fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2011-09-07 01:24 pm
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Simple-minded America
Titolo: Simple-minded America
Rating: Verde
Genere: Fluff, Slice of life
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 716 (
fiumidiparole)
Prompt: 25 Senses: Taste / 022. Diet Coke @
casti_puri
Note: Gakuen Hetalia!Verse, Shonen-ai
Arthur era convinto che America lo facesse di proposito a rannicchiarsi in un angolo del divano, per vedere se lui avrebbe osato accostarglisi e abbracciarlo, così come era convinto che indossasse di proposito pigiami che gli davano un aspetto piuttosto puro ed innocente, complice anche il rigido clima invernale.
Gli piaceva pensare di poterlo tenere in pugno semplicemente mettendosi qualcosa si tenero. Si lasciava desiderare e ci riusciva discretamente bene, per somma sfortuna d'Inghilterra.
C'erano momenti della giornata in cui nella loro stanza regnava la quiete più assoluta.
Uno di quei momenti senz'altro era la sera: sia America che Inghilterra - stanchi della giornata appena trascorsa tra compiti ed interrogazioni - passavano insieme un po' di tempo nella loro stanza, sul minuscolo divanetto a due posti che erano riusciti ad infilare nella camera.
Arthur era convinto che America lo facesse di proposito a rannicchiarsi in un angolo del divano, per vedere se lui avrebbe osato accostarglisi e abbracciarlo, così come era convinto che indossasse di proposito pigiami che gli davano un aspetto piuttosto puro ed innocente, complice anche il rigido clima invernale.
Gli piaceva pensare di poterlo tenere in pugno semplicemente mettendosi qualcosa si tenero. Si lasciava desiderare e ci riusciva discretamente bene, per somma sfortuna d'Inghilterra.
Quella sera indossava un pigiama in pile color crema che all'apparenza sembrava morbido e caldo e che gli stava un po' grande.
Kirkland sentiva l'impulso - date le circostanze intime - di provare ad abbracciarlo, o perlomeno appoggiarsi a lui.
Alfred stava con il capo appoggiato di lato sull'angolo dello schienale, le palpebre mezze abbassate a causa del sonno, bevendo coca-cola da una bottiglietta tramite una cannuccia rossa.
Era così... tenero. Arthur non riusciva a trovare altri aggettivi che lo descrivessero compiutamente in quel frangente.
«Lo starà facendo di proposito» commentò tra sé e sé, irritato: non voleva lasciarsi conquistare dall'atmosfera inequivocabilmente dolce della situazione, ma opporre resistenza era difficile.
Cercò qualcosa con cui potersi distrarre, inizialmente senza successo, però alla fine i suoi occhi si posarono sulla bottiglietta del compagno, più precisamente sull'etichetta, la quale - sotto la marca - riportava la dicitura "Diet Coke".
Colse al volo l'occasione per potersi distrarre dall'impulso d'abbracciarlo.
«Non crederai seriamente che quella bibita ti aiuti a perdere peso?» lo schernì all'improvviso l'inglese, la lingua tagliente come sempre.
Alfred lo guardò con un misto di indignazione e imbarazzo sul volto.
«Cosa...? È cola dietetica!» protestò l'americano.
La sua ingenuità era qualcosa di maledettamente adorabile.
«E poi non sono grasso...» mormorò a voce più bassa, assumendo un'adorabile espressione ferita.
Inghilterra si morse un labbro, borbottando tra sé e sé un arrabbiato: «Dannazione, che espressione... irresistibile!».
Dovette fare uno sforzo per continuare: non gliela voleva dar vinta. America non sarebbe riuscito a farlo capitolare facilmente.
«La bilancia non mente...» continuò Kirkland, poi aggiunse, col tono tipico di chi la sa lunga: «E quelle bibite, insieme a tutti quegli hamburger che mangi, ne sono la causa».
«N-non è vero! Non sono grasso!» replicò Jones con il tono di un bambino capriccioso che stesse cercando di negare davanti all'evidenza dei fatti.
Perché all'improvviso era diventato così cattivo? Non capiva...
La sera chiacchieravano, scherzavano, commentavano professori e compagni o tutt'al più - cosa a lui molto ben gradita - si facevano le coccole.
Inghilterra aveva smesso di essere così duro con lui quando si erano messi insieme. I commenti pungenti erano rimasti, ma si erano un po' mitigati.
Quella, però, era una vera e propria aggressione - oltretutto senza alcuna motivazione.
«Puoi dirlo, se ti fa sentire meglio. Comunque, dovresti proprio smetterla di bere quella roba. Ti fa solo male» tirò avanti il britannico.
Ormai era partito.
Stufo di essere offeso in quel modo, America reagì d'impulso: si spostò dal suo angolo lasciando la bottiglietta di cola sul pavimento e si allungò verso Inghilterra, appoggiandosi sul suo petto.
Quest'ultimo sentì la morbida stoffa di pile che si raggrinziva nel contatto tra i loro corpi.
America lo abbracciò, appoggiando la testa nell'incavo del suo collo.
«Perché sei di nuovo così cattivo? Non ho fatto nulla!» disse in tono lamentoso.
Arthur arrossì tanto da sentirsi andare in fiamme il viso: era... così dannatamente carino.
Con gesti meccanici ed incerti aprì le braccia e le strinse attorno al suo torace. La vista non l'aveva ingannato: quel pigiama era veramente morbido al tatto.
America sfregò una guancia sul suo torace, come un gatto che faceva le fusa.
«Sei dannatamente carino» si arrese Kirkland, arrossendo e guardando da un'altra parte «E lascia perdere la cola. Ero serio quando dicevo che fa male».
«Pure quella dietetica?» domandò Jones, alzando il viso, guardandolo con occhi da cucciolo.
L'inglese arroventò se possibile ancor di più.
«Sì, anche quella dietetica» asserì, piegandosi leggermente in avanti sul più giovane, appoggiandogli il mento sul capo.
Alla fine non ce l'aveva fatta a resistergli. Spesso Arthur si domandava se Alfred ci si impegnava per essere così adorabile o gli veniva in qualche modo spontaneo.
Il momento delle coccole era comunque arrivato.
Rating: Verde
Genere: Fluff, Slice of life
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 716 (
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Prompt: 25 Senses: Taste / 022. Diet Coke @
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Note: Gakuen Hetalia!Verse, Shonen-ai
Arthur era convinto che America lo facesse di proposito a rannicchiarsi in un angolo del divano, per vedere se lui avrebbe osato accostarglisi e abbracciarlo, così come era convinto che indossasse di proposito pigiami che gli davano un aspetto piuttosto puro ed innocente, complice anche il rigido clima invernale.
Gli piaceva pensare di poterlo tenere in pugno semplicemente mettendosi qualcosa si tenero. Si lasciava desiderare e ci riusciva discretamente bene, per somma sfortuna d'Inghilterra.
C'erano momenti della giornata in cui nella loro stanza regnava la quiete più assoluta.
Uno di quei momenti senz'altro era la sera: sia America che Inghilterra - stanchi della giornata appena trascorsa tra compiti ed interrogazioni - passavano insieme un po' di tempo nella loro stanza, sul minuscolo divanetto a due posti che erano riusciti ad infilare nella camera.
Arthur era convinto che America lo facesse di proposito a rannicchiarsi in un angolo del divano, per vedere se lui avrebbe osato accostarglisi e abbracciarlo, così come era convinto che indossasse di proposito pigiami che gli davano un aspetto piuttosto puro ed innocente, complice anche il rigido clima invernale.
Gli piaceva pensare di poterlo tenere in pugno semplicemente mettendosi qualcosa si tenero. Si lasciava desiderare e ci riusciva discretamente bene, per somma sfortuna d'Inghilterra.
Quella sera indossava un pigiama in pile color crema che all'apparenza sembrava morbido e caldo e che gli stava un po' grande.
Kirkland sentiva l'impulso - date le circostanze intime - di provare ad abbracciarlo, o perlomeno appoggiarsi a lui.
Alfred stava con il capo appoggiato di lato sull'angolo dello schienale, le palpebre mezze abbassate a causa del sonno, bevendo coca-cola da una bottiglietta tramite una cannuccia rossa.
Era così... tenero. Arthur non riusciva a trovare altri aggettivi che lo descrivessero compiutamente in quel frangente.
«Lo starà facendo di proposito» commentò tra sé e sé, irritato: non voleva lasciarsi conquistare dall'atmosfera inequivocabilmente dolce della situazione, ma opporre resistenza era difficile.
Cercò qualcosa con cui potersi distrarre, inizialmente senza successo, però alla fine i suoi occhi si posarono sulla bottiglietta del compagno, più precisamente sull'etichetta, la quale - sotto la marca - riportava la dicitura "Diet Coke".
Colse al volo l'occasione per potersi distrarre dall'impulso d'abbracciarlo.
«Non crederai seriamente che quella bibita ti aiuti a perdere peso?» lo schernì all'improvviso l'inglese, la lingua tagliente come sempre.
Alfred lo guardò con un misto di indignazione e imbarazzo sul volto.
«Cosa...? È cola dietetica!» protestò l'americano.
La sua ingenuità era qualcosa di maledettamente adorabile.
«E poi non sono grasso...» mormorò a voce più bassa, assumendo un'adorabile espressione ferita.
Inghilterra si morse un labbro, borbottando tra sé e sé un arrabbiato: «Dannazione, che espressione... irresistibile!».
Dovette fare uno sforzo per continuare: non gliela voleva dar vinta. America non sarebbe riuscito a farlo capitolare facilmente.
«La bilancia non mente...» continuò Kirkland, poi aggiunse, col tono tipico di chi la sa lunga: «E quelle bibite, insieme a tutti quegli hamburger che mangi, ne sono la causa».
«N-non è vero! Non sono grasso!» replicò Jones con il tono di un bambino capriccioso che stesse cercando di negare davanti all'evidenza dei fatti.
Perché all'improvviso era diventato così cattivo? Non capiva...
La sera chiacchieravano, scherzavano, commentavano professori e compagni o tutt'al più - cosa a lui molto ben gradita - si facevano le coccole.
Inghilterra aveva smesso di essere così duro con lui quando si erano messi insieme. I commenti pungenti erano rimasti, ma si erano un po' mitigati.
Quella, però, era una vera e propria aggressione - oltretutto senza alcuna motivazione.
«Puoi dirlo, se ti fa sentire meglio. Comunque, dovresti proprio smetterla di bere quella roba. Ti fa solo male» tirò avanti il britannico.
Ormai era partito.
Stufo di essere offeso in quel modo, America reagì d'impulso: si spostò dal suo angolo lasciando la bottiglietta di cola sul pavimento e si allungò verso Inghilterra, appoggiandosi sul suo petto.
Quest'ultimo sentì la morbida stoffa di pile che si raggrinziva nel contatto tra i loro corpi.
America lo abbracciò, appoggiando la testa nell'incavo del suo collo.
«Perché sei di nuovo così cattivo? Non ho fatto nulla!» disse in tono lamentoso.
Arthur arrossì tanto da sentirsi andare in fiamme il viso: era... così dannatamente carino.
Con gesti meccanici ed incerti aprì le braccia e le strinse attorno al suo torace. La vista non l'aveva ingannato: quel pigiama era veramente morbido al tatto.
America sfregò una guancia sul suo torace, come un gatto che faceva le fusa.
«Sei dannatamente carino» si arrese Kirkland, arrossendo e guardando da un'altra parte «E lascia perdere la cola. Ero serio quando dicevo che fa male».
«Pure quella dietetica?» domandò Jones, alzando il viso, guardandolo con occhi da cucciolo.
L'inglese arroventò se possibile ancor di più.
«Sì, anche quella dietetica» asserì, piegandosi leggermente in avanti sul più giovane, appoggiandogli il mento sul capo.
Alla fine non ce l'aveva fatta a resistergli. Spesso Arthur si domandava se Alfred ci si impegnava per essere così adorabile o gli veniva in qualche modo spontaneo.
Il momento delle coccole era comunque arrivato.