ferirono nel profondo; tuttavia, il suo tono si ammorbidì sulle ultime parole fino a diventare tenero.
Arthas perse i sensi esalando un lieve grugnito e Jaina posò la mano con cui l'aveva colpito - ancora un po' indolenzita - sul suo torace massiccio, accarezzando le piastre gelate.
«Lady Jaina Proudmoore, si allontani da quel mostro!».
La voce autorevole di Fordring la raggiunse, strappandola al turbinio di emozioni che le si agitavano in petto.
«Avevate detto che non c'era più speranza per lui... e invece è sopravvissuto» disse la maga, alzandosi in piedi e parandosi a protezione del corpo di Arthas «Perché?».
Fordring stava per avvicinarsi, la mano già poggiata sull'elsa della sua spada, ma esitò nel vedere come la sua interlocutrice sembrava intenzionata a proteggere quel macellaio.
«Forse la Luce ha voluto graziarlo, dargli la possibilità di redimersi» un verso stizzito e scettico fuoriuscì dalle sue labbra mentre il suo sguardo si incupiva leggermente «Ma non potrà farlo. Non gli basterebbe tutta l'eternità per fare ammenda dei suoi peccati e non posso lasciare che un simile pericolo continui a camminare tra i vivi» proseguì, stringendo leggermente la presa sulla sua arma.
Jaina sollevò le mani, percorse da lieve energia crepitante.
«Non è più sotto il controllo del Re dei Lich. L'hai visto, è debole!» ribatté.
«Potrebbe essere un inganno. Potrebbe essere corrotto dal potere di nuovo. Dobbiamo finirla qui!» asserì risoluto Fordring «Per il bene di Azeroth».
Jaina serrò le labbra e corrugò le sopracciglia.
L'aveva perso una volta e adesso che l'aveva ritrovato nonostante la speranza fosse praticamente inesistente non poteva vederlo sparire di nuovo, per sempre.
L'avrebbe protetto lei. Gli avrebbe impedito di cadere di nuovo preda della corruzione.
L'aveva abbandonato una volta e non avrebbe più ripetuto lo stesso errore.
Tirion stavolta non mostrò esitazione ed avanzò verso Jaina.
«Lady Proudmoore fatevi da parte!» intimò, sguainando la spada.
La giovane donna arretrò e si lanciò vicino ad Arthas mormorando qualcosa.
Tirion reagì con pochi secondi di scarto, realizzando quali fossero le intenzioni della maga; tuttavia fu un ritardo che gli costò caro: l'aria crepitò e si deformò attorno ai due corpi, che sparirono mentre il paladino stava per ghermire uno dei pesanti stivali dell'ex Re dei Lich.
Jaina esalò un sospiro sollevato solo quando riconobbe il caos di libri e pergamene della sua stanza a Dalaran.
Era riuscita a portarli lontano dalla Corona di Ghiaccio e da Fordring nonostante avesse avuto così poco tempo per formulare l'incantesimo e agire. Un sorriso le incurvò le labbra ripensando a tutte le volte che Arthas, quando erano amanti, l'aveva teneramente presa in giro per tutto l'esercizio che faceva nel lancio degli incantesimi, specialmente quelli di teletrasporto. Chissà come avrebbe reagito se avesse saputo che era stata tutta quella pratica a salvarlo dalla furia di Tirion.
Si voltò per un attimo a guardare il suo amato. Il colorito pallido ed il viso leggermente emaciato, uniti al suo attuale stato di incoscienza, per un terribile attimo glielo fecero sembrare troppo simile ad un vero cadavere, poi notò il movimento del torace nell'atto della respirazione e si rilassò. Un lieve rossore di imbarazzo le colorò le guance mentre osservava il sangue che gli gocciolava dal naso, che adesso si era un po' gonfiato ed aveva assunto una poco carina tonalità livida.
Si sentì un po' in colpa per il pugno che gli aveva affibbiato ma d'altra parte non poteva certo negare che quello fosse il meno che si era meritato; ciononostante aveva avuto bisogno di metterlo K.O. per poterlo portare via senza complicazioni.
Avrebbe avuto tempo dopo per prendersi cura di quella e delle altre ferite, una volta che fossero stati al sicuro altrove. Quella era solamente una rapida tappa: aveva bisogno di alcuni libri, delle pergamene, abiti, erbe...
Dall'armadio estrasse una grossa sacca di pelle che aprì e appoggiò sul letto. Iniziò a frugare in mezzo al caos che da sempre regnava nella sua camera, scorrendo velocemente con gli occhi i dorsi dei tomi che ingombravano gli scaffali, scegliendone alcuni e buttandoli in borsa per poi dirigersi alla scrivania, in cerca di alcune vecchie pergamene.
Mentre faceva i bagagli, Arthas riprese conoscenza. Aprì piano gli occhi, stordito leggermente dalla forte botta alla testa che aveva preso, e rimase disteso, guardandosi intorno spaesato fino a che non incrociò la figura di Jaina, china a cercare qualcosa in un baule situato in un angolo.
La posizione faceva sì che l'abito mostrasse più in dettaglio le forme del suo fondoschiena ma al momento Arthas era decisamente poco sensibile a certi stimoli.
«Jaina... dove...?» mugugnò a fatica. La voce era roca e parlare gli costava una certa fatica.
La maga gli si affiancò di nuovo, rivolgendogli un sorriso rassicurante mentre stringeva al petto diversi abiti semplici.
«Siamo a Dalaran... e tra poco andremo da un'altra parte, al sicuro» gli garantì.
L'albino annuì con un impercettibile cenno del capo prima che il dolore alla testa e la stanchezza fisica lo ritrascinassero nell'incoscienza.
Jaina si era emozionata nel sentirgli pronunciare il suo nome con la sua voce e non con quella vuota e gelida eco che ricordava di aver udito fuoriuscire dalla sua bocca alla Corona di Ghiaccio e si affrettò con maggiore sollecitudine ad ultimare i preparativi per il viaggio, ansiosa di poter stare con lui da sola senza alcuna preoccupazione.
Quand'ebbe finito tornò al fianco di Arthas con il suo bagaglio e mormorò un altro incantesimo di teletrasporto, esattamente come aveva già fatto poco prima.
Stavolta si materializzarono in una piccola casetta rustica, dotata dello stretto indispensabile per sopravvivere: il locale principale era occupato da un tavolo di legno e, in un angolo, l'occorrente per cucinare del cibo, insieme ad una piccola dispensa che emetteva un flebile bagliore azzurro. In un angolo era situato un letto ad una piazza e mezzo sul quale erano adagiati alcuni libri aperti.
Arthas era disteso a terra ancora una volta e, con la sua gigantesca armatura a piastre, sembrava troppo grosso per poter entrare in un posto tanto piccolo.
La maga sistemò la sua sacca su una sedia ed uscì dalla casetta, accolta dal vento e dalle fronde gialle e rossastre tipiche dell'autunno, per occuparsi di rinforzare le protezioni che fino a quel giorno avevano tenuto al sicuro da occhi indiscreti quel suo piccolo rifugio tra i boschi. Lì non l'avrebbe trovata nessuno, come era stato per anni, e con lei Arthas.
Una volta fatto ciò tornò all'interno per dedicarsi interamente al suo amato. Cercò di sollevarlo con la magia per metterlo sul letto ma lo sforzo non produsse alcun risultato se non quello di stancarla; così decise di mettere da parte le arti magiche - almeno per un po' - e tornare alle care vecchie maniere.
Manualmente si mise a slacciare con pazienza le varie placche che proteggevano il corpo di Arthas, scoprendolo poco alla volta con un timore quasi reverenziale: era da moltissimo tempo che non lo vedeva senza l'armatura addosso, soprattutto quella raccapricciante ed immensa accozzaglia di metallo decorato di teschi. Ormai si era abituata ad una mole più imponente rispetto alla sua originaria; pertanto quasi si sorprese di vedere che al di sotto di quel guscio ingombrante la sua corporatura era sì robusta ma più proporzionata e... ridotta.
Le sue spalle erano larghe ed il torace massiccio. Era cresciuto nonostante il suo radicale cambiamento e adesso aveva un aspetto più maturo, più... uomo.
Jaina sarebbe stata genuinamente incuriosita dalla possibilità di scoprire quali gioie poteva riservarle il "nuovo" corpo di Arthas; tuttavia ogni desiderio che poteva averle lambito l'animo o la mente svanì nell'attimo stesso in cui riuscì a togliere la placca più grossa, quella che gli copriva l'addome.
Le sue ferite erano numerose, tanto che la cotta di maglia era praticamente a brandelli, ed alcuni tagli erano profondi a sufficienza per farla preoccupare. A quanto pareva l'ultima battaglia era stata molto dura non solo per la squadra d'incursione. Anche se aveva incassato colpo dopo colpo senza mai vacillare fino alla fine, il suo fisico era stato letteralmente martoriato.
La maga lo trasse in piedi il più delicatamente possibile, appellandosi alle sue sole forze, quindi lo lasciò cadere di peso sul letto - che scricchiolò appena - e qui lo lasciò mentre si dava da fare.
Ora più che mai era ben felice di aver seguito con attenzione le lezioni di erbalismo, a suo tempo; altrimenti sarebbe stato molto più impegnativo mettere in pratica quanto riportato nei libri che si era premurata di portare con sé - assieme ad un po' d'erbe e d'unguenti - da Dalaran.
La preparazione dell'occorrente per le medicazioni la tenne impegnata per un paio d'ore, durante le quali non si allontanò mai troppo dal capezzale di Arthas per assicurarsi che di essere a disposizione qualora si fosse svegliato e avesse avuto necessità di qualcosa. Fortunatamente l'uomo rimase assopito per tutto il tempo, senza muovere neanche un muscolo.
Solo quando finalmente fu tutto pronto e si recò al letto con bende - ricavate con la magia da alcuni dei suoi vecchi abiti - e scodelle piene di unguenti e creme, Jaina si preoccupò di rimuovere la cotta di maglia e i calzari tracciando pochi semplici arabeschi nell'aria e mormorando una breve frase.
Gli anelli di metallo cedettero come fossero stati banalissima stoffa di scarsa qualità, rivelando l'ampio e possente petto di Arthas, temprato nelle gelide lande di Northrend. Anche i pantaloni vennero divelti con estrema semplicità, rivelando le lunghe gambe dalle cosce toniche e l'inguine, completamente e spudoratamente privo di protezioni ulteriori.
Jaina era stata la sua amante, non avrebbe dovuto provare alcuna vergogna nel vederlo totalmente nudo; eppure si sentiva mortalmente imbarazzata. Dopo di lui non c'era stato nessun altro col quale avesse desiderato dividere il suo letto, pertanto stava vivendo quel momento con lo stesso sentimento di una pudica verginella che si accosta per la prima volta alle grazie maschili.
Avrebbe voluto dare ascolto alla sua curiosità - da studiosa e non - ma si costrinse a mantenere saldo il controllo e procedere con quello che doveva essere fatto. Per il resto avrebbe avuto tempo poi, quando Arthas si fosse svegliato.
Tolse di mezzo i brandelli di maglia che continuavano a mascherare parzialmente le ferite dell'albino. Quando arrivò a spostare il lembo sul pettorale sinistro, qualcosa si oppose al movimento e la testa di Arthas venne ruotata leggermente.
Incuriosita cercò il misterioso ostacolo e si accorse solo allora che attorno al collo di Arthas passava una sottile catenella d'oro che andava ad insinuarsi sotto la cotta di maglia... fino all'altezza del cuore. Qui si trovava un ciondolo di forma ovale recante una grossa pietra rossa al centro. Studiando attentamente il curioso oggetto, Jaina riuscì a scorgere una immagine incisa all'interno.
Lacrime le sgorgarono dagli occhi, offuscandole leggermente la vista, mentre in essa riconosceva una versione più giovane di se stessa appartenente a molto prima che il Flagello si abbattesse su Lordaeron. Non sapeva se stava piangendo per la commozione, la gioia o per una combinazione di entrambe. Certo era che mai si sarebbe aspettata di trovare un simile oggetto addosso ad Arthas.
«Oh... Arthas, mio amato...» sussurrò con voce incrinata mentre con mani tremanti iniziava ad applicare un fetido unguento di un nauseante verde sulla prima ferita.
Ad Arthas occorsero svariate ore per riprendere conoscenza e giorni per ristabilirsi. A quanto sembrava la possessione del Re dei Lich era stata radicata tanto in profondità e tanto a lungo in lui che adesso doveva riprendere a familiarizzare con tutto ciò che c'era di naturale e vivo intorno a lui. La sua anima doveva riabituarsi al suo corpo ed il processo era estremamente lento; ciononostante, Jaina lo seguiva il più da vicino possibile.
Era come se una calda primavera fosse arrivata a spazzare via un lungo e rigido inverno: pian piano Arthas ricominciava a prendere un po' del colorito florido di una volta e la sua temperatura corporea ad aumentare, anche se purtroppo Jaina dubitava fortemente che sarebbe tornato come era prima. Ad avvallare tale ipotesi erano i suoi capelli, che continuavano a rimanere ostinatamente bianchi.
Ricominciò ad avere fame e sete e Jaina si prestò volentieri a risolvere quelle necessità dilettandosi nella cucina come non aveva mai fatto prima.
Le settimane passavano, Arthas tornava ad essere sempre più umano e la maga dedicava sempre più tempo a lui e sempre meno al rinforzo delle protezioni magiche che difendevano entrambi.
Quando usciva dalla casetta per andare a fare un po' di spesa si camuffava magicamente per non essere riconosciuta e si teletrasportava magicamente presso una delle piccole città nella regione circostante, stava sempre in allerta per captare notizie riguardo cosa stava accadendo. Per fortuna i vecchietti al mercato avevano la lingua sciolta; così aveva saputo che Fordring e gli altri paladini erano ancora in alto mare nella ricerca di Arthas e anzi, al momento c'erano altri importanti problemi che richiedevano la loro attenzione.
Così le sue preoccupazioni diminuivano sempre più.
Era passato poco più di un mese dalla loro riunione quando Arthas si decise finalmente a dichiarare il suo amore per lei. Lo fece nella maniera più classica, inginocchiandosi cavallerescamente ed offrendole un mazzolino di fiori dato che non aveva avuto modo di procurarsi altro.
Per Jaina fu come toccare il cielo con un dito. Rispose con accorato fervore alla sua dichiarazione, come se non avesse aspettato che quel momento da quando l'aveva visto risvegliarsi dopo lo scontro alla Corona di Ghiaccio.
Da lì in poi cercarono di ritrovare l'intimità di un tempo nella loro attuale convivenza ed in buona parte ci riuscirono. Fu così che la bionda scoprì che oltre ai più basilari istinti dell'essere umano, Arthas aveva perso anche quelli più strettamente legati ai piaceri carnali.
Per lei era una tristezza vederlo impassibile quando le capitava di essere in deshabillé ben sapendo quale uragano ormonale avrebbe invece causato nella sua versione più giovane e ingenua.
Per sua fortuna la riacquisizione dell'anima stava già lavorando per ottenere risultati tangibili anche su quel fronte.
Fu così che una mattina di metà inverno Jaina non si svegliò ferita in volto dai timidi raggi del sole che indicavano l'approssimarsi delle nove, bensì da qualcosa di freddo che le danzava sul ventre, leggero e delicato pur essendo ruvido.
Aprì gli occhi lentamente e si ritrovò a guardare il viso di Arthas molto da vicino: l'uomo era disteso su un fianco, con un braccio appoggiato sul cuscino e piegato a sostenere il capo e l'altro nascosto sotto i molteplici strati di coperta che li avevano riparati dal gelo notturno. Era il suo indice - attualmente impegnato a tracciare morbidi cerchi attorno al suo ombelico - ad averla fatta svegliare.
Il suo torace era a stretto contatto col suo braccio e la sua pelle fredda la fece rabbrividire e leggermente ritrarre.
Un sorriso distese le labbra della donna mentre sbatteva le palpebre per scacciare i residui di sonno.
«Arthas...» chiamò a mezza voce «Hai ancora problemi di insonnia...?» domandò, corrugando leggermente le sottili sopracciglia.
Lui le sorrise di rimando ed in quel gesto lei si rese conto che stava nascondendo qualcosa. C'era una strana sfumatura nella sua espressione che non riusciva a cogliere in pieno ma che le risultava palese.
«Buongiorno» la salutò l'albino, senza smettere di divertirsi a tracciare ghirigori invisibili sulla sua pancia «Non preoccuparti, mi sono svegliato solo poco fa... te lo assicuro».
Si sentì in dovere di fare quell'ultima puntualizzazione nel vedersi rivolgere uno sguardo inquisitore da parte della sua interlocutrice, che alla fine decise di credergli.
«Dovevi proprio svegliarmi...?» brontolò Jaina con finta indignazione, accostando il capo a lui e chiudendo gli occhi come per dimostrargli che desiderava riposare ancora un po'.
«Assolutamente...!» replicò Arthas in tono ridicolmente solenne, prima di piegarsi a sussurrare all'orecchio della sua partner: «Ho bisogno di te».
Stavolta il timbro era intenso e profondo, quasi sofferente, ed era chiaro che stesse dicendo sul serio. Prima che Jaina potesse interrogarlo in merito al significato di quella frase, la mano libera di lui era già scesa a prendere la sua e la stava guidando verso un punto ben preciso del suo corpo.
La bionda sgranò gli occhi quando il suo palmo e le sue dita sfiorarono qualcosa di duro che era impossibile non riconoscere.
«Sei...!» esordì ma la gioia e l'imbarazzo la ridussero al silenzio.
«Già, a quanto pare sto iniziando a migliorare...» commentò l'ex Re dei Lich «Dovremmo festeggiare» soggiunse senza il benché minimo senso del pudore.
Le regalò lo stesso sorriso di poco prima e solo allora la sua compagna riuscì a capire cosa aveva visto in esso che le era sfuggito. Arrossì e, nonostante il suo corpo fosse ancora intorpidito dal sonno, emise un sospiro e disse: «Sai che non riesco mai a dirti di no, Arthas...».
Jaina ebbe appena il tempo di terminare la frase che un poderoso braccio la avvolse, attirandola contro il corpo del suo compagno. Lei protese subito il viso in cerca del suo e lo baciò mentre si accomodava a cavalcioni del suo bacino, piazzandosi giusto sopra la sua erezione.
Arthas era fresco, quasi piacevole in contrasto al forte calore che c'era al di sotto delle coperte. Nonostante la temperatura non proprio corretta, il suo pene duro a contatto con le sue labbra esterne la stava facendo eccitare.
Lady Proudmoore spezzò il bacio all'improvviso, raddrizzando il busto e spostandosi una ciocca di capelli fastidiosa dietro l'orecchio, per avere la visuale sul volto del suo partner completamente libera. Ansimava leggermente e sembrava radiosa ed impaziente al tempo stesso.
«Eri così ansiosa di arrivare a questo momento?» le chiese il suo compagno, sollevando leggermente il bacino per premere un po' tra le sue cosce «Sei già bagnata e io non ho ancora iniziato a divertirmi».
Jaina sorrise e si sporse verso il basso, mettendo in mostra i seni.
«Te lo ricordi ancora come si fa?» lo prese in giro lei, sciogliendosi in una risatina maliziosa.
Per tutta risposta Arthas fece leva sulla schiena e si sollevò dal materasso quel tanto necessario ad affondare la faccia tra le morbide e rotonde grazie gentilmente offerte dalla sua donna, per poi attaccarsi ad un capezzolo e tornare disteso. Jaina non poté che assecondarlo nel movimento mentre lui iniziava a succhiare e titillare con la lingua la cima già turgida.
Un gemito le fuoriuscì dalla bocca mentre iniziava a strofinarsi contro l'erezione di lui, avvinta dal puro e semplice godimento fisico. Le piaceva percepire l'ingombro del pene che, nel movimento, riusciva a farsi strada tra le sue labbra, gratificandola con il contatto in quella parte che le risultava più sensibile.
Arthas la sentiva dimenarsi, calda e pulsante di desiderio, mentre gli bagnava il pene. Era una bellissima sensazione e, ora come ora, non riusciva davvero a capire come avesse fatto a rinunciare ad essa per così tanto tempo.
Le sue mani le accarezzarono le cosce e i fianchi, morbidamente e con fare vagamente possessivo, intanto che si accingeva a cambiare capezzolo.
Jaina gemeva compiaciuta, talmente presa dalle attenzioni che lui stava riversando sul suo corpo da riuscire ad ignorare l'escursione termica tra loro due, che andava lentamente aumentando man mano che lei si eccitava.
La situazione rimase così per alcuni minuti, poi Lady Proudmoore decise che era il momento di andare avanti. Si chinò verso l'orecchio del suo compagno e ansimò: «Entra, Arthas...».
«Sei sicura di essere pronta...?».
C'era una vena di preoccupazione chiaramente percepibile nella sua voce: non avevano fatto quelli che per lui erano i veri e propri preliminari, cioè farla venire almeno una volta con le sole dita, garantendosi così un accesso senza intoppi. Jaina era eccitatissima, forse ancora più di lui, ma aveva comunque paura di farle male.
«Non mi farai male» gli garantì lei con determinazione «Non vorrai farti pregare?».
«Nient'affatto» replicò con fermezza lui, insinuando una mano nel piccolo spazio tra il suo fianco e la coscia della sua partner per andare ad afferrare il suo pene.
Jaina si sollevò leggermente per permettergli di muoversi più agevolmente. Lo sentì mentre le sfregava la cima dell'erezione tra le labbra, in cerca dell'apertura, che trovò senza troppa fatica, poi lo sentì scivolare dentro.
Ansimò pesantemente, accasciandosi sul suo petto. Si sentiva riempita dal suo pene ed era una sensazione splendida di completezza che le era terribilmente mancata.
Baciò Arthas, accarezzandogli i capelli teneramente, godendosi l'attimo per alcuni secondi.
«Sei tu ad essere sopra, Jaina... devi muoverti» le fece presente il suo uomo con una punta di ilarità nella voce.
«S-sì...» gemette lei.
Iniziò ad agitarsi con più impeto, sollevandosi leggermente per permettere all'erezione del suo partner di uscire in parte per poi ripiombare giù con immenso piacere, premendo il proprio corpo contro l'altro. Arthas l'assecondava al meglio che la posizione gli concedeva, andandole incontro quando ricadeva, in modo da spingersi più a fondo. Gli piaceva il calore che si sprigionava da quel loro intimo legame.
Avrebbe voluto fare un po' di più per Jaina ma a quanto sembrava si stava divertendo da matti stando sopra, e poiché aveva anche lui la sua buona parte di godimento non vedeva perché rovinare le cose.
Trascorsero altri minuti - quanti di preciso nessuno dei due lo seppe mai - prima che Lady Proudmoore arrivasse all'orgasmo con un gridolino osceno e liberatorio. Arthas si sentì inondare dai suoi umori e mugugnò in segno d'apprezzamento, mordicchiandosi il lato del labbro inferiore. In quel momento avrebbe tanto voluto essere sdraiato al contrario ed avere la faccia affondata tra le cosce della sua compagna e bearsi di quel nettare fino a soffocarne; invece a goderne furono solamente il suo inguine, il suo scroto e le lenzuola - in questo ordine.
Jaina tremava per il piacere e respirava con affanno. Sembrava che da un momento all'altro sarebbe crollata, per cui il suo compagno si affrettò ad afferrarla per le braccia e sostenerla.
Fu in quel momento così delicato che la porta venne divelta dai cardini e lanciata attraverso la stanza, fino a schiantarsi - e andare in pezzi - contro la parete diametralmente opposta.
Il chiasso fece sobbalzare Jaina, strappandole un grido; tuttavia era ancora un po' stordita dall'orgasmo e non riuscì a raccapezzarsi su cosa stesse accadendo. Arthas levò lo sguardo alla porta ma ebbe solo il tempo di intravedere il profilo di un'agile figura femminile prima che questa facesse irruzione in casa materializzandosi letteralmente al fianco del letto.
Parole in elfico stretto, esclamate con una voce echeggiante e piena di rabbia, gli fecero capire chi era appena entrato ad interrompere quell'idilliaco momento di intimità.
«Sylvanas...?!» esalò, sconvolto: di tutti coloro che lo odiavano e che gli avrebbero dato la caccia fino in capo al mondo pur di ammazzarlo, proprio quella odiosa elfa doveva essere la prima a scovarlo, per di più interrompendoli proprio sul più bello...?!
«Credevi di potermi sfuggire in eterno, Arthas Menethil?! Adesso soffrirai, come tu hai fatto soffrire me!».
La minaccia riuscì a scuotere il diretto interessato, specialmente in virtù del suo primo quasi riuscito attentato alla sua vita. Sylvanas Windrunner era un'elfa pericolosa e non doveva sottovalutarla.
Jaina, mezza accasciata sul corpo di Arthas, completamente nuda e ansante, carpendo nel tono di voce del suo partner una nota di timore, si sentì in dovere di frapporsi per difenderlo.
Raddrizzò il busto e si volse in direzione di Sylvanas, allargando le braccia.
«Non gli farai del male!» esclamò perentoria.
Una smorfia di rabbia deformò le labbra dell'elfa non-morta, che afferrò Jaina per i capelli, tirandola via dal letto e scaraventandola contro il muro senza tante cerimonie. Nell'impatto sbatté la testa talmente forte da rimanere totalmente stordita per alcuni secondi.
La Regina dei Reietti le si rivolse con una manciata di parole in elfico e Jaina, che ne sapeva qualcosa - seppur non molto - di quella lingua, riuscì ad identificare per certo solo il significato di un termine: "puttana".
Lady Proudmoore cercò di reagire ed appellarsi alla magia ma in realtà non ne aveva le forze, così come non aveva l'energia per alzarsi in piedi.
Rimase lì dov'era, confusa, gli occhi puntati verso la scena che si stava consumando intorno al suo letto: Sylvanas aveva preso per i capelli Arthas - perché doveva usare i capelli come appiglio era un mistero - e lo stava trascinando fuori dalle coperte, nudo e ancora duro.
Senza alcun garbo lo scaraventò contro il tavolo in modo che vi finisse mezzo disteso sopra.
Arthas cercò di ribellarsi e fronteggiare la sua avversaria. Si rialzò e cercò di colpirla con un pugno mentre lei si avvicinava. Nonostante il corpo morto, quest'ultima aveva ancora i riflessi pronti: vedendosi attaccare, impugnò la frusta che portava in vita. L'estremità andò ad avvolgersi attorno al polso del suo aggressore e con uno strattone lo costrinse in ginocchio.
A quel punto gli era praticamente di fronte e niente le impedì di affibbiargli una poderosa ginocchiata in viso.
Jaina gridò mentre Arthas, sanguinante dal labbro e dal naso, veniva nuovamente buttato sul tavolo - che stavolta scricchiolò come se fosse sul punto di rompersi.
Sylvanas iniziò a frustarlo, lanciando minacce ed insultando in elfico la sua vittima.
Jaina piangeva e cercava di raccogliere le forze per scagliarsi all'attacco.
Arthas la guardava, sofferente, serrando la mascella ad ogni colpo abbattuto sulla sua schiena. Non le avrebbe dato la soddisfazione di sentirlo lamentarsi.
Dopo la prima violenta pioggia di frustate, il dolore cominciò a diminuire e diventare quasi piacevole. Lo stava addirittura eccitando.
Era una sensazione completamente nuova e strana che lo sorprese. Godere fisicamente per una cosa del genere gli sembrava una depravazione.
La sua erezione era nascosta sotto il margine del tavolo e non aveva modo di arrivarci senza cambiare postura, cosa che Sylvanas non gli avrebbe mai permesso di fare.
Jaina continuava a piangere ed emettere gemiti di sofferenza. Era uno strazio vederla in quelle condizioni; tuttavia, finché quella non-morta psicopatica avesse continuato a prendersela con lui non le avrebbe potuto torcere più un capello.
Sylvanas si stava crogiolando nella sua posizione di assoluto dominio. Vedere le strie di sangue sulla schiena di Arthas e percepirne l'odore nell'aria - seppur debole - le faceva desiderare ardentemente di andare avanti con sempre più foga. Voleva arrivare a martoriargli le ossa, strappandogli via a frustate la carne.
Il fatto che la sua sgualdrinella lo vedesse mentre agonizzava sotto la sua implacabile ira aggiungeva altra perversa gioia a quella vendetta che aveva così lungamente sognato e atteso di poter consumare.
Qualcosa le stava sbocciando dentro, una sensazione dannatamente piacevole che partiva dal bassoventre e le si stava diffondendo nei lombi, riscaldandola. Riconobbe quei "sintomi" e se ne meravigliò: non pensava che anche nelle sue condizioni il suo corpo potesse ancora provare cose simili.
Purtroppo divertirsi e godere nel farlo soffrire non sarebbe stato sufficiente a restituirle ciò che aveva perso - no, che le era stato strappato via - tuttavia avrebbe senz'altro lenito almeno in parte quel tormento di cui Arthas l'aveva resa schiava per l'eternità.
Sylvanas era talmente assorta nei suoi pensieri e nella sua depravata soddisfazione da accorgersi solo all'ultimo istante del globo di fuoco che Jaina era riuscita a creare e spararle contro. Lo evitò di un soffio, anche se le punte dei suoi capelli non furono altrettanto fortunate e vennero bruciacchiate un po'.
Il globo andò a schiantarsi contro la parete alle spalle dell'elfa e la zona colpita esplose verso l'esterno, lasciando un buco con una corona di polvere nera all'intorno.
Gli occhi rossi della Regina dei Reietti dardeggiarono nella direzione della maga mentre un paio dei suoi sgherri non-morti, rimasti di fuori a far la guardia, entravano attirati dalla contenuta esplosione.
Sylvanas abbandonò la sua postazione e si avvicinò alla maga, la frusta sporca di sangue che sfregava contro le assi del pavimento, macchiandole.
Arthas ansimò di sollievo per quella tregua ma quando vide che la sua aguzzina stava andando verso Jaina, si sollevò lanciando un grido di rabbia, ignorando - nei limiti del possibile - il bruciore al dorso.
I due non-morti appena sopraggiunti capirono che il suo bersaglio sarebbe stata la loro padrona ed intervenirono, ghermendo Arthas per le braccia e placcandolo contro il tavolo prima che potesse allontanarsene troppo.
L'elfa non era di certo una sprovveduta e lo dimostrava il fatto che si fosse portata appresso due guardie piuttosto robuste. Nello stato in cui versava, Arthas non aveva possibilità di sfuggire ai suoi due nuovi carcerieri; così cercò di fare l'unica cosa che era in suo potere.
«Sylvanas! Sono stato io ad ammazzare te e tutto il tuo popolo! Non avevi giurato che ti saresti vendicata di me?!» esclamò, cercando di provocarla abbastanza da convincerla ad ignorare Jaina.
L'elfa per tutta risposta diede un ceffone alla maga, poi la prese per i capelli e le sollevò il viso in maniera tale da poterla scrutare in viso.
«Per quanto la tua vendetta possa essere giustificata... non ti permetterò di uccidere Arthas!» sputò con odio Lady Proudmoore.
La sua interlocutrice rise, quindi si volse a guardare il bersaglio del suo odio eterno. Non serviva certamente un genio per capire quanto profondo fosse il loro legame, ed il fatto che continuassero a cercare di proteggersi vicendevolmente, oltre a provocarle un discreto senso di nausea, le suggerì che forse era arrivato il momento di provare un nuovo metodo di tortura. Dopotutto, sembrava proprio che il suo corpo fosse ancora in grado di permetterle certi piaceri ed era proprio curiosa di vedere come Arthas avrebbe reagito.
Un sogghigno si aprì sul suo volto ancora giovane nonostante lo stato di decomposizione della sua carne mentre tornava a rivolgersi a Jaina.
Con un semplice gesto del capo catturò l'attenzione delle sue due guardie, che immediatamente si mostrarono totalmente disposte ad eseguire i suoi ordini.
«Legatelo e tornate a fare la guardia fuori. Che nessuno mi disturbi, chiaro?!» ordinò imperiosa.
I due si affrettarono ad ubbidire, temendo profondamente l'ira di Lady Sylvanas.
Arthas venne preso e messo seduto appoggiato contro una zampa del tavolo, legato con una spessa corda ruvida e poi lasciato da solo.
Prima che le sue guardie uscissero, Sylvanas aggiunse: «Lasciatemi l'altra corda».
L'altro non-morto tornò da lei e le passò ciò che aveva richiesto, quindi lui e il suo compare uscirono richiudendo la porta.
A quel punto l'elfa tornò ad occuparsi dell'umana.
«Sono stata davvero maleducata a lasciarti in disparte, completamente ignorata» esclamò, costringendola a mettersi in ginocchio di fronte a lei «Credo sia giusto rimediare...».
Arthas le vide poggiare da parte la frusta e tendere tra le mani la corda. Se avesse potuto, il suo viso sarebbe sbiancato: con la fune le bloccò le braccia dietro la schiena in primo luogo e poi scese a farla passare tra le sue cosce e risalire sul ventre a cingerle il resto del busto. Con una cura che sfiorava il perverso si preoccupò che la corda le passasse sopra, sotto ed in mezzo ai seni, per poi bloccarla dietro il collo.
In quelle condizioni Jaina poteva muovere solamente le gambe.
«Lasciala in pace!» sbraitò Arthas, furioso, tentando di divincolarsi dalla stretta morsa delle corde, ma senza alcun successo. Non aveva più la forza di quando era stato il proprietario di Frostmourne e le ferite profonde sulla schiena lo mantenevano debole abbastanza da essere perfettamente controllabile.
Sylvanas gli rivolse un sorriso sghembo che non prometteva niente di buono nel mentre che le sue mani, ora entrambe libere, scendevano agli aderenti pantaloni. Li abbassò sotto lo sguardo attonito e perplesso di Arthas, fermandosi solo una volta che furono arrivati a scoprirle la metà superiore delle cosce. A quel punto prese per i capelli Jaina e sorrise mentre le affondava il viso tra le sue cosce, cogliendo completamente alla sprovvista entrambi.
Lady Proudmoore sentì l'umido tipico di chi era palesemente eccitato che le ricopriva la bocca. La pressione che la costringeva a rimanere in quella posizione la stava facendo soffocare nei ricci peli pubici dell'elfa. Tentò di ribellarsi e per contro quest'ultima la forzò ancora di più contro il suo corpo, intimandole: «Lecca, se non vuoi che torni a torturare il tuo caro Arthas!».
Jaina ripensò alla cruda scena cui aveva appena assistito e decise di assecondare la sua richiesta per non dover più assistere ad un simile spettacolo.
I muscoli del collo di Arthas si contrassero mentre lottava per liberarsi, in preda alla furia cieca: Sylvanas avrebbe pagato per quello spudorato oltraggio a Jaina.
L'elfa, vedendo l'ira deformargli il viso, si spostò in maniera tale che potesse godersi la scena da un'angolazione preferenziale ed iniziò ad emettere gemiti e mugolii. In effetti la lingua calda della donna umana era alquanto piacevole, per cui i suoi versi non erano completamente fasulli. Ogni tanto le spostava la testa perché continuasse a stimolarla nei punti giusti.
Nonostante la rabbia che cresceva tumultuosa, Arthas si ritrovò presto a dover lottare contro una distorta eccitazione che lo stava pervadendo a livello puramente fisico. Non era ancora venuto nemmeno una volta, Sylvanas era arrivata prima che potesse farlo, e vedere una cosa simile accadere tra due donne non lo lasciava del tutto indifferente.
Era dannatamente sbagliato ma non sapeva cosa farci. Ignorarlo era praticamente impossibile.
Cercò goffamente di stringere le gambe e strusciare la sua erezione contro l'interno delle cosce, distogliendo lo sguardo, accontentandosi dei mugolii di protesta di Jaina e quelli di piacere emessi da Sylvanas. Non voleva vedere la sua ragazza umiliata in quella maniera mentre lui cercava di venire ed avere un po' di sollievo. Lo faceva sentire ancora più in colpa di quanto già non fosse.
L'elfa lanciò un gridolino più acuto e sentito degli altri e Arthas capì che era appena venuta. La cosa non giovò per niente alla sua situazione.
Come chi si stanca di un vecchio giocattolo, la non-morta si staccò da Jaina spingendola supina a terra, il viso ricoperto di umori perlacei e gli occhi arrossati tipici di chi è sul punto di piangere.
L'esperienza era piaciuta moltissimo a Sylvanas in ogni senso e ora decisa a ripeterla e godersela ancora di più. Prima di farlo, tuttavia, voleva prepararsi per bene.
Sotto gli occhi dei due padroni di casa si accostò al letto disfatto, si sedette ed iniziò a spogliarsi con una certa fretta. Nel mentre il pugnale che portava appeso ai pantaloni le cadde a terra con un tonfo sordo e sparì appena sotto il letto.
Con un leggero sbuffo per il contrattempo si chinò per raccoglierlo e con le dita percepì il bordo di qualcosa di troppo grosso perché potesse trattarsi del suo pugnale. Incuriosita, afferrò l'oggetto e lo trasse fuori dal suo nascondiglio. I suoi occhi si illuminarono di stupore nel vedere di cosa si trattava: era una scatola semplice, senza orpelli e priva del coperchio. All'interno si trovava tutta una serie di oggetti di forma fallica o comunque oblunga di dimensioni piuttosto grandi e in svariati colori.
Arthas sgranò gli occhi, perplesso, spostando lo sguardo su Jaina e rimanendo in rigoroso silenzio. Era esterrefatto e non riusciva a credere che quegli oggetti fossero veramente suoi, eppure quello era il suo rifiugio segreto. Anche Sylvanas fece altrettanto ma, a differenza sua, non si peritò minimamente a commentare: «Oh, che bei giocattolini...! Ma non sono un po' grossi...?».
L'albino vide chiaramente le guance di Jaina divenire paonazze mentre distoglieva lo sguardo, incapace di ribattere alla frecciatina. Le aveva indirettamente dato della pervertita e di certo doveva vergognarsene parecchio - almeno a giudicare dalla sua espressione.
Sylvanas finì di spogliarsi e prese due oggetti a caso tra quelli a disposizione, uno rosso e l'altro viola. Erano entrambi piuttosto lunghi e spessi, senza alcuna forma specifica. Ad una estremità erano dotati di piccole cordicelle.
Attraversò la stanza, dirigendosi verso Arthas. Lo prese per le braccia - doverosamente legate dietro la schiena - e lo spinse in avanti, facendogli picchiare il mento sul pavimento. In quella posizione Jaina riusciva ad avere una panoramica molto dettagliata del sedere del suo uomo.
«Vediamo se al tuo ragazzo i tuoi giocattolini piacciono» disse, prendendo quello viola ed utilizzandolo per passare in rassegna la linea che divideva le sue natiche. Quando percepì il leggero incavo che indicava dove si trovasse l'orifizio, spinse dentro senza tanti preamboli l'oggetto.
Arthas sobbalzò e grugnì per il bruciore improvviso e il dolore atroce che ne seguì e che sembrò aumentare col passare del tempo. In un primo momento cercò di spingerlo fuori ma Sylvanas lo trattenne dove si trovava.
Con uno scarto di pochi secondi, il corpo estraneo iniziò a vibrare forsennatamente nel suo didietro e la sua vittima, di nuovo, manifestò apertamente la sua sofferenza: si sentiva come se quel dannato aggeggio stesse scavando dentro di lui.
«Che... ah!... stai facendo?!» domandò stizzito, ma l'attenzione della sua aguzzina era rivolta ad altro.
«Vibratori magici...! Ti avevo sottovalutata...!» asserì Sylvanas, e la nota di compiacimento nella sua voce fu palese a tutti gli ascoltatori.
Dalla posizione in cui si trovava, quest'ultima poté vedere quello che era inequivocabilmente sangue che si affacciava dall'orifizio della sua vittima.
«Con tutti i giocattoli che tenevi nascosti sotto il letto non posso credere che il culetto del tuo amato fosse ancora vergine!» commentò rivolgendosi a Jaina, scostandosi leggermente in maniera tale che anche la maga potesse vedere.
Nel suo sguardo smarrito e agonizzante apparve un nuovo velo di terrore.
Un rivoletto di sangue scese costeggiando il margine della natica sinistra, diretto alla base dello scroto di Arthas.
Sylvanas si mise carponi e leccò via il sangue, risalendo il suo percorso diretta all'origine, lentamente. Deviò improvvisamente alla fine per andare ad affondare i denti nella chiappa sinistra dell'albino, proprio al centro.
Il morso strappò un mugugno di sorpresa e sofferenza al proprietario del fondoschiena brutalmente aggredito.
L'ex Re dei Lich digrignò i denti sempre di più man mano che le fauci di Sylvanas si stringevano e succhiavano, come se volesse veramente strappargli via un pezzo di carne.
La morsa era atroce, anche se non arrivava ad eguagliare il dolore che pulsava ancora intenso all'interno.
Così come era iniziato il dolore cessò bruscamente e Arthas percepì l'umida lingua della sua aguzzina che lambiva la zona che aveva massacrato.
Gemiti di sollievo fuoriuscirono dalle sue labbra senza che lui riuscisse a frenarsi ma ben presto tornarono a tramutarsi in versi d'agonia, poiché un solo morso non sembrava essere bastato a Sylvanas.
Dopo quella che ad Arthas parve almeno un'ora di intensa tortura, l'albino sentì entrare anche l'altro vibratore, che si accese anch'esso dopo poco. Per infilarlo Sylvanas fece molta più di fatica rispetto a prima: il sedere dell'uomo non era mai stato profanato fino ad allora e, senza un'adeguata preparazione, così come non era pronto ad accogliere un vibratore, a maggior ragione non era il grado di accoglierne ben due, per di più di quelle dimensioni. Ciononostante, forzando e premendo fino a che Arthas non arrivò a temere di aprirsi letteralmente in due, riuscì nell'impresa.
Sylvanas premette sulle sue natiche, stringendole sui vibratori perché ne percepisse meglio la presenza. Era così divertente farlo soffrire in quella maniera.
Senza alcun preavviso lo afferrò per una spalla e lo ribaltò, stendendolo supino sul pavimento. All'impatto le ferite ancora aperte sulla schiena di Arthas sfregarono sulle assi di legno e lui si contorse leggermente, il respiro che fuoriusciva sibilando tra i denti serrati.
Il suo pene era ancora eretto e a quanto pareva l'ingombrante presenza dei vibratori nel suo corpo, nonostante fosse dolorosa, stava anche premendo in punti che Arthas nemmeno pensava di avere e che lo stimolavano in maniera inaspettatamente positiva.
A quel punto l'elfa si recò da Jaina, la sollevò in piedi e la scortò fino dal suo partner, spingendola seduta sul suo inguine, poco sotto l'erezione. Con gesti tutt'altro che garbati afferrò il pene di Arthas e lo costrinse ad entrare nel corpo di Jaina, la quale non poté non reprimere un gemito misto di dolore e piacere: era ancora umida ma non abbastanza da essere penetrata senza soffrirne. Sylvanas sistemò la ragazza in maniera tale che i due potessero copulare senza troppi problemi.
«Ti avverto, Arthas Menethil, fai del tuo meglio perché altrimenti sarà la tua dolce metà a pagare per te» minacciò l'elfa prima di sedersi sulla sua faccia, posizionandosi in maniera che arrivasse agevolmente al clitoride con la lingua.
Ad Arthas piaceva il calore emanato dal corpo di Jaina ed era duro da così tanto tempo che aveva disperatamente bisogno di venire; così dovette accettare suo malgrado le condizioni imposte dalla sua aguzzina e mettersi al lavoro.
Il dolore alla schiena raggiunse picchi vertiginosi mentre vi faceva leva per spingersi nel corpo di Jaina, la quale finì con l'assecondarlo spinta più che altro dal desiderio di farlo venire. Il fatto che stesse contemporaneamente leccando Sylvanas e le stesse concedendo lo stesso piacere che lei aveva sperimentato tante volte in passato la disgustava, specialmente dopo essere stata costretta a farlo lei stessa.
L'elfa mugolava, appagata, e Jaina non riusciva a non unirsi a lei coi suoi gemiti.
Le mani di Sylvanas andarono a palparle i seni, stringendole i capezzoli prima tra le dita e poi con le labbra. Le morse anche la carne chiara e morbida e Jaina ansimò pesantemente.
Il dolore ed il piacere si fondevano in Arthas, dandogli una poderosa spinta nella ricerca dell'orgasmo. Ogni tanto uno spasmo lo scuoteva, quando le ferite dorsali grattavano troppo contro il pavimento.
L'abbraccio carnale di Jaina era bellissimo nonostante la situazione e desiderava contraccambiare quella sensazione dandole piacere al massimo delle sue possibilità.
Jaina venne per prima, rovesciando la testa all'indietro e liberando un gridolino di sollievo; ciononostante, Arthas non si fermò e neppure Sylvanas.
Ai mugolii estatici della maga si alternarono gemiti di dolore per il trattamento che l'elfa riservò con sempre maggior enfasi ai suoi seni.
Arthas non poteva intervenire se non tentando di mitigare il suo dolore col piacere.
Dopo svariati minuti finalmente venne anche lui, grugnendo soddisfatto tra le cosce di Sylvanas ed eiaculando dentro Jaina, la quale venne ancora una volta come per riflesso condizionato.
L'elfa continuò ad agitarsi sopra di lui, incitandolo a proseguire.
Arthas iniziava ad essere parecchio sensibile; ciononostante i vibratori affondati in lui lo mantenevano duro, permettendogli di andare avanti.
Gli orgasmi di Jaina si fecero più frequenti, quasi continui, ed il piacere che provava era talmente forte che arrivò al punto di implorare che Arthas si fermasse. Il dolore che le davano le brutali attenzioni di Sylvanas era ormai relegato ad una sensazione secondaria.
Arthas riusciva a muoversi più agilmente dentro e fuori il corpo di Jaina grazie all'abbondanza di lubrificante che gli stava fornendo, godendo maggiormente nell'affondare in lei quasi scivolandole dentro. Gli occorse un po' ma venne una seconda volta.
Iniziava ad avere male alla lingua per il prolungato utilizzo quando udì un poderoso gemito fuoriuscire dalla gola di Sylvanas ed una maggiore quantità di umori inondarlo letteralmente.
S'impegnò nel leccarli via tutti, trovando così definitiva conferma al fatto che il sapore non fosse gradevole come quello di Jaina. Probabilmente era dovuto al fatto che il corpo di Sylvanas era morto; tuttavia non poteva avere l'assoluta certezza che il problema fosse quello perché era la prima non-morta con cui faceva una cosa del genere.
Dopo quell'orgasmo ne seguirono altri - Arthas non si stava preoccupando troppo di contarli - fino a che Sylvanas decise che aveva goduto abbastanza e si alzò in piedi. Passò di fianco a Jaina e le sbatté il pube in faccia un'altra volta, ammonendola di pulire bene, cosa che la poveretta non poté rifiutarsi di fare. Rischiò di soffocare un paio di volte per la sventurata congiunzione tra la richiesta di Sylvanas e ciò che Arthas stava ancora facendo.
Una volta terminato, l'elfa si rivestì tanto in fretta quanto si era spogliata e tornò dalle sue due vittime. Estrasse il suo pugnale intriso di veleno e lo conficcò prima nella spalla di Arthas e poi in quella di Jaina, senza spingersi così a fondo da causare né ferite gravi né tantomeno mortali.
Entrambi iniziarono a sentire gli arti formicolare e poi i muscoli irrigidirsi e rifiutarsi di rispondere ai loro comandi; cosicché rimasero bloccati nella posizione in cui si trovavano.
I vibratori nel fondoschiena dell'albino continuavano ad andare e adesso che lui era totalmente incapace di muoversi riusciva a sentire il dolore fin troppo chiaramente. Non era più intenso come quando Sylvanas glieli aveva infilati dentro con la forza, però era ugualmente forte il suo desiderio di toglierli - anche se presupponeva che pure sfilarli gli sarebbe costato una buona dose di sofferenza.
Si chiese se nei giorni seguenti sarebbe stato in grado di stare seduto ma poi relegò il quesito nei meandri della sua mente dove era solito spedire i pensieri molesti.
Jaina avrebbe voluto continuare a gemere ma i muscoli della faccia si rifiutavano di obbedirle, come tutti gli altri: anche se Arthas era immobilizzato, i vibratori stavano facendo muovere passivamente la sua erezione. Era un moto debole ma sufficiente perché lei lo percepisse ed era una tortura.
Era ancora troppo sensibile perché potesse rimanervi indifferente.
Lady Windrunner li osservò sogghignando compiaciuta.
«La paralisi durerà almeno un'ora...» comunicò loro con estrema soddisfazione «Una volta svanito l'effetto non provate a scappare perché vi troverò, come ho fatto oggi!» dichiarò con foga.
Arthas e Jaina riuscirono solamente a scambiarsi un'occhiata preoccupata: quelle parole non erano solamente una minaccia. In esse si celava una condanna che andava ben oltre ciò che avevano dovuto patire quel giorno.
Li aveva lasciati in vita per uno scopo e, alla luce di quanto successo e di quanto aveva appena detto, non era difficile immaginare che volesse tornare a tormentarli: dopotutto, aveva giurato che avrebbe reso ad Arthas lo stesso tormento cui lui l'aveva condannata. Di certo per restituire un torto come la condanna a rimanere ancorata al mondo dei vivi senza di fatto esserlo avrebbe avuto bisogno di torturarlo a lungo - e dalla sua aveva senz'altro molto tempo per dilettarsi in tal senso.
L'orribile sensazione di aver scavato la proverbiale fossa non solo a se stesso ma anche alla sua amata Jaina serpeggiò nell'animo del decaduto Re dei Lich, che sarebbe rabbrividito se solo ne fosse stato in grado.
Sylvanas volse loro le spalle, ridendo sommessamente mentre usciva dalla casetta. Mentre si allontanava non riusciva a non pensare a quanto aveva fatto e compiacersene. Aveva sempre pensato alla sua vendetta su Arthas come qualcosa di crudo e violento che le avrebbe dato piacere soltanto a livello emotivo; invece in quel modo non solo aveva soddisfatto almeno temporaneamente la sua profonda ed incolmabile sete di vendetta ma si era sentita anche fisicamente appagata.
Sulle sue labbra nacque l'ombra di un sorriso mentre la sua mente iniziava a macchinare nuovi stratagemmi per quando sarebbe tornata a far visita ad Arthas e alla sua compagna, ai suoi occhi colpevole tanto quanto lui solo per il fatto di provare amore nei suoi confronti.
«Questo era solo l'inizio della mia giusta vendetta...!».
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Generale
Personaggi: Arthas Menethil, Jaina Proudmoore, Sylvanas Windrunner
Wordcount: 8468 (
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: Vendetta inaspettata per il p0rn fest #9 @
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![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Note: Biting, Bondage, Cunnilingus, Het, Lemon, Morning!sex, Non-con, Sex toys, Violence, Threesome, What if?, Yuri
«Credevi di potermi sfuggire in eterno, Arthas Menethil?! Adesso soffrirai, come tu hai fatto soffrire me!».
La minaccia riuscì a scuotere il diretto interessato, specialmente in virtù del suo primo quasi riuscito attentato alla sua vita. Sylvanas Windrunner era un'elfa pericolosa e non doveva sottovalutarla.
Jaina, mezza accasciata sul corpo di Arthas, completamente nuda e ansante, carpendo nel tono di voce del suo partner una nota di timore, si sentì in dovere di frapporsi per difenderlo.
La prima cosa che Arthas Menethil percepì nel riemergere dall'oscurità fu il freddo, un gelo che non si limitava alla semplice bassa temperatura esterna ma che era anche insito dentro di lui.
Tremava leggermente adesso ma i fremiti sembravano divenire più intensi momento dopo momento. Una sensazione generale di debolezza lo pervadeva, come se le sue membra si stessero risvegliando da un lungo e sofferto torpore.
Si appellò a tutta la sua forza di volontà e si costrinse ad aprire gli occhi, piano, ritrovandosi a fissare una volta di ghiaccio altissima e molto familiare. I suoi respiri fuoriuscivano in raschianti sibili dalle sue labbra intirizzite, condensandosi all'istante in sbuffi bianchi dinanzi al suo viso.
Stava male - se gli avessero infilzato una spada nella pancia forse sarebbe stato meno doloroso - ma era ancora vivo. La cosa lo lasciò alquanto perplesso.
Si concentrò su altro che non fosse quello che i suoi nervi mezzi congelati gli comunicavano e udì dei bisbigli concitati riecheggiargli tutt'attorno.
Con prudenza mosse appena le gambe, piegandole per trovare un'angolazione stabile a sufficienza da permettergli di fare leva sul pavimento ghiacciato. Allo stesso modo mosse le braccia e si levò seduto.
Davanti a lui c'era un folto gruppi di guerrieri, tutti di razze diverse ma tutti con lo stesso cipiglio guardingo e rabbioso rivolto nella sua direzione.
Frostmourne era a pezzi, inutilizzabile, ma anche se fosse stata integra e a portata di mano avrebbe fatto poca differenza: nelle sue attuali condizioni dubitava fortemente che sarebbe stato in grado di impugnare una qualsiasi arma, figurarsi maneggiarla per difendersi.
Ad un certo punto dei passi rapidi e leggeri riecheggiarono nella caverna, sovrastando tutto il resto. Il rumore prodotto era inequivocabilmente quello di un paio di tacchi ma Arthas non riusciva a capire chi potesse esserne il proprietario visto il genere di bruti che aveva dinanzi.
Dopo pochi secondi la folla cominciò a muoversi ed aprirsi facendo ala al passaggio di qualcuno.
Gli occhi dell'ormai ex Re dei Lich si spalancarono nel vedere emergere tra tutte quelle armature consumate e di varia foggia una figura femminile snella e aggraziata avvolta in un lungo abito di stoffa dei colori di Dalaran con una cascata di capelli del colore del grano maturo ad incorniciare il perfetto ovale del viso.
Sembrava trafelata ed il petto si innalzava ed abbassava velocemente. Nei suoi occhi azzurri riusciva a cogliere una meraviglia speculare alla sua.
Senza dire niente si affrettò a colmare lo spazio vuoto che li separava mentre Arthas cercava invano di mettersi in piedi.
Jaina Proudmoore praticamente volò nella sua direzione, inginocchiandosi infine di fronte a lui e guardandolo dritto negli occhi per qualche istante, poi allungò una mano verso il suo viso. L'albino riuscì a notare una ruga formarsi sulla sua fronte e dai recessi della sua mente riuscì a recuperare nozioni in merito. Lui sapeva cosa significava: perplessità e riflessione.
Ricordava anche che un tempo l'aveva trovata dannatamente carina.
Rimanendo con le mani ben piantate sul pavimento per non fare inutile allarmismo circa le sue intenzioni - del tutto innocue - Arthas offrì semplicemente il volto alle sottili dita protese nella sua direzione. I polpastrelli caldi si posarono sulle sue guance leggermente incavate e risalirono fino ad arrivare al limite degli zigomi, al di sotto degli occhi, permettendogli di poggiare il mento sul suo palmo.
Lui si mosse appena, emettendo un flebile e tremulo sospiro di sollievo nel percepire il calore della sua estremità, rievocando dal buio e dal gelo della sua mente le piacevoli sensazioni del tempo in cui quelle stesse mani erano avvezze a sondare il suo corpo nudo e ancora caldo, pulsante di vita ed energia.
Chiuse gli occhi e si abbandonò nella morbida mano di Jaina quando improvvisamente avvertì quel tenero supporto venire meno e quasi nello stesso istante un pugno abbattersi ferocemente sul suo naso.
Colto totalmente alla sprovvista dal gesto aprì gli occhi di scatto mentre cadeva all'indietro, sbattendo pesantemente la testa contro il pavimento.
Mentre la sua vista sbiadiva lentamente, inghiottita dal buio, udì la voce di Jaina dire: «Arthas... maledetto... stupido idiota...».
In quel "maledetto" il giovane uomo udì rabbia e risentimento, sentimenti che lo ferirono nel profondo; tuttavia, il suo tono si ammorbidì sulle ultime parole fino a diventare tenero.
Arthas perse i sensi esalando un lieve grugnito e Jaina posò la mano con cui l'aveva colpito - ancora un po' indolenzita - sul suo torace massiccio, accarezzando le piastre gelate.
«Lady Jaina Proudmoore, si allontani da quel mostro!».
La voce autorevole di Fordring la raggiunse, strappandola al turbinio di emozioni che le si agitavano in petto.
«Avevate detto che non c'era più speranza per lui... e invece è sopravvissuto» disse la maga, alzandosi in piedi e parandosi a protezione del corpo di Arthas «Perché?».
Fordring stava per avvicinarsi, la mano già poggiata sull'elsa della sua spada, ma esitò nel vedere come la sua interlocutrice sembrava intenzionata a proteggere quel macellaio.
«Forse la Luce ha voluto graziarlo, dargli la possibilità di redimersi» un verso stizzito e scettico fuoriuscì dalle sue labbra mentre il suo sguardo si incupiva leggermente «Ma non potrà farlo. Non gli basterebbe tutta l'eternità per fare ammenda dei suoi peccati e non posso lasciare che un simile pericolo continui a camminare tra i vivi» proseguì, stringendo leggermente la presa sulla sua arma.
Jaina sollevò le mani, percorse da lieve energia crepitante.
«Non è più sotto il controllo del Re dei Lich. L'hai visto, è debole!» ribatté.
«Potrebbe essere un inganno. Potrebbe essere corrotto dal potere di nuovo. Dobbiamo finirla qui!» asserì risoluto Fordring «Per il bene di Azeroth».
Jaina serrò le labbra e corrugò le sopracciglia.
L'aveva perso una volta e adesso che l'aveva ritrovato nonostante la speranza fosse praticamente inesistente non poteva vederlo sparire di nuovo, per sempre.
L'avrebbe protetto lei. Gli avrebbe impedito di cadere di nuovo preda della corruzione.
L'aveva abbandonato una volta e non avrebbe più ripetuto lo stesso errore.
Tirion stavolta non mostrò esitazione ed avanzò verso Jaina.
«Lady Proudmoore fatevi da parte!» intimò, sguainando la spada.
La giovane donna arretrò e si lanciò vicino ad Arthas mormorando qualcosa.
Tirion reagì con pochi secondi di scarto, realizzando quali fossero le intenzioni della maga; tuttavia fu un ritardo che gli costò caro: l'aria crepitò e si deformò attorno ai due corpi, che sparirono mentre il paladino stava per ghermire uno dei pesanti stivali dell'ex Re dei Lich.
Jaina esalò un sospiro sollevato solo quando riconobbe il caos di libri e pergamene della sua stanza a Dalaran.
Era riuscita a portarli lontano dalla Corona di Ghiaccio e da Fordring nonostante avesse avuto così poco tempo per formulare l'incantesimo e agire. Un sorriso le incurvò le labbra ripensando a tutte le volte che Arthas, quando erano amanti, l'aveva teneramente presa in giro per tutto l'esercizio che faceva nel lancio degli incantesimi, specialmente quelli di teletrasporto. Chissà come avrebbe reagito se avesse saputo che era stata tutta quella pratica a salvarlo dalla furia di Tirion.
Si voltò per un attimo a guardare il suo amato. Il colorito pallido ed il viso leggermente emaciato, uniti al suo attuale stato di incoscienza, per un terribile attimo glielo fecero sembrare troppo simile ad un vero cadavere, poi notò il movimento del torace nell'atto della respirazione e si rilassò. Un lieve rossore di imbarazzo le colorò le guance mentre osservava il sangue che gli gocciolava dal naso, che adesso si era un po' gonfiato ed aveva assunto una poco carina tonalità livida.
Si sentì un po' in colpa per il pugno che gli aveva affibbiato ma d'altra parte non poteva certo negare che quello fosse il meno che si era meritato; ciononostante aveva avuto bisogno di metterlo K.O. per poterlo portare via senza complicazioni.
Avrebbe avuto tempo dopo per prendersi cura di quella e delle altre ferite, una volta che fossero stati al sicuro altrove. Quella era solamente una rapida tappa: aveva bisogno di alcuni libri, delle pergamene, abiti, erbe...
Dall'armadio estrasse una grossa sacca di pelle che aprì e appoggiò sul letto. Iniziò a frugare in mezzo al caos che da sempre regnava nella sua camera, scorrendo velocemente con gli occhi i dorsi dei tomi che ingombravano gli scaffali, scegliendone alcuni e buttandoli in borsa per poi dirigersi alla scrivania, in cerca di alcune vecchie pergamene.
Mentre faceva i bagagli, Arthas riprese conoscenza. Aprì piano gli occhi, stordito leggermente dalla forte botta alla testa che aveva preso, e rimase disteso, guardandosi intorno spaesato fino a che non incrociò la figura di Jaina, china a cercare qualcosa in un baule situato in un angolo.
La posizione faceva sì che l'abito mostrasse più in dettaglio le forme del suo fondoschiena ma al momento Arthas era decisamente poco sensibile a certi stimoli.
«Jaina... dove...?» mugugnò a fatica. La voce era roca e parlare gli costava una certa fatica.
La maga gli si affiancò di nuovo, rivolgendogli un sorriso rassicurante mentre stringeva al petto diversi abiti semplici.
«Siamo a Dalaran... e tra poco andremo da un'altra parte, al sicuro» gli garantì.
L'albino annuì con un impercettibile cenno del capo prima che il dolore alla testa e la stanchezza fisica lo ritrascinassero nell'incoscienza.
Jaina si era emozionata nel sentirgli pronunciare il suo nome con la sua voce e non con quella vuota e gelida eco che ricordava di aver udito fuoriuscire dalla sua bocca alla Corona di Ghiaccio e si affrettò con maggiore sollecitudine ad ultimare i preparativi per il viaggio, ansiosa di poter stare con lui da sola senza alcuna preoccupazione.
Quand'ebbe finito tornò al fianco di Arthas con il suo bagaglio e mormorò un altro incantesimo di teletrasporto, esattamente come aveva già fatto poco prima.
Stavolta si materializzarono in una piccola casetta rustica, dotata dello stretto indispensabile per sopravvivere: il locale principale era occupato da un tavolo di legno e, in un angolo, l'occorrente per cucinare del cibo, insieme ad una piccola dispensa che emetteva un flebile bagliore azzurro. In un angolo era situato un letto ad una piazza e mezzo sul quale erano adagiati alcuni libri aperti.
Arthas era disteso a terra ancora una volta e, con la sua gigantesca armatura a piastre, sembrava troppo grosso per poter entrare in un posto tanto piccolo.
La maga sistemò la sua sacca su una sedia ed uscì dalla casetta, accolta dal vento e dalle fronde gialle e rossastre tipiche dell'autunno, per occuparsi di rinforzare le protezioni che fino a quel giorno avevano tenuto al sicuro da occhi indiscreti quel suo piccolo rifugio tra i boschi. Lì non l'avrebbe trovata nessuno, come era stato per anni, e con lei Arthas.
Una volta fatto ciò tornò all'interno per dedicarsi interamente al suo amato. Cercò di sollevarlo con la magia per metterlo sul letto ma lo sforzo non produsse alcun risultato se non quello di stancarla; così decise di mettere da parte le arti magiche - almeno per un po' - e tornare alle care vecchie maniere.
Manualmente si mise a slacciare con pazienza le varie placche che proteggevano il corpo di Arthas, scoprendolo poco alla volta con un timore quasi reverenziale: era da moltissimo tempo che non lo vedeva senza l'armatura addosso, soprattutto quella raccapricciante ed immensa accozzaglia di metallo decorato di teschi. Ormai si era abituata ad una mole più imponente rispetto alla sua originaria; pertanto quasi si sorprese di vedere che al di sotto di quel guscio ingombrante la sua corporatura era sì robusta ma più proporzionata e... ridotta.
Le sue spalle erano larghe ed il torace massiccio. Era cresciuto nonostante il suo radicale cambiamento e adesso aveva un aspetto più maturo, più... uomo.
Jaina sarebbe stata genuinamente incuriosita dalla possibilità di scoprire quali gioie poteva riservarle il "nuovo" corpo di Arthas; tuttavia ogni desiderio che poteva averle lambito l'animo o la mente svanì nell'attimo stesso in cui riuscì a togliere la placca più grossa, quella che gli copriva l'addome.
Le sue ferite erano numerose, tanto che la cotta di maglia era praticamente a brandelli, ed alcuni tagli erano profondi a sufficienza per farla preoccupare. A quanto pareva l'ultima battaglia era stata molto dura non solo per la squadra d'incursione. Anche se aveva incassato colpo dopo colpo senza mai vacillare fino alla fine, il suo fisico era stato letteralmente martoriato.
La maga lo trasse in piedi il più delicatamente possibile, appellandosi alle sue sole forze, quindi lo lasciò cadere di peso sul letto - che scricchiolò appena - e qui lo lasciò mentre si dava da fare.
Ora più che mai era ben felice di aver seguito con attenzione le lezioni di erbalismo, a suo tempo; altrimenti sarebbe stato molto più impegnativo mettere in pratica quanto riportato nei libri che si era premurata di portare con sé - assieme ad un po' d'erbe e d'unguenti - da Dalaran.
La preparazione dell'occorrente per le medicazioni la tenne impegnata per un paio d'ore, durante le quali non si allontanò mai troppo dal capezzale di Arthas per assicurarsi che di essere a disposizione qualora si fosse svegliato e avesse avuto necessità di qualcosa. Fortunatamente l'uomo rimase assopito per tutto il tempo, senza muovere neanche un muscolo.
Solo quando finalmente fu tutto pronto e si recò al letto con bende - ricavate con la magia da alcuni dei suoi vecchi abiti - e scodelle piene di unguenti e creme, Jaina si preoccupò di rimuovere la cotta di maglia e i calzari tracciando pochi semplici arabeschi nell'aria e mormorando una breve frase.
Gli anelli di metallo cedettero come fossero stati banalissima stoffa di scarsa qualità, rivelando l'ampio e possente petto di Arthas, temprato nelle gelide lande di Northrend. Anche i pantaloni vennero divelti con estrema semplicità, rivelando le lunghe gambe dalle cosce toniche e l'inguine, completamente e spudoratamente privo di protezioni ulteriori.
Jaina era stata la sua amante, non avrebbe dovuto provare alcuna vergogna nel vederlo totalmente nudo; eppure si sentiva mortalmente imbarazzata. Dopo di lui non c'era stato nessun altro col quale avesse desiderato dividere il suo letto, pertanto stava vivendo quel momento con lo stesso sentimento di una pudica verginella che si accosta per la prima volta alle grazie maschili.
Avrebbe voluto dare ascolto alla sua curiosità - da studiosa e non - ma si costrinse a mantenere saldo il controllo e procedere con quello che doveva essere fatto. Per il resto avrebbe avuto tempo poi, quando Arthas si fosse svegliato.
Tolse di mezzo i brandelli di maglia che continuavano a mascherare parzialmente le ferite dell'albino. Quando arrivò a spostare il lembo sul pettorale sinistro, qualcosa si oppose al movimento e la testa di Arthas venne ruotata leggermente.
Incuriosita cercò il misterioso ostacolo e si accorse solo allora che attorno al collo di Arthas passava una sottile catenella d'oro che andava ad insinuarsi sotto la cotta di maglia... fino all'altezza del cuore. Qui si trovava un ciondolo di forma ovale recante una grossa pietra rossa al centro. Studiando attentamente il curioso oggetto, Jaina riuscì a scorgere una immagine incisa all'interno.
Lacrime le sgorgarono dagli occhi, offuscandole leggermente la vista, mentre in essa riconosceva una versione più giovane di se stessa appartenente a molto prima che il Flagello si abbattesse su Lordaeron. Non sapeva se stava piangendo per la commozione, la gioia o per una combinazione di entrambe. Certo era che mai si sarebbe aspettata di trovare un simile oggetto addosso ad Arthas.
«Oh... Arthas, mio amato...» sussurrò con voce incrinata mentre con mani tremanti iniziava ad applicare un fetido unguento di un nauseante verde sulla prima ferita.
Ad Arthas occorsero svariate ore per riprendere conoscenza e giorni per ristabilirsi. A quanto sembrava la possessione del Re dei Lich era stata radicata tanto in profondità e tanto a lungo in lui che adesso doveva riprendere a familiarizzare con tutto ciò che c'era di naturale e vivo intorno a lui. La sua anima doveva riabituarsi al suo corpo ed il processo era estremamente lento; ciononostante, Jaina lo seguiva il più da vicino possibile.
Era come se una calda primavera fosse arrivata a spazzare via un lungo e rigido inverno: pian piano Arthas ricominciava a prendere un po' del colorito florido di una volta e la sua temperatura corporea ad aumentare, anche se purtroppo Jaina dubitava fortemente che sarebbe tornato come era prima. Ad avvallare tale ipotesi erano i suoi capelli, che continuavano a rimanere ostinatamente bianchi.
Ricominciò ad avere fame e sete e Jaina si prestò volentieri a risolvere quelle necessità dilettandosi nella cucina come non aveva mai fatto prima.
Le settimane passavano, Arthas tornava ad essere sempre più umano e la maga dedicava sempre più tempo a lui e sempre meno al rinforzo delle protezioni magiche che difendevano entrambi.
Quando usciva dalla casetta per andare a fare un po' di spesa si camuffava magicamente per non essere riconosciuta e si teletrasportava magicamente presso una delle piccole città nella regione circostante, stava sempre in allerta per captare notizie riguardo cosa stava accadendo. Per fortuna i vecchietti al mercato avevano la lingua sciolta; così aveva saputo che Fordring e gli altri paladini erano ancora in alto mare nella ricerca di Arthas e anzi, al momento c'erano altri importanti problemi che richiedevano la loro attenzione.
Così le sue preoccupazioni diminuivano sempre più.
Era passato poco più di un mese dalla loro riunione quando Arthas si decise finalmente a dichiarare il suo amore per lei. Lo fece nella maniera più classica, inginocchiandosi cavallerescamente ed offrendole un mazzolino di fiori dato che non aveva avuto modo di procurarsi altro.
Per Jaina fu come toccare il cielo con un dito. Rispose con accorato fervore alla sua dichiarazione, come se non avesse aspettato che quel momento da quando l'aveva visto risvegliarsi dopo lo scontro alla Corona di Ghiaccio.
Da lì in poi cercarono di ritrovare l'intimità di un tempo nella loro attuale convivenza ed in buona parte ci riuscirono. Fu così che la bionda scoprì che oltre ai più basilari istinti dell'essere umano, Arthas aveva perso anche quelli più strettamente legati ai piaceri carnali.
Per lei era una tristezza vederlo impassibile quando le capitava di essere in deshabillé ben sapendo quale uragano ormonale avrebbe invece causato nella sua versione più giovane e ingenua.
Per sua fortuna la riacquisizione dell'anima stava già lavorando per ottenere risultati tangibili anche su quel fronte.
Fu così che una mattina di metà inverno Jaina non si svegliò ferita in volto dai timidi raggi del sole che indicavano l'approssimarsi delle nove, bensì da qualcosa di freddo che le danzava sul ventre, leggero e delicato pur essendo ruvido.
Aprì gli occhi lentamente e si ritrovò a guardare il viso di Arthas molto da vicino: l'uomo era disteso su un fianco, con un braccio appoggiato sul cuscino e piegato a sostenere il capo e l'altro nascosto sotto i molteplici strati di coperta che li avevano riparati dal gelo notturno. Era il suo indice - attualmente impegnato a tracciare morbidi cerchi attorno al suo ombelico - ad averla fatta svegliare.
Il suo torace era a stretto contatto col suo braccio e la sua pelle fredda la fece rabbrividire e leggermente ritrarre.
Un sorriso distese le labbra della donna mentre sbatteva le palpebre per scacciare i residui di sonno.
«Arthas...» chiamò a mezza voce «Hai ancora problemi di insonnia...?» domandò, corrugando leggermente le sottili sopracciglia.
Lui le sorrise di rimando ed in quel gesto lei si rese conto che stava nascondendo qualcosa. C'era una strana sfumatura nella sua espressione che non riusciva a cogliere in pieno ma che le risultava palese.
«Buongiorno» la salutò l'albino, senza smettere di divertirsi a tracciare ghirigori invisibili sulla sua pancia «Non preoccuparti, mi sono svegliato solo poco fa... te lo assicuro».
Si sentì in dovere di fare quell'ultima puntualizzazione nel vedersi rivolgere uno sguardo inquisitore da parte della sua interlocutrice, che alla fine decise di credergli.
«Dovevi proprio svegliarmi...?» brontolò Jaina con finta indignazione, accostando il capo a lui e chiudendo gli occhi come per dimostrargli che desiderava riposare ancora un po'.
«Assolutamente...!» replicò Arthas in tono ridicolmente solenne, prima di piegarsi a sussurrare all'orecchio della sua partner: «Ho bisogno di te».
Stavolta il timbro era intenso e profondo, quasi sofferente, ed era chiaro che stesse dicendo sul serio. Prima che Jaina potesse interrogarlo in merito al significato di quella frase, la mano libera di lui era già scesa a prendere la sua e la stava guidando verso un punto ben preciso del suo corpo.
La bionda sgranò gli occhi quando il suo palmo e le sue dita sfiorarono qualcosa di duro che era impossibile non riconoscere.
«Sei...!» esordì ma la gioia e l'imbarazzo la ridussero al silenzio.
«Già, a quanto pare sto iniziando a migliorare...» commentò l'ex Re dei Lich «Dovremmo festeggiare» soggiunse senza il benché minimo senso del pudore.
Le regalò lo stesso sorriso di poco prima e solo allora la sua compagna riuscì a capire cosa aveva visto in esso che le era sfuggito. Arrossì e, nonostante il suo corpo fosse ancora intorpidito dal sonno, emise un sospiro e disse: «Sai che non riesco mai a dirti di no, Arthas...».
Jaina ebbe appena il tempo di terminare la frase che un poderoso braccio la avvolse, attirandola contro il corpo del suo compagno. Lei protese subito il viso in cerca del suo e lo baciò mentre si accomodava a cavalcioni del suo bacino, piazzandosi giusto sopra la sua erezione.
Arthas era fresco, quasi piacevole in contrasto al forte calore che c'era al di sotto delle coperte. Nonostante la temperatura non proprio corretta, il suo pene duro a contatto con le sue labbra esterne la stava facendo eccitare.
Lady Proudmoore spezzò il bacio all'improvviso, raddrizzando il busto e spostandosi una ciocca di capelli fastidiosa dietro l'orecchio, per avere la visuale sul volto del suo partner completamente libera. Ansimava leggermente e sembrava radiosa ed impaziente al tempo stesso.
«Eri così ansiosa di arrivare a questo momento?» le chiese il suo compagno, sollevando leggermente il bacino per premere un po' tra le sue cosce «Sei già bagnata e io non ho ancora iniziato a divertirmi».
Jaina sorrise e si sporse verso il basso, mettendo in mostra i seni.
«Te lo ricordi ancora come si fa?» lo prese in giro lei, sciogliendosi in una risatina maliziosa.
Per tutta risposta Arthas fece leva sulla schiena e si sollevò dal materasso quel tanto necessario ad affondare la faccia tra le morbide e rotonde grazie gentilmente offerte dalla sua donna, per poi attaccarsi ad un capezzolo e tornare disteso. Jaina non poté che assecondarlo nel movimento mentre lui iniziava a succhiare e titillare con la lingua la cima già turgida.
Un gemito le fuoriuscì dalla bocca mentre iniziava a strofinarsi contro l'erezione di lui, avvinta dal puro e semplice godimento fisico. Le piaceva percepire l'ingombro del pene che, nel movimento, riusciva a farsi strada tra le sue labbra, gratificandola con il contatto in quella parte che le risultava più sensibile.
Arthas la sentiva dimenarsi, calda e pulsante di desiderio, mentre gli bagnava il pene. Era una bellissima sensazione e, ora come ora, non riusciva davvero a capire come avesse fatto a rinunciare ad essa per così tanto tempo.
Le sue mani le accarezzarono le cosce e i fianchi, morbidamente e con fare vagamente possessivo, intanto che si accingeva a cambiare capezzolo.
Jaina gemeva compiaciuta, talmente presa dalle attenzioni che lui stava riversando sul suo corpo da riuscire ad ignorare l'escursione termica tra loro due, che andava lentamente aumentando man mano che lei si eccitava.
La situazione rimase così per alcuni minuti, poi Lady Proudmoore decise che era il momento di andare avanti. Si chinò verso l'orecchio del suo compagno e ansimò: «Entra, Arthas...».
«Sei sicura di essere pronta...?».
C'era una vena di preoccupazione chiaramente percepibile nella sua voce: non avevano fatto quelli che per lui erano i veri e propri preliminari, cioè farla venire almeno una volta con le sole dita, garantendosi così un accesso senza intoppi. Jaina era eccitatissima, forse ancora più di lui, ma aveva comunque paura di farle male.
«Non mi farai male» gli garantì lei con determinazione «Non vorrai farti pregare?».
«Nient'affatto» replicò con fermezza lui, insinuando una mano nel piccolo spazio tra il suo fianco e la coscia della sua partner per andare ad afferrare il suo pene.
Jaina si sollevò leggermente per permettergli di muoversi più agevolmente. Lo sentì mentre le sfregava la cima dell'erezione tra le labbra, in cerca dell'apertura, che trovò senza troppa fatica, poi lo sentì scivolare dentro.
Ansimò pesantemente, accasciandosi sul suo petto. Si sentiva riempita dal suo pene ed era una sensazione splendida di completezza che le era terribilmente mancata.
Baciò Arthas, accarezzandogli i capelli teneramente, godendosi l'attimo per alcuni secondi.
«Sei tu ad essere sopra, Jaina... devi muoverti» le fece presente il suo uomo con una punta di ilarità nella voce.
«S-sì...» gemette lei.
Iniziò ad agitarsi con più impeto, sollevandosi leggermente per permettere all'erezione del suo partner di uscire in parte per poi ripiombare giù con immenso piacere, premendo il proprio corpo contro l'altro. Arthas l'assecondava al meglio che la posizione gli concedeva, andandole incontro quando ricadeva, in modo da spingersi più a fondo. Gli piaceva il calore che si sprigionava da quel loro intimo legame.
Avrebbe voluto fare un po' di più per Jaina ma a quanto sembrava si stava divertendo da matti stando sopra, e poiché aveva anche lui la sua buona parte di godimento non vedeva perché rovinare le cose.
Trascorsero altri minuti - quanti di preciso nessuno dei due lo seppe mai - prima che Lady Proudmoore arrivasse all'orgasmo con un gridolino osceno e liberatorio. Arthas si sentì inondare dai suoi umori e mugugnò in segno d'apprezzamento, mordicchiandosi il lato del labbro inferiore. In quel momento avrebbe tanto voluto essere sdraiato al contrario ed avere la faccia affondata tra le cosce della sua compagna e bearsi di quel nettare fino a soffocarne; invece a goderne furono solamente il suo inguine, il suo scroto e le lenzuola - in questo ordine.
Jaina tremava per il piacere e respirava con affanno. Sembrava che da un momento all'altro sarebbe crollata, per cui il suo compagno si affrettò ad afferrarla per le braccia e sostenerla.
Fu in quel momento così delicato che la porta venne divelta dai cardini e lanciata attraverso la stanza, fino a schiantarsi - e andare in pezzi - contro la parete diametralmente opposta.
Il chiasso fece sobbalzare Jaina, strappandole un grido; tuttavia era ancora un po' stordita dall'orgasmo e non riuscì a raccapezzarsi su cosa stesse accadendo. Arthas levò lo sguardo alla porta ma ebbe solo il tempo di intravedere il profilo di un'agile figura femminile prima che questa facesse irruzione in casa materializzandosi letteralmente al fianco del letto.
Parole in elfico stretto, esclamate con una voce echeggiante e piena di rabbia, gli fecero capire chi era appena entrato ad interrompere quell'idilliaco momento di intimità.
«Sylvanas...?!» esalò, sconvolto: di tutti coloro che lo odiavano e che gli avrebbero dato la caccia fino in capo al mondo pur di ammazzarlo, proprio quella odiosa elfa doveva essere la prima a scovarlo, per di più interrompendoli proprio sul più bello...?!
«Credevi di potermi sfuggire in eterno, Arthas Menethil?! Adesso soffrirai, come tu hai fatto soffrire me!».
La minaccia riuscì a scuotere il diretto interessato, specialmente in virtù del suo primo quasi riuscito attentato alla sua vita. Sylvanas Windrunner era un'elfa pericolosa e non doveva sottovalutarla.
Jaina, mezza accasciata sul corpo di Arthas, completamente nuda e ansante, carpendo nel tono di voce del suo partner una nota di timore, si sentì in dovere di frapporsi per difenderlo.
Raddrizzò il busto e si volse in direzione di Sylvanas, allargando le braccia.
«Non gli farai del male!» esclamò perentoria.
Una smorfia di rabbia deformò le labbra dell'elfa non-morta, che afferrò Jaina per i capelli, tirandola via dal letto e scaraventandola contro il muro senza tante cerimonie. Nell'impatto sbatté la testa talmente forte da rimanere totalmente stordita per alcuni secondi.
La Regina dei Reietti le si rivolse con una manciata di parole in elfico e Jaina, che ne sapeva qualcosa - seppur non molto - di quella lingua, riuscì ad identificare per certo solo il significato di un termine: "puttana".
Lady Proudmoore cercò di reagire ed appellarsi alla magia ma in realtà non ne aveva le forze, così come non aveva l'energia per alzarsi in piedi.
Rimase lì dov'era, confusa, gli occhi puntati verso la scena che si stava consumando intorno al suo letto: Sylvanas aveva preso per i capelli Arthas - perché doveva usare i capelli come appiglio era un mistero - e lo stava trascinando fuori dalle coperte, nudo e ancora duro.
Senza alcun garbo lo scaraventò contro il tavolo in modo che vi finisse mezzo disteso sopra.
Arthas cercò di ribellarsi e fronteggiare la sua avversaria. Si rialzò e cercò di colpirla con un pugno mentre lei si avvicinava. Nonostante il corpo morto, quest'ultima aveva ancora i riflessi pronti: vedendosi attaccare, impugnò la frusta che portava in vita. L'estremità andò ad avvolgersi attorno al polso del suo aggressore e con uno strattone lo costrinse in ginocchio.
A quel punto gli era praticamente di fronte e niente le impedì di affibbiargli una poderosa ginocchiata in viso.
Jaina gridò mentre Arthas, sanguinante dal labbro e dal naso, veniva nuovamente buttato sul tavolo - che stavolta scricchiolò come se fosse sul punto di rompersi.
Sylvanas iniziò a frustarlo, lanciando minacce ed insultando in elfico la sua vittima.
Jaina piangeva e cercava di raccogliere le forze per scagliarsi all'attacco.
Arthas la guardava, sofferente, serrando la mascella ad ogni colpo abbattuto sulla sua schiena. Non le avrebbe dato la soddisfazione di sentirlo lamentarsi.
Dopo la prima violenta pioggia di frustate, il dolore cominciò a diminuire e diventare quasi piacevole. Lo stava addirittura eccitando.
Era una sensazione completamente nuova e strana che lo sorprese. Godere fisicamente per una cosa del genere gli sembrava una depravazione.
La sua erezione era nascosta sotto il margine del tavolo e non aveva modo di arrivarci senza cambiare postura, cosa che Sylvanas non gli avrebbe mai permesso di fare.
Jaina continuava a piangere ed emettere gemiti di sofferenza. Era uno strazio vederla in quelle condizioni; tuttavia, finché quella non-morta psicopatica avesse continuato a prendersela con lui non le avrebbe potuto torcere più un capello.
Sylvanas si stava crogiolando nella sua posizione di assoluto dominio. Vedere le strie di sangue sulla schiena di Arthas e percepirne l'odore nell'aria - seppur debole - le faceva desiderare ardentemente di andare avanti con sempre più foga. Voleva arrivare a martoriargli le ossa, strappandogli via a frustate la carne.
Il fatto che la sua sgualdrinella lo vedesse mentre agonizzava sotto la sua implacabile ira aggiungeva altra perversa gioia a quella vendetta che aveva così lungamente sognato e atteso di poter consumare.
Qualcosa le stava sbocciando dentro, una sensazione dannatamente piacevole che partiva dal bassoventre e le si stava diffondendo nei lombi, riscaldandola. Riconobbe quei "sintomi" e se ne meravigliò: non pensava che anche nelle sue condizioni il suo corpo potesse ancora provare cose simili.
Purtroppo divertirsi e godere nel farlo soffrire non sarebbe stato sufficiente a restituirle ciò che aveva perso - no, che le era stato strappato via - tuttavia avrebbe senz'altro lenito almeno in parte quel tormento di cui Arthas l'aveva resa schiava per l'eternità.
Sylvanas era talmente assorta nei suoi pensieri e nella sua depravata soddisfazione da accorgersi solo all'ultimo istante del globo di fuoco che Jaina era riuscita a creare e spararle contro. Lo evitò di un soffio, anche se le punte dei suoi capelli non furono altrettanto fortunate e vennero bruciacchiate un po'.
Il globo andò a schiantarsi contro la parete alle spalle dell'elfa e la zona colpita esplose verso l'esterno, lasciando un buco con una corona di polvere nera all'intorno.
Gli occhi rossi della Regina dei Reietti dardeggiarono nella direzione della maga mentre un paio dei suoi sgherri non-morti, rimasti di fuori a far la guardia, entravano attirati dalla contenuta esplosione.
Sylvanas abbandonò la sua postazione e si avvicinò alla maga, la frusta sporca di sangue che sfregava contro le assi del pavimento, macchiandole.
Arthas ansimò di sollievo per quella tregua ma quando vide che la sua aguzzina stava andando verso Jaina, si sollevò lanciando un grido di rabbia, ignorando - nei limiti del possibile - il bruciore al dorso.
I due non-morti appena sopraggiunti capirono che il suo bersaglio sarebbe stata la loro padrona ed intervenirono, ghermendo Arthas per le braccia e placcandolo contro il tavolo prima che potesse allontanarsene troppo.
L'elfa non era di certo una sprovveduta e lo dimostrava il fatto che si fosse portata appresso due guardie piuttosto robuste. Nello stato in cui versava, Arthas non aveva possibilità di sfuggire ai suoi due nuovi carcerieri; così cercò di fare l'unica cosa che era in suo potere.
«Sylvanas! Sono stato io ad ammazzare te e tutto il tuo popolo! Non avevi giurato che ti saresti vendicata di me?!» esclamò, cercando di provocarla abbastanza da convincerla ad ignorare Jaina.
L'elfa per tutta risposta diede un ceffone alla maga, poi la prese per i capelli e le sollevò il viso in maniera tale da poterla scrutare in viso.
«Per quanto la tua vendetta possa essere giustificata... non ti permetterò di uccidere Arthas!» sputò con odio Lady Proudmoore.
La sua interlocutrice rise, quindi si volse a guardare il bersaglio del suo odio eterno. Non serviva certamente un genio per capire quanto profondo fosse il loro legame, ed il fatto che continuassero a cercare di proteggersi vicendevolmente, oltre a provocarle un discreto senso di nausea, le suggerì che forse era arrivato il momento di provare un nuovo metodo di tortura. Dopotutto, sembrava proprio che il suo corpo fosse ancora in grado di permetterle certi piaceri ed era proprio curiosa di vedere come Arthas avrebbe reagito.
Un sogghigno si aprì sul suo volto ancora giovane nonostante lo stato di decomposizione della sua carne mentre tornava a rivolgersi a Jaina.
Con un semplice gesto del capo catturò l'attenzione delle sue due guardie, che immediatamente si mostrarono totalmente disposte ad eseguire i suoi ordini.
«Legatelo e tornate a fare la guardia fuori. Che nessuno mi disturbi, chiaro?!» ordinò imperiosa.
I due si affrettarono ad ubbidire, temendo profondamente l'ira di Lady Sylvanas.
Arthas venne preso e messo seduto appoggiato contro una zampa del tavolo, legato con una spessa corda ruvida e poi lasciato da solo.
Prima che le sue guardie uscissero, Sylvanas aggiunse: «Lasciatemi l'altra corda».
L'altro non-morto tornò da lei e le passò ciò che aveva richiesto, quindi lui e il suo compare uscirono richiudendo la porta.
A quel punto l'elfa tornò ad occuparsi dell'umana.
«Sono stata davvero maleducata a lasciarti in disparte, completamente ignorata» esclamò, costringendola a mettersi in ginocchio di fronte a lei «Credo sia giusto rimediare...».
Arthas le vide poggiare da parte la frusta e tendere tra le mani la corda. Se avesse potuto, il suo viso sarebbe sbiancato: con la fune le bloccò le braccia dietro la schiena in primo luogo e poi scese a farla passare tra le sue cosce e risalire sul ventre a cingerle il resto del busto. Con una cura che sfiorava il perverso si preoccupò che la corda le passasse sopra, sotto ed in mezzo ai seni, per poi bloccarla dietro il collo.
In quelle condizioni Jaina poteva muovere solamente le gambe.
«Lasciala in pace!» sbraitò Arthas, furioso, tentando di divincolarsi dalla stretta morsa delle corde, ma senza alcun successo. Non aveva più la forza di quando era stato il proprietario di Frostmourne e le ferite profonde sulla schiena lo mantenevano debole abbastanza da essere perfettamente controllabile.
Sylvanas gli rivolse un sorriso sghembo che non prometteva niente di buono nel mentre che le sue mani, ora entrambe libere, scendevano agli aderenti pantaloni. Li abbassò sotto lo sguardo attonito e perplesso di Arthas, fermandosi solo una volta che furono arrivati a scoprirle la metà superiore delle cosce. A quel punto prese per i capelli Jaina e sorrise mentre le affondava il viso tra le sue cosce, cogliendo completamente alla sprovvista entrambi.
Lady Proudmoore sentì l'umido tipico di chi era palesemente eccitato che le ricopriva la bocca. La pressione che la costringeva a rimanere in quella posizione la stava facendo soffocare nei ricci peli pubici dell'elfa. Tentò di ribellarsi e per contro quest'ultima la forzò ancora di più contro il suo corpo, intimandole: «Lecca, se non vuoi che torni a torturare il tuo caro Arthas!».
Jaina ripensò alla cruda scena cui aveva appena assistito e decise di assecondare la sua richiesta per non dover più assistere ad un simile spettacolo.
I muscoli del collo di Arthas si contrassero mentre lottava per liberarsi, in preda alla furia cieca: Sylvanas avrebbe pagato per quello spudorato oltraggio a Jaina.
L'elfa, vedendo l'ira deformargli il viso, si spostò in maniera tale che potesse godersi la scena da un'angolazione preferenziale ed iniziò ad emettere gemiti e mugolii. In effetti la lingua calda della donna umana era alquanto piacevole, per cui i suoi versi non erano completamente fasulli. Ogni tanto le spostava la testa perché continuasse a stimolarla nei punti giusti.
Nonostante la rabbia che cresceva tumultuosa, Arthas si ritrovò presto a dover lottare contro una distorta eccitazione che lo stava pervadendo a livello puramente fisico. Non era ancora venuto nemmeno una volta, Sylvanas era arrivata prima che potesse farlo, e vedere una cosa simile accadere tra due donne non lo lasciava del tutto indifferente.
Era dannatamente sbagliato ma non sapeva cosa farci. Ignorarlo era praticamente impossibile.
Cercò goffamente di stringere le gambe e strusciare la sua erezione contro l'interno delle cosce, distogliendo lo sguardo, accontentandosi dei mugolii di protesta di Jaina e quelli di piacere emessi da Sylvanas. Non voleva vedere la sua ragazza umiliata in quella maniera mentre lui cercava di venire ed avere un po' di sollievo. Lo faceva sentire ancora più in colpa di quanto già non fosse.
L'elfa lanciò un gridolino più acuto e sentito degli altri e Arthas capì che era appena venuta. La cosa non giovò per niente alla sua situazione.
Come chi si stanca di un vecchio giocattolo, la non-morta si staccò da Jaina spingendola supina a terra, il viso ricoperto di umori perlacei e gli occhi arrossati tipici di chi è sul punto di piangere.
L'esperienza era piaciuta moltissimo a Sylvanas in ogni senso e ora decisa a ripeterla e godersela ancora di più. Prima di farlo, tuttavia, voleva prepararsi per bene.
Sotto gli occhi dei due padroni di casa si accostò al letto disfatto, si sedette ed iniziò a spogliarsi con una certa fretta. Nel mentre il pugnale che portava appeso ai pantaloni le cadde a terra con un tonfo sordo e sparì appena sotto il letto.
Con un leggero sbuffo per il contrattempo si chinò per raccoglierlo e con le dita percepì il bordo di qualcosa di troppo grosso perché potesse trattarsi del suo pugnale. Incuriosita, afferrò l'oggetto e lo trasse fuori dal suo nascondiglio. I suoi occhi si illuminarono di stupore nel vedere di cosa si trattava: era una scatola semplice, senza orpelli e priva del coperchio. All'interno si trovava tutta una serie di oggetti di forma fallica o comunque oblunga di dimensioni piuttosto grandi e in svariati colori.
Arthas sgranò gli occhi, perplesso, spostando lo sguardo su Jaina e rimanendo in rigoroso silenzio. Era esterrefatto e non riusciva a credere che quegli oggetti fossero veramente suoi, eppure quello era il suo rifiugio segreto. Anche Sylvanas fece altrettanto ma, a differenza sua, non si peritò minimamente a commentare: «Oh, che bei giocattolini...! Ma non sono un po' grossi...?».
L'albino vide chiaramente le guance di Jaina divenire paonazze mentre distoglieva lo sguardo, incapace di ribattere alla frecciatina. Le aveva indirettamente dato della pervertita e di certo doveva vergognarsene parecchio - almeno a giudicare dalla sua espressione.
Sylvanas finì di spogliarsi e prese due oggetti a caso tra quelli a disposizione, uno rosso e l'altro viola. Erano entrambi piuttosto lunghi e spessi, senza alcuna forma specifica. Ad una estremità erano dotati di piccole cordicelle.
Attraversò la stanza, dirigendosi verso Arthas. Lo prese per le braccia - doverosamente legate dietro la schiena - e lo spinse in avanti, facendogli picchiare il mento sul pavimento. In quella posizione Jaina riusciva ad avere una panoramica molto dettagliata del sedere del suo uomo.
«Vediamo se al tuo ragazzo i tuoi giocattolini piacciono» disse, prendendo quello viola ed utilizzandolo per passare in rassegna la linea che divideva le sue natiche. Quando percepì il leggero incavo che indicava dove si trovasse l'orifizio, spinse dentro senza tanti preamboli l'oggetto.
Arthas sobbalzò e grugnì per il bruciore improvviso e il dolore atroce che ne seguì e che sembrò aumentare col passare del tempo. In un primo momento cercò di spingerlo fuori ma Sylvanas lo trattenne dove si trovava.
Con uno scarto di pochi secondi, il corpo estraneo iniziò a vibrare forsennatamente nel suo didietro e la sua vittima, di nuovo, manifestò apertamente la sua sofferenza: si sentiva come se quel dannato aggeggio stesse scavando dentro di lui.
«Che... ah!... stai facendo?!» domandò stizzito, ma l'attenzione della sua aguzzina era rivolta ad altro.
«Vibratori magici...! Ti avevo sottovalutata...!» asserì Sylvanas, e la nota di compiacimento nella sua voce fu palese a tutti gli ascoltatori.
Dalla posizione in cui si trovava, quest'ultima poté vedere quello che era inequivocabilmente sangue che si affacciava dall'orifizio della sua vittima.
«Con tutti i giocattoli che tenevi nascosti sotto il letto non posso credere che il culetto del tuo amato fosse ancora vergine!» commentò rivolgendosi a Jaina, scostandosi leggermente in maniera tale che anche la maga potesse vedere.
Nel suo sguardo smarrito e agonizzante apparve un nuovo velo di terrore.
Un rivoletto di sangue scese costeggiando il margine della natica sinistra, diretto alla base dello scroto di Arthas.
Sylvanas si mise carponi e leccò via il sangue, risalendo il suo percorso diretta all'origine, lentamente. Deviò improvvisamente alla fine per andare ad affondare i denti nella chiappa sinistra dell'albino, proprio al centro.
Il morso strappò un mugugno di sorpresa e sofferenza al proprietario del fondoschiena brutalmente aggredito.
L'ex Re dei Lich digrignò i denti sempre di più man mano che le fauci di Sylvanas si stringevano e succhiavano, come se volesse veramente strappargli via un pezzo di carne.
La morsa era atroce, anche se non arrivava ad eguagliare il dolore che pulsava ancora intenso all'interno.
Così come era iniziato il dolore cessò bruscamente e Arthas percepì l'umida lingua della sua aguzzina che lambiva la zona che aveva massacrato.
Gemiti di sollievo fuoriuscirono dalle sue labbra senza che lui riuscisse a frenarsi ma ben presto tornarono a tramutarsi in versi d'agonia, poiché un solo morso non sembrava essere bastato a Sylvanas.
Dopo quella che ad Arthas parve almeno un'ora di intensa tortura, l'albino sentì entrare anche l'altro vibratore, che si accese anch'esso dopo poco. Per infilarlo Sylvanas fece molta più di fatica rispetto a prima: il sedere dell'uomo non era mai stato profanato fino ad allora e, senza un'adeguata preparazione, così come non era pronto ad accogliere un vibratore, a maggior ragione non era il grado di accoglierne ben due, per di più di quelle dimensioni. Ciononostante, forzando e premendo fino a che Arthas non arrivò a temere di aprirsi letteralmente in due, riuscì nell'impresa.
Sylvanas premette sulle sue natiche, stringendole sui vibratori perché ne percepisse meglio la presenza. Era così divertente farlo soffrire in quella maniera.
Senza alcun preavviso lo afferrò per una spalla e lo ribaltò, stendendolo supino sul pavimento. All'impatto le ferite ancora aperte sulla schiena di Arthas sfregarono sulle assi di legno e lui si contorse leggermente, il respiro che fuoriusciva sibilando tra i denti serrati.
Il suo pene era ancora eretto e a quanto pareva l'ingombrante presenza dei vibratori nel suo corpo, nonostante fosse dolorosa, stava anche premendo in punti che Arthas nemmeno pensava di avere e che lo stimolavano in maniera inaspettatamente positiva.
A quel punto l'elfa si recò da Jaina, la sollevò in piedi e la scortò fino dal suo partner, spingendola seduta sul suo inguine, poco sotto l'erezione. Con gesti tutt'altro che garbati afferrò il pene di Arthas e lo costrinse ad entrare nel corpo di Jaina, la quale non poté non reprimere un gemito misto di dolore e piacere: era ancora umida ma non abbastanza da essere penetrata senza soffrirne. Sylvanas sistemò la ragazza in maniera tale che i due potessero copulare senza troppi problemi.
«Ti avverto, Arthas Menethil, fai del tuo meglio perché altrimenti sarà la tua dolce metà a pagare per te» minacciò l'elfa prima di sedersi sulla sua faccia, posizionandosi in maniera che arrivasse agevolmente al clitoride con la lingua.
Ad Arthas piaceva il calore emanato dal corpo di Jaina ed era duro da così tanto tempo che aveva disperatamente bisogno di venire; così dovette accettare suo malgrado le condizioni imposte dalla sua aguzzina e mettersi al lavoro.
Il dolore alla schiena raggiunse picchi vertiginosi mentre vi faceva leva per spingersi nel corpo di Jaina, la quale finì con l'assecondarlo spinta più che altro dal desiderio di farlo venire. Il fatto che stesse contemporaneamente leccando Sylvanas e le stesse concedendo lo stesso piacere che lei aveva sperimentato tante volte in passato la disgustava, specialmente dopo essere stata costretta a farlo lei stessa.
L'elfa mugolava, appagata, e Jaina non riusciva a non unirsi a lei coi suoi gemiti.
Le mani di Sylvanas andarono a palparle i seni, stringendole i capezzoli prima tra le dita e poi con le labbra. Le morse anche la carne chiara e morbida e Jaina ansimò pesantemente.
Il dolore ed il piacere si fondevano in Arthas, dandogli una poderosa spinta nella ricerca dell'orgasmo. Ogni tanto uno spasmo lo scuoteva, quando le ferite dorsali grattavano troppo contro il pavimento.
L'abbraccio carnale di Jaina era bellissimo nonostante la situazione e desiderava contraccambiare quella sensazione dandole piacere al massimo delle sue possibilità.
Jaina venne per prima, rovesciando la testa all'indietro e liberando un gridolino di sollievo; ciononostante, Arthas non si fermò e neppure Sylvanas.
Ai mugolii estatici della maga si alternarono gemiti di dolore per il trattamento che l'elfa riservò con sempre maggior enfasi ai suoi seni.
Arthas non poteva intervenire se non tentando di mitigare il suo dolore col piacere.
Dopo svariati minuti finalmente venne anche lui, grugnendo soddisfatto tra le cosce di Sylvanas ed eiaculando dentro Jaina, la quale venne ancora una volta come per riflesso condizionato.
L'elfa continuò ad agitarsi sopra di lui, incitandolo a proseguire.
Arthas iniziava ad essere parecchio sensibile; ciononostante i vibratori affondati in lui lo mantenevano duro, permettendogli di andare avanti.
Gli orgasmi di Jaina si fecero più frequenti, quasi continui, ed il piacere che provava era talmente forte che arrivò al punto di implorare che Arthas si fermasse. Il dolore che le davano le brutali attenzioni di Sylvanas era ormai relegato ad una sensazione secondaria.
Arthas riusciva a muoversi più agilmente dentro e fuori il corpo di Jaina grazie all'abbondanza di lubrificante che gli stava fornendo, godendo maggiormente nell'affondare in lei quasi scivolandole dentro. Gli occorse un po' ma venne una seconda volta.
Iniziava ad avere male alla lingua per il prolungato utilizzo quando udì un poderoso gemito fuoriuscire dalla gola di Sylvanas ed una maggiore quantità di umori inondarlo letteralmente.
S'impegnò nel leccarli via tutti, trovando così definitiva conferma al fatto che il sapore non fosse gradevole come quello di Jaina. Probabilmente era dovuto al fatto che il corpo di Sylvanas era morto; tuttavia non poteva avere l'assoluta certezza che il problema fosse quello perché era la prima non-morta con cui faceva una cosa del genere.
Dopo quell'orgasmo ne seguirono altri - Arthas non si stava preoccupando troppo di contarli - fino a che Sylvanas decise che aveva goduto abbastanza e si alzò in piedi. Passò di fianco a Jaina e le sbatté il pube in faccia un'altra volta, ammonendola di pulire bene, cosa che la poveretta non poté rifiutarsi di fare. Rischiò di soffocare un paio di volte per la sventurata congiunzione tra la richiesta di Sylvanas e ciò che Arthas stava ancora facendo.
Una volta terminato, l'elfa si rivestì tanto in fretta quanto si era spogliata e tornò dalle sue due vittime. Estrasse il suo pugnale intriso di veleno e lo conficcò prima nella spalla di Arthas e poi in quella di Jaina, senza spingersi così a fondo da causare né ferite gravi né tantomeno mortali.
Entrambi iniziarono a sentire gli arti formicolare e poi i muscoli irrigidirsi e rifiutarsi di rispondere ai loro comandi; cosicché rimasero bloccati nella posizione in cui si trovavano.
I vibratori nel fondoschiena dell'albino continuavano ad andare e adesso che lui era totalmente incapace di muoversi riusciva a sentire il dolore fin troppo chiaramente. Non era più intenso come quando Sylvanas glieli aveva infilati dentro con la forza, però era ugualmente forte il suo desiderio di toglierli - anche se presupponeva che pure sfilarli gli sarebbe costato una buona dose di sofferenza.
Si chiese se nei giorni seguenti sarebbe stato in grado di stare seduto ma poi relegò il quesito nei meandri della sua mente dove era solito spedire i pensieri molesti.
Jaina avrebbe voluto continuare a gemere ma i muscoli della faccia si rifiutavano di obbedirle, come tutti gli altri: anche se Arthas era immobilizzato, i vibratori stavano facendo muovere passivamente la sua erezione. Era un moto debole ma sufficiente perché lei lo percepisse ed era una tortura.
Era ancora troppo sensibile perché potesse rimanervi indifferente.
Lady Windrunner li osservò sogghignando compiaciuta.
«La paralisi durerà almeno un'ora...» comunicò loro con estrema soddisfazione «Una volta svanito l'effetto non provate a scappare perché vi troverò, come ho fatto oggi!» dichiarò con foga.
Arthas e Jaina riuscirono solamente a scambiarsi un'occhiata preoccupata: quelle parole non erano solamente una minaccia. In esse si celava una condanna che andava ben oltre ciò che avevano dovuto patire quel giorno.
Li aveva lasciati in vita per uno scopo e, alla luce di quanto successo e di quanto aveva appena detto, non era difficile immaginare che volesse tornare a tormentarli: dopotutto, aveva giurato che avrebbe reso ad Arthas lo stesso tormento cui lui l'aveva condannata. Di certo per restituire un torto come la condanna a rimanere ancorata al mondo dei vivi senza di fatto esserlo avrebbe avuto bisogno di torturarlo a lungo - e dalla sua aveva senz'altro molto tempo per dilettarsi in tal senso.
L'orribile sensazione di aver scavato la proverbiale fossa non solo a se stesso ma anche alla sua amata Jaina serpeggiò nell'animo del decaduto Re dei Lich, che sarebbe rabbrividito se solo ne fosse stato in grado.
Sylvanas volse loro le spalle, ridendo sommessamente mentre usciva dalla casetta. Mentre si allontanava non riusciva a non pensare a quanto aveva fatto e compiacersene. Aveva sempre pensato alla sua vendetta su Arthas come qualcosa di crudo e violento che le avrebbe dato piacere soltanto a livello emotivo; invece in quel modo non solo aveva soddisfatto almeno temporaneamente la sua profonda ed incolmabile sete di vendetta ma si era sentita anche fisicamente appagata.
Sulle sue labbra nacque l'ombra di un sorriso mentre la sua mente iniziava a macchinare nuovi stratagemmi per quando sarebbe tornata a far visita ad Arthas e alla sua compagna, ai suoi occhi colpevole tanto quanto lui solo per il fatto di provare amore nei suoi confronti.
«Questo era solo l'inizio della mia giusta vendetta...!».