fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2011-06-10 02:42 pm
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Imprevisti... scottanti
Titolo: Imprevisti... scottanti
Rating: Arancione
Genere: Erotico
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Matthew Williams (Canada)
Wordcount: 1580 (
fiumidiparole)
Prompt: 25 Senses: Taste / 014. Hot Coffee @
kinks_pervs
Note: Yaoi
Nel silenzio tombale che regnava nella stanza, America udì distintamente il debole battere sull'anta della porta.
Senza che lui dicesse niente, l'uscio si schiuse e fece capolino Canada.
«Ohoh! Canada!» esclamò America allegro, vedendolo entrare, se non altro perché così aveva una scusa per distrarsi dal lavoro almeno per qualche minuto.
"Alla gentile attenzione del Presidente degli Stati Uniti...".
Ad America cominciavano ad incrociarsi gli occhi, mentre si sforzava di continuare a leggere quei noiosissimi documenti che il suo superiore gli aveva affibbiato prima di partire verso una destinazione che aveva omesso di menzionargli.
Alfred non era abituato a leggere cose che fossero più impegnative dei fumetti e non aveva certamente intenzione di abituarcisi ora.
Poggiò il foglio sulla scrivania e si strofinò gli occhi, sollevando con le dita gli occhiali, in un moto di palese mal sopportazione, poi sbadigliò molto poco educatamente, senza nemmeno prendersi la briga di metter la mano davanti alla bocca, visto che non c'era nessuno che guardasse.
Lanciò un'occhiata di sbieco all'orologio da polso, non sorprendendosi di riscontrare la sua spossatezza nell'ora indicata dalle lancette: erano le nove e mezza di sera.
Gli occhi gli bruciavano tanto aveva letto ed il cervello desiderava trovare un riparo sicuro e lontano da quelle diaboliche scartoffie che ingombravano la sua scrivania.
America si addossò contro lo schienale della poltroncina, socchiudendo gli occhi: quanto avrebbe desiderato poter lasciare quella noia e andare in soggiorno. Avrebbe tanto voluto passare quella gelida notte invernale raggomitolato in una coperta col suo caldo pullover azzurro a giocare ad uno dei suoi nuovi videogiochi - piuttosto che davanti ad una scrivania a leggere migliaia di lettere indirizzate al suo superiore.
Oltretutto, non era neppure solo in casa...
Tock, tock!
Nel silenzio tombale che regnava nella stanza, America udì distintamente il debole battere sull'anta della porta.
Senza che lui dicesse niente, l'uscio si schiuse e fece capolino Canada.
«Ohoh! Canada!» esclamò America allegro, vedendolo entrare, se non altro perché così aveva una scusa per distrarsi dal lavoro almeno per qualche minuto.
Canada si era offerto di rimanere con lui fino a quando non avesse finito, ma si era prestato perché desiderava passare del tempo da solo con Alfred. Anche se alla luce del giorno non faceva altro che creargli problemi, Matthew provava qualcosa di forte nei suoi confronti - fatto di cui America era a conoscenza e sentimento che ricambiava.
Il ragazzo entrò nella stanza con la timidezza che era propria del suo carattere, portando un piccolo vassoio con una tazza di porcellana da cui s'innalzava un piccolo pennacchio di fumo.
Alfred ne riconobbe il contenuto dal tipico odore che si sparse istantaneamente nell'aria.
«Ti ho portato del caffè» confermò il canadese un momento più tardi, avvicinandosi alla scrivania.
«Grazie, Canada» esclamò l'americano, felice: una tazza di caffè era proprio quello di cui aveva bisogno per rimanere ben sveglio.
Si alzò dalla sua postazione con un impeto allegro ed abbastanza violento proprio nel momento in cui il canadese gli posava davanti il vassoio. Lo urtò inavvertitamente con la mano, rovesciandolo all'indietro, addosso a Matthew.
Il poveretto lanciò un grido di dolore quando la bevanda gli cadde sui vestiti, bruciandolo.
America lo guardò.
«Ops. Scusa...!» fece, alzandosi ed arrivandogli davanti in un lampo, contemplando il disastro: il caffè aveva macchiato il bordo inferiore della camicia ed il cavallo dei pantaloni dal lato destro, schizzando in parte anche la coscia.
America rimase in silenzio ancora per un po', senza badare alle lacrime di dolore che cominciavano ad affacciarsi negli occhi di Canada, poi con tutta la naturalezza del mondo gli posò le mani sul petto e cominciò ad aprirgli la camicia.
Matthew tremò sotto le sue dita e lo guardò a propria volta con l'espressione di un cucciolo bastonato.
«Cosa stai facendo?» domandò flebilmente.
«Ti tolgo i vestiti: il caffè bruciava» disse l'altro, con totale innocenza.
Canada arrossì, mentre le dita dell'americano scendevano lungo il suo petto per aprire i bottoni.
Aveva desiderato da tanto tempo che quelle stesse mani lo toccassero, ma in altri posti ed in altri modi. Ciononostante, il suo corpo rispondeva al contatto con fremiti diffusi.
Alfred si liberò della camicia lasciandola cadere sul pavimento, quindi si inginocchiò, il livello degli occhi che arrivava all'inguine dell'altro, per poter avere meglio accesso ai pantaloni.
Slacciò la cintura del canadese, aprì la zip e cominciò ad abbassarli. Benché gli piacesse, Alfred non era intenzionato a fare niente di poco canonico in un posto tetro come il suo studio.
Matthew faceva del suo meglio per resistere all'impulso di natura sessuale che sentiva crescere dentro e rendeva le azioni di America un vero e proprio supplizio.
Alfred non toccava le sue gambe nella parte interna delle cosce, ma ugualmente Canada percepiva un trasporto verso di lui estremamente difficile da reprimere.
Il tessuto scivolò sulle sue gambe ed il calore ustionante del caffè se ne andò, dando un istantaneo sollievo alla vittima, la quale osservava il viso dell'altro seguire i movimenti dei pantaloni, pian piano che li abbassava.
Era così innocente...
Nel fissarlo sentì il bisogno di toccarlo, di dimostrare d'essere uomo e di essere capace anche lui di fare la prima mossa.
Così si sottrasse alle mani dell'americano, piegandosi ed inginocchiandosi davanti a lui, i pantaloni scesi solo fino alle ginocchia.
«America...» sussurrò, appoggiandosi contro il suo petto, posandogli il capo sulla spalla.
Alfred sbatté le palpebre, stupito.
«Canada?!».
Il canadese allungò il collo in modo da raggiungere la sua bocca, catturandola in un bacio languido e pieno d'emozione.
Alfred si staccò dopo appena pochi istanti, guardandolo.
«N-non vorrai... farlo qui?!» domandò, già nel panico.
«America... andiamo in camera...?» lo supplicò Matthew in risposta, guardandolo dal basso, riuscendo a calmarlo subito con il suo candido tono di voce dolce e leggero.
Lo baciò un'altra volta e America lo lasciò fare: dopotutto, un bacio non era niente di particolarmente... approfondito.
Alla fine, Alfred cedette e, trasportato dall'atmosfera, lo abbracciò, alzandolo.
«Andiamo...? Il mio caffè è rimasto di là...» mormorò Matthew con voce vagamente femminile, cingendolo ai fianchi, tentandolo con la bevanda che tanto gli piaceva.
Era così contento di poter stare così vicino a lui...
L'americano sentiva il peso dell'impulso che cominciava ad affiorargli in petto: Canada si era offerto per primo ed era da tanto tempo che non lo facevano più.
La voglia di lussuria si riaccese in lui con la forza di un incendio, facendogli desiderare d'essere già arrivati in camera sua.
Nel frattanto, si piegò a dare un bacio decisamente poco casto al compagno, che fra sé e sé esultò, al settimo cielo. «D’accordo...» gli sussurrò a fior di labbra, eccitandolo.
Pochi minuti più tardi giunsero alla camera di America, nella quale entrarono con trepidazione.
Sul comò vicino al letto era appoggiato un piattino con una tazzina da cui salivano ancora viluppi di fumo.
Canada andò a sedersi sul bordo del materasso, osservando l'altro mentre si toglieva uno strato alla volta di vestiario, cominciando dal suo immancabile giubbotto da aviatore.
Lo lasciò cadere sul pavimento, poi cominciò a slacciare la cintura ed aprirsi la giacca dell'uniforme.
Si spogliò nell'avanzare, offrendosi alle analisi approfondite dello sguardo del canadese, che percorreva il suo corpo da capo a piedi, in trepida attesa.
Quando Alfred arrivò al letto, non c'era più niente che gli coprisse il corpo.
Posò una mano sul petto di Canada, spingendolo steso sul letto, abbassandogli i boxer con movimenti sensuali.
Si allungò verso il comò e prese la tazza di caffè, bevendone un sorso, quasi bruciandosi: era ancora straordinariamente caldo.
Anche se un po' dolorosamente, lo tenne in bocca, senza inghiottirlo, poi si piegò su Matthew e lo baciò, schiudendo le labbra e riversandogli la bevanda in bocca.
Il canadese poco mancò che si strozzasse con il caffè, tossendo, sputacchiandone un po', lasciando che una piccola parte di esso gli scivolasse lungo le guance.
America gli leccò i rivoli di caffè, poi prese un altro sorso della bevanda e stavolta fu lui a versarselo in parte addosso, attirando a sé Matthew, che gli leccò il collo, scendendo giù lungo il petto.
Alfred lo baciò di nuovo, cominciando a strusciarsi contro il suo inguine, eccitandolo ed eccitandosi senza dare niente a nessuno. Un'attesa dolorosa d'un piacere che era negato ad entrambi, anche se non ancora per molto.
Si abbracciarono e si stesero l'uno di fianco all'altro, poi Canada si mise bocconi, girando il capo a guardare il partner con aspettativa struggente.
«America... fallo...» sussurrò.
Il biondo non si fece pregare una seconda volta: montò a cavallo sul suo bacino ed entrò in lui.
Matthew emise un sospiro nel sentirlo entrare e cominciare languidamente a penetrarlo con lenti movimenti del bacino.
Era talmente piacevole sentire la sua presenza in sé da strappargli ansimi piuttosto forti.
Alfred, per parte sua, era estremamente soddisfatto: era da così tanto tempo che non provava più quel genere di piacere. Era bello tornare a certi tipi di divertimenti, almeno una volta ogni tanto.
Canada allungò la mano verso il comò e prese la tazzina di caffè, rovesciandone il poco contenuto rimasto sulla sua schiena. La bevanda non era più bollente, ma a malapena tiepida, per sua fortuna.
I rivoli scuri rotolarono lungo la sua pelle, diradandosi su di essa come una ragnatela, cadendo in piccola parte anche sul lenzuolo.
L'americano si piegò su di lui ed iniziò a leccare il caffè con movimenti deliberatamente lenti e provocatori.
Canada sospiro più forte sentendo la sua lingua strisciare sul suo corpo, tergere il caffè e risalire sempre più su, finché non la sentì danzare e rallentare alla base del suo collo.
Da lì si sollevò e sentì la sua guancia strusciare contro il lato del suo capo, come se volesse arrivare più in là.
D'istinto Matthew voltò il capo, cercando le labbra dell'altro, il quale lo baciò con trasporto e passione.
America venne dentro Canada mentre ancora si baciavano. Matthew premette con più forza la bocca contro la sua ed Alfred gli infilò la lingua tra le labbra, incontrando la sua, danzando l’una con l’altra.
Quando finalmente si separarono, i due si fissarono negli occhi con sguardo complice, poi Alfred gli morse il lobo di un orecchio.
«America...» sussurrò languido il canadese.
«Canada...» mormorò in risposta l'altro, stirando le labbra in un sorriso.
«Perché non mi prepari un altro caffè...?».
Rating: Arancione
Genere: Erotico
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Matthew Williams (Canada)
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Prompt: 25 Senses: Taste / 014. Hot Coffee @
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Note: Yaoi
Nel silenzio tombale che regnava nella stanza, America udì distintamente il debole battere sull'anta della porta.
Senza che lui dicesse niente, l'uscio si schiuse e fece capolino Canada.
«Ohoh! Canada!» esclamò America allegro, vedendolo entrare, se non altro perché così aveva una scusa per distrarsi dal lavoro almeno per qualche minuto.
"Alla gentile attenzione del Presidente degli Stati Uniti...".
Ad America cominciavano ad incrociarsi gli occhi, mentre si sforzava di continuare a leggere quei noiosissimi documenti che il suo superiore gli aveva affibbiato prima di partire verso una destinazione che aveva omesso di menzionargli.
Alfred non era abituato a leggere cose che fossero più impegnative dei fumetti e non aveva certamente intenzione di abituarcisi ora.
Poggiò il foglio sulla scrivania e si strofinò gli occhi, sollevando con le dita gli occhiali, in un moto di palese mal sopportazione, poi sbadigliò molto poco educatamente, senza nemmeno prendersi la briga di metter la mano davanti alla bocca, visto che non c'era nessuno che guardasse.
Lanciò un'occhiata di sbieco all'orologio da polso, non sorprendendosi di riscontrare la sua spossatezza nell'ora indicata dalle lancette: erano le nove e mezza di sera.
Gli occhi gli bruciavano tanto aveva letto ed il cervello desiderava trovare un riparo sicuro e lontano da quelle diaboliche scartoffie che ingombravano la sua scrivania.
America si addossò contro lo schienale della poltroncina, socchiudendo gli occhi: quanto avrebbe desiderato poter lasciare quella noia e andare in soggiorno. Avrebbe tanto voluto passare quella gelida notte invernale raggomitolato in una coperta col suo caldo pullover azzurro a giocare ad uno dei suoi nuovi videogiochi - piuttosto che davanti ad una scrivania a leggere migliaia di lettere indirizzate al suo superiore.
Oltretutto, non era neppure solo in casa...
Tock, tock!
Nel silenzio tombale che regnava nella stanza, America udì distintamente il debole battere sull'anta della porta.
Senza che lui dicesse niente, l'uscio si schiuse e fece capolino Canada.
«Ohoh! Canada!» esclamò America allegro, vedendolo entrare, se non altro perché così aveva una scusa per distrarsi dal lavoro almeno per qualche minuto.
Canada si era offerto di rimanere con lui fino a quando non avesse finito, ma si era prestato perché desiderava passare del tempo da solo con Alfred. Anche se alla luce del giorno non faceva altro che creargli problemi, Matthew provava qualcosa di forte nei suoi confronti - fatto di cui America era a conoscenza e sentimento che ricambiava.
Il ragazzo entrò nella stanza con la timidezza che era propria del suo carattere, portando un piccolo vassoio con una tazza di porcellana da cui s'innalzava un piccolo pennacchio di fumo.
Alfred ne riconobbe il contenuto dal tipico odore che si sparse istantaneamente nell'aria.
«Ti ho portato del caffè» confermò il canadese un momento più tardi, avvicinandosi alla scrivania.
«Grazie, Canada» esclamò l'americano, felice: una tazza di caffè era proprio quello di cui aveva bisogno per rimanere ben sveglio.
Si alzò dalla sua postazione con un impeto allegro ed abbastanza violento proprio nel momento in cui il canadese gli posava davanti il vassoio. Lo urtò inavvertitamente con la mano, rovesciandolo all'indietro, addosso a Matthew.
Il poveretto lanciò un grido di dolore quando la bevanda gli cadde sui vestiti, bruciandolo.
America lo guardò.
«Ops. Scusa...!» fece, alzandosi ed arrivandogli davanti in un lampo, contemplando il disastro: il caffè aveva macchiato il bordo inferiore della camicia ed il cavallo dei pantaloni dal lato destro, schizzando in parte anche la coscia.
America rimase in silenzio ancora per un po', senza badare alle lacrime di dolore che cominciavano ad affacciarsi negli occhi di Canada, poi con tutta la naturalezza del mondo gli posò le mani sul petto e cominciò ad aprirgli la camicia.
Matthew tremò sotto le sue dita e lo guardò a propria volta con l'espressione di un cucciolo bastonato.
«Cosa stai facendo?» domandò flebilmente.
«Ti tolgo i vestiti: il caffè bruciava» disse l'altro, con totale innocenza.
Canada arrossì, mentre le dita dell'americano scendevano lungo il suo petto per aprire i bottoni.
Aveva desiderato da tanto tempo che quelle stesse mani lo toccassero, ma in altri posti ed in altri modi. Ciononostante, il suo corpo rispondeva al contatto con fremiti diffusi.
Alfred si liberò della camicia lasciandola cadere sul pavimento, quindi si inginocchiò, il livello degli occhi che arrivava all'inguine dell'altro, per poter avere meglio accesso ai pantaloni.
Slacciò la cintura del canadese, aprì la zip e cominciò ad abbassarli. Benché gli piacesse, Alfred non era intenzionato a fare niente di poco canonico in un posto tetro come il suo studio.
Matthew faceva del suo meglio per resistere all'impulso di natura sessuale che sentiva crescere dentro e rendeva le azioni di America un vero e proprio supplizio.
Alfred non toccava le sue gambe nella parte interna delle cosce, ma ugualmente Canada percepiva un trasporto verso di lui estremamente difficile da reprimere.
Il tessuto scivolò sulle sue gambe ed il calore ustionante del caffè se ne andò, dando un istantaneo sollievo alla vittima, la quale osservava il viso dell'altro seguire i movimenti dei pantaloni, pian piano che li abbassava.
Era così innocente...
Nel fissarlo sentì il bisogno di toccarlo, di dimostrare d'essere uomo e di essere capace anche lui di fare la prima mossa.
Così si sottrasse alle mani dell'americano, piegandosi ed inginocchiandosi davanti a lui, i pantaloni scesi solo fino alle ginocchia.
«America...» sussurrò, appoggiandosi contro il suo petto, posandogli il capo sulla spalla.
Alfred sbatté le palpebre, stupito.
«Canada?!».
Il canadese allungò il collo in modo da raggiungere la sua bocca, catturandola in un bacio languido e pieno d'emozione.
Alfred si staccò dopo appena pochi istanti, guardandolo.
«N-non vorrai... farlo qui?!» domandò, già nel panico.
«America... andiamo in camera...?» lo supplicò Matthew in risposta, guardandolo dal basso, riuscendo a calmarlo subito con il suo candido tono di voce dolce e leggero.
Lo baciò un'altra volta e America lo lasciò fare: dopotutto, un bacio non era niente di particolarmente... approfondito.
Alla fine, Alfred cedette e, trasportato dall'atmosfera, lo abbracciò, alzandolo.
«Andiamo...? Il mio caffè è rimasto di là...» mormorò Matthew con voce vagamente femminile, cingendolo ai fianchi, tentandolo con la bevanda che tanto gli piaceva.
Era così contento di poter stare così vicino a lui...
L'americano sentiva il peso dell'impulso che cominciava ad affiorargli in petto: Canada si era offerto per primo ed era da tanto tempo che non lo facevano più.
La voglia di lussuria si riaccese in lui con la forza di un incendio, facendogli desiderare d'essere già arrivati in camera sua.
Nel frattanto, si piegò a dare un bacio decisamente poco casto al compagno, che fra sé e sé esultò, al settimo cielo. «D’accordo...» gli sussurrò a fior di labbra, eccitandolo.
Pochi minuti più tardi giunsero alla camera di America, nella quale entrarono con trepidazione.
Sul comò vicino al letto era appoggiato un piattino con una tazzina da cui salivano ancora viluppi di fumo.
Canada andò a sedersi sul bordo del materasso, osservando l'altro mentre si toglieva uno strato alla volta di vestiario, cominciando dal suo immancabile giubbotto da aviatore.
Lo lasciò cadere sul pavimento, poi cominciò a slacciare la cintura ed aprirsi la giacca dell'uniforme.
Si spogliò nell'avanzare, offrendosi alle analisi approfondite dello sguardo del canadese, che percorreva il suo corpo da capo a piedi, in trepida attesa.
Quando Alfred arrivò al letto, non c'era più niente che gli coprisse il corpo.
Posò una mano sul petto di Canada, spingendolo steso sul letto, abbassandogli i boxer con movimenti sensuali.
Si allungò verso il comò e prese la tazza di caffè, bevendone un sorso, quasi bruciandosi: era ancora straordinariamente caldo.
Anche se un po' dolorosamente, lo tenne in bocca, senza inghiottirlo, poi si piegò su Matthew e lo baciò, schiudendo le labbra e riversandogli la bevanda in bocca.
Il canadese poco mancò che si strozzasse con il caffè, tossendo, sputacchiandone un po', lasciando che una piccola parte di esso gli scivolasse lungo le guance.
America gli leccò i rivoli di caffè, poi prese un altro sorso della bevanda e stavolta fu lui a versarselo in parte addosso, attirando a sé Matthew, che gli leccò il collo, scendendo giù lungo il petto.
Alfred lo baciò di nuovo, cominciando a strusciarsi contro il suo inguine, eccitandolo ed eccitandosi senza dare niente a nessuno. Un'attesa dolorosa d'un piacere che era negato ad entrambi, anche se non ancora per molto.
Si abbracciarono e si stesero l'uno di fianco all'altro, poi Canada si mise bocconi, girando il capo a guardare il partner con aspettativa struggente.
«America... fallo...» sussurrò.
Il biondo non si fece pregare una seconda volta: montò a cavallo sul suo bacino ed entrò in lui.
Matthew emise un sospiro nel sentirlo entrare e cominciare languidamente a penetrarlo con lenti movimenti del bacino.
Era talmente piacevole sentire la sua presenza in sé da strappargli ansimi piuttosto forti.
Alfred, per parte sua, era estremamente soddisfatto: era da così tanto tempo che non provava più quel genere di piacere. Era bello tornare a certi tipi di divertimenti, almeno una volta ogni tanto.
Canada allungò la mano verso il comò e prese la tazzina di caffè, rovesciandone il poco contenuto rimasto sulla sua schiena. La bevanda non era più bollente, ma a malapena tiepida, per sua fortuna.
I rivoli scuri rotolarono lungo la sua pelle, diradandosi su di essa come una ragnatela, cadendo in piccola parte anche sul lenzuolo.
L'americano si piegò su di lui ed iniziò a leccare il caffè con movimenti deliberatamente lenti e provocatori.
Canada sospiro più forte sentendo la sua lingua strisciare sul suo corpo, tergere il caffè e risalire sempre più su, finché non la sentì danzare e rallentare alla base del suo collo.
Da lì si sollevò e sentì la sua guancia strusciare contro il lato del suo capo, come se volesse arrivare più in là.
D'istinto Matthew voltò il capo, cercando le labbra dell'altro, il quale lo baciò con trasporto e passione.
America venne dentro Canada mentre ancora si baciavano. Matthew premette con più forza la bocca contro la sua ed Alfred gli infilò la lingua tra le labbra, incontrando la sua, danzando l’una con l’altra.
Quando finalmente si separarono, i due si fissarono negli occhi con sguardo complice, poi Alfred gli morse il lobo di un orecchio.
«America...» sussurrò languido il canadese.
«Canada...» mormorò in risposta l'altro, stirando le labbra in un sorriso.
«Perché non mi prepari un altro caffè...?».