fiamma_drakon: (America)
fiamma_drakon ([personal profile] fiamma_drakon) wrote2011-06-28 08:25 pm

Prigioniero del nemico

Titolo: Prigioniero del nemico
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Pirate!Alfred F. Jones (America), Pirate!Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 2132 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: 50 Places / 018. Nave/traghetto @ [livejournal.com profile] kinks_pervs
Note: AU, Lemon, Yaoi
«Che male alla testa...!».
Fu questo il primo pensiero che Alfred F. Jones riuscì a formulare non appena ebbe ripreso conoscenza: il capo gli doleva come se l'avesse sbattuto ripetutamente contro un muro.
Era scomodamente addossato contro una parete, con i polsi e le caviglie legate talmente strette da fargli male e sentiva, scuotendo le braccia, il rumore tipico di catene che si muovevano.
Alla cintura non sentiva più il peso delle sue armi.
«Allora sei sveglio, America?».



«Che male alla testa...!».
Fu questo il primo pensiero che Alfred F. Jones riuscì a formulare non appena ebbe ripreso conoscenza: il capo gli doleva come se l'avesse sbattuto ripetutamente contro un muro.
Era scomodamente addossato contro una parete, con i polsi e le caviglie legate talmente strette da fargli male e sentiva, scuotendo le braccia, il rumore tipico di catene che si muovevano.
Alla cintura non sentiva più il peso delle sue armi.
«Allora sei sveglio, America?».
Una voce venata d'acido scherno e superiorità gli giunse alle orecchie, facendogli aprire di scatto gli occhi: non si trovava nella cabina della sua nave, bensì in quella di un'altra persona, la stessa che aveva parlato e che conosceva anche abbastanza bene.
La camera era arredata con diverse cassapanche addossate contro le pareti, una scrivania posta al capo opposto della stanza rispetto al punto dove era incatenato lui, un armadio ed un letto decisamente semplice e rozzo, ma molto migliore delle brande che venivano usate di solito per far riposare l'equipaggio.
Un tavolo occupava il centro della stanza ed era imbandito per una cena lussuosa che solo a vederla fece venire ad America l'acquolina in bocca e i crampi allo stomaco per la fame.
In fondo alla tavola, proprio davanti a lui, c'era una grossa sedia elegante ed un po' aristocratica, nella quale era accomodato il capitano della nave su cui si trovava - nonché colui che aveva precedentemente parlato.
«Inghilterra...» esclamò il prigioniero con un che di rancoroso, fissando il suo interlocutore con sguardo di fuoco.
Inghilterra sorrise con fare di superiorità.
«Finalmente ti ho preso. Era da un po' che ero sulle tue tracce...» disse, prendendo una tazza di porcellana e sorseggiandone il contenuto con un atteggiamento ribelle ma al contempo elegante.
«È una soddisfazione poterti vedere in catene dopo tanti mesi d'inseguimento, credimi...» continuò a sbeffeggiarlo.
America digrignò i denti.
«Che cosa ne hai fatto della mia nave e dell'equipaggio, corsaro reale?».
Calcò particolarmente sull'ultima parola, per mettere in risalto il disprezzo che vi riponeva: un pirata che serviva la corona non era più degno di tale nome né del rispetto di un altro pirata.
«L'equipaggio è prigioniero, come te. La tua nave, invece, l'ho affondata» rispose l’altro in tono di trionfo e compiacimento.
All'improvviso posò la tazza dove l'aveva presa e si alzò, aggirando il tavolo per andare incontro al suo prigioniero.
Arthur, nonostante il suo rango di corsaro della corona britannica, si vestiva ancora come i pirati fuorilegge come lui: una camicia bianca con lo scollo a “V” ed un paio di stretti pantaloni infilati in un paio di stivali di pelle nera erano alla base del suo vestiario. Portava una cintura di cuoio nero dalla quale pendevano svariate fondine per pistole di differenti calibri e, sul fianco destro, faceva bella mostra anche una spada. Trasversalmente sul petto indossava una specie di cintura il cui scopo pareva essere solo quello d'abbellire. Sopra a tutto indossava una lunga giacca color vinaccia che gli arrivava fino alle ginocchia.
L'inglese si piegò davanti all'americano, il viso a pochi centimetri dal suo, che prese con le dita ed alzò poco garbatamente in modo da poterlo guardare dritto negli occhi.
«Lasciami andare!» esclamò Alfred, cercando di svincolarsi dalla sua presa.
«Neanche per sogno. È da quando ci siamo separati, anni fa, che cerco di riprenderti per averti solo per me» rivelò Arthur.
«Eh...?!» fece l'altro, perplesso e allibito: l'espressione che c'era sul volto del corsaro sembrava dirgli esplicitamente che il senso della sua frase non era da intendersi in modo canonico.
Una parte di sé era sconvolta al solo pensare a cosa l'inglese si stesse riferendo; l'altra si domandava che cosa ne sarebbe stato di lui ora che era alla completa mercé del corsaro britannico.
Erano cresciuti insieme e lui era stato come un fratello maggiore per lui per anni, un punto di riferimento. Avevano scorrazzato per tanto tempo per i mari ed il legame tra loro si era rafforzato ulteriormente, ma poi Inghilterra era diventato un pirata agli ordini della corona inglese e America aveva dovuto separarsi da lui, anche se a malincuore.
Da quel giorno non si erano più visti.
L'inglese lasciò che la propria mano scivolasse ad accarezzare il leggero tessuto della sua camicia con un desiderio che riuscì ad arrivare fino all'altro.
«Hai fame...?» gli domandò, alzandosi e tirando in piedi anche lui.
America avrebbe voluto mostrarsi forte, un prigioniero che soffre le sue pene in coraggioso silenzio, ma sfortunatamente non era il tipo di persona che sopportava la fame senza dire niente.
Nel posare di nuovo lo sguardo sulla tavola perse completamente il senso di dove fosse e perché fosse lì. Quasi iniziò a sbavare.
Inghilterra lo conosceva abbastanza da non meravigliarsi di una reazione simile.
Si avvicinò al tavolo, prese un piatto e lo riempì con un po’ di tutto, poi glielo mise davanti, imboccandolo.
Alfred non ci pensò su due volte - nemmeno probabilmente gli passò per l’anticamera del cervello il pensiero che Arthur era il suo carceriere - e mangiò.
La fame l’aveva fatto diventare più vorace del solito, ma al britannico faceva piacere vederlo mangiare di gusto: gli ricordava la loro infanzia, quando lo vedeva mangiare praticamente sempre.
Era carino quando mangiava. All’improvviso ai suoi occhi diventava più fragile.
Quando ebbe finito, Kirkland posò il piatto vuoto a terra e costrinse il più giovane a sedersi di nuovo, in modo che, piegandosi, potesse finalmente guardarlo dall’alto in basso, una soddisfazione che non aveva più avuto da parecchi anni.
«Avanti, giochiamo...» suggerì con un sorriso sghembo da mozzare il fiato.
America si addossò contro la parete cui era legato, intimorito dall'inflessione particolare che aveva dato all'ultima parola.
«Che cos'hai intenzione di fare?» chiese, ma la risposta gli arrivò l'attimo successivo, quando la bocca di Arthur gli impedì di proseguire a parlare.
Fu un bacio rapido ed osceno ma pieno di decisione e forza, che lasciò l'americano scioccato: mai si sarebbe aspettato un trattamento del genere, non su una nave nemica - e oltretutto da parte del capitano, un altro maschio.
Nel suo sguardo l'americano lesse una nostalgia che quasi gli faceva male.
«America...».
Lui tacque, fissandolo.
«Perché te ne sei andato?» domandò l’inglese di getto, come se fosse tanto tempo che desiderava chiederglielo.
«Hai tradito la pirateria per i privilegi della corona!» disse l’altro con l’ardore di chi sostiene fino in fondo i propri ideali, abbassando poi gli occhi.
Inghilterra ne sembrò ferito, ma riprese subito a parlare: «Non ho avuto scelta. Mi dispiace. Ho continuato a cercarti per... per dirti che...».
«Cosa...? Che volevi baciarmi?» azzardò Alfred, facendolo arrossire per l'imbarazzo.
Inghilterra sembrava in estrema difficoltà, ma pareva anche che stesse disperatamente cercando qualcosa che potesse aiutarlo a tirarsi fuori da quella situazione.
«America... anche se... sì, insomma...se siamo due... ... ecco, m-mi piaci...» confessò, a disagio.
America ne rimase sorpreso: l'aveva considerato un traditore per tutto quel tempo ed invece lui lo cercava per dirgli che - nonostante lo stesso sesso - gli piaceva. Lo trovava tenero; tuttavia, cercò di non darlo a vedere.
«Non me n'ero accorto da quel bacio di prima» disse in tono ironico, riuscendo a far saltare i precari nervi dell'altro.
«Idiota!» sbottò l'inglese, paonazzo, facendo ridere l'americano.
«Sei mio prigioniero, ricordatelo!»
«Cos'hai intenzione di farmi se io...» s'interruppe e si protese verso di lui, baciandolo di sfuggita «... ti baciassi?».
Arthur arrossì, senza parole.
«I-io...» esclamò, poi distolse lo sguardo, abbassandolo «... io...».
Si addossò contro di lui, baciandogli il collo, cominciando ad armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.
«Cosa fai?!» domandò America, allarmandosi nel sentirsi aprire la fibbia senza che lui potesse fare niente per fermarlo, date le catene.
«Sei mio prigioniero... andiamo a letto...» gli sussurrò Arthur con una nota di brama e d’ordine nella voce, mentre gli apriva anche la camicia.
«In-insieme?! Sei impazzito?!?!».
La risposta era “sì”, dato che Inghilterra aveva messo le proprie mani dietro la sua schiena per aprire le manette.
Si alzò, guardandolo con grande aspettativa.
America lo imitò, massaggiandosi i polsi.
«Non puoi dire sul serio...» disse, facendo per riallacciarsi la cintura, ma Arthur lo bloccò, spingendolo verso il letto.
«Ho aspettato così... tanto per farlo. Solo per un poco...» replicò.
«Vuoi f-fare...?» esclamò Alfred, allibito.
«Sesso. Sì» tagliò corto l’altro, arrossendo, cercando però di mantenere al contempo un certo contegno «So che non è la prima volta che lo fai con un maschio. Quel tuo marinaio biondino e ingenuo, Canada...»
«Okay, okay! Va bene!» l'accontentò l'americano, messo alle strette. Era frustrante essere incastrato così dal suo ex modello di riferimento.
I due cominciarono a spogliarsi.
«America...» domandò dopo un po' Inghilterra, mentre toglieva la biancheria «... non c'è modo che tu possa... sì, insomma...».
«Se non ti volessi bene almeno un po' credi che avrei accettato, anziché farmi gettare in mare...?» lo precedette l'americano con enfasi ed allegria, sorridendogli innocente.
Sembrava che avesse parlato senza la minima malizia.
«M-mi ami?»
«Mi sei mancato anche tu in questi anni...» ammise l'altro, deviando altrove lo sguardo mentre si sedeva nudo sul letto.
Inghilterra gli si sedette in grembo una volta completamente spogliato, a cavalcioni delle sue gambe, il suo pene a contatto con quello del minore.
Arthur lo baciò sul collo, stringendosi a lui, affondando il viso nella sua spalla. America gli carezzò il capo con una mano, mentre con l'altra scendeva a stuzzicargli il membro col chiaro intento d'eccitarlo.
Inghilterra si struggeva per quel tocco intimo, stringendogli le braccia attorno al collo e le gambe intorno ai fianchi.
America pareva divertirsi già allora, coi preliminari.
Ben presto sentì l'erezione dell'inglese tra le sue dita, il suo pene turgido che lo stuzzicava senza che toccasse niente di particolare.
Allora si stese sul letto, tenendo ben salde le gambe di lui attorno ai suoi fianchi.
Inghilterra si spostò più giù, fino sulle sue cosce e si piegò sul suo pene, cominciando a leccarlo.
Il tocco umido ma delicato della sua lingua strappò un gemito soffocato ad America, che non si aspettava un contatto intimo del genere. Era delicato ed erotico, sensuale... provocante.
Era piacevole sentire la lingua di Arthur che gli leccava il pene, lentamente, eccitandolo.
Si lasciò sfuggire un ansimo particolarmente forte mentre l'inglese glielo succhiava con passione.
America spinse il bacino verso di lui, aprendo le gambe e l'inglese dovette inginocchiarsi sul materasso.
Stando sdraiato, America riuscì a percepire il debole oscillare della nave tra le onde, un leggero ed involontario cullare.
Era estasi pura, una sensazione meravigliosa che spinse Alfred fino all'orgasmo.
Il suo sperma schizzò in bocca ad Arthur, che si sollevò e gli posò una mano su di un fianco, spingendolo per cercare di voltarlo.
America non si fece supplicare troppo a lungo e si girò di schiena, permettendogli di sedersi a cavallo delle sue natiche.
Alfred ansimava per l'orgasmo appena raggiunto.
«Vuoi... farlo?» domandò, adagiando il capo sul cuscino.
Inghilterra non rispose, preferendo l'azione alle parole e lo penetrò.
Cominciò a spingere col bacino, andando a fondo, sentendo l'altro tremare impercettibilmente e ansimare in modo ben più udibile.
Inghilterra lo cavalcò a ritmi serrati - felice di aver di nuovo con sé il suo ex fratellino - e venne dopo poco, già eccitato a sufficienza dai tocchi indiscreti di poco prima.
Alfred strinse tra le mani il lenzuolo, lanciando un gridolino a metà tra piacere e sollievo, poi tacque e rimase fermo, esausto.
Inghilterra uscì da lui e gli si sdraiò accanto, cingendogli le spalle con un braccio, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dalla stanchezza.
 
Un bussare continuo ed anche abbastanza violento alla porta fu la sveglia che riuscì a strappare Arthur al sonno.
Aprì debolmente un occhio, poi - una volta constatata l'assenza di sole - anche l'altro, ritrovandosi ad osservare il viso rilassato di America, ancora addormentato.
La sua espressione innocente e candida lo fece arrossire: era così tenero, come quand'era piccolo...
«Capitano! Capitano!! Stiamo aspettando voi!».
Arthur sgranò gli occhi, alzandosi di scatto: doveva sbrigarsi. Se avessero forzato la porta e fossero entrati, cos'avrebbero detto e pensato vedendolo a letto con un prigioniero, nudo per giunta?!
«Arrivo, un momento!» rispose a gran voce l'inglese, poi a voce più bassa cominciò a chiamare Alfred, dandogli qualche pacca sulle spalle.
«America, America! Svegliati, forza! Dai!» lo incitò a mezza voce, allarmato, scuotendolo.
«Eh...?».
Alla fine, dopo diversi minuti, riuscì a fargli aprire gli occhi.
Sembrava rintontito, a giudicare dallo sguardo impastato di sonno che gli rivolse.
«Cosa c'è...? È già mattina...?» mormorò, alzando il capo dal cuscino, fissando senza capire Inghilterra che stava raccogliendo rapidamente i suoi vestiti.
«Capitano!» sentì chiamare dall'altra parte della porta, al che si svegliò completamente.
«Vogliono te?!» domandò, allarmato.
«Abbassa la voce e vestiti!» lo rimbeccò Inghilterra infilandosi i pantaloni, lanciandogli parte dei suoi vestiti.
Alfred cominciò febbrilmente a rassettare gli abiti e sé stesso.
«Mi mancano le mutande!» esclamò, rovistando tra gli abiti che gli aveva lanciato.
«Prendi e fa’ piano!» disse l'altro, lanciandogli l'indumento, mentre con la mano libera cercava di allacciarsi la cintura.
«Capitano!»
«Datemi un momento, maledizione!» tuonò, irritato.
Si vestirono in fretta, alla meno peggio e, una volta pronti, Arthur si rassettò un po' i capelli - scarmigliati dalla notte di divertimenti - e si lanciò verso la porta nell'attimo stesso in cui America si lasciava cadere di peso dov'era stato incatenato la sera prima, fingendo d'essere ancora legato.
Inghilterra aprì la porta e, lanciandogli un ultimo sguardo per controllare che fosse al suo posto e avvertirlo in silenzio di starsene lì buono, uscì, diretto verso il ponte