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Titolo: In assenza d'acqua calda
Rating: Giallo
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Elathriel Sunstriker, Peone
Wordcount: 2604 (wordcounter)
Prompt: Rivelazione per la Settimana 7 (Missione 1) del Team Opal per il COW-T 8 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Warlords of Draenor".
Note: Het
Si prese un momento per calmarsi. Vederla lo metteva in soggezione in una tal maniera che non riusciva mai a comportarsi come voleva davvero.
Andò verso di lei, timidamente, quasi avesse paura di essere cacciato.
«Salve» disse a mezza voce, fermandosi dietro di lei «Elathriel bisogno di aiuto?».
L’Elfa del Sangue sobbalzò leggermente e si voltò verso di lui. Sorrise nel riconoscerlo e fece un cenno di diniego col capo.
«No, ti ringrazio. Posso fare da sola» replicò lei in tono garbato, avvicinandosi a lui «Ceni qui?».


Wor'var, l'accampamento dell'Orda nelle selvagge terre di Nagrand, da qualche giorno stava avendo dei problemi con l'impianto idraulico. Era pur vero che era stato messo insieme piuttosto velocemente, però la maggior parte di coloro che stavano di stanza nell'insediamento preferiva dare la colpa al fatto che erano stati dei Goblin a progettarlo e quindi nessuno si era meravigliato quando era stato scoperto il guasto.
Thrall aveva richiamato gli ingegneri Goblin che stavano lavorando presso la Guarnigione nella Landa di Fuocogelo perché provvedessero alle riparazioni, ma sembrava che ci fossero così tanti problemi a livello di caldaia centrale che avrebbero dovuto tutti fare a meno dell'acqua calda per un bel pezzo.
La maggior parte dei guerrieri era avvezza agli stenti, per cui il problema per loro non si poneva affatto: Nagrand era una regione a clima mite e non mancavano fiumi e laghi naturali di cui poter usufruire per lavarsi, anche se la maggior parte di loro non aveva l'abitudine di pulirsi così di frequente.
Come loro, anche i Peoni avevano un concetto di "igiene personale" molto blando, tanto che spesso e volentieri rimanevano per settimane senza toccare acqua che non fosse quella potabile per dissetarsi. Molti addirittura ignoravano l'esistenza stessa del sapone.
Non tutti però erano così ignoranti in materia: uno dei Peoni di Wor'var aveva particolarmente a cuore il fatto di lavarsi con una cadenza di tre o quattro giorni. L'assenza di acqua calda non lo aveva fermato minimamente dall'assolvere a questa sua abitudine, nonostante fosse palese la sua sofferenza ogni volta che usciva dal bagno della locanda di Wor'var tremando come una foglia. Per i suoi colleghi era una paranoia assurda per la quale non riuscivano a trovare una spiegazione, anche se in realtà un motivo c'era eccome ed aveva persino un nome: Elathriel Sunstriker.
L'Elfa del Sangue che si occupava della locanda di Wor'var aveva colpito il Peone con tale forza che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di mettersi in buona luce ai suoi occhi. Non gli importava cosa potevano dire gli altri Peoni né tantomeno gli importava di doversi lavare nell'acqua gelida. L'espressione soddisfatta ed intenerita della bella locandiera quando si presentava a lei pulito e profumato per mangiare lo ripagava di tutti i sacrifici che faceva per perseguire tale obiettivo.
Più si prolungava la mancanza di acqua calda e più il Peone aveva problemi a rimanere vicino all'Elfa del Sangue mantenendo un comportamento decoroso. Non riusciva a capire perché stare in sua presenza lo eccitava sempre di più, tanto da spingerlo in più occasioni ad andar via dalla locanda senza terminare il pasto per andare a sfogare la sua tensione sessuale in uno degli angoli nascosti di Wor'var, da solo e vergognandosi di se stesso.
Quei suoi incidenti lo resero sempre più nervoso e teso. Il suo disagio era evidente a tutti e nemmeno i tentativi di Elathriel di metterlo più a suo agio riuscirono a sortire alcun tipo di effetto su di lui.
Erano trascorse due settimane e ancora i Goblin sembravano in alto mare riguardo la riparazione del guasto alla caldaia. Era sera e la locanda era piena di Peoni e di guerrieri che mangiavano e bevevano chiassosamente. In un angolo in disparte sedevano anche Thrall e Aggra, intenti a consumare la loro cena parlando tra di loro a voce relativamente bassa se paragonata al volume di tutti gli altri.
Il Peone entrò in quel momento e nessuno gli prestò attenzione: tutti erano concentrati sul cibo e le bevande e non avevano intenzione di perdere tempo nel lanciare occhiate all’Orco appena arrivato, lasciando raffreddare la cena. Era l’unica cosa calda che potevano permettersi di consumare ormai.
Il Peone allungò il collo alla ricerca di Elathriel ed avanzò spaesato tra i tavoli per un po’ prima di riuscire a notarla. Aveva le esili braccia impegnate a sorreggere ben due vassoi contenenti stoviglie sporche e stava andando verso il bancone per posarli. Nonostante apparisse esile e fragile, era una femmina forte e a lui piaceva molto questo suo aspetto.
Si prese un momento per calmarsi. Vederla lo metteva in soggezione in una tal maniera che non riusciva mai a comportarsi come voleva davvero.
Andò verso di lei, timidamente, quasi avesse paura di essere cacciato.
«Salve» disse a mezza voce, fermandosi dietro di lei «Elathriel bisogno di aiuto?».
L’Elfa del Sangue sobbalzò leggermente e si voltò verso di lui. Sorrise nel riconoscerlo e fece un cenno di diniego col capo.
«No, ti ringrazio. Posso fare da sola» replicò lei in tono garbato, avvicinandosi a lui «Ceni qui?».
Al di là dell’odore di cibo e di birra, l’Orco percepì distintamente il profumo di Elathriel non appena gli si fece dappresso. Non era il solito aroma di fiori che a lui piaceva tanto e che era caratteristico della Sin’dorei, era un odore diverso, più dolciastro e più forte di quanto avesse mai sentito prima di allora. Benché non ne conoscesse l’identità lo trovava molto più gradevole di quanto non fosse mai stato il profumo naturale di Elathriel e il fatto si esplicitò alla svelta a livello fisico.
L’Orco annuì frettolosamente percependo un fastidio familiare all’inguine.
«Io tanta fame» disse «Elathriel prepara cibo?» il suo tono di voce si era abbassato un po’ e si era fatto più nervoso. Il suo “problema” lo metteva molto a disagio.
La locandiera sorrise e gli accarezzò il cranio pelato con affetto, accostandosi ancor di più. La vicinanza era tale che il Peone faceva fatica a reprimere l’impulso di scappare per la vergogna.
«Purtroppo i tavoli sono tutti occupati…» sospirò l’Elfa, guardandosi attorno rapidamente «Vieni con me in cucina» propose, lanciandogli un’occhiata accattivante.
L’Orco trasalì all’invito. Non si era aspettato una simile disponibilità da parte sua.
Stare in cucina significava stare dove lei bazzicava più spesso ed essere lontano dagli occhi indiscreti di tutti gli altri clienti. Avrebbe potuto approfittarne per stare in sua esclusiva compagnia, come aveva sognato così tante volte da risultare quasi imbarazzante; tuttavia, in quel preciso momento aveva paura di ciò che sarebbe potuto accadere. Elathriel emanava un odore così intenso che non sarebbe riuscito ad ignorarlo in un luogo in cui lei trascorreva così tanto tempo, con tutte le conseguenze del caso.
Stava per declinare l’offerta, terrorizzato all’idea di mettersi in cattiva luce ai suoi occhi, quando il suo stomaco si intromise bruscamente brontolando a volume fin troppo alto. Non servivano certamente i grandi padiglioni auricolari di Elathriel per udire la protesta.
Il Peone chinò il capo e si ritrasse leggermente, imbarazzato; l'Elfa del Sangue invece sorrise e gli strinse un polso con fare affettuoso - o almeno provò a farlo.
«Andiamo, al tuo stomaco non piace aspettare» esclamò, al che all'Orco non rimase altra scelta se non quella di seguirla. Sarebbe stato troppo strano se avesse insistito per andarsene ed una persona intelligente come Elathriel sicuramente avrebbe capito che c'era qualcosa che non andava.
La cucina era spaziosa: c'erano banconi situati a ridosso delle pareti circolari che la delimitavano e su di essi si trovavano disposte pentole, padelle e stoviglie di vario genere, alcune ancora utilizzabili ed altre da lavare. Al centro della stanza si trovava un foro nel pavimento coperto da una griglia in cui si trovava un falò. Sopra di esso era poggiato un grosso pentolone in cui bolliva qualcosa che il Peone sul momento non riuscì ad identificare ma che dall'odore sarebbe potuto essere brodo o zuppa.
Elathriel lo portò dalla parte opposta della stanza rispetto alla porta, dove aveva sistemato un piccolo tavolo di legno con due sgabelli. Non era ingombro di piatti o altro che la Sin'dorei dovesse utilizzare per cucinare, c'era solo un'apparecchiatura per una persona.
«Siediti pure lì» lo invitò, indicandogli uno degli sgabelli «Ti porto la cena immediatamente».
Lasciò la presa sul suo braccio e andò ad armeggiare con gli attrezzi da cucina. L'Orco rimase a guardare il mobilio che aveva dinanzi per alcuni secondi, poi decise di dare ascolto alla proprietaria e sedersi.
Sia il tavolo sia lo sgabello erano chiaramente stati pensati per qualcuno dalla corporatura più minuta rispetto alla sua. Dovette accovacciarsi per riuscire a sistemarsi seduto e il piano su cui avrebbe dovuto mangiare era talmente basso che non riusciva ad infilarci sotto le gambe. Chiaramente era il posto dove Elathriel mangiava.
Il Peone dovette stendere le gambe per riuscire a farcele stare. Era un po’ scomodo ma non aveva il coraggio di lamentarsi.
Impacciato e silenzioso, dopo essersi accomodato non poté fare a meno di girarsi a spiare la bella locandiera mentre era alle prese con la preparazione della cena. A vederla in quel frangente, sembrava decisamente fuori luogo, anche se era innegabile che sapesse il fatto suo in merito al cucinare.
Guardandola all’opera, la mezza erezione dell’Orco iniziò a diventare davvero intollerabile. Era una reazione che avrebbe dovuto aspettarsi, eppure lo colse comunque di sorpresa. Goffamente cercò di masturbarsi attraverso le braghe, il cui tessuto sottile e liso dai molti anni di utilizzo avrebbe dovuto rendergli più semplice il compito. Strinse la sagoma del suo pene turgido come meglio poté e iniziò a muovere la mano su e giù. Il sollievo fu poco ma immediato e bastò a farlo rilassare sensibilmente sulla sedia.
«Ecco qui, tutto per te!».
La voce di Elathriel improvvisamente vicina lo fece sobbalzare con violenza tale da fargli picchiare entrambe le ginocchia sotto il tavolo. Per fortuna l’impatto non fu talmente forte da rovesciarlo.
L’Elfa del Sangue vide il suo ospite spostare repentinamente entrambe le mani lontano dalle sue cosce e alzare con aria colpevole lo sguardo verso di lei. Non riusciva a capire il motivo di quel suo strano atteggiamento ma non indagò oltre: sembrava mortificato per qualcosa.
Gli posò davanti un enorme piatto pieno di differenti tagli di carne, tutti rigorosamente al sangue, sperando di suscitare approvazione in lui. In effetti, il suo sguardo si riempì di stupore quando si posò sulla sua cena e lei ne fu felice.
«Mangia pure con calma» gli disse, prima di sparire di nuovo nella sala principale.
Il Peone si mise a mangiare. Era terribilmente dispiaciuto e imbarazzato di essere stato colto in flagrante e sperava che Elathriel non si fosse allontanata per causa sua. Era ben lungi dalle sue intenzioni offenderla.
L’Orco non riuscì più a rilassarsi per tutto il resto della cena, anche se non smise per questo di mangiare. La Sin’dorei faceva avanti e indietro tra la cucina e la sala molto di frequente, eppure non gli si avvicinava molto spesso.
In realtà il distacco di quest’ultima era dovuto al suo timore di metterlo in soggezione con la sua presenza. Da un po’ di tempo a questa parte era diventato strano e con lei nei paraggi era ancora più nervoso del solito. Pensava che fosse colpa sua e del fatto che era un’Elfa del Sangue e lui un semplice Orco. La differenza di razza poteva creargli dei disagi, anche se a lei non importava affatto di cosa fosse lui purché potesse stargli vicino. Nessuno era mai stato così dolce nei suoi confronti come quel Peone e non aveva alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire.
La cena dell’Orco in questione si protrasse fino a tardi, quando ormai la locanda era praticamente vuota. A quel punto Elathriel non aveva più molte scuse per tenersi impegnata: doveva solamente pulire i tavoli e accatastare stoviglie sporche da lavare.
Si accostò quindi al tavolo del Peone e chiese: «Ti è piaciuta la cena?».
Con sua enorme sorpresa, il diretto interessato alzò lo sguardo su di lei e la fissò con espressione triste e sconsolata.
«Elathriel arrabbiata?» domandò con tono basso e voce leggermente incrinata «Io dispiace... giocattolino duro perché Elathriel profuma buono...» aggiunse abbassando il capo.
«C-cosa?» l’Elfa del Sangue lo guardò perplessa «Io non sono arrabbiata e…!» s’interruppe nel comprendere improvvisamente cosa fosse il “giocattolino” nel suo particolare gergo: dalla sua posizione riusciva distintamente ad intravedere un accenno di erezione nei suoi calzoni.
Confusa dalle sue parole, la locandiera decise di sedersi accanto a lui per farsi spiegare meglio. Allungò una mano ad accarezzargli una spalla massiccia con fare consolatorio.
«Non sono arrabbiata, davvero...» esclamò.
«Elathriel stare lontana tutta sera… io pensare arrabbiata per giocattolino...» rispose il Peone, osando nuovamente alzare lo sguardo verso di lei.
Quest’ultima tacque un momento e le sue guance si fecero leggermente più rosse. Forse avrebbe dovuto chiedere direttamente a lui quale fosse il problema invece di costruirsi una motivazione che la soddisfacesse nella sua testa. Si sentiva una stupida per averlo fatto stare inutilmente male.
«Ho visto che eri nervoso… credevo che fossi a disagio per colpa mia» ammise dopo un poco.
«Io agitato perché profumo di Elathriel diverso… più buono» rispose lui con evidente impaccio.
L’Elfa del Sangue corrugò le lunghe sopracciglia e piegò di lato il capo, guardandolo con fare perplesso: certe volte non capiva proprio la sua accortezza per dettagli di cui lei per prima non era consapevole.
«Profumo? Di che profumo stai parlando?» chiese.
«Elathriel odora buono… no più di fiori» cercò di spiegare il Peone, grattandosi il cranio pelato alla ricerca della maniera più corretta di esprimere ciò che sentiva «Odore dolce come miele e amaro… forte. Io pensare Elathriel profumare sempre di fiori… ma io piace odore nuovo».
La Sin’dorei rimase a fissarlo ancora per qualche secondo prima di riuscire a realizzare di cosa stesse parlando. All’inizio non ci aveva fatto molto caso nella discussione, ma a quanto pareva era proprio il suo odore ad essere la chiave di tutto e finalmente aveva capito cosa c’era che al Peone non tornava.
Un po’ imbarazzata spiegò: «Non profumo più di fiori perché quello è l’odore del sapone con cui mi lavo. Da quando manca l’acqua calda ho smesso di utilizzarlo… per cui quello che senti tu è… ehm… credo sia il mio sudore».
L’Orco la fissò spaesato. Sbatté le palpebre un paio di volte e poi chiese: «Elathriel no profuma di fiori da sola?!».
Sembrava che la notizia datagli dalla sua interlocutrice lo avesse sconvolto, giungendogli quasi come una rivelazione. In effetti, l’Elfa del Sangue profumava sempre della stessa cosa, per cui aveva pensato che tutte quelle come lei profumassero nella stessa maniera. Era la prima Sin’dorei con cui interagiva in tutta la sua vita, per cui non aveva avuto modo di confermare o smentire la sua ipotesi. Era completamente certo che fosse una loro caratteristica peculiare.
La locandiera rise per la sua domanda e poi incurvò dolcemente le labbra mentre rispondeva: «Sono lusingata dal fatto che tu pensi io profumi spontaneamente… ma purtroppo se non mi lavo per bene puzzo anche io come tutti».
L’Orco accennò un timido sorriso.
«Anche sudore di Elathriel profuma. Io piace molto» replicò.
L’Elfa del Sangue si sporse verso di lui e gli accarezzò il viso mentre mormorava: «È la cosa più dolce che mi abbiano mai detto… sai?».
Il Peone non ebbe neanche il tempo materiale di spostarsi che le labbra della Sin’dorei si posarono sulle sue, strappandogli un dolce bacio pieno d’affetto. L’Orco sospirò beato e ricambiò con delicatezza il contatto, sperando di non esagerare.
Quando si separarono, la locandiera sussurrò: «Vogliamo andare ad occuparci del tuo “giocattolino”...?».
L’interessato sobbalzò per l’esplicita richiesta. Di tutte le possibili reazioni che si aspettava, il fatto che gli domandasse di potersi occupare del suo “problema” era l’ultima che potesse immaginare. «Elathriel vuole fare zug-zug?» chiese speranzoso e incredulo.
Le dita affusolate dell’Elfa del Sangue scesero ad accarezzare il profilo rigido attraverso i suoi pantaloni e sorrise lasciva.
Quell’espressione fu abbastanza eloquente persino per le limitate capacità intuitive dell’Orco, che sorrise entusiasta. Non si sarebbe mai aspettato un epilogo così bello per la serata, specialmente dopo la sua gaffe.
«Io felice!» esclamò, alzandosi e seguendo la proprietaria della locanda fuori dalla cucina.
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