fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Blackrock's Inheritance
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Erurk (OC!Sciamano), Grommash Hellscream, Krhaga (OC!Sacerdotessa)
Wordcount: 5029 (wordcounter)
Prompt: Fuoco per il team Ahm-Gi per la Missione 5 della Settimana 7 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata nella Draenor alternativa, diversi anni prima dello scenario di reclutamento degli Orchi Mag'har come Razza Alleata.
Note: Het implied
«Ti prego, assistimi!» esalò, rivolgendosi alla creatura «Aiutami a forgiare le armi che serviranno a proteggere la mia gente!».
L’elementale abbassò verso di lui il suo viso, appena accennato nella massa di fuoco che costituiva il suo corpo. Erurk sentì il suo potere pervaderlo, caldo e corroborante, come se stesse cercando di possedere il suo corpo. L’Orco aprì le braccia per offrirsi al potere dell’elementale; tuttavia, in quel preciso istante, un latrato di dolore e frustrazione gli riecheggiò nella testa, penetrandogli il cervello come una lama incandescente.


Grommash Hellscream, capo degli Orchi Mag'har, si aggirava per il bastione centrale del loro accampamento, l'ultima roccaforte eretta dalla sua gente per resistere alla costante avanzata dei Draenei Vincolaluce nella loro conquista di tutta Draenor.
Non era una vera e propria fortezza come quelle che aveva avuto a sua disposizione durante gli anni dell'Orda di Ferro; tuttavia, era abbastanza grande da permettere agli artigiani di avere a loro disposizione uno spazio di lavoro protetto e adeguato alle loro esigenze.
In tempi duri come quello non potevano chiedere di più.
Ai piani superiori dell'edificio erano situati gli alloggi degli Orchi più in alto in grado di quel che restava della loro società. Negli anni i loro ranghi si erano drasticamente ridotti, un po' a causa della morte portata dal conflitto coi Draenei e un po' per tutti quelli che i Vincolaluce avevano convertito alla loro assurda venerazione dei cosiddetti "Naaru".
Tra le perdite più recenti c'era quella del suo unico erede di sangue, Garrosh, che l'Esarca Yrel aveva trascinato tra le sue fila di pazzi ossessionati dalla Luce. Grom viveva la mancanza del figlio alla stessa stregua di un lutto vero e proprio, consapevole che non c'era modo di farlo tornare alla ragione; tuttavia, lui era il Capoguerra e quindi non poteva permettersi il lusso di crogiolarsi nel suo dolore di padre.
A mitigare la sua solitudine però c'erano altri due giovani Orchi che aveva adottato dopo il disfacimento dell'Orda di Ferro, due eredi che gli ricordavano l'epoca in cui aveva avuto sete di sangue e di conquiste e per questo aveva rischiato di veder ridotto in schiavitù tutto il suo popolo.
Grommash percorse un lungo corridoio a fondo cieco e si fermò dinanzi alla porta chiusa all'estremità. Osservò per un momento il legno scuro, sovrappensiero, ponderando su quanto potesse essere giusto o meno coinvolgere l'Orco che si trovava dall'altro lato nei suoi problemi di Capoguerra. Hellscream non era più nel fiore degli anni ma non era ancora da considerarsi un vecchio: la sua fluente chioma nera come la pece aveva da poco tempo cominciato a striarsi di grigio e la sua faccia, segnata perlopiù dalla fatica di guidare i Mag'har attraverso un conflitto che non sembrava voler volgere né a loro favore né tantomeno al termine, aveva la pelle che diventava sempre più rugosa.
Ciononostante rimaneva un possente guerriero e tutti gli altri Orchi rispettavano la sua posizione, la sua forza e le sue decisioni senza mai protestare. Nessuno aspirava a subentrare nella carica di Capoguerra in quel periodo di crisi.
Grommash fu bruscamente strappato alle sue elucubrazioni da un forte tanfo di zolfo e da una nube di fumo nero proveniente dalla piccola grata incastrata nella porta che aveva dinanzi. Lesto afferrò la maniglia e si appoggiò con una spalla contro la porta, spingendola con tutto il non indifferente peso della sua corporatura.
Il battente si aprì con un cigolio dei cardini causato dall'eccessiva violenza che era stata adoperata, quindi il Capoguerra si manifestò nel vano dell'ingresso in tutta la sua mastodontica stazza, riempiendolo completamente ed oscurando la luce proveniente dalle torce all'esterno.
«Erurk! Che succede?!» abbaiò in tono apertamente preoccupato.
Per sua fortuna di luce all'interno della stanza ce ne era abbastanza per vedere cosa stava accadendo e proveniva tutta da un grosso braciere posizionato al centro della sala. Un giovane Orco dalla pelle nero-grigia era seduto a gambe incrociate sul pavimento, accanto al braciere, e teneva in mano una zanna bianca grossa quanto un calice rivolta con la punta verso il basso. Sul lato che avrebbe dovuto essere piatto e largo era stata scavata una rientranza e sul margine esterno erano state incise delle rune che Grom non riusciva ad interpretare.
Nell'altra mano il giovane Orco teneva un paio di grosse tenaglie che sorreggevano un ornamento in ferro scuro, una specie di anello che presentava su un fianco il simbolo dell'Orda. L’oggetto era tenuto sospeso vicino al fuoco del braciere e molto probabilmente era stato quello a produrre l’odore e il fumo che Hellscream aveva percepito prima di entrare.
Erurk alzò lo sguardo dal suo lavoro per spostarlo sul Capoguerra. I suoi occhi ardevano della stessa luce dei tizzoni ardenti vicino a lui e le sue labbra erano incurvate in un'espressione compiaciuta.
«Papà!» esclamò, sorpreso di vederlo «Ho finito giusto poco fa di intagliare il mio primo totem... devo finire gli ultimi dettagli ma mi sembra che sia figo! È un peccato che il Maestro Drek'thar non possa vederlo...» e ciò detto si lasciò sfuggire quella che sarebbe dovuta essere una risatina se solo non fosse stata emessa da qualcuno con una voce bassa e roca come la sua.
A Grommash non sfuggì l'insinuazione dietro le sue parole e si apprestò ad annullare la distanza che li separava per dargli un pugno in testa.
«Porta rispetto verso il tuo Maestro, Erurk!» lo rimproverò in tono severo, prima di piegarsi ad esaminare il suo lavoro.
Come forgiatore non era niente male davvero. La maestria con cui era riuscito a realizzare l'anello ed il simbolo dell'Orda per adornare il suo totem pur non avendo a sua disposizione un intero arsenale di attrezzi da fabbro professionista era impressionante.
«Ahio! Non ho fatto niente di male, ho solo detto la verità!» gemette, piegandosi leggermente in avanti per il dolore «D'accordo, va bene! Sto zitto!» soggiunse subito dopo, notando che il Capoguerra si preparava ad affibbiargli un altro colpo di rimprovero.
Quest'ultimo emise un sospiro esasperato, poi decise di sedersi sul pavimento, accanto a lui. Al contrario di Erurk, per il quale quella posizione doveva risultare abbastanza comoda, a lui ci volle un po' per riuscire a sedersi senza che si lasciasse cadere come un peso morto a terra. La sua schiena curva iniziava a dolergli un po' per l'età, mentre quella di Erurk era dritta come un fuso e difficilmente il ragazzo avrebbe avuto problemi posturali nel futuro se stava già così eretto a quella giovane età.
Quando Grom si fu seduto, fece un cenno all'anello decorato che il figlio adottivo ancora teneva sospeso con le tenaglie.
«Davvero un bel lavoro. L'hai fatto da solo rinchiuso qui dentro?» domandò.
Non aveva avuto modo di trascorrere molto tempo con lui o con la sua sorellastra dopo che Garrosh era stato preso da Yrel e un po' se ne dispiaceva. Desiderava essere un buon padre per loro ma capiva anche che i suoi doveri come Capoguerra venivano prima di molte altre cose, tra le quali figurava anche - purtroppo - l'essere un padre presente.
Erurk sogghignò mostrando i denti, quindi gonfiò il petto con orgoglio e disse: «Ho fatto tutto da solo. Ho dovuto prendere in prestito qualche strumento dalla forgia di sotto... ma il totem e la decorazione sono entrambi fatti a mano da me. Proprio come mi ha insegnato il Maestro Drek'thar».
Grom diede una rapida occhiata alle pareti della stanza, sulle quali erano stati appesi nel corso degli anni numerosi disegni di armature e armi pieni di scarabocchi e annotazioni. Erurk era sicuramente un Orco che aveva passione per la forgiatura e suo padre si sentì improvvisamente in colpa per aver sempre represso il suo talento. Lo aveva fatto per non metterlo in pericolo; tuttavia, era evidente che i suoi sforzi in merito non erano stati sufficienti a tenerlo lontano dalla forgia.
«Sei proprio come tuo nonno» ammise Hellscream, scuotendo il capo con fare apertamente rassegnato «Hai il suo stesso genio per la forgiatura...».
Il viso di Erurk si illuminò di colpo, come se gli avesse appena fatto il più grande complimento possibile.
«Davvero sono come nonno Blackhand?!» chiese con un tono di voce stranamente stridulo per l'evidente eccitazione, lasciando cadere sul pavimento la zanna intagliata «Per favore, lasciami andare nella forgia! Posso aiutare i tuoi fabbri!».
«Questo è fuori discussione!» proibì categorico Grommash, scoccandogli un'occhiata cupa e autoritaria che stroncò in maniera netta l'entusiasmo crescente del figlio adottivo.
Non lo faceva per cattiveria nei suoi confronti né tantomeno per mancanza di fiducia nelle sue capacità. Il fatto era che i fabbri attualmente al lavoro nella fortezza erano tutti anziani Orchi che avevano visto l'alba e il tramonto dell'Orda di Ferro e Grommash temeva che potessero avere del riserbo nei confronti di Erurk a causa della sua discendenza.
Tutti i Mag'har - giovani o vecchi che fossero - erano a conoscenza delle origini sue e della sua sorellastra Krhaga. Erano i nipoti di due tra i più famigerati Capoclan che avessero mai calcato il suolo di Draenor: Blackhand e Kargath Bladefist. Le loro madri erano nate dall'unione tra i due Capoclan e due delle Dame di Ferro poco prima che la Fonderia di Roccianera fosse assaltata e devastata dagli eroi di Azeroth. Il fatto era divenuto di pubblico dominio subito prima che morissero dandoli alla luce, agli albori del conflitto con i Vincolaluce, lasciando i due pargoli alle cure di due padri che morirono in guerra pochi mesi dopo.
Grom si prese cura dei bambini, crescendoli insieme al suo Garrosh e tenendoli al sicuro dagli altri Mag'har. Li mise al corrente delle loro origini solo quando furono abbastanza grandi da capirne le implicazioni, anche se di fatto non li aveva mai messi dinanzi al fatto che c'era la concreta possibilità che alcuni Orchi covassero ancora del risentimento nei riguardi dei loro Antenati.
Erurk abbassò il capo, flettendo in avanti le ampie spalle come per sottomettersi al rimprovero anche fisicamente, al che suo padre sbuffò e disse: «Ascoltami, voglio darti una vera possibilità di dimostrare la tua abilità di fabbro».
Il figlio subito drizzò il capo e i suoi occhi rossi si allargarono per la sorpresa mentre domandava: «Sul serio? Dimmi cosa devo fare e ti farò vedere che da solo posso far meglio di tutti quei vecchi Orchi raggrinziti che lavorano di sot-ahio, ma che ho fatto?!».
Il nuovo colpo di Grom in testa fu recepito ancor peggio del precedente. Il giovane Roccianera si massaggiò il punto colpito con la mano libera, fissando il genitore con espressione confusa e irritata allo stesso tempo.
«Non è una gara per metterti in mostra» lo riprese immediatamente Hellscream in tono duro «Si tratta di un incarico ufficiale che ti affido perché credo che tu possa essere il solo in grado di portarlo a termine nel miglior modo e nel minor tempo possibili» spiegò subito dopo.
L'ultima affermazione servì a catalizzare completamente l'attenzione del ragazzo. Il cuore gli martellava in petto così velocemente che non si sarebbe sorpreso se l'avesse visto schizzargli fuori.
Suo padre gli stava davvero chiedendo di eseguire un lavoro per tutti loro...? Era la prima volta in assoluto che parlava con lui in quei termini e ciò lo fece sentire ancor più orgoglioso dei suoi progressi in materia di forgiatura. Significava che finalmente i suoi sforzi avrebbero potuto avere riconoscimento pubblico, che tutti avrebbero potuto vedere di che pasta era fatto il nipote di Blackhand.
«Che cosa devo fare, padre?» domandò, ansioso di conoscere la risposta.
Grommash si prese un momento per soppesare i pro e i contro del fardello che stava per mettergli sulle spalle. Decise che era abbastanza grande per prendersi le sue responsabilità e mettersi finalmente al servizio della loro comunità in rapido calo, quindi gli rispose: «Ho bisogno che tu rifornisca il nostro arsenale. Con gli ultimi scontri con i Draenei abbiamo perso molti Orchi ma anche molte armi e i fabbri non riescono più a reggere da soli il ritmo di lavoro imposto da questa situazione».
Un ghigno di entusiasmo misto ad arroganza si aprì sul viso di Erurk nel sentirgli pronunciare quelle parole. Doveva essere davvero un periodo cupo per loro se suo padre aveva scelto di coinvolgerlo.
Poteva farlo. Lui possedeva i geni ereditati da Blackhand, il più grande armaiolo mai esistito su Draenor; inoltre si stava addestrando per diventare uno sciamano e benché il Maestro Drek’thar lo considerasse ancora immaturo, i suoi progressi nella comunione con gli elementi erano innegabili.
La sua mente stava già macchinando febbrilmente, ponderando varie strategie che gli avrebbero permesso di accelerare la produzione rispetto ai tempi richiesti da un normale procedimento di forgiatura. Il suo era un cervello brillante e in men che non si dica giunse alla conclusione più logica e diretta che potesse consentirgli di ottenere il risultato migliore.
Il giovane Roccianera balzò in piedi battendosi un colpo sul petto nudo.
«Lascia fare a me padre! Non ti deluderò!» esclamò risoluto.
Il Capoguerra sospirò e annuì con un solenne cenno del capo prima di muoversi lentamente per rimettersi in piedi.
«Sono contento di sentirtelo dire. Con queste armi potremmo sperare di resistere ancora un po’ alle incursioni Draenei...» replicò Hellscream, poggiandogli una mano sull’ampia spalla nuda per poi ritirarsi, lasciando il ragazzo da solo ad organizzare i pensieri e le azioni.

«Spiegami ancora perché sei voluto venire a guardare questo vecchio rudere...».
Krhaga era in piedi dinanzi a quello che una volta era stato il maestoso e mastodontico portone d'accesso alla Fonderia dei Roccianera. Dopo l'incursione degli avventurieri provenienti da Azeroth, il complesso era stato totalmente abbandonato e negli anni la struttura già danneggiata aveva cominciato a cedere, collassando su se stessa.
La Fossatetra si estendeva sul fianco occidentale della fonderia, profonda e cupa come sempre, con i suoi carrelli minerari abbandonati e i resti dei Peoni di Ferro e dei Grunt al servizio di Blackhand che erano ormai diventati cumuli di ossa esposte alle intemperie.
Lo sguardo dell'Orchessa si spostò sull'Orco Roccianera che stava cercando di aprirsi un varco tra le travi cadute e i pezzi di muro che ingombravano l'ingresso. Attaccato sulla schiena portava uno scudo decorato con più spuntoni di ferro di quanti il comune senso dell'estetica avrebbe permesso e nella mano sinistra - che era il suo arto dominante - reggeva un martello, anch'esso di metallo e irto di punte. Doveva essere una delle sue recenti creazioni di forgiatura: aveva cominciato ad essere piuttosto bravo e a manifestare una strana passione per quel tipo particolare di decorazioni. Bastava pensare che i suoi totem avevano tutti quella forma e quel tipo di accessori.
Erurk diede una feroce mazzata ad una trave, spezzandola in due.
«Sono venuto per entrare, non per fare il turista» spiegò irritato l'Orco «Se vuoi rimanere a guardare il panorama fai pure... tch! Mi domando perché ti ho chiesto di accompagnarmi...».
«Me lo chiedo anche io» sbuffò la femmina, avvicinandosi al fratellastro per aiutarlo a spostare un masso caduto dal soffitto che proteggeva l'ingresso.
«Davvero pensi che questo posto possa esserti in qualche modo utile a fare quello che papà ti ha chiesto?!» domandò scettica Krhaga.
Pur essendo una sacerdotessa, possedeva una forza fisica non da poco; infatti insieme i due riuscirono ad aprire un esiguo varco verso la porta, i cui battenti erano stati fatti a pezzi ed erano collassati di traverso l'uno sull'altro, lasciando spazio per entrare.
Erurk non degnò di una immediata risposta la domanda della sorellastra, troppo impegnato a farsi il più piccolo possibile per infilarsi nei pertugi che conducevano all'interno della Fonderia. Krhaga non dovette sforzarsi più di tanto: le Orchesse avevano un fisico più longilineo rispetto ai loro corrispettivi di sesso opposto, per cui le bastò abbassarsi per poter passare laddove l'altro si era invece ridotto quasi a strisciare.
Una volta che furono riusciti nell'impresa, il giovane sciamano si raddrizzò e sorrise nell'osservare quella che una volta doveva essere la sala d'ingresso alla Fonderia di Roccianera e che adesso era soltanto un'enorme cupola scavata nella montagna e quasi del tutto invasa dalla lava.
Una zaffata di bruciato lo investì subito, accompagnata da un'ondata di calore quasi soffocante. Era lo stesso tipo d'ambiente che si trovava in una normale forgia ma molto più esasperato e la cosa lo faceva sentire insolitamente bene. Era come se fosse finalmente riuscito a tornare a casa sua.
«Per gli Antenati, ma è normale che faccia così caldo qui dentro?» sbuffò Krhaga, arrotolando le maniche della sua tunica da sacerdotessa fino ai gomiti. Se avesse potuto si sarebbe spogliata del tutto, ma aveva la sensazione che ovunque avesse appoggiato le sue vesti queste si sarebbero dissolte in una nube di cenere per la calura eccessiva.
Non avrebbe immolato la sua tunica per assistere ai piani folli del suo fratellastro. L'unica cosa che le impediva di girare i tacchi e andarsene era la sensazione che in qualche modo la sua presenza lì sarebbe stata fondamentale nel prossimo futuro. A volte la Luce operava in modi che a lei sfuggivano, o meglio, che non le interessava di approfondire; tuttavia, se il suo istinto le diceva che era lì che doveva essere, non se ne sarebbe andata. Era difficile che si sbagliasse.
Erurk avanzò lentamente verso il lago di lava e si fermò vicino al bordo.
«Vuoi provare a saltarci dentro? Tuo nonno non ne uscì benissimo...» commentò Krhaga in tono sarcastico.
«Mio nonno indossava una gorgiera piena di magma bollente» sibilò Erurk in tono palesemente irritato, voltandosi poi a lanciarle un'occhiataccia da sopra una spalla «Di sicuro era più piacevole dell'avere una vecchia lama arrugginita al posto di una mano».
L'insinuazione riguardante Kargath non passò inosservata ma Krhaga non era abbastanza vicina per dargli il pugno in faccia che si meritava.
«Bada a come parli, o potresti doverti forgiare una protesi invece che preoccuparti delle armi per papà...» si limitò a minacciarlo.
Erurk non diede molto peso alle sue parole, concentrandosi sul suo legame di comunione con gli elementi. Per quanto ancora acerbo fosse, sentiva chiaramente che c'era un punto sotto di loro in cui gli elementali del fuoco erano più numerosi e le loro voci più forti.
«Dobbiamo proseguire» disse soltanto, dirigendosi verso il primo corridoio alla sua destra.
Il cunicolo - che in origine doveva essere stato un corridoio parecchio alto e largo - si inoltrava nelle viscere dell'edificio e della montagna. L'aria era più calda e benché Krhaga la trovasse quasi soffocante, per Erurk non pareva rappresentare un problema così grosso.
L'Orco in questione camminava dritto e spedito, fermandosi solo quando i detriti costituivano un serio ostacolo al suo proseguimento. Sembrava alquanto impaziente di giungere a destinazione, qualunque essa fosse.
Krhaga non l'aveva mai visto così nervoso ed entusiasta allo stesso tempo, nemmeno quando avevano consumato per la prima volta un rapporto sessuale completo tra di loro. Il fatto che non fossero consanguinei e che i continui battibecchi e gli screzi che avevano non facessero che avvicinarli sempre di più li aveva spinti a provare e la cosa era piaciuta ad entrambi.
Grommash era a conoscenza del loro piccolo segreto - avendoli colti in flagrante durante uno dei loro primi, chiassosi amplessi - ma non sembrava incline a parlarne o a vietar loro di farlo.
Solitamente Erurk esprimeva il suo folle genio di fabbro in forma di disegni più o meno precisi, perdendo ore intere a parlare e trascrivere dettagli che per lei erano insignificanti ma che per lui evidentemente erano fondamentali. Aveva scelto di intraprendere l'addestramento con Drek'thar sperando di poter affinare meglio le sue abilità con l'aiuto degli elementi ma fino ad allora l'Orchessa non aveva visto nessun tipo di progresso in quel senso.
Si chiedeva che cosa volesse davvero fare in quel vecchio rudere e sperava che le sue intenzioni non implicassero dei rischi troppo grossi, né per lui né tantomeno per entrambi.
Scendendo arrivarono dinanzi ad un'ampia apertura che si affacciava su una caverna in cui era stato alloggiato un gigantesco macchinario di ferro in tutto e per tutto simile ad un forno. Nella roccia - proprio davanti ad esso - era stata sistemata una grossa griglia di metallo che serviva a coprire una pozza di lava, permettendo così di camminarci sopra, anche se il fumo che fuoriusciva da essa doveva essere arroventato.
Erurk e Krhaga si trovavano in cima ad una sporgenza e il forno era più in basso rispetto a loro; tuttavia, laddove una volta doveva esserci stata una pedana di collegamento che permetteva anche l'accesso a due grotte situate nelle pareti laterali, adesso c'era solo un cumulo di rocce franate che costituiva uno scosceso e non proprio sicuro pendio col quale si poteva direttamente arrivare alla fornace.
Erurk iniziò subito la discesa, cercando di fare attenzione a non distruggere la pila di massi. Krhaga lo seguì dopo poco, rimanendo però indietro ad osservare lo sciamano che depositava le sue armi a terra per poi andare a piazzare uno dei suoi totem ad alcuni metri di distanza, il più vicino possibile alla pozza di lava coperta. La sua zanna intagliata e decorata a mano aveva una sfera di fuoco sospesa sopra la parte scavata.
«Cosa vorresti fare ora con quello?!» domandò.
«Voglio evocare gli elementali che riposano nel cuore della montagna. Con il loro aiuto posso riuscire a forgiare tutte le armi di cui papà ha bisogno!» dichiarò Erurk ad alta voce, per poi tacere e darle le spalle, concentrandosi in ciò che doveva fare.
Krhaga era un po’ scettica riguardo alle sue intenzioni ma rimase in silenzio ad osservarlo.
L’Orco chiuse gli occhi e si concentrò, ricercando dentro di sé il suo legame con gli elementi. Drek’thar gli aveva insegnato come comunicare con loro, chiedere assistenza per ciò che doveva fare, senza mai dimostrarsi troppo arrogante né pretendere il loro intervento.
Riuscì a connettersi con il Fuoco che ardeva nel cuore della montagna, impetuoso e libero, e chiese il suo aiuto. Non era ancora uno sciamano fatto e finito ma confidava nelle sue capacità per ottenere quello di cui aveva bisogno.
Dovette impegnarsi a fondo per riuscire ad evocare un elementale nel piano materiale. Non ci aveva mai provato prima di allora, dato che il suo maestro si era limitato a farlo entrare in contatto con gli elementi.
Lo sforzo di mantenere il legame fino a far sì che l’elementale si formasse a partire dalla lava che si trovava al di sotto della grata nel pavimento fu tale da prostrarlo. Erurk cadde in ginocchio, guardando dal basso l’entità che aveva evocato con un cipiglio di palese adorazione mista a soddisfazione.
Ce l’aveva fatta! Era riuscito nella sua prima evocazione elementale, da solo! Il Maestro Drek’thar avrebbe dovuto riconoscergli i suoi meriti quando fosse tornato indietro con le armi richieste dal Capoguerra.
«Ti prego, assistimi!» esalò, rivolgendosi alla creatura «Aiutami a forgiare le armi che serviranno a proteggere la mia gente!».
L’elementale abbassò verso di lui il suo viso, appena accennato nella massa di fuoco che costituiva il suo corpo. Erurk sentì il suo potere pervaderlo, caldo e corroborante, come se stesse cercando di possedere il suo corpo. L’Orco aprì le braccia per offrirsi al potere dell’elementale; tuttavia, in quel preciso istante, un latrato di dolore e frustrazione gli riecheggiò nella testa, penetrandogli il cervello come una lama incandescente.
Di colpo un terrore strisciante si impadronì di lui, accompagnato dal dolore più forte e atroce che avesse mai sperimentato in tutta la sua breve vita.
Krhaga, che fino ad allora era rimasta in disparte ad osservare meravigliata la creatura di fuoco evocata da Erurk, vide quest’ultimo piegare le braccia - aperte in un gesto di supplica e reverenza insieme - e afferrarsi il cranio con entrambe le mani. Il suo corpo massiccio tremava nonostante l’aria bollente.
L’Orchessa cambiò postura, intuendo che qualcosa non stava andando come avrebbe dovuto.
«Erurk!» esclamò, come a volerlo rimproverare.
L’attimo dopo il silenzio fu spezzato dalle grida lancinanti dell’Orco, alle quali si sovrappose il roboante ruggito di rabbia dell’elementale.
Erurk non riusciva a sentire nemmeno i suoi pensieri, soverchiato dal dolore inflittogli dall’elementale senza che nemmeno lo stesse toccando.
Non capiva cosa avesse sbagliato. Lo aveva evocato chiedendo aiuto, senza pretenderlo, come gli aveva spiegato Drek’thar. Perché non aveva funzionato?!
Sopra la sua voce - non ricordava nemmeno di essersi messo ad urlare - si udì all’improvviso una sola parola, carica di odio e risentimento, che bastò in qualche modo a far comprendere allo sciamano che si era spinto troppo oltre.
«Roccianera!» latrò l’elementale, aprendo le braccia cominciando a muoversi lentamente verso il suo evocatore.
Krhaga cominciò a correre verso di lui senza nemmeno pensarci, chiamandolo: «Erurk! Vattene da lì!».
L’Orco Roccianera era piegato dal dolore, e benché riuscisse a sentire la sorellastra chiamarlo e dirgli di scappare, il suo corpo si rifiutava di farlo. Gli occorse tutta la forza di volontà di cui era dotato per riuscire solo a ruotarsi e muoversi carponi verso la sua accompagnatrice.
Non servì a niente: l’elementale incombeva su di lui ormai. Krhaga lo vide sollevare un arto e in un estremo tentativo di evitare il peggio chiamò la Luce in suo aiuto e lanciò un incantesimo verso il fratellastro, che fu avvolto da una bolla di energia luminosa e traslucida.
Il colpo che l’elementale calò verso Erurk cozzò contro la bolla producendo delle scintille e l’Orchessa stava per esultare nell’essere riuscita a difenderlo quando lo scudo di Luce andò in pezzi con un rumore di vetro infranto e una sferzata di lava si abbatté impietosa sulla schiena nuda dell’Orco Roccianera.
Gli occhi di Erurk si ribaltarono all’indietro mentre gridava e poi si accasciò sul pavimento, senza più muoversi. Krhaga rimase un istante a fissarlo, incredula, poi digrignò i denti e cacciò un ululato di rabbia mentre uno scudo di Luce le compariva attorno e le sue mani venivano avvolte di scintille dorate.
Attaccò l’elementale. Era potente e infuriato, ma lei lo era di più; inoltre, lei poteva curare le proprie ferite mentre lo attaccava, prolungando di fatto la durata dello scontro e riuscendo infine a distruggere il suo nemico, il cui corpo si dissolse nella lava sottostante.
A quel punto, la sacerdotessa corse al fianco del fratellastro. La sua schiena era solcata da un’ustione grave che somigliava ad un’artigliata. La sua carne puzzava di bruciato e la sacerdotessa si ritrovò ad essere contenta che Erurk amasse andare in giro a torso nudo: se avesse indossato un’armatura di maglia intera, quella adesso si sarebbe probabilmente sciolta per il contatto con la lava e il danno sarebbe stato ancora più grave.
La femmina poggiò una mano sul suo collo e sentì con gioia che era ancora vivo, anche se per un soffio. Le sue abilità di curatrice non erano sufficienti a curarlo come si deve e se non si fosse rimesso in sesto dubitava di riuscire a trasportarlo fino al loro insediamento.
Doveva portarlo subito da sacerdoti più esperti, e per farlo doveva ricorrere alla magia.
«Adesso ti riporto da papà» disse, estraendo da una tasca nascosta della sua tunica una pietra bianca con incisa una spirale azzurra.
Attivò l’incantesimo di teletrasporto della Pietra del Ritorno e i due svanirono in un lampo di luce.

Quando Erurk riprese i sensi, era disteso prono su un letto e di fronte al suo viso c’erano Krhaga e Grommash, entrambi cupi in volto.
Non appena si resero conto che aveva aperto gli occhi, Grom si produsse in un blando sorriso carico di stanchezza e Krhaga balzò in piedi.
«Ti sei ripreso! Temevo che avrei perso un altro fratello!» esclamò con palese sollievo.
Il riferimento a Garrosh passò subito in secondo piano e nessuno aveva voglia di commentare in proposito.
«Dove siamo? Questa… non è la Fonderia…» borbottò lo sciamano, percependo una certa frescura nell’aria attorno a sé.
«Siamo nella fortezza» rispose Grom con voce greve «Perché sei andato nella vecchia Fonderia?! Krhaga mi ha raccontato tutto… Drek’thar non ti ha mai fatto evocare niente prima d’ora, cosa pensavi di fare?! Cosa volevi dimostrare?» abbaiò subito dopo, evidentemente arrabbiato con lui.
«Volevo… volevo solo accelerare il lavoro...» borbottò Erurk, abbassando il capo con aria depressa.
«Potevi morire lì sotto!» ringhiò Grommash furioso «Ti proibisco di tornarci, è chiaro?».
«Ma…! Un’intera Fonderia, così grande…!» cercò di protestare il giovane Roccianera, tentando senza successo di mettersi seduto, ma suo padre lo interruppe di nuovo.
«Te lo ordino. Come Capoguerra».
Le sue parole furono accolte da un silenzio tombale. Erurk stava per ribattere ma tacque, serrando i denti e fissando il padre negli occhi dal basso.
Krhaga passò lo sguardo dall’uno all’altro, aspettandosi che la discussione riprendesse; tuttavia, le sue aspettative furono deluse quando il Capoguerra volse la schiena al figlio per uscire dalla stanza.
Erurk si girò faticosamente su un fianco e disse a voce alta: «Quell’elementale… prima di attaccarmi mi ha chiamato ‘Roccianera’, come se fosse un insulto. È per quello che non devo tornarci? Perché il Fuoco che arde nel cuore della Fonderia odia il mio clan?».
Grommash si fermò sulla soglia e senza voltarsi disse: «Le torture che tuo nonno inflisse a quegli elementali durante la guerra… difficilmente verranno dimenticate».
E poi se ne andò, lasciando fratello e sorella da soli.
«Pare che tuo nonno ti abbia lasciato una notevole eredità su quelle spalle enormi che ti ritrovi» ridacchiò Krhaga, cercando di allentare la tensione che gravava nell’aria.
«Così pare...» grugnì Erurk, abbassando lo sguardo sul suo torso completamente fasciato «… quanto è grave l’ustione?».
«Parecchio. Ci sei quasi rimasto secco e ti ho dovuto teletrasportare indietro per farti curare da qualcuno di esperto» spiegò cupa l’Orchessa «E menomale… gli altri curatori hanno detto che se avessi provato ad intervenire prima di tornare indietro forse sarebbe stato trop...».
«Non l’avete ancora rimarginata del tutto, vero? Altrimenti non avrei tutte queste bende addosso» la interruppe Erurk con impazienza.
«Drek’thar dice che è meglio lasciare che la ferita si rimargini da sola… ma perché ti interessa saperlo?».
Lo sciamano alzò gli occhi rossi su di lei, fissandola con cipiglio greve mentre parlava: «Voglio che la cicatrice rimanga. Fai in modo che il segno resti. Per sempre».
Krhaga lo fissò con espressione scettica. A lei piacevano le cicatrici che rimanevano in bella mostra sulla pelle, ma lei era un’Orchessa Manomozza e quel tipo di vezzo estetico era intrinseco del suo clan originario e ancor di più di suo nonno Kargath Bladefist.
«Da quando ti piace esibire le cicatrici…? E comunque quella è enorme… praticamente avresti la schiena sfregiata a vita» gli fece presente la sacerdotessa, perplessa dinanzi alla sua richiesta.
«Bene, non chiedo di meglio. Se devo portare il fardello della rabbia degli elementi che vivono nel cuore della Fonderia dei Roccianera… così sia. Ma voglio che tutti lo vedano» spiegò l’Orco in tono quasi solenne.
Krhaga lo guardò corrugando le sopracciglia, soppesando le sue parole; infine disse: «Come vuoi. Togliti le bende… e preparati a soffrire».
This account has disabled anonymous posting.
If you don't have an account you can create one now.
HTML doesn't work in the subject.
More info about formatting

Info ♥

Benvenuti nel mio journal personale, dove posto tutte le mie fiffi!
Qui troverete un po' di tutto sia per tipo di relazioni (het, yaoi e yuri) sia per rating (con prevalenza di lavori NSFW). Se ciò non vi aggrada, migrate tranquillamente verso siti a voi più gradevoli; in caso contrario, buona permanenza e buona lettura! ♥

I personaggi di cui scrivo non appartengono a me ma sono dei rispettivi proprietari - salvo gli originali, che sono di mia esclusiva proprietà.

Tags