Blood and Thunder
Jan. 30th, 2021 02:53 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Blood and Thunder
Rating: Verde
Genere: Demenziale, Generale
Personaggi: Björg Rokelon (OC by XShade-Shinra), Dren Thickjolt (OC!Mezzorco)
Wordcount: 2270 (wordcounter)
Prompt: Grido e Scossa per il Capitolo 2 (2° settimana) di "Esploratori del Polyverso" @ Lande Di Fandom
Note: Gen
Nel momento in cui riuscì a fissare la seconda vite nel suo alloggio, un sorriso trionfante e compiaciuto si dipinse sul suo volto, accompagnato da un ruggito vittorioso.
Il suo entusiasmo per la sostituzione riuscita si manifestò fisicamente con una scintilla elettrica tra le sue dita - nude e ancora pericolosamente vicine al circuito aperto - e una delle sue capocchie d’argento.
Le giornate su A’cria erano sempre un mistero riguardo al clima: un giorno il sole splendeva alto sulla foresta circostante, raggiungendo temperature da far invidia al deserto in cui Dren aveva vissuto per tutta la sua breve vita; il giorno seguente pioveva a dirotto e l’umidità raggiungeva livelli tali da fargli temere che con un colpo accidentale della sua mitrabalestra potesse innescare un incendio. Benché fosse cresciuto in un luogo in cui l’umidità era quasi una leggenda, era perfettamente consapevole che l’aria umida era un conduttore elettrico molto più potente dell’aria secca - anche se era più facile credere il contrario - per cui in quelle giornate preferiva tenersi lontano dalla sua arma, onde scongiurare scintille accidentali - eventualità che troppo spesso si era verificata perché non si presentasse proprio nel momento sbagliato.
Per fortuna quel giorno il clima era sereno e l’umidità atmosferica bassa. Era quasi l’ora di pranzo e all’esterno della tenda in cui Dren e il suo gruppo alloggiavano c’era un gran via vai di persone che scalpicciavano.
Il Mezzorco si era ormai abituato al rumore, al punto da riuscire ad utilizzare la frequenza dei passi e il tipo degli stessi a mo’ di allarme, per essere pronto ad intervenire in caso ci fossero stati problemi in arrivo.
Kanda e Mia erano fuori in cerca di legname e - possibilmente - altre provviste dell’ultimo minuto da aggiungere al menù della cena. Mia, l’ultimo guadagno del gruppo, era sempre entusiasta all’idea di andare in cerca di cibo, il che per Dren era un sollievo dato che in tal modo poteva rimanere al campo base più a lungo e dedicarsi allo studio della sua arma in cerca di nuovi metodi per sbloccare il suo pieno potenziale.
Björg era l’addetta alla cucina, e nessuno dei quattro poteva lamentarsene dato che era discretamente brava. Al momento era fuori della tenda, intenta a preparare il pranzo, e pareva cavarsela da sola senza intoppi a giudicare dalla carenza di fiamme sulla tenda o di grida di terrore.
Dren era seduto da solo al centro della tenda, su un malconcio telo color sabbia che presentava già alcune piccole bruciature dai suoi precedenti “incidenti”. Era seduto a gambe incrociate, che utilizzava per mantenere in posizione la sua mitrabalestra mentre armeggiava con un cacciavite e un paio di grosse pinze nell’interno della “canna” nell’arma, in prossimità della punta.
Aveva un’espressione incredibilmente assorta mentre lavorava, più seria e concentrata di quella che normalmente esibiva anche trovandosi in situazioni di estremo pericolo. Era evidente che considerasse maggiormente degno di attenzione quel genere di lavoro piuttosto che il portare a casa la pelle quando usciva all’avventura.
La sua inseparabile fedora al momento non si trovava sulla sua testa, un evento più unico che raro; pertanto la sua corta chioma corvina naturalmente pettinata all’indietro era in bella mostra per chiunque si fosse affacciato all’interno della tenda. Il cappello era sul telo su cui era accovacciato e la sommità era stata schiacciata leggermente a creare una piccola concavità in cui aveva appoggiato viti e bulloni che aveva già tolto.
Nelle immediate vicinanze dell’accessorio si trovava una morbida custodia piuttosto sdrucita, completamente aperta a mostrare una piccola gamma di attrezzi da manovale. Dren non aveva idea di dove si fosse procurato quegli oggetti Kanda: un giorno dopo l’arrivo dell’ennesima carovana di scorte dall’Accademia, gli si era avvicinato passandogli l’involto con espressione seria.
«Guarda di non farmi pentire di averteli trovati» gli aveva detto con tono minaccioso «E smetti di brontolare nel sonno di non poter trafficare con il tuo giocattolo» aveva aggiunto, scoccando un’occhiata diffidente alla mitrabalestra.
Dren era rimasto alquanto perplesso sia per il regalo - perché nessuno gli avrebbe mai tolto dal cervello l’idea che quello fosse - sia per il commento successivo. Come poteva avere il controllo su ciò che diceva nel sonno…?
Il Mezzorco rimosse con incredibile cura e delicatezza - a dispetto delle sue mani grosse che davano l’impressione di essere tutt’altro che aggraziate - un paio di viti arrugginite, leggermente ritorte e con la testa bruciacchiata, mettendole insieme al resto sulla sua fedora. Sembrava aver paura che si rompessero al minimo gesto brusco tanto le muoveva piano. Una volta terminato il trasporto, appoggiò di lato gli attrezzi che aveva in mano e si mise a scorrere con lo sguardo gli altri in cerca di quello che gli serviva adesso. Aveva chiaro in mente ciò che doveva fare come se stesse seguendo un manuale di istruzioni.
Prese un paio di viti con la testa arrotondata ed il corpo allungato e un cacciavite a croce, quindi iniziò ad avvitarne una all’interno del foro di una placchetta metallica. La differenza nel materiale era palese dal luccichio delle superfici: le placche angolari erano più scure e in alcuni punti vicino ai forellini vuoti risultavano annerite; le viti scintillavano alla luce del sole che entrava da diversi spiragli nel perimetro della tenda.
Dren aveva dato il meglio di sé per riuscire ad ottenere dell’argento da modellare a vite. Le tecniche della forgiatura gli sfuggivano completamente, ma il principio era abbastanza semplice perché riuscisse ad applicarlo artigianalmente - anche se nel far ciò si era procurato diverse ustioni alle dita.
Le sue viti erano rozze e sembravano più spilli con la capocchia stondata che altro; tuttavia, era riuscito ad ottenere un diametro sufficiente affinché si incastrassero nelle placchette. Quello era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Nel momento in cui riuscì a fissare la seconda vite nel suo alloggio, un sorriso trionfante e compiaciuto si dipinse sul suo volto, accompagnato da un ruggito vittorioso.
Il suo entusiasmo per la sostituzione riuscita si manifestò fisicamente con una scintilla elettrica tra le sue dita - nude e ancora pericolosamente vicine al circuito aperto - e una delle sue capocchie d’argento.
Dren percepì distintamente il collegamento con la sua arma in forma di scossa elettrica, un secondo prima che dalla punta della mitrabalestra - che teneva appoggiata di traverso su una coscia - esplodesse un fulmine che lo colpì sul fianco.
La sua espressione entusiasta si distorse istantaneamente in una smorfia di dolore mentre cacciava un grido selvaggio di sofferenza, ribaltando la mitrabalestra a terra con una gomitata nel portarsi il braccio opposto alla ferita. Il riflesso si rivelò stupido quanto la sua decisione di tenere l’arma puntata verso di sé: al contatto coi polpastrelli ancora elettricamente carichi la fitta di dolore al costato si intensificò di colpo, costringendolo ad abbandonare la posizione.
«Dren! Che succede?!».
Trafelata, Björg fece capolino dall’ingresso della tenda, gli occhi bicolore sgranati per la paura: non aveva mai sentito emettere al suo compagno di viaggio un verso di dolore forte e primitivo come quello che aveva appena udito. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave.
Lo vide seduto dove era nel momento in cui era uscita ad occuparsi del pranzo, ma incurvato in avanti e con la mitrabalestra buttata a terra poco distante. Sul fianco destro, la maglietta che indossava esibiva una macchia nera attorno ad un taglio che gli attraversava il costato, mettendo in mostra una lunga ferita superficiale. Nell’aria c’era l’acre odore della pelle e della stoffa bruciati.
Il Mezzorco, udendo il richiamo, alzò gli occhi marroni verso di lei, esprimendo al tempo stesso sofferenza, stupore e senso di colpa.
«Non è niente...» ringhiò a denti stretti, sforzandosi di tenere gli arti lontano dal punto leso per timore di prendersi un’altra scossa.
Björg lo ignorò, attraversando di corsa la tenda per affiancarlo.
«Ma come non è niente! Hai un’altra ustione!» lo brontolò la ragazzina con espressione corrucciata, toccando il contorno annerito della maglia avendo cura di non avvicinarsi troppo al margine. Nel farlo, Dren ebbe uno spasimo e Björg si rabbuiò all’istante.
«Togliti la maglia. Adesso» disse, alzandosi per aggirarlo e andare a piazzarsi dirimpetto a lui.
«Non ti starai preoccupando di ricucirmi la maglietta… non rischio di prendermi un malanno per uno strappetto insulso come quello» borbottò il Mezzorco, guardandola con diffidenza dal basso verso l’alto, per poi rivolgere un’occhiata più apprensiva nella direzione della sua arma. Più della sua bruciatura, lo preoccupava verificare che il suo lavoro non fosse andato a puttane per uno stupido incidente.
Björg notò il movimento dei suoi occhi e si spostò di conseguenza, frapponendosi tra lui e la mitrabalestra.
«La maglia» tornò a ribadire, protendendosi per afferrargli il margine inferiore. La sua bassa statura e la corporatura estremamente esile in quel frangente giocava in suo favore: riuscì a sgusciare sotto le braccia grosse e muscolose di Dren prima che lui riuscisse a bloccarla. Afferrò la maglia con presa ferma e tirò verso l’alto.
Il Mezzorco ululò quando lo strappo nella maglia si rifiutò di staccarsi dalla pelle bruciacchiata e cercò di divincolarsi. Björg gli afferrò il braccio destro e lo spinse via, ponendosi in ginocchio accanto a lui.
«Lo sapevo, si è attaccata» commentò con un sospiro rassegnato.
Dren, che stava facendo del suo meglio per reprimere delle poco virili lacrime di dolore, sbottò: «Se lo sapevi perché hai cercato di toglierla?!».
«Perché sei cocciuto e finché non ti fai male non capisci» rispose senza esitazioni la ragazzina «Vado a prendere qualcosa per medicarti. Tu aspettami… e stai fermo».
Ciò detto, Björg si alzò e si affrettò ad uscire, accompagnata dall’inconfondibile suono delle sue scarpette laccate nere.
Il Mezzorco era tuttavia ben lungi dall’essere ubbidiente: non appena rimase da solo, si avvicinò carponi alla sua mitrabalestra per controllare se l’avesse danneggiata. Il fianco gli doleva ad ogni minimo movimento, ma non gli interessava.
Riuscì a raggiungerla e si accovacciò seduto accanto ad essa, tirandola sulle proprie gambe per esaminarla più da vicino. Così facendo, si posizionò dando l’ampia schiena all’ingresso della tenda - ora più vicino.
Björg ritornò pochi istanti dopo, trasportando dei rotoli di bende e una scatolina rossa con una croce bianca al centro. Correva, ansimando appena, le guance arrossate per la sollecitudine.
Non si aspettava che quel testone di un Mezzorco avesse davvero osato muoversi e non riuscì a fermarsi prima di investirlo, capitombolandogli sull’ampia schiena. Il contraccolpo colse del tutto alla sprovvista l’altro, che si lasciò sfuggire di mano la mitrabalestra.
Una sfumatura di panico gli velò lo sguardo mentre si affannava con movimenti frenetici delle mani a riprendere la sua arma prima che cadesse di nuovo a terra. Riuscì nell’impresa dopo alcuni tentativi falliti e tirò un enorme sospiro di sollievo.
«Ti avevo detto di stare fermo!» protestò dietro di lui Björg.
«Dovevo controllare che non si fosse rot...»
«Posa quell’aggeggio, per favore, e fatti medicare» lo interruppe più calma la ragazza, prendendo il telo poco distante e stendendolo accanto al Mezzorco, in modo che potesse inginocchiarsi senza sporcare le calze ed il vestitino.
Stavolta Dren ubbidì, più per mancanza di una chance effettiva di riuscire a sottrarsi che altro.
Björg era piuttosto brava con il kit di primo soccorso e Dren, con tutte le volte che si era procurato escoriazioni e bruciature, era diventato la sua cavia per esercitazioni principale.
Con delicatezza rimosse i contorni della maglia adesi, lo disinfettò e gli applicò una fasciatura.
«Perché quando traffichi con quell’arma finisci sempre col bruciarti da qualche parte?» domandò alla fine della medicazione Björg, con un sospiro esasperato «Non ha la sicura?».
«Sì e no» rispose laconico il Mezzorco.
All’occhiata confusa che la sua interlocutrice gli rivolse, lui prese fiato e iniziò a spiegare: «Le capocchie dello spinterogeno del circuito primario si sono rovinate con l’usura, per cui ho dovuto sostituirle con qualcosa di nuovo, ma non avevo viti adatte per cui sono andato a cercare dell’argento, visto che è un miglior conduttore elettrico del ferro, poi l’ho lavorato e l’ho sostituito; tuttavia, l’arma è sprovvista di un generatore di tensione alternata accoppiato ad un trasformatore per dare l’impulso elettrico necessario ad attivare il circuito primario. Perché quello sono io».
Björg era sorpresa dalla quantità di parole che erano uscite dalla sua bocca nel giro di così poco tempo; soprattutto, era stupita dal fatto che molte delle stesse le risultassero incomprensibili.
«Perché sei tu… cosa?» chiese alla fine di getto, senza nemmeno pensare.
«Il generatore di tensione» rispose Dren prontamente, inarcando un sopracciglio come a domandare se avesse seguito il suo discorso.
«Oh… certo» Björg annuì con un cenno del capo convinto «Scusami, mi ero persa l’ultima parte».
Come potesse un Mezzorco fare da “generatore” per qualcosa era un mistero, però aveva visto cosa riusciva a fare quella mitrabalestra tra le sue mani, quindi era convinta che sapesse di cosa stava parlando… ma lo sapeva soltanto lui.
«Anziché rischiare di bruciarti di nuovo con quella, perché non vieni fuori e mi aiuti a preparare il pranzo per tutti? Oggi nel menù abbiamo carne in agrodolce» esclamò la ragazzina, sviando prontamente il discorso su un terreno per lei meno estraneo.
Dren non tentennò neanche per un secondo. Le riparazioni erano ultimate e moriva di fame.
«Richiudo lo sportello del circuito e arrivo!» rispose con un largo sorriso entusiasta, rialzandosi per andare a recuperare le parti mancanti appoggiate sulla sua postazione originale.
Guardandolo allontanarsi leggermente acciaccato per la ferita ma come se niente fosse accaduto, Björg non poté fare a meno di domandarsi quali segreti si celassero dietro l’apparenza di Mezzorco semplice e più incline alle risse che alle discussioni sofisticate: se quella spiegazione di poco prima non era da classificarsi come “intellettuale”, Björg non avrebbe saputo dire cos’altro potesse essere.
Rating: Verde
Genere: Demenziale, Generale
Personaggi: Björg Rokelon (OC by XShade-Shinra), Dren Thickjolt (OC!Mezzorco)
Wordcount: 2270 (wordcounter)
Prompt: Grido e Scossa per il Capitolo 2 (2° settimana) di "Esploratori del Polyverso" @ Lande Di Fandom
Note: Gen
Nel momento in cui riuscì a fissare la seconda vite nel suo alloggio, un sorriso trionfante e compiaciuto si dipinse sul suo volto, accompagnato da un ruggito vittorioso.
Il suo entusiasmo per la sostituzione riuscita si manifestò fisicamente con una scintilla elettrica tra le sue dita - nude e ancora pericolosamente vicine al circuito aperto - e una delle sue capocchie d’argento.
Le giornate su A’cria erano sempre un mistero riguardo al clima: un giorno il sole splendeva alto sulla foresta circostante, raggiungendo temperature da far invidia al deserto in cui Dren aveva vissuto per tutta la sua breve vita; il giorno seguente pioveva a dirotto e l’umidità raggiungeva livelli tali da fargli temere che con un colpo accidentale della sua mitrabalestra potesse innescare un incendio. Benché fosse cresciuto in un luogo in cui l’umidità era quasi una leggenda, era perfettamente consapevole che l’aria umida era un conduttore elettrico molto più potente dell’aria secca - anche se era più facile credere il contrario - per cui in quelle giornate preferiva tenersi lontano dalla sua arma, onde scongiurare scintille accidentali - eventualità che troppo spesso si era verificata perché non si presentasse proprio nel momento sbagliato.
Per fortuna quel giorno il clima era sereno e l’umidità atmosferica bassa. Era quasi l’ora di pranzo e all’esterno della tenda in cui Dren e il suo gruppo alloggiavano c’era un gran via vai di persone che scalpicciavano.
Il Mezzorco si era ormai abituato al rumore, al punto da riuscire ad utilizzare la frequenza dei passi e il tipo degli stessi a mo’ di allarme, per essere pronto ad intervenire in caso ci fossero stati problemi in arrivo.
Kanda e Mia erano fuori in cerca di legname e - possibilmente - altre provviste dell’ultimo minuto da aggiungere al menù della cena. Mia, l’ultimo guadagno del gruppo, era sempre entusiasta all’idea di andare in cerca di cibo, il che per Dren era un sollievo dato che in tal modo poteva rimanere al campo base più a lungo e dedicarsi allo studio della sua arma in cerca di nuovi metodi per sbloccare il suo pieno potenziale.
Björg era l’addetta alla cucina, e nessuno dei quattro poteva lamentarsene dato che era discretamente brava. Al momento era fuori della tenda, intenta a preparare il pranzo, e pareva cavarsela da sola senza intoppi a giudicare dalla carenza di fiamme sulla tenda o di grida di terrore.
Dren era seduto da solo al centro della tenda, su un malconcio telo color sabbia che presentava già alcune piccole bruciature dai suoi precedenti “incidenti”. Era seduto a gambe incrociate, che utilizzava per mantenere in posizione la sua mitrabalestra mentre armeggiava con un cacciavite e un paio di grosse pinze nell’interno della “canna” nell’arma, in prossimità della punta.
Aveva un’espressione incredibilmente assorta mentre lavorava, più seria e concentrata di quella che normalmente esibiva anche trovandosi in situazioni di estremo pericolo. Era evidente che considerasse maggiormente degno di attenzione quel genere di lavoro piuttosto che il portare a casa la pelle quando usciva all’avventura.
La sua inseparabile fedora al momento non si trovava sulla sua testa, un evento più unico che raro; pertanto la sua corta chioma corvina naturalmente pettinata all’indietro era in bella mostra per chiunque si fosse affacciato all’interno della tenda. Il cappello era sul telo su cui era accovacciato e la sommità era stata schiacciata leggermente a creare una piccola concavità in cui aveva appoggiato viti e bulloni che aveva già tolto.
Nelle immediate vicinanze dell’accessorio si trovava una morbida custodia piuttosto sdrucita, completamente aperta a mostrare una piccola gamma di attrezzi da manovale. Dren non aveva idea di dove si fosse procurato quegli oggetti Kanda: un giorno dopo l’arrivo dell’ennesima carovana di scorte dall’Accademia, gli si era avvicinato passandogli l’involto con espressione seria.
«Guarda di non farmi pentire di averteli trovati» gli aveva detto con tono minaccioso «E smetti di brontolare nel sonno di non poter trafficare con il tuo giocattolo» aveva aggiunto, scoccando un’occhiata diffidente alla mitrabalestra.
Dren era rimasto alquanto perplesso sia per il regalo - perché nessuno gli avrebbe mai tolto dal cervello l’idea che quello fosse - sia per il commento successivo. Come poteva avere il controllo su ciò che diceva nel sonno…?
Il Mezzorco rimosse con incredibile cura e delicatezza - a dispetto delle sue mani grosse che davano l’impressione di essere tutt’altro che aggraziate - un paio di viti arrugginite, leggermente ritorte e con la testa bruciacchiata, mettendole insieme al resto sulla sua fedora. Sembrava aver paura che si rompessero al minimo gesto brusco tanto le muoveva piano. Una volta terminato il trasporto, appoggiò di lato gli attrezzi che aveva in mano e si mise a scorrere con lo sguardo gli altri in cerca di quello che gli serviva adesso. Aveva chiaro in mente ciò che doveva fare come se stesse seguendo un manuale di istruzioni.
Prese un paio di viti con la testa arrotondata ed il corpo allungato e un cacciavite a croce, quindi iniziò ad avvitarne una all’interno del foro di una placchetta metallica. La differenza nel materiale era palese dal luccichio delle superfici: le placche angolari erano più scure e in alcuni punti vicino ai forellini vuoti risultavano annerite; le viti scintillavano alla luce del sole che entrava da diversi spiragli nel perimetro della tenda.
Dren aveva dato il meglio di sé per riuscire ad ottenere dell’argento da modellare a vite. Le tecniche della forgiatura gli sfuggivano completamente, ma il principio era abbastanza semplice perché riuscisse ad applicarlo artigianalmente - anche se nel far ciò si era procurato diverse ustioni alle dita.
Le sue viti erano rozze e sembravano più spilli con la capocchia stondata che altro; tuttavia, era riuscito ad ottenere un diametro sufficiente affinché si incastrassero nelle placchette. Quello era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Nel momento in cui riuscì a fissare la seconda vite nel suo alloggio, un sorriso trionfante e compiaciuto si dipinse sul suo volto, accompagnato da un ruggito vittorioso.
Il suo entusiasmo per la sostituzione riuscita si manifestò fisicamente con una scintilla elettrica tra le sue dita - nude e ancora pericolosamente vicine al circuito aperto - e una delle sue capocchie d’argento.
Dren percepì distintamente il collegamento con la sua arma in forma di scossa elettrica, un secondo prima che dalla punta della mitrabalestra - che teneva appoggiata di traverso su una coscia - esplodesse un fulmine che lo colpì sul fianco.
La sua espressione entusiasta si distorse istantaneamente in una smorfia di dolore mentre cacciava un grido selvaggio di sofferenza, ribaltando la mitrabalestra a terra con una gomitata nel portarsi il braccio opposto alla ferita. Il riflesso si rivelò stupido quanto la sua decisione di tenere l’arma puntata verso di sé: al contatto coi polpastrelli ancora elettricamente carichi la fitta di dolore al costato si intensificò di colpo, costringendolo ad abbandonare la posizione.
«Dren! Che succede?!».
Trafelata, Björg fece capolino dall’ingresso della tenda, gli occhi bicolore sgranati per la paura: non aveva mai sentito emettere al suo compagno di viaggio un verso di dolore forte e primitivo come quello che aveva appena udito. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave.
Lo vide seduto dove era nel momento in cui era uscita ad occuparsi del pranzo, ma incurvato in avanti e con la mitrabalestra buttata a terra poco distante. Sul fianco destro, la maglietta che indossava esibiva una macchia nera attorno ad un taglio che gli attraversava il costato, mettendo in mostra una lunga ferita superficiale. Nell’aria c’era l’acre odore della pelle e della stoffa bruciati.
Il Mezzorco, udendo il richiamo, alzò gli occhi marroni verso di lei, esprimendo al tempo stesso sofferenza, stupore e senso di colpa.
«Non è niente...» ringhiò a denti stretti, sforzandosi di tenere gli arti lontano dal punto leso per timore di prendersi un’altra scossa.
Björg lo ignorò, attraversando di corsa la tenda per affiancarlo.
«Ma come non è niente! Hai un’altra ustione!» lo brontolò la ragazzina con espressione corrucciata, toccando il contorno annerito della maglia avendo cura di non avvicinarsi troppo al margine. Nel farlo, Dren ebbe uno spasimo e Björg si rabbuiò all’istante.
«Togliti la maglia. Adesso» disse, alzandosi per aggirarlo e andare a piazzarsi dirimpetto a lui.
«Non ti starai preoccupando di ricucirmi la maglietta… non rischio di prendermi un malanno per uno strappetto insulso come quello» borbottò il Mezzorco, guardandola con diffidenza dal basso verso l’alto, per poi rivolgere un’occhiata più apprensiva nella direzione della sua arma. Più della sua bruciatura, lo preoccupava verificare che il suo lavoro non fosse andato a puttane per uno stupido incidente.
Björg notò il movimento dei suoi occhi e si spostò di conseguenza, frapponendosi tra lui e la mitrabalestra.
«La maglia» tornò a ribadire, protendendosi per afferrargli il margine inferiore. La sua bassa statura e la corporatura estremamente esile in quel frangente giocava in suo favore: riuscì a sgusciare sotto le braccia grosse e muscolose di Dren prima che lui riuscisse a bloccarla. Afferrò la maglia con presa ferma e tirò verso l’alto.
Il Mezzorco ululò quando lo strappo nella maglia si rifiutò di staccarsi dalla pelle bruciacchiata e cercò di divincolarsi. Björg gli afferrò il braccio destro e lo spinse via, ponendosi in ginocchio accanto a lui.
«Lo sapevo, si è attaccata» commentò con un sospiro rassegnato.
Dren, che stava facendo del suo meglio per reprimere delle poco virili lacrime di dolore, sbottò: «Se lo sapevi perché hai cercato di toglierla?!».
«Perché sei cocciuto e finché non ti fai male non capisci» rispose senza esitazioni la ragazzina «Vado a prendere qualcosa per medicarti. Tu aspettami… e stai fermo».
Ciò detto, Björg si alzò e si affrettò ad uscire, accompagnata dall’inconfondibile suono delle sue scarpette laccate nere.
Il Mezzorco era tuttavia ben lungi dall’essere ubbidiente: non appena rimase da solo, si avvicinò carponi alla sua mitrabalestra per controllare se l’avesse danneggiata. Il fianco gli doleva ad ogni minimo movimento, ma non gli interessava.
Riuscì a raggiungerla e si accovacciò seduto accanto ad essa, tirandola sulle proprie gambe per esaminarla più da vicino. Così facendo, si posizionò dando l’ampia schiena all’ingresso della tenda - ora più vicino.
Björg ritornò pochi istanti dopo, trasportando dei rotoli di bende e una scatolina rossa con una croce bianca al centro. Correva, ansimando appena, le guance arrossate per la sollecitudine.
Non si aspettava che quel testone di un Mezzorco avesse davvero osato muoversi e non riuscì a fermarsi prima di investirlo, capitombolandogli sull’ampia schiena. Il contraccolpo colse del tutto alla sprovvista l’altro, che si lasciò sfuggire di mano la mitrabalestra.
Una sfumatura di panico gli velò lo sguardo mentre si affannava con movimenti frenetici delle mani a riprendere la sua arma prima che cadesse di nuovo a terra. Riuscì nell’impresa dopo alcuni tentativi falliti e tirò un enorme sospiro di sollievo.
«Ti avevo detto di stare fermo!» protestò dietro di lui Björg.
«Dovevo controllare che non si fosse rot...»
«Posa quell’aggeggio, per favore, e fatti medicare» lo interruppe più calma la ragazza, prendendo il telo poco distante e stendendolo accanto al Mezzorco, in modo che potesse inginocchiarsi senza sporcare le calze ed il vestitino.
Stavolta Dren ubbidì, più per mancanza di una chance effettiva di riuscire a sottrarsi che altro.
Björg era piuttosto brava con il kit di primo soccorso e Dren, con tutte le volte che si era procurato escoriazioni e bruciature, era diventato la sua cavia per esercitazioni principale.
Con delicatezza rimosse i contorni della maglia adesi, lo disinfettò e gli applicò una fasciatura.
«Perché quando traffichi con quell’arma finisci sempre col bruciarti da qualche parte?» domandò alla fine della medicazione Björg, con un sospiro esasperato «Non ha la sicura?».
«Sì e no» rispose laconico il Mezzorco.
All’occhiata confusa che la sua interlocutrice gli rivolse, lui prese fiato e iniziò a spiegare: «Le capocchie dello spinterogeno del circuito primario si sono rovinate con l’usura, per cui ho dovuto sostituirle con qualcosa di nuovo, ma non avevo viti adatte per cui sono andato a cercare dell’argento, visto che è un miglior conduttore elettrico del ferro, poi l’ho lavorato e l’ho sostituito; tuttavia, l’arma è sprovvista di un generatore di tensione alternata accoppiato ad un trasformatore per dare l’impulso elettrico necessario ad attivare il circuito primario. Perché quello sono io».
Björg era sorpresa dalla quantità di parole che erano uscite dalla sua bocca nel giro di così poco tempo; soprattutto, era stupita dal fatto che molte delle stesse le risultassero incomprensibili.
«Perché sei tu… cosa?» chiese alla fine di getto, senza nemmeno pensare.
«Il generatore di tensione» rispose Dren prontamente, inarcando un sopracciglio come a domandare se avesse seguito il suo discorso.
«Oh… certo» Björg annuì con un cenno del capo convinto «Scusami, mi ero persa l’ultima parte».
Come potesse un Mezzorco fare da “generatore” per qualcosa era un mistero, però aveva visto cosa riusciva a fare quella mitrabalestra tra le sue mani, quindi era convinta che sapesse di cosa stava parlando… ma lo sapeva soltanto lui.
«Anziché rischiare di bruciarti di nuovo con quella, perché non vieni fuori e mi aiuti a preparare il pranzo per tutti? Oggi nel menù abbiamo carne in agrodolce» esclamò la ragazzina, sviando prontamente il discorso su un terreno per lei meno estraneo.
Dren non tentennò neanche per un secondo. Le riparazioni erano ultimate e moriva di fame.
«Richiudo lo sportello del circuito e arrivo!» rispose con un largo sorriso entusiasta, rialzandosi per andare a recuperare le parti mancanti appoggiate sulla sua postazione originale.
Guardandolo allontanarsi leggermente acciaccato per la ferita ma come se niente fosse accaduto, Björg non poté fare a meno di domandarsi quali segreti si celassero dietro l’apparenza di Mezzorco semplice e più incline alle risse che alle discussioni sofisticate: se quella spiegazione di poco prima non era da classificarsi come “intellettuale”, Björg non avrebbe saputo dire cos’altro potesse essere.