fiamma_drakon: (America)
fiamma_drakon ([personal profile] fiamma_drakon) wrote2011-05-31 03:48 pm

"Che cosa state facendo?"

Titolo: "Che cosa state facendo?"
Rating: Giallo
Genere: Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra), Francis Bonnefoy (Francia), Matthew Williams (Canada)
Wordcount: 1112 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Note: accenni a Self!love, Shonen-ai. Scritta per [livejournal.com profile] mmom_italia
«Non senti niente?».
Matthew, stupito, tese subito l'orecchio, riuscendo a cogliere nel silenzio un rumore, proveniente dall'altra parte della porta. Immediatamente assunse un'espressione spaventata, avvicinandosi all'altro, stringendosi vicino a lui, quasi volesse usarlo come riparo.
«Che cos'è...?».



Sera.
In casa, tutte le luci lungo i corridoi erano accese, cosicché i due bambini che scorrazzavano liberi ed indisturbati attraverso le varie stanze potessero giocare senza nessuna limitazione dettata dal buio.
«Ihih, prendilo!»
«America aspettami...!»
«Forza, Canada! Corri più svelto!»
«Aspettami...!».
Il piccolo Canada arrancava sfinito lungo il corridoio, cercando di raggiungere America, che sfrecciava in giro come un pazzo, ridendo.
Matthew non era un tipo molto atletico o veloce, contrariamente ad Alfred.
«Canada, forza!» esclamò, schizzando letteralmente al capo estremo del corridoio, dove c'era la camera dei "fratelloni" - come li chiamavano loro - Francia e Inghilterra.
Ambedue i piccoli erano già in pigiama: il giovane americano ne indossava uno blu, mentre il canadese bianco con le maniche rosse.
Alfred fece per chiamare nuovamente Matthew, quando udì qualcosa di strano provenire da oltre l'uscio alle sue spalle. Era un rumore basso e cadenzato, come se seguisse un ritmo di sottofondo che lui non riusciva a sentire.
Ogni tanto udiva anche una sorta d'impennata del rumore che lo incuriosiva ancora di più.
Canada, senza fiato, in quel momento lo raggiunse. Era tutto rosso in viso, accaldato e sembrava sul punto di collassare.
Si aggrappò alla spalla di Alfred e cercò di togliergli di mano il pupazzo che gli aveva preso.
«Am...»
«Shht!».
America gli fece cenno di star zitto, poi sussurrò in un soffio: «Non senti niente?».
Matthew, stupito, tese subito l'orecchio, riuscendo a cogliere nel silenzio un rumore, proveniente dall'altra parte della porta. Immediatamente assunse un'espressione spaventata, avvicinandosi all'altro, stringendosi vicino a lui, quasi volesse usarlo come riparo.
«Che cos'è...?» bisbigliò terrorizzato, anche se, con la voce già di per sé esile che si ritrovava, il suo sussurro si riduceva a qualcosa di a stento udibile.
Per fortuna Alfred si era abituato a cogliere la sua sottilissima voce.
«Non lo so, ma viene dalla camera di Inghilterra e Francia...» disse, lasciando trapelare un forte desiderio di aprire e sbirciare all'interno: era sempre stato molto curioso.
America scrutò l’uscio con uno scintillio negli occhi che Canada conosceva bene e che sapeva per esperienza non significare niente di buono - e in quel caso sospettava anche che cosa stesse per fare.
«No, America... non farlo! E se si arrabbiano?».
Matthew aveva paura di vedere Francis arrabbiato con lui: diventava intrattabile e lo sgridava senza alcun garbo. In una parola, era spaventoso.
«Non succederà niente, vedrai!» gli sussurrò America in tono allegro e rassicurante. Lui non aveva paura di Inghilterra: non si arrabbiava mai veramente con lui.
Un gentiluomo come Arthur era difficile che andasse davvero su tutte le furie.
Alfred posò una mano sul pomello della porta e spinse leggermente, trovandola inaspettatamente aperta.
Il fascio di luce proveniente dal lampadario del corridoio entrò dalla soglia, illuminando solo in parte la stanza, ma fu sufficiente.
I due bambini rimasero ad osservare attoniti le due figure che, nell'angolo opposto della camera, si stagliavano distintamente nella luce.
La prima persona su cui i loro occhi si posarono fu Francia, di profilo e piegato lievemente in avanti, una mano in vista e l'altra appoggiata sulla coscia di Inghilterra. Quest'ultimo era adagiato supino sul letto, le gambe allargate a circondare quelle di Francis.
Arthur era semisvestito ed i pantaloni del suo pigiama erano lievemente calati e lasciavano vedere il bordo delle mutande.
Francia, invece, era in boxer. Sulla mano visibile, Alfred scorse qualcosa che sembrava essere un liquido viscoso.
Sul viso del francese, girato verso la porta, era dipinta un'espressione stupita, mentre lo sguardo di Arthur era perlopiù scioccato - e Canada poté giurare che in esso ci fosse anche una traccia di una stanchezza diversa da quella normale.
«Canada...? America...?».
Inghilterra trovò la forza per dire qualcosa e rompere il silenzio.
«Cosa ci fate qui?»
«Che cosa state facendo?».
America pose con tenerezza ed innocenza infinite la più ostica delle domande che potevano essere fatte in un momento del genere.
Inghilterra avvampò e Francia cominciò a balbettare convulsamente qualcosa di simile a delle scuse - per cosa, i due bambini non ne avevano la più pallida idea.
«È un gioco nuovo...?» domandò timidamente Matthew, facendo capolino da dietro Alfred.
«Assolutamente no!» sbottò Inghilterra, sconvolto, mettendosi seduto di scatto, ma a guardare i volti dei due capì subito di aver solo peggiorato la situazione.
«E allora cosa facevate...?»
«Ecco, noi...».
Inghilterra non sapeva che cosa inventarsi: in quel momento odiava con tutta l'anima Francia per aver cominciato tutto ciò che era accaduto lì dentro all'improvviso, dimenticandosi oltretutto la porta aperta.
America e Canada erano ancora due bambini. Non dovevano venire a sapere di certe cose, alla loro età.
«N-noi... stavamo parlando!» mentì Francia.
«Discutendo!» lo corresse Arthur, alzandosi.
«Avete litigato?» domandò Matthew, incuriosito.
«Esatto! Non è vero, Francia?».
L'imbarazzo ed il nervosismo permeavano ogni fibra del corpo dell'inglese, che in cuor suo pregava che ci credessero.
«Sì, è così! Ma non preoccupatevi. Abbiamo risolto tutto!» rispose, fingendo una calma ed un'allegria che in realtà non sentiva affatto.
Canada sbadigliò e Francis ne approfittò subito: «Forza, è l'ora di andare a letto. Avanti, andate!».
«Uffa, ma non è giusto!» si lamentò Alfred, che non sentiva affatto la stanchezza.
«Avanti, a dormire!» si aggiunse Inghilterra, fermo.
America sospirò, rassegnato.
«E va bene, andiamo» disse, gonfiando indispettito le guance, voltandosi per uscire.
Prese per mano Canada - che si stropicciava assonnato gli occhi - e lo condusse fuori, accostando l'uscio dietro di sé con un basso ed offeso: «'Notte...!».
«'Notte!» replicarono in coro gli altri due, fingendo un tono allegro.
Seguì un momento di silenzio teso, come se ambedue si aspettassero un ritorno da parte dei piccolo da un momento all’altro.
Dopo qualche minuto Inghilterra rilassò i muscoli delle spalle, tirando un sospiro di sollievo.
«Sono andati...» confermò Francia, sollevato «Credevo sarebbero rimasti...».
«È colpa tua che non hai chiuso la porta!» lo rimproverò Arthur con fervore, allungandosi sul letto per accendere la luce sul comodino.
Il fascio luminoso gli investì il viso, permettendo a Francis di vedere l’espressione adirata che si era dipinta sul suo volto.
«Non avevo idea che sarebbero potuti venire... proprio ora oltretutto!» cercò di giustificarsi il francese, stringendosi nelle spalle.
«Però avresti dovuto almeno contemplare la possibilità che venissero!».
Inghilterra sembrava decisamente arrabbiato.
«Hanno creduto che avessimo semplicemente discusso, dov’è il problema?».
Arthur scrollò le spalle, irritato.
«Non è questo il punto. Sono ancora piccoli e non devono saperlo!»
«Non se ne faranno un problema...» replicò Bonnefoy in tono superficiale.
«Ora no, ma forse tra un paio di anni sì!».
L’inglese sbuffò, sdraiandosi.
Francis montò carponi sul letto, affiancandoglisi.
«Sei una mamma troppo apprensiva...» gli sussurrò all’orecchio, carezzandogli i capelli.
Fu colpito da una cuscinata sulla testa.
«Non sono la loro madre!» sbottò Inghilterra, rimettendosi seduto.
«Okay, come sei permaloso...!»
«Tsk!» sbuffò Kirkland «Si è fatto tardi. È meglio se andiamo a dormire anche noi».
Con ciò, si alzò e fece il giro del materasso, tirando le lenzuola ed infilandocisi sotto.
Francia storse la bocca, deluso che il divertimento fosse già finito: sperava che continuassero ancora per un po’. Comunque, lo assecondò, anche se controvoglia, coricandosi accanto a lui.
«’Notte...» sussurrò Arthur in tono sbrigativo, girandosi a dargli le spalle.
«’Notte...» rispose Francis più lentamente, affranto.