First night on Azeroth
Mar. 19th, 2019 09:17 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: First night on Azeroth
Rating: Arancione
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Erurk (OC!Sciamano), Geya'rah, Krhaga (OC!Sacerdotessa)
Wordcount: 3775 (wordcounter)
Prompt: And there was only one bed per il team Ahm-Gi per la Missione 2 della Settimana 6 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Battle for Azeroth".
Note: Het
Entrambi gli Orchi si affacciarono immediatamente a sbirciare nel piccolo scorcio sull'interno, attraverso il quale si vedeva che dentro la tenda l'unica cosa che c'era era un singolo giaciglio di modeste dimensioni che avrebbe potuto ospitare un singolo Orco lasciandogli un buon margine di manovra nel sonno.
«Ma qui dentro entra solo uno di noi» fece subito notare Erurk con aria scettica.
«In realtà quel giaciglio è per due persone» lo corresse Geya'rah.
La fuga degli Orchi Mag'har dalla Draenor "alternativa" era stato un ripiego dell'ultimo secondo che era stato reso necessario dall'ultimo assalto dei Draenei Vincolaluce alle difese erette dall'Orda a Gorgrond. Ormai sul loro pianeta natale non era rimasto nessun luogo in cui potessero vivere pacificamente e prosperare senza le costanti pressioni dei loro "vicini" sempre più violenti e invadenti, per cui l'unica opzione rimasta loro era la fuga.
Il pianeta da cui provenivano i membri di un'altra Orda, i cui Orchi avevano la pelle verde come il Vile, sarebbe diventata la loro nuova casa.
Quando erano fuoriusciti dal portale che li aveva tratti in salvo, gli Orchi Mag'har si erano ritrovati in mezzo ad un deserto di terra rossa e arida, con la luce del sole che picchiava implacabile su di loro e un vento che sollevava piccole manciate di sabbia, trasformandole in mulinelli.
Per un momento, Geya'rah immaginò che fossero ancora a Gorgrond, a combattere per la loro libertà contro i Vincolaluce ormai alle porte, poi i suoi occhi azzurri come il cielo si posarono su un gigantesco muro di ferro irto di spine e sulle cui pareti erano appesi gli stendardi recanti il simbolo dell'Orda "alternativa" a quella che un tempo il Capoguerra Hellscream aveva guidato.
Il suo sguardo si rabbuiò improvvisamente pensando al sacrificio che Grommash aveva compiuto perché la loro gente si potesse salvare. Era stato un comportamento da vero Capoguerra ed era orgogliosa di aver servito sotto il suo comando. D’altro canto, l’improvvisa realizzazione della sua morte - o conversione a Vincolaluce, fato ancora peggiore - le aveva lasciato un vuoto difficile da colmare o anche solo ignorare. Non avevano modo di tornare indietro, neanche volendo, dato che il portale si era appena richiuso dietro di loro. Tutto quello che poteva fare era mantenere la promessa che aveva fatto al suo Capoguerra prima di lasciarlo.
Si sarebbe occupata dei Mag’har, avrebbe trovato loro una nuova casa e una causa da perseguire. Il fatto che quello fosse un pianeta del tutto estraneo per loro non aveva molta importanza: l’Orda era arrivata in tempo per salvarli e se si fossero uniti ad essa sicuramente questa avrebbe provveduto a trovare alla sua gente un luogo dove poter costruire un loro insediamento.
Geya’rah si assicurò che tutti i Mag’har che erano arrivati con lei fossero in buone condizioni fisiche e che i feriti non fossero gravi, altrimenti difficilmente sarebbero riusciti a migrare tutti entro le mura della grossa città fortificata dinanzi a loro. Non sapendo quanto potesse essere ostile l’ambiente attorno a loro, non si fidava a rimanere in campo aperto troppo a lungo.
I Mag’har si raccolsero attorno alla loro nuova leader e, titubanti e persino un po’ spaventati dal nuovo mondo che si parava dinanzi a loro, cominciarono a muoversi tutti verso le mura di ferro.
Geya’rah era in testa al gruppo in movimento e camminava rigida e dritta, cercando di dare una parvenza di sicurezza e di forza quando in realtà non aveva la più pallida idea di come si sarebbe evoluta la situazione nell’immediato futuro.
D’un tratto, l’Orchessa sentì una mano grossa e calda tendersi a toccarle un fianco. Istintivamente reagì allungando la propria mano per afferrare l’audace estremità e stritolarla con violenza nella propria presa.
A giudicare dalle dimensioni, doveva trattarsi del braccio di un Orco maschio, ma chi avrebbe mai potuto sfruttare quella situazione per tentare di molestarla in maniera tanto spudorata?!
La sua ipotesi riguardo l’identità del suo “molestatore” trovò conferma nella voce maschile e insolitamente profonda che esclamò: «Geya’rah! Non stavo cercando di infastidirti, lo giuro! Non stavolta!».
L’Orchessa non si fermò; tuttavia, si volse a guardare il faccia chi aveva appena parlato. Aveva riconosciuto la voce, dato che l’aveva sentita spesso e volentieri soprattutto negli ultimi anni.
Apparteneva ad un grosso Orco con la pelle nera e gli occhi incandescenti come tizzoni che indossava una tunica da sciamano. Aveva i capelli lunghi e castani, in parte raccolti dietro il capo da alcune treccine e per il resto lasciati ricadere liberi sulla schiena ampia e dritta. Anche la folta barba che gli ricopriva tutta la mandibola presentava un paio di treccine ben curate sotto il mento.
Dall’espressione sul suo viso sembrava confuso e quasi impaurito e Geya’rah, almeno in quell’occasione, non se la sentì di condannare apertamente il suo gesto poco galante e decisamente fuori luogo.
«Cosa vuoi, Erurk?» chiese l’Orchessa, senza riuscire a trattenersi dal parlargli con tono irritato. Sicuramente le sue priorità erano di ben altro tipo rispetto al dare corda alle sue stupide avances.
In realtà era sorpresa di vederlo tra coloro che erano sopravvissuti all’assalto dei Vincolaluce. Di solito non partecipava alle schermaglie contro i Draenei, preferendo rimanere nelle retrovie a colpire i nemici a distanza con fulmini e dardi di lava.
«Se tu sei qui in cima… dov’è papà?» chiese Erurk.
La domanda fece più male di quanto Geya’rah avesse potuto immaginare. Aveva dato per scontato che lui fosse rimasto indietro, non avendolo visto né sul fronte a Draenor né in mezzo agli altri quando aveva passato in rassegna il gruppo di sopravvissuti. Non era ancora pronta a parlare degli ultimi momenti su Draenor e benché Erurk non le stesse per niente simpatico, non si sentiva in grado di comunicare una notizia del genere nemmeno a lui.
L’Orco in questione era un discendente di Blackhand, l’ultimo Capoclan dei Roccianera prima della disfatta dell’Orda di Ferro e della costituzione dei Mag’har per come Geya’rah li conosceva sin dalla nascita. Da quello che Grommash le aveva raccontato, doveva essere il nipote nato da una delle Orchesse più alte in grado nel suo clan e che militavano nella sua Fonderia.
Il problema in quel frangente era che il “padre” cui Erurk si era riferito col suo quesito, era proprio Grom: pur non essendo il suo genitore biologico, Hellscream aveva adottato lui ed un’altra Orchessa - la nipote di Kargath Bladefist - e li aveva cresciuti insieme al suo figlio naturale, Garrosh, prima che quest’ultimo venisse convertito dai maledetti Draenei Vincolaluce.
Pur non essendoci un legame di sangue diretto, tra i figli adottivi e Grommash si era stabilito un affetto in tutto e per tutto identico a quello che poteva esserci con un genitore naturale ed evidentemente la prima preoccupazione di Erurk era stata andare in cerca di Grom per vedere se si era salvato. Ciò significava che il primo pensiero di Geya’rah in merito, il fatto che l’Orco Roccianera non fosse presente al fronte al momento della disfatta finale, era veritiero.
L’Orchessa corrugò le sopracciglia brune in un’espressione di tristezza e pietà insieme per il suo interlocutore e poi scosse la testa, lasciandogli andare la mano per riprendere a camminare.
Vedendo il suo sguardo e quel cenno di dissenso, Erurk sgranò gli occhi e si bloccò dov’era, lasciandola proseguire senza di lui.
Gli altri Mag’har cominciarono ad aggirarlo, sorpassandolo con occhiatacce di cui il destinatario nemmeno sembrava accorgersi.
Suo padre… non c’era? Geya’rah era la seconda in comando e in tutti quegli anni non si era mai permessa di subentrare al posto di Grommash, a meno che non le fosse stato esplicitamente ordinato da lui in persona.
Il fatto che ci fosse lei a condurre i Mag’har verso le gigantesche mura di ferro e non suo padre non poteva significare altro che il peggio.
Erurk non aveva mai conosciuto il suo vero padre. Era morto poco dopo la sua nascita, per cui non aveva modo di ricordarsi niente di lui. Grommash lo aveva accolto nella sua famiglia, lo aveva cresciuto ed educato perché diventasse un Orco capace di esercitare il suo libero arbitrio e che potesse portare gloria ed orgoglio alla sua gente e ai suoi Antenati.
Era per rendere onore a suo nonno Blackhand che aveva deciso di diventare uno sciamano ed imparare a chiedere l’aiuto degli elementi per combattere e per difendersi. La sua maestria nella manipolazione del fuoco e della lava era nota a tutti i più valenti fabbri Mag’har, che spesso si rivolgevano a lui per incrementare le loro produzioni di armi e armature.
Fino ad ora non si era mai reso conto di quanto profondo fosse il legame d’affetto che aveva stretto con il Capoguerra. Aveva sempre data per scontata la sua presenza e la sua guida e soprattutto adesso, nella confusione del vedersi apparire dinanzi agli occhi un posto che per lui era completamente estraneo, sentiva di avere bisogno di qualcuno di familiare che gli stesse vicino.
«Erurk! Per gli Antenati ma allora sei vivo!».
Una voce femminile con un lieve tono di sarcasmo lo strappò dal terribile gorgo di pensieri e angosce in cui si stava infilando inavvertitamente.
Vide un’Orchessa farsi strada a ritroso verso di lui, remando in senso contrario a tutti gli altri. Era vestita con una tunica di stoffa bianca molto semplice che in diversi punti era strappata o bruciacchiata. La sua pelle grigio-biancastra però non presentava nessun tipo di ferita in corrispondenza di quei punti - almeno, niente di troppo recente. Le vecchie cicatrici che recava sul collo e che le piaceva mettere in mostra erano ancora tutte al loro posto, evidenti a contrasto con il suo colorito piuttosto pallido per quelli della loro razza.
Sulla fronte portava tre piccole zanne infilate orizzontalmente sotto la pelle, appena sotto la cresta di capelli scuri che campeggiava fiera al centro del suo cranio pelato e che terminava sul retro con una lunga treccia.
Sugli avambracci si notavano appena i profili di altre zanne che aveva messo a mo' di "ornamento" sotto la sua pelle e la cui presenza era nota ad Erurk da molti anni.
«Certo che sono vivo! Perché non avrei dovuto esserlo?!» esclamò in tono stizzito, aggrottando le sopracciglia ed uscendo finalmente dal momento di trance in cui era caduto dopo il breve scambio di battute con Geya'rah.
La sacerdotessa Mag'har si fermò dinanzi a lui e rimase a fissarlo per un istante prima di dargli una spinta con ambo le mani.
«Saresti dovuto essere al fronte con tutti noi invece che a cazzeggiare nelle retrovie!» sbottò la femmina in tono adirato «I Vincolaluce hanno distrutto l'ultimo baluardo verso la nostra base a Gorgrond! E papà...».
L'Orchessa digrignò i denti e abbassò lo sguardo. Di colpo il suo cipiglio non era più arrabbiato, bensì triste e sconsolato. Erurk capì che non sarebbe servito informarla di cosa aveva saputo da Geya'rah: lei ne era già a conoscenza.
«Krhaga... tu lo hai visto... succedere?» domandò lo sciamano, e la sua voce suonava esitante e un poco più acuta del solito persino alle sue stesse orecchie. Da qualche parte nel suo inconscio non voleva sapere come Grommash fosse andato incontro al suo destino. Voleva continuare a credere che fosse morto con onore in uno scontro glorioso contro il loro odiato nemico.
La Mag'har scosse il capo.
«È rimasto indietro. Abbiamo attraversato il portale mentre lui teneva a bada i Vincolaluce da solo, cercando di farci guadagnare tempo... per lasciarci sopravvivere» anche la sua voce era rotta, ma per il lutto più che per il timore di affrontare l'argomento.
Pur essendo cresciuti assieme come se fossero fratello e sorella - seppur non per legame di sangue - tra di loro era difficile che ci fossero delle vere e proprie manifestazioni d'affetto. Erano entrambi restii alle moine e alle frasi smielate, benché fossero attratti l'uno dall'altra.
In quel frangente invece, per la prima volta dopo molto tempo, Erurk sentì il bisogno e l'impulso di stringere la sorellastra in un abbraccio consolatore. Percepiva di averne bisogno tanto lui quanto lei.
Krhaga si lasciò avvolgere dalle sue braccia enormi e ricambiò cingendogli i fianchi, appoggiando la fronte contro la sua spalla. Rimasero immobili nel loro dolore per qualche momento, poi si separarono ed Erurk esclamò: «Vediamo che cosa ne sarà di noi grazie a quest'Orda...».
Con il suo repentino cambio d'argomento, Krhaga si posizionò al suo fianco con un sogghigno, dandogli una gomitata nel braccio.
«Magari ti troveranno un lavoro come alimentatore di forge» disse in tono di scherno «Come quel gigantesco elementale che papà ci raccontava essere stato imprigionato nella Fonderia dei Roccianera tempo fa...».
Cominciarono a muoversi insieme alla folla mentre parlavano.
«Lo considererei un onore. Alimentare le forge permette di fare armi e armature per i soldati. E farne di qualità grazie alle mie capacità consentirebbe di vincere guerre» commentò Erurk, sollevando il mento con fare orgoglioso «Del resto sarebbe un'eredità del mio clan...».
«... e ti permetterebbe di tenere il tuo culone lontano dalla prima linea» l'Orchessa ridacchiò con voce leggermente gracchiante.
«Meglio indietro che sapere di dovermi affidare alla tua Luce per essere protetto dal nemico» ribatté l'Orco a tono.
«Dovresti ringraziarmi per tutte le volte che ti ho curato dalle tue stupide ustioni invece di lamentarti!» brontolò Krhaga.
«Peccato che la maggior parte sia guarita da sola visto quanto ti diverti a sentir soffrire il prossimo» disse Erurk «Quelle cicatrici sul collo con cosa le hai fatte? L'ultima volta che ti ho vista avevano una forma diversa... magari hai usato qualche ferro arrugginito raccolto sul campo di battaglia?».
Krhaga digrignò i denti con fare rabbioso.
«Le mie cicatrici sono affari miei! La pelle è mia, posso farci cosa voglio» ringhiò.
«Ah, certo. Perdonami, la prossima volta che scopiamo mi premurerò di non lasciartene nemmeno una... visto che non mi riguardano» la canzonò Erurk.
La processione di Mag'har era ormai arrivata all'immensa porta aperta al centro del muro.
Geya'rah si fermò un momento a parlare con due guardie, poi si fece scortare all'interno da una di loro e gli altri varcarono la soglia seguendola a poca distanza.
C'era voluta tutta la giornata ma alla fine era stata approntata una zona di rifugio per i Mag'har. Orgrimmar era grande, ma la maggior parte degli edifici erano adibiti ad attività commerciali o a dimore private. Non c'era niente che potesse essere utilizzato come dimora provvisoria per un enorme gruppo di Orchi profughi, tant'era che dopo lunghe discussioni con la Capoguerra di quest'Orda, Geya'rah era riuscita a far sì che la sua gente potesse essere sistemata in un campo allestito in tutta fretta fuori dalle porte di Orgrimmar, non molto distante dal punto in cui erano usciti dal portale.
Numerose tende erano state costruite nell'arco della giornata e con il calar della sera erano anche stati accesi molti falò nell'accampamento. La Capoguerra aveva dato ai nuovi arrivati delle provviste perché si potessero sfamare; tuttavia, non era una sistemazione che potesse essere mantenuta a lungo. Lo spazio non era molto e tutti avevano dovuto fare dei sacrifici per far sì che ci fosse un riparo sopra la testa di ognuno di loro.
Nel tardo pomeriggio si era tenuta una breve cerimonia in onore del loro defunto Capoguerra, il cui sacrificio nessuno aveva intenzione di disonorare; dopodiché avevano cominciato ad occuparsi della loro frugale cena.
Erurk e Krhaga erano rimasti insieme per tutto il tempo. Avevano cercato di alleviare la pesantezza del momento a modo loro ma quando era giunta l'ora di ricordare il loro defunto padre adottivo, il clima si era fatto di nuovo cupo. A quel punto erano andati da Geya'rah ed erano rimasti con lei fino al termine della cerimonia. Era la persona che più consideravano come una sorella e l'unica con cui avevano abbastanza confidenza.
La nuova leader dei Mag'har non rifiutò la loro compagnia. Capiva che non poteva allontanarli in una situazione del genere. Senza più Grommash a dar loro una mano, quei due erano gli elementi più problematici in circolazione. L'essere cresciuti insieme ad un Orco grezzo ed impulsivo come Garrosh Hellscream aveva avuto un'influenza non del tutto positiva su di loro e specialmente dopo che il loro fratellastro maggiore era stato convertito dai Draenei Vincolaluce, i loro problemi ad adattarsi al comportamento di un normale membro della società erano diventati molto più drammatici. In generale, tendevano a risolvere con il sesso la maggior parte del loro stress, indipendentemente dal luogo e dal momento.
Se li avesse abbandonati, con ogni probabilità le conseguenze dei loro comportamenti inopportuni sarebbero ricadute su tutti gli altri Mag'har, mettendoli in cattiva luce con i loro nuovi alleati. Geya'rah doveva assicurarsi che superassero la perdita di Grom e l’arrivo sul nuovo pianeta nella maniera migliore possibile. Il che significava che doveva metterli nella condizione ideale perché scopassero, anche se per la maggior parte degli Orchi sarebbe stato considerato un’assoluta mancanza di rispetto.
Per fortuna le tende che erano state messe a disposizione dalla Capoguerra Sylvanas Windrunner per la sua gente facevano proprio al caso suo. Geya'rah non dovette far altro che tenere libera una singola tenda per i due figliastri di Grommash e metterci all’interno un unico giaciglio. Era certa che al resto avrebbero pensato loro, senza che lei dovesse fare nient'altro.
«Le tende disponibili non sono molte... e capite bene anche voi che tutti dobbiamo fare qualche sacrificio...» spiegò Geya'rah mentre accompagnava Erurk e Krhaga attraverso l'accampamento dopo la cena.
Si fermò dinanzi ad una tenda che era stata montata un poco distante dalle altre, quindi tirò da parte uno dei due lembi che fungevano da porta.
«Questa è la vostra» aggiunse, prima che uno dei due potesse chiedere inutili spiegazioni.
Entrambi gli Orchi si affacciarono immediatamente a sbirciare nel piccolo scorcio sull'interno, attraverso il quale si vedeva che dentro la tenda l'unica cosa che c'era era un singolo giaciglio di modeste dimensioni che avrebbe potuto ospitare un singolo Orco lasciandogli un buon margine di manovra nel sonno.
«Ma qui dentro entra solo uno di noi» fece subito notare Erurk con aria scettica.
«In realtà quel giaciglio è per due persone» lo corresse Geya'rah.
«Che cosa?! Ma è ridicolo!» sbottò Erurk «Tutto qui quello che questi Orchi verdi riescono a darci per dormire...?!».
Krhaga rise.
«Il fatto che tu sia largo quanto due Orchesse non significa che tutti i giacigli debbano essere fatti su misura per te!» lo prese in giro la sacerdotessa, prima di infilarsi lesta nella tenda.
«Ehi! Lì ci dormo io!» protestò subito lo sciamano, affrettandosi a seguirla.
Essendo più alto di lei di quasi tutta la testa, dovette mettersi carponi per poter passare dall'entrata.
Una volta che fu strisciato anche lui all'interno, Geya'rah si sporse ad esclamare un veloce: «Non fate troppo rumore!», prima di abbassare il lembo e andarsene via il più rapidamente possibile.
La tenda era davvero minuscola e il giaciglio riempiva praticamente tutto il terreno. Erurk dovette cercare di farsi il più piccolo possibile per entrarci, cosa piuttosto difficile da fare viste le massicce spalle che possedeva, come tutti gli altri maschi del resto. Adesso era quasi invidioso di quelli che avevano la schiena incurvata in avanti e che sicuramente erano i destinatari di alloggi tanto soffocanti.
Krhaga si era seduta a gambe incrociate sulla metà anteriore del giaciglio, già in intimo. La sua tunica era stata tolta e lanciata da una parte nei pochi secondi che lo sciamano aveva impiegato a seguirla.
Quest'ultimo la squadrò con cipiglio critico: adesso che la sua pelle era per la maggior parte esposta, non aveva più dubbi in merito alle cicatrici. La disposizione era completamente diversa da quella che ricordava, il che significava che doveva essersi curata quelle vecchie per farsene di nuove.
Emettendo un grugnito irritato, l'Orco si voltò a darle le spalle e cominciò a denudarsi a sua volta. Inutile dire che la mancanza di ampiezza della tenda gli impedì di muoversi come avrebbe voluto, col risultato che dovette cominciare ad agitarsi e piegarsi in diverse direzioni per trovare la maniera di alzare le braccia e far uscire la tunica dalla testa senza rischiare di abbattere tutto quanto.
Nonostante ciò, rimase incastrato nei suoi stessi indumenti. Il suo fisico non proprio longilineo non era l'ideale per spogliarsi agevolmente senza avere molto spazio di manovra.
«Vieni qui imbranato... basta che smetti di agitarti, c'è mancato poco che mi cavassi un occhio ad un certo punto».
Il rimprovero di Krhaga arrivò in concomitanza con un paio di mani che gli afferrarono la tunica dai lati per togliergliela di dosso con una certa irruenza.
«Non è colpa mia se questa tenda è un buco!» protestò Erurk indignato, lasciandosi spogliare.
Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra quando fu finalmente liberato dalla gabbia dei suoi vestiti.
Con i capelli e la barba arruffati, scosse il capo come a scacciare una brutta sensazione, quindi fece per girarsi ma si bloccò percependo le dita fredde dell'Orchessa accarezzargli una zona particolarmente sensibile al centro della schiena. Si trattava della sua prima cicatrice da ustione, un ricordo di quando era giovane e cercava di imparare a manipolare gli elementi - e ovviamente faceva i suoi primi esperimenti con le pozze di magma incandescente disseminate nella parte montuosa di Gorgrond, intorno alla vecchia Fossatetra.
La cicatrice aveva una forma simile a quella di un'artigliata e tagliava trasversalmente l'intera ampiezza della sua schiena dalla scapola sinistra fino al fianco destro. La pelle che si era riformata dopo la bruciatura aveva mantenuto una colorazione più chiara rispetto a quella del resto del suo incarnato e presentava una superficie rugosa con margini frastagliati.
Erurk cacciò un gemito di piacere al contatto, sobbalzando appena.
«Davvero ti dispiace che ci sia un giaciglio solo e così piccolo?» domandò l'Orchessa, sporgendosi sopra la sua spalla per sussurrargli il quesito all'orecchio «Abbiamo dormito in letti più stretti di questo se ti ricordi...».
I suoi polpastrelli cominciarono a muoversi delicati sulla pelle sfregiata del maschio, stimolandolo in modo assai piacevole e rendendogli difficile pensare lucidamente ad una risposta.
Erurk socchiuse gli occhi ansimando leggermente, quindi mormorò: «Parli... di quella volta con... con Garrosh?».
«Già, fu una bella nottata» Krhaga sorrise con fare vagamente nostalgico, anche se il suo fratellastro non poteva notarlo «Alla fine Garrosh era un materasso davvero comodo. Magari stanotte vorresti farla tu la sua parte...».
Il suo tono lasciava intendere un chiaro doppio senso che a Erurk, specialmente in quel particolare frangente, non sfuggì affatto.
«Soltanto se dormi nuda stesa sopra di me» disse lui con voce appena più roca, sogghignando in maniera perversa mentre si girava per metà a guardare la sua sorellastra.
«Solamente se ti lasci incatenare ai tuoi totem per non rotolarti nel sonno» rilanciò Krhaga, sogghignando in modo altrettanto perverso.
«Affare fatto».
Neanche un'ora dopo, Geya'rah era di ronda nell'accampamento e passando dinanzi alla tenda dei figliastri del deceduto Capoguerra udì distintamente dei gemiti accorati e un rumore ripetuto di catene smosse.
Immaginava che avrebbero cercato di risolvere la loro evidente tensione per i recenti avvenimenti facendo sesso e si compiacque per averli messi nella condizione ideale a farli sfogare. Si augurava solo che dopo una notte di fuoco come quella che sembravano apprestarsi a consumare fossero in grado di rendersi utili per qualunque fosse stato il loro futuro all'interno dell'Orda.
Rating: Arancione
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Erurk (OC!Sciamano), Geya'rah, Krhaga (OC!Sacerdotessa)
Wordcount: 3775 (wordcounter)
Prompt: And there was only one bed per il team Ahm-Gi per la Missione 2 della Settimana 6 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Battle for Azeroth".
Note: Het
Entrambi gli Orchi si affacciarono immediatamente a sbirciare nel piccolo scorcio sull'interno, attraverso il quale si vedeva che dentro la tenda l'unica cosa che c'era era un singolo giaciglio di modeste dimensioni che avrebbe potuto ospitare un singolo Orco lasciandogli un buon margine di manovra nel sonno.
«Ma qui dentro entra solo uno di noi» fece subito notare Erurk con aria scettica.
«In realtà quel giaciglio è per due persone» lo corresse Geya'rah.
La fuga degli Orchi Mag'har dalla Draenor "alternativa" era stato un ripiego dell'ultimo secondo che era stato reso necessario dall'ultimo assalto dei Draenei Vincolaluce alle difese erette dall'Orda a Gorgrond. Ormai sul loro pianeta natale non era rimasto nessun luogo in cui potessero vivere pacificamente e prosperare senza le costanti pressioni dei loro "vicini" sempre più violenti e invadenti, per cui l'unica opzione rimasta loro era la fuga.
Il pianeta da cui provenivano i membri di un'altra Orda, i cui Orchi avevano la pelle verde come il Vile, sarebbe diventata la loro nuova casa.
Quando erano fuoriusciti dal portale che li aveva tratti in salvo, gli Orchi Mag'har si erano ritrovati in mezzo ad un deserto di terra rossa e arida, con la luce del sole che picchiava implacabile su di loro e un vento che sollevava piccole manciate di sabbia, trasformandole in mulinelli.
Per un momento, Geya'rah immaginò che fossero ancora a Gorgrond, a combattere per la loro libertà contro i Vincolaluce ormai alle porte, poi i suoi occhi azzurri come il cielo si posarono su un gigantesco muro di ferro irto di spine e sulle cui pareti erano appesi gli stendardi recanti il simbolo dell'Orda "alternativa" a quella che un tempo il Capoguerra Hellscream aveva guidato.
Il suo sguardo si rabbuiò improvvisamente pensando al sacrificio che Grommash aveva compiuto perché la loro gente si potesse salvare. Era stato un comportamento da vero Capoguerra ed era orgogliosa di aver servito sotto il suo comando. D’altro canto, l’improvvisa realizzazione della sua morte - o conversione a Vincolaluce, fato ancora peggiore - le aveva lasciato un vuoto difficile da colmare o anche solo ignorare. Non avevano modo di tornare indietro, neanche volendo, dato che il portale si era appena richiuso dietro di loro. Tutto quello che poteva fare era mantenere la promessa che aveva fatto al suo Capoguerra prima di lasciarlo.
Si sarebbe occupata dei Mag’har, avrebbe trovato loro una nuova casa e una causa da perseguire. Il fatto che quello fosse un pianeta del tutto estraneo per loro non aveva molta importanza: l’Orda era arrivata in tempo per salvarli e se si fossero uniti ad essa sicuramente questa avrebbe provveduto a trovare alla sua gente un luogo dove poter costruire un loro insediamento.
Geya’rah si assicurò che tutti i Mag’har che erano arrivati con lei fossero in buone condizioni fisiche e che i feriti non fossero gravi, altrimenti difficilmente sarebbero riusciti a migrare tutti entro le mura della grossa città fortificata dinanzi a loro. Non sapendo quanto potesse essere ostile l’ambiente attorno a loro, non si fidava a rimanere in campo aperto troppo a lungo.
I Mag’har si raccolsero attorno alla loro nuova leader e, titubanti e persino un po’ spaventati dal nuovo mondo che si parava dinanzi a loro, cominciarono a muoversi tutti verso le mura di ferro.
Geya’rah era in testa al gruppo in movimento e camminava rigida e dritta, cercando di dare una parvenza di sicurezza e di forza quando in realtà non aveva la più pallida idea di come si sarebbe evoluta la situazione nell’immediato futuro.
D’un tratto, l’Orchessa sentì una mano grossa e calda tendersi a toccarle un fianco. Istintivamente reagì allungando la propria mano per afferrare l’audace estremità e stritolarla con violenza nella propria presa.
A giudicare dalle dimensioni, doveva trattarsi del braccio di un Orco maschio, ma chi avrebbe mai potuto sfruttare quella situazione per tentare di molestarla in maniera tanto spudorata?!
La sua ipotesi riguardo l’identità del suo “molestatore” trovò conferma nella voce maschile e insolitamente profonda che esclamò: «Geya’rah! Non stavo cercando di infastidirti, lo giuro! Non stavolta!».
L’Orchessa non si fermò; tuttavia, si volse a guardare il faccia chi aveva appena parlato. Aveva riconosciuto la voce, dato che l’aveva sentita spesso e volentieri soprattutto negli ultimi anni.
Apparteneva ad un grosso Orco con la pelle nera e gli occhi incandescenti come tizzoni che indossava una tunica da sciamano. Aveva i capelli lunghi e castani, in parte raccolti dietro il capo da alcune treccine e per il resto lasciati ricadere liberi sulla schiena ampia e dritta. Anche la folta barba che gli ricopriva tutta la mandibola presentava un paio di treccine ben curate sotto il mento.
Dall’espressione sul suo viso sembrava confuso e quasi impaurito e Geya’rah, almeno in quell’occasione, non se la sentì di condannare apertamente il suo gesto poco galante e decisamente fuori luogo.
«Cosa vuoi, Erurk?» chiese l’Orchessa, senza riuscire a trattenersi dal parlargli con tono irritato. Sicuramente le sue priorità erano di ben altro tipo rispetto al dare corda alle sue stupide avances.
In realtà era sorpresa di vederlo tra coloro che erano sopravvissuti all’assalto dei Vincolaluce. Di solito non partecipava alle schermaglie contro i Draenei, preferendo rimanere nelle retrovie a colpire i nemici a distanza con fulmini e dardi di lava.
«Se tu sei qui in cima… dov’è papà?» chiese Erurk.
La domanda fece più male di quanto Geya’rah avesse potuto immaginare. Aveva dato per scontato che lui fosse rimasto indietro, non avendolo visto né sul fronte a Draenor né in mezzo agli altri quando aveva passato in rassegna il gruppo di sopravvissuti. Non era ancora pronta a parlare degli ultimi momenti su Draenor e benché Erurk non le stesse per niente simpatico, non si sentiva in grado di comunicare una notizia del genere nemmeno a lui.
L’Orco in questione era un discendente di Blackhand, l’ultimo Capoclan dei Roccianera prima della disfatta dell’Orda di Ferro e della costituzione dei Mag’har per come Geya’rah li conosceva sin dalla nascita. Da quello che Grommash le aveva raccontato, doveva essere il nipote nato da una delle Orchesse più alte in grado nel suo clan e che militavano nella sua Fonderia.
Il problema in quel frangente era che il “padre” cui Erurk si era riferito col suo quesito, era proprio Grom: pur non essendo il suo genitore biologico, Hellscream aveva adottato lui ed un’altra Orchessa - la nipote di Kargath Bladefist - e li aveva cresciuti insieme al suo figlio naturale, Garrosh, prima che quest’ultimo venisse convertito dai maledetti Draenei Vincolaluce.
Pur non essendoci un legame di sangue diretto, tra i figli adottivi e Grommash si era stabilito un affetto in tutto e per tutto identico a quello che poteva esserci con un genitore naturale ed evidentemente la prima preoccupazione di Erurk era stata andare in cerca di Grom per vedere se si era salvato. Ciò significava che il primo pensiero di Geya’rah in merito, il fatto che l’Orco Roccianera non fosse presente al fronte al momento della disfatta finale, era veritiero.
L’Orchessa corrugò le sopracciglia brune in un’espressione di tristezza e pietà insieme per il suo interlocutore e poi scosse la testa, lasciandogli andare la mano per riprendere a camminare.
Vedendo il suo sguardo e quel cenno di dissenso, Erurk sgranò gli occhi e si bloccò dov’era, lasciandola proseguire senza di lui.
Gli altri Mag’har cominciarono ad aggirarlo, sorpassandolo con occhiatacce di cui il destinatario nemmeno sembrava accorgersi.
Suo padre… non c’era? Geya’rah era la seconda in comando e in tutti quegli anni non si era mai permessa di subentrare al posto di Grommash, a meno che non le fosse stato esplicitamente ordinato da lui in persona.
Il fatto che ci fosse lei a condurre i Mag’har verso le gigantesche mura di ferro e non suo padre non poteva significare altro che il peggio.
Erurk non aveva mai conosciuto il suo vero padre. Era morto poco dopo la sua nascita, per cui non aveva modo di ricordarsi niente di lui. Grommash lo aveva accolto nella sua famiglia, lo aveva cresciuto ed educato perché diventasse un Orco capace di esercitare il suo libero arbitrio e che potesse portare gloria ed orgoglio alla sua gente e ai suoi Antenati.
Era per rendere onore a suo nonno Blackhand che aveva deciso di diventare uno sciamano ed imparare a chiedere l’aiuto degli elementi per combattere e per difendersi. La sua maestria nella manipolazione del fuoco e della lava era nota a tutti i più valenti fabbri Mag’har, che spesso si rivolgevano a lui per incrementare le loro produzioni di armi e armature.
Fino ad ora non si era mai reso conto di quanto profondo fosse il legame d’affetto che aveva stretto con il Capoguerra. Aveva sempre data per scontata la sua presenza e la sua guida e soprattutto adesso, nella confusione del vedersi apparire dinanzi agli occhi un posto che per lui era completamente estraneo, sentiva di avere bisogno di qualcuno di familiare che gli stesse vicino.
«Erurk! Per gli Antenati ma allora sei vivo!».
Una voce femminile con un lieve tono di sarcasmo lo strappò dal terribile gorgo di pensieri e angosce in cui si stava infilando inavvertitamente.
Vide un’Orchessa farsi strada a ritroso verso di lui, remando in senso contrario a tutti gli altri. Era vestita con una tunica di stoffa bianca molto semplice che in diversi punti era strappata o bruciacchiata. La sua pelle grigio-biancastra però non presentava nessun tipo di ferita in corrispondenza di quei punti - almeno, niente di troppo recente. Le vecchie cicatrici che recava sul collo e che le piaceva mettere in mostra erano ancora tutte al loro posto, evidenti a contrasto con il suo colorito piuttosto pallido per quelli della loro razza.
Sulla fronte portava tre piccole zanne infilate orizzontalmente sotto la pelle, appena sotto la cresta di capelli scuri che campeggiava fiera al centro del suo cranio pelato e che terminava sul retro con una lunga treccia.
Sugli avambracci si notavano appena i profili di altre zanne che aveva messo a mo' di "ornamento" sotto la sua pelle e la cui presenza era nota ad Erurk da molti anni.
«Certo che sono vivo! Perché non avrei dovuto esserlo?!» esclamò in tono stizzito, aggrottando le sopracciglia ed uscendo finalmente dal momento di trance in cui era caduto dopo il breve scambio di battute con Geya'rah.
La sacerdotessa Mag'har si fermò dinanzi a lui e rimase a fissarlo per un istante prima di dargli una spinta con ambo le mani.
«Saresti dovuto essere al fronte con tutti noi invece che a cazzeggiare nelle retrovie!» sbottò la femmina in tono adirato «I Vincolaluce hanno distrutto l'ultimo baluardo verso la nostra base a Gorgrond! E papà...».
L'Orchessa digrignò i denti e abbassò lo sguardo. Di colpo il suo cipiglio non era più arrabbiato, bensì triste e sconsolato. Erurk capì che non sarebbe servito informarla di cosa aveva saputo da Geya'rah: lei ne era già a conoscenza.
«Krhaga... tu lo hai visto... succedere?» domandò lo sciamano, e la sua voce suonava esitante e un poco più acuta del solito persino alle sue stesse orecchie. Da qualche parte nel suo inconscio non voleva sapere come Grommash fosse andato incontro al suo destino. Voleva continuare a credere che fosse morto con onore in uno scontro glorioso contro il loro odiato nemico.
La Mag'har scosse il capo.
«È rimasto indietro. Abbiamo attraversato il portale mentre lui teneva a bada i Vincolaluce da solo, cercando di farci guadagnare tempo... per lasciarci sopravvivere» anche la sua voce era rotta, ma per il lutto più che per il timore di affrontare l'argomento.
Pur essendo cresciuti assieme come se fossero fratello e sorella - seppur non per legame di sangue - tra di loro era difficile che ci fossero delle vere e proprie manifestazioni d'affetto. Erano entrambi restii alle moine e alle frasi smielate, benché fossero attratti l'uno dall'altra.
In quel frangente invece, per la prima volta dopo molto tempo, Erurk sentì il bisogno e l'impulso di stringere la sorellastra in un abbraccio consolatore. Percepiva di averne bisogno tanto lui quanto lei.
Krhaga si lasciò avvolgere dalle sue braccia enormi e ricambiò cingendogli i fianchi, appoggiando la fronte contro la sua spalla. Rimasero immobili nel loro dolore per qualche momento, poi si separarono ed Erurk esclamò: «Vediamo che cosa ne sarà di noi grazie a quest'Orda...».
Con il suo repentino cambio d'argomento, Krhaga si posizionò al suo fianco con un sogghigno, dandogli una gomitata nel braccio.
«Magari ti troveranno un lavoro come alimentatore di forge» disse in tono di scherno «Come quel gigantesco elementale che papà ci raccontava essere stato imprigionato nella Fonderia dei Roccianera tempo fa...».
Cominciarono a muoversi insieme alla folla mentre parlavano.
«Lo considererei un onore. Alimentare le forge permette di fare armi e armature per i soldati. E farne di qualità grazie alle mie capacità consentirebbe di vincere guerre» commentò Erurk, sollevando il mento con fare orgoglioso «Del resto sarebbe un'eredità del mio clan...».
«... e ti permetterebbe di tenere il tuo culone lontano dalla prima linea» l'Orchessa ridacchiò con voce leggermente gracchiante.
«Meglio indietro che sapere di dovermi affidare alla tua Luce per essere protetto dal nemico» ribatté l'Orco a tono.
«Dovresti ringraziarmi per tutte le volte che ti ho curato dalle tue stupide ustioni invece di lamentarti!» brontolò Krhaga.
«Peccato che la maggior parte sia guarita da sola visto quanto ti diverti a sentir soffrire il prossimo» disse Erurk «Quelle cicatrici sul collo con cosa le hai fatte? L'ultima volta che ti ho vista avevano una forma diversa... magari hai usato qualche ferro arrugginito raccolto sul campo di battaglia?».
Krhaga digrignò i denti con fare rabbioso.
«Le mie cicatrici sono affari miei! La pelle è mia, posso farci cosa voglio» ringhiò.
«Ah, certo. Perdonami, la prossima volta che scopiamo mi premurerò di non lasciartene nemmeno una... visto che non mi riguardano» la canzonò Erurk.
La processione di Mag'har era ormai arrivata all'immensa porta aperta al centro del muro.
Geya'rah si fermò un momento a parlare con due guardie, poi si fece scortare all'interno da una di loro e gli altri varcarono la soglia seguendola a poca distanza.
C'era voluta tutta la giornata ma alla fine era stata approntata una zona di rifugio per i Mag'har. Orgrimmar era grande, ma la maggior parte degli edifici erano adibiti ad attività commerciali o a dimore private. Non c'era niente che potesse essere utilizzato come dimora provvisoria per un enorme gruppo di Orchi profughi, tant'era che dopo lunghe discussioni con la Capoguerra di quest'Orda, Geya'rah era riuscita a far sì che la sua gente potesse essere sistemata in un campo allestito in tutta fretta fuori dalle porte di Orgrimmar, non molto distante dal punto in cui erano usciti dal portale.
Numerose tende erano state costruite nell'arco della giornata e con il calar della sera erano anche stati accesi molti falò nell'accampamento. La Capoguerra aveva dato ai nuovi arrivati delle provviste perché si potessero sfamare; tuttavia, non era una sistemazione che potesse essere mantenuta a lungo. Lo spazio non era molto e tutti avevano dovuto fare dei sacrifici per far sì che ci fosse un riparo sopra la testa di ognuno di loro.
Nel tardo pomeriggio si era tenuta una breve cerimonia in onore del loro defunto Capoguerra, il cui sacrificio nessuno aveva intenzione di disonorare; dopodiché avevano cominciato ad occuparsi della loro frugale cena.
Erurk e Krhaga erano rimasti insieme per tutto il tempo. Avevano cercato di alleviare la pesantezza del momento a modo loro ma quando era giunta l'ora di ricordare il loro defunto padre adottivo, il clima si era fatto di nuovo cupo. A quel punto erano andati da Geya'rah ed erano rimasti con lei fino al termine della cerimonia. Era la persona che più consideravano come una sorella e l'unica con cui avevano abbastanza confidenza.
La nuova leader dei Mag'har non rifiutò la loro compagnia. Capiva che non poteva allontanarli in una situazione del genere. Senza più Grommash a dar loro una mano, quei due erano gli elementi più problematici in circolazione. L'essere cresciuti insieme ad un Orco grezzo ed impulsivo come Garrosh Hellscream aveva avuto un'influenza non del tutto positiva su di loro e specialmente dopo che il loro fratellastro maggiore era stato convertito dai Draenei Vincolaluce, i loro problemi ad adattarsi al comportamento di un normale membro della società erano diventati molto più drammatici. In generale, tendevano a risolvere con il sesso la maggior parte del loro stress, indipendentemente dal luogo e dal momento.
Se li avesse abbandonati, con ogni probabilità le conseguenze dei loro comportamenti inopportuni sarebbero ricadute su tutti gli altri Mag'har, mettendoli in cattiva luce con i loro nuovi alleati. Geya'rah doveva assicurarsi che superassero la perdita di Grom e l’arrivo sul nuovo pianeta nella maniera migliore possibile. Il che significava che doveva metterli nella condizione ideale perché scopassero, anche se per la maggior parte degli Orchi sarebbe stato considerato un’assoluta mancanza di rispetto.
Per fortuna le tende che erano state messe a disposizione dalla Capoguerra Sylvanas Windrunner per la sua gente facevano proprio al caso suo. Geya'rah non dovette far altro che tenere libera una singola tenda per i due figliastri di Grommash e metterci all’interno un unico giaciglio. Era certa che al resto avrebbero pensato loro, senza che lei dovesse fare nient'altro.
«Le tende disponibili non sono molte... e capite bene anche voi che tutti dobbiamo fare qualche sacrificio...» spiegò Geya'rah mentre accompagnava Erurk e Krhaga attraverso l'accampamento dopo la cena.
Si fermò dinanzi ad una tenda che era stata montata un poco distante dalle altre, quindi tirò da parte uno dei due lembi che fungevano da porta.
«Questa è la vostra» aggiunse, prima che uno dei due potesse chiedere inutili spiegazioni.
Entrambi gli Orchi si affacciarono immediatamente a sbirciare nel piccolo scorcio sull'interno, attraverso il quale si vedeva che dentro la tenda l'unica cosa che c'era era un singolo giaciglio di modeste dimensioni che avrebbe potuto ospitare un singolo Orco lasciandogli un buon margine di manovra nel sonno.
«Ma qui dentro entra solo uno di noi» fece subito notare Erurk con aria scettica.
«In realtà quel giaciglio è per due persone» lo corresse Geya'rah.
«Che cosa?! Ma è ridicolo!» sbottò Erurk «Tutto qui quello che questi Orchi verdi riescono a darci per dormire...?!».
Krhaga rise.
«Il fatto che tu sia largo quanto due Orchesse non significa che tutti i giacigli debbano essere fatti su misura per te!» lo prese in giro la sacerdotessa, prima di infilarsi lesta nella tenda.
«Ehi! Lì ci dormo io!» protestò subito lo sciamano, affrettandosi a seguirla.
Essendo più alto di lei di quasi tutta la testa, dovette mettersi carponi per poter passare dall'entrata.
Una volta che fu strisciato anche lui all'interno, Geya'rah si sporse ad esclamare un veloce: «Non fate troppo rumore!», prima di abbassare il lembo e andarsene via il più rapidamente possibile.
La tenda era davvero minuscola e il giaciglio riempiva praticamente tutto il terreno. Erurk dovette cercare di farsi il più piccolo possibile per entrarci, cosa piuttosto difficile da fare viste le massicce spalle che possedeva, come tutti gli altri maschi del resto. Adesso era quasi invidioso di quelli che avevano la schiena incurvata in avanti e che sicuramente erano i destinatari di alloggi tanto soffocanti.
Krhaga si era seduta a gambe incrociate sulla metà anteriore del giaciglio, già in intimo. La sua tunica era stata tolta e lanciata da una parte nei pochi secondi che lo sciamano aveva impiegato a seguirla.
Quest'ultimo la squadrò con cipiglio critico: adesso che la sua pelle era per la maggior parte esposta, non aveva più dubbi in merito alle cicatrici. La disposizione era completamente diversa da quella che ricordava, il che significava che doveva essersi curata quelle vecchie per farsene di nuove.
Emettendo un grugnito irritato, l'Orco si voltò a darle le spalle e cominciò a denudarsi a sua volta. Inutile dire che la mancanza di ampiezza della tenda gli impedì di muoversi come avrebbe voluto, col risultato che dovette cominciare ad agitarsi e piegarsi in diverse direzioni per trovare la maniera di alzare le braccia e far uscire la tunica dalla testa senza rischiare di abbattere tutto quanto.
Nonostante ciò, rimase incastrato nei suoi stessi indumenti. Il suo fisico non proprio longilineo non era l'ideale per spogliarsi agevolmente senza avere molto spazio di manovra.
«Vieni qui imbranato... basta che smetti di agitarti, c'è mancato poco che mi cavassi un occhio ad un certo punto».
Il rimprovero di Krhaga arrivò in concomitanza con un paio di mani che gli afferrarono la tunica dai lati per togliergliela di dosso con una certa irruenza.
«Non è colpa mia se questa tenda è un buco!» protestò Erurk indignato, lasciandosi spogliare.
Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra quando fu finalmente liberato dalla gabbia dei suoi vestiti.
Con i capelli e la barba arruffati, scosse il capo come a scacciare una brutta sensazione, quindi fece per girarsi ma si bloccò percependo le dita fredde dell'Orchessa accarezzargli una zona particolarmente sensibile al centro della schiena. Si trattava della sua prima cicatrice da ustione, un ricordo di quando era giovane e cercava di imparare a manipolare gli elementi - e ovviamente faceva i suoi primi esperimenti con le pozze di magma incandescente disseminate nella parte montuosa di Gorgrond, intorno alla vecchia Fossatetra.
La cicatrice aveva una forma simile a quella di un'artigliata e tagliava trasversalmente l'intera ampiezza della sua schiena dalla scapola sinistra fino al fianco destro. La pelle che si era riformata dopo la bruciatura aveva mantenuto una colorazione più chiara rispetto a quella del resto del suo incarnato e presentava una superficie rugosa con margini frastagliati.
Erurk cacciò un gemito di piacere al contatto, sobbalzando appena.
«Davvero ti dispiace che ci sia un giaciglio solo e così piccolo?» domandò l'Orchessa, sporgendosi sopra la sua spalla per sussurrargli il quesito all'orecchio «Abbiamo dormito in letti più stretti di questo se ti ricordi...».
I suoi polpastrelli cominciarono a muoversi delicati sulla pelle sfregiata del maschio, stimolandolo in modo assai piacevole e rendendogli difficile pensare lucidamente ad una risposta.
Erurk socchiuse gli occhi ansimando leggermente, quindi mormorò: «Parli... di quella volta con... con Garrosh?».
«Già, fu una bella nottata» Krhaga sorrise con fare vagamente nostalgico, anche se il suo fratellastro non poteva notarlo «Alla fine Garrosh era un materasso davvero comodo. Magari stanotte vorresti farla tu la sua parte...».
Il suo tono lasciava intendere un chiaro doppio senso che a Erurk, specialmente in quel particolare frangente, non sfuggì affatto.
«Soltanto se dormi nuda stesa sopra di me» disse lui con voce appena più roca, sogghignando in maniera perversa mentre si girava per metà a guardare la sua sorellastra.
«Solamente se ti lasci incatenare ai tuoi totem per non rotolarti nel sonno» rilanciò Krhaga, sogghignando in modo altrettanto perverso.
«Affare fatto».
Neanche un'ora dopo, Geya'rah era di ronda nell'accampamento e passando dinanzi alla tenda dei figliastri del deceduto Capoguerra udì distintamente dei gemiti accorati e un rumore ripetuto di catene smosse.
Immaginava che avrebbero cercato di risolvere la loro evidente tensione per i recenti avvenimenti facendo sesso e si compiacque per averli messi nella condizione ideale a farli sfogare. Si augurava solo che dopo una notte di fuoco come quella che sembravano apprestarsi a consumare fossero in grado di rendersi utili per qualunque fosse stato il loro futuro all'interno dell'Orda.