fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2011-10-01 11:43 pm
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Di cose imbarazzanti e scoperte piuttosto piacevoli
Titolo: Di cose imbarazzanti e scoperte piuttosto piacevoli
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Gilbert Beilschmidt (Prussia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 2186 (
fiumidiparole)
Prompt: 50 Places / 020. Automobile @
kinks_pervs
Note: Drunk!Sex, Incest, Lemon, OOC, Vibratori, Yaoi
Il prussiano chiuse gli occhi e tentò di riposarsi mentre si sistemava sotto quella specie di coperta improvvisata ed insufficiente; tuttavia, la sua attenzione fu catturata da un piccolo oggetto che trovò per caso nel cappotto del fratello.
Lo estrasse incuriosito da una tasca interna e lo osservò a lungo, cercando di metterlo bene a fuoco a causa degli effetti della sbronza che si facevano ben sentire.
Anche aiutato dal tatto, riuscì più o meno ad identificarlo: si trattava di un oggetto piccolo e sferico, di un colore che alle alterne luci giallastre dei lampioni avrebbe osato azzardare fosse azzurro, dal quale pendeva un sottile cordoncino scuro.
Girandoselo tra le dita, scoprì che era provvisto di un minuscolo pulsante che premette senza esitazioni.
L'oggetto prese a vibrare tra le sue dita, rivelandogli la sua natura.
«Ovest... perché c’è un... vibratore nel tuo cappotto?».
Prussia sospirò debolmente dai sedili posteriori dell'auto.
«Ehi, come va?» domandò Germania, senza però arrischiarsi a distogliere lo sguardo dalla strada: era notte fonda e le possibilità che potesse accadere un incidente d'auto erano molte di più rispetto a quelle che avrebbe potuto avere di giorno, se non prestava particolare attenzione alla strada.
Suo fratello maggiore socchiuse gli occhi, fissando stancamente l’interno del tettuccio.
«Mi sta esplodendo la testa e... ho freddo» disse, stringendosi nel cappotto pesante che suo fratello gli aveva steso sopra nel metterlo sdraiato all'interno del mezzo, come a sottolineare anche visivamente la cosa.
Erano usciti per andare a bere una birra insieme e dopo diversi - parecchi - bicchieri, Gilbert era caduto semicosciente sul tavolo e a Ludwig - che non aveva esagerato ben consapevole di dover guidare - non era occorso molto per capire era ubriaco. Aveva più volte cercato invano di articolare frasi e parole, ma puntualmente finiva col biascicare qualcosa d’insensato ed incomprensibile.
Così Germania si era affrettato a portarlo in macchina, dove pareva che il prussiano si fosse un po' ripreso, quel tanto che gli bastava a fargli pronunciare frasi di senso compiuto.
«Non posso farci niente, dovrai aspettare d'arrivare a casa ed ormai manca poco» disse il tedesco, poi aggiunse un po’ scocciato: «Avresti dovuto moderare le dosi».
A quel commento sentì una debole risatina di scherno giungergli in risposta, ma non volle proseguire nella conversazione: era ben consapevole che non avrebbe fatto altro che sbattere contro un muro.
Be’, non poteva certo dar torto al fratello, perlomeno non quando si trattava di birra, dato che anche a lui piaceva tanto - e soprattutto visto che era capitato e capitava ancora che a volte si lasciasse trasportare e finisse con il bere fino a vederci addirittura triplo.
Era un vizio che condividevano e che nessuno dei due riusciva ad abbandonare.
Il prussiano chiuse gli occhi e tentò di riposarsi mentre si sistemava sotto quella specie di coperta improvvisata ed insufficiente; tuttavia, la sua attenzione fu catturata da un piccolo oggetto che trovò per caso nel cappotto del fratello.
Lo estrasse incuriosito da una tasca interna e lo osservò a lungo, cercando di metterlo bene a fuoco a causa degli effetti della sbronza che si facevano ben sentire.
Anche aiutato dal tatto, riuscì più o meno ad identificarlo: si trattava di un oggetto piccolo e sferico, di un colore che alle alterne luci giallastre dei lampioni avrebbe osato azzardare fosse azzurro, dal quale pendeva un sottile cordoncino scuro.
Girandoselo tra le dita, scoprì che era provvisto di un minuscolo pulsante che premette senza esitazioni.
L'oggetto prese a vibrare tra le sue dita, rivelandogli la sua natura.
«Ovest... perché c’è un... vibratore nel tuo cappotto?» domandò il prussiano, in tono confuso e lievemente altalenante.
Germania arrossì improvvisamente e si girò verso di lui.
«Non curiosare nei miei vestiti!» esclamò imbarazzato, frenando nei pressi di un posto trovato per pura fortuna: erano finalmente arrivati davanti a casa loro.
Fece manovra e parcheggiò con una certa rapidità e destrezza, ma quando si mosse per scendere, la sua attenzione fu richiamata un’altra volta dalle farneticazioni del più grande.
«Ah... è per il piccolo Italia» continuò Prussia a voce un po’ più bassa «A lui queste cose dovrebbero piacere... con questo verrebbe a... hic! Supplicarti di fare sesso insieme... umphf! E poi... sarei io il perver...».
«Sta' zitto» lo interruppe il biondo, punto sul vivo dalla chiamata in causa di Feliciano, che lui difendeva sempre a spada tratta.
«Piuttosto, cosa mi dici tu di Austria? Ti ho sentito rientrare ieri sera in sua compagnia e non è che vi siete proprio impegnati nel cercare di fare piano» esclamò, alludendo in modo piuttosto esplicito ai rumori che aveva sentito venire dalla sua camera per diverso tempo.
«Non... ti riguarda, Ovest...» replicò Prussia, deviando lentamente lo sguardo, sbattendo le palpebre.
«E invece sì».
Germania si alzò dal sedile e cercò d'infilarsi nello stretto spazio che c'era tra i posti davanti. Nonostante non fosse proprio magrolino, riuscì comunque a passare e si inginocchiò sopra le gambe del più grande.
Perché era così ottuso da non capire?
Gli prese dalle dita il vibratore ancora acceso e, tenendolo sospeso tra loro due, fissò intensamente il più grande.
«Questo non è per Italia» disse, scandendo bene, arrossendo: dover spiegare le proprie perversioni a suo fratello, che come livello di depravazione non era poi così lontano dal suo. Non pensava sarebbe mai giunto quel momento e doveva ammettere che lo trovava estremamente imbarazzante.
«No...? E allora per chi...?» chiese confuso e perplesso Gilbert.
La sbronza gli annebbiava ancora le idee, a quanto sembrava.
Germania sospirò, esasperato: doveva proprio dirglielo schiettamente...?
«Ah...» disse Prussia, abbozzando un sorriso «... vuoi forse... usarlo con me?».
Ludwig ammutolì cambiando espressione, assumendo un atteggiamento colpevole. Beilschmidt gli sottrasse dalle dita l'oggetto e lo avvicinò a sé, spegnendolo.
«Ho indovinato?» chiese, tirandosi su a sedere, sorridendogli di sghembo ed in modo malizioso.
Ludwig non riusciva a parlare e allora Gilbert prese l'iniziativa e lo baciò, tirandolo a sé, cercando le sue labbra con la foga di chi non è completamente cosciente delle proprie azioni.
Sotto l’effetto dell’alcol Prussia diveniva molto meno razionale sotto tutti i punti di vista, ed anche la parte riguardante gli impulsi sessuali non faceva eccezione.
I suoi freni inibitori erano momentaneamente fuori uso.
Se sollecitato, Germania era convinto che avrebbe fatto sesso con chiunque, in quello stato.
Il maggiore gli si addossò contro, ma l’altro esitò, ritraendosi: era vero che gli piaceva suo fratello, però non gli piaceva l'idea di approfittarsi di lui mentre era ubriaco.
«Aspetta, fratellone lasciami...!» tentò d'opporsi il tedesco interrompendo il bacio, ma il prussiano lo attirò ancora di più a sé, infilandogli le mani sotto la camicia, toccandogli la schiena.
«Qui non ci vedrà nessuno, Ovest. Né Italia... né Austria... né nessun altro» sussurrò.
Germania, preso dal panico per come la situazione stava evolvendo - o forse era più corretto dire "degenerando" - cercò di svincolarsi.
Non voleva che Prussia facesse cose con lui di cui poi - una volta tornato sobrio - si sarebbe potuto pentire.
«N-no, lasciami andare, fratellone... torniamo a casa, devi riposare» disse, appigliandosi alla prima scusa che gli era balenata in mente per cercare di superare il momento.
La tensione aumentava tangibilmente minuto dopo minuto, riusciva a percepirla attorno a sé come una cappa sempre più opprimente.
Voleva rifugiarsi in casa e, alla prima occasione, disfarsi di quel maledetto vibratore e far finta che non fosse mai esistito. Se il più grande gli avesse chiesto delucidazioni in merito il mattino seguente, poteva benissimo dire che fosse stata un’allucinazione post-sbornia e magari Prussia avrebbe smesso di pensarci.
Non era un’idea così malvagia, a ben pensarci.
Però poi una mano di Gilbert scivolò giù dalla sua schiena, soffermandosi sulla cintura dei suoi pantaloni, mentre l’altra gli forzava le dita per prendere il piccolo oggetto sferico.
«Hai intenzione di usarlo o no?» chiese Prussia, soffiandogli in faccia una zaffata d’alcol.
«No» rispose Germania, risoluto.
«Allora... lo faccio io».
Ludwig sbiancò sentendo la sua mano infilarsi nella parte posteriore dei suoi pantaloni, facendosi strada nei boxer. Allentò la presa sul vibratore e Gilbert se ne impadronì, spostandolo verso il luogo dove l’altra mano si trovava.
Ludwig, allarmato, si mise seduto e poi sdraiato supino, schiacciando la mano del fratello sotto il peso del suo corpo, costringendolo a stendersi supino sopra il suo petto.
Non avrebbe mai pensato di maledire la mancanza di spazio offerta dai sedili posteriori della sua automobile, ma ringraziava che fossero lì invece che sui sedili anteriori: cercare di respingerlo sarebbe stato più difficile e senz’altro più doloroso.
«Prussia, smettila!» esclamò, muovendosi per cercare di bloccargli la mano intrappolata nei suoi pantaloni, senza riuscirci.
«Allora userai questo?» domandò Gilbert, sorridendogli furbescamente nel mostrargli la sferetta - che adesso era nuovamente in funzione.
Le sue guance erano rosse ed i suoi occhi rosso-violacei scintillavano.
Germania non si era mai arreso, ma stavolta dovette dargliela vinta, altrimenti sarebbero rimasti lì a litigare e dibattersi per tutta la notte.
«E... va bene» concesse, mettendosi goffamente a sedere.
Beilschmidt si ricompose con un’espressione carica d’aspettative che al tedesco non piaceva per niente. Il più giovane si fece consegnare il vibratore con un certo palese imbarazzo: si era immaginato ben altre condizioni per il momento in cui avrebbe usato quell’arnese - tipo una camera, un letto a due piazze ed un’atmosfera più erotica, romantica e appartata, magari dopo una bella doccia e con lunghi preliminari con indosso solamente un misero asciugamano.
Be’, non poteva lamentarsi: in fin dei conti, era cominciato tutto per colpa sua e della sua mania di portarsi dietro le cose che non voleva che Feliciano trovasse in giro per casa.
Prussia si voltò e si mise carponi. I suoi jeans a vita bassa parevano essere stati messi appositamente in vista di quel momento.
Il tedesco attivò il vibratore e - dopo aver abbassato il bordo dei jeans - lo inserì nell'invitante fondoschiena del maggiore, lasciando che il cordoncino ciondolasse inerte all’esterno.
Inizialmente Prussia si limitò ad emettere un basso e perpetrato "aww" di evidente approvazione, ma poi cominciò a tremare e a gemere.
Appoggiò le mani contro la portiera, aggrappandocisi.
«Awww... Germania...» sussurrò, struggendosi, muovendosi come per spostare il piccolo oggetto dove lui voleva, leccandosi le labbra.
Vederlo godere così fece dimenticare a Ludwig le remore e i dubbi circa quanto fosse giusto o meno quel che stavano facendo: anche se fisicamente non stava facendo niente, si stava eccitando. Sentiva già il suo pene irrigidirsi e drizzarsi. Si liberò dei pantaloni e si posizionò dietro le natiche del prussiano, ancora nude ed ancor più allettanti.
Lo penetrò senza tante cerimonie, spinto solo dall'eccitazione che montava dentro di lui sempre di più, ad un ritmo vertiginoso.
Prussia ansimò rumorosamente ed in modo osceno, muovendosi per rispondere alle spinte del più giovane.
«Ovest vai più giù...! Dentro, lì... ooohw!» gemette Gilbert, il viso rosso per l'accaloramento, respirando forte per cercare di riprender fiato: quel vibratore lo stava facendo godere fino all'estasi, soprattutto se congiunto con le spinte del fratellino.
L'espressione che aveva in viso era di pura e paradisiaca esaltazione. Era un peccato che Ludwig non riuscisse a vederla, impegnato com'era dietro a spingere e dar soddisfazione al suo sesso dolorosamente eccitato.
Portò una mano sulla parte anteriore delle mutande del fratello e la infilò dentro, trovando la sua erezione senza tanti sforzi.
Per fortuna era notte fonda ed in giro per le strade di Berlino non c'era nessuno: chissà cos'avrebbe pensato la gente se qualcuno li avesse visti fare sesso a quella maniera dentro un'automobile.
Vennero ambedue dopo pochi istanti. Germania sospirò svuotandosi dentro il maggiore, mentre quest'ultimo lanciò un basso gridolino roco.
Germania uscì dal fratello e si pulì le mani con un fazzoletto che teneva in tasca, poi spostò lo sguardo sull'altro: Gilbert si era appoggiato con la fronte alla portiera, respirando affannosamente, palesemente esausto.
«Ovest...» sussurrò, sfinito.
«Sì...? Che c'è?»
«Togli... il vibratore...?» domandò.
«Oh... sì» rispose il biondo, affrettandosi ad eseguire: in effetti, si era dimenticato della presenza dell'oggetto.
Lo pulì dal suo stesso sperma e lo nascose nuovamente in tasca, mentre Gilbert sbatteva confusamente le palpebre e si tirava nuovamente su i jeans.
Aprì la portiera ed uscì seguito dall'altro, addosso al quale poco mancò che Beilschmidt cadesse.
Ludwig lo sorresse, le guance imporporate per l'imbarazzo nel pensare a cos'avevano appena fatto.
«È stato fantastico...» commentò Prussia con un sospiro, appoggiandosi al biondo.
«Avanti, siamo quasi a casa» replicò quest’ultimo, ignorando la constatazione.
«Ovest, dannazione...!».
Prussia fece irruzione in cucina la mattina dopo in modo non molto gentile - del resto non ci si poteva aspettare granché da una persona sul cui viso l'espressione più cortese che si leggeva era un'occhiata omicida.
Ludwig, che stava tranquillamente mangiando, seduto al tavolo con il giornale sott’occhio da un lato ed una tazza di caffè nella mano opposta, alzò lo sguardo intercettando il viso del fratello, le guance rosse.
Così a primo impatto non avrebbe saputo dire a cosa quel fervore fosse dovuto.
«Che c'è?» domandò.
«Perché l'hai fatto?» esclamò Gilbert, agitato e arrabbiato.
Sembrava fermamente convinto che il tedesco sapesse perfettamente a cosa si stesse riferendo.
«Eh?» fece in risposta il biondo, senza riuscire a capire dove volesse andare a parare: sentirlo parlare senza mettere un soggetto al capo della frase lo spiazzava e confondeva alquanto.
L'altro arrossì più fervidamente.
«Era la prima volta che subivo... così violentemente, per giunta!» esclamò.
In quel momento Germania capì a cosa facesse riferimento. Tutto ciò che riuscì a fare fu inarcare sorpreso le sopracciglia e cambiare espressione.
«A-ah...» disse semplicemente.
«Oltretutto con quel vibratore... adesso mi fa male tutto, dannazione... e sai cosa intendo» borbottò il maggiore. Nella sua voce il minore colse una chiara indignazione e vergogna.
Non poteva dire di aver provato la sua stessa esperienza perché non era mai successo, ma ricordava bene quando era capitato a Feliciano: per tutto il giorno se ne era stato ben lontano dalle sedie, preferendo di gran lunga starsene sdraiato bocconi sul letto a lamentarsi di quanto gli facesse male il sedere.
Tutto sommato Ludwig ne conservava un bel ricordo: per i pasti se l’era tenuto tra le braccia, vista la sua impossibilità ad usufruire delle sedie; tuttavia, il biondo dubitava fortemente che suo fratello si sarebbe fatto prendere in grembo come un bambino per mangiare decentemente senza farsi male.
Prussia si avvicinò al tavolo e si versò da bere del succo, senza nemmeno considerare la sedia accanto a lui - come l’altro aveva previsto.
«Ehm... mi dispiace» si limitò a scusarsi molto formalmente e goffamente Germania, prima di aggiungere - in propria difesa - un sentito: «Ma io come potevo saperlo, fratellone...?».
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Il prussiano chiuse gli occhi e tentò di riposarsi mentre si sistemava sotto quella specie di coperta improvvisata ed insufficiente; tuttavia, la sua attenzione fu catturata da un piccolo oggetto che trovò per caso nel cappotto del fratello.
Lo estrasse incuriosito da una tasca interna e lo osservò a lungo, cercando di metterlo bene a fuoco a causa degli effetti della sbronza che si facevano ben sentire.
Anche aiutato dal tatto, riuscì più o meno ad identificarlo: si trattava di un oggetto piccolo e sferico, di un colore che alle alterne luci giallastre dei lampioni avrebbe osato azzardare fosse azzurro, dal quale pendeva un sottile cordoncino scuro.
Girandoselo tra le dita, scoprì che era provvisto di un minuscolo pulsante che premette senza esitazioni.
L'oggetto prese a vibrare tra le sue dita, rivelandogli la sua natura.
«Ovest... perché c’è un... vibratore nel tuo cappotto?».
Prussia sospirò debolmente dai sedili posteriori dell'auto.
«Ehi, come va?» domandò Germania, senza però arrischiarsi a distogliere lo sguardo dalla strada: era notte fonda e le possibilità che potesse accadere un incidente d'auto erano molte di più rispetto a quelle che avrebbe potuto avere di giorno, se non prestava particolare attenzione alla strada.
Suo fratello maggiore socchiuse gli occhi, fissando stancamente l’interno del tettuccio.
«Mi sta esplodendo la testa e... ho freddo» disse, stringendosi nel cappotto pesante che suo fratello gli aveva steso sopra nel metterlo sdraiato all'interno del mezzo, come a sottolineare anche visivamente la cosa.
Erano usciti per andare a bere una birra insieme e dopo diversi - parecchi - bicchieri, Gilbert era caduto semicosciente sul tavolo e a Ludwig - che non aveva esagerato ben consapevole di dover guidare - non era occorso molto per capire era ubriaco. Aveva più volte cercato invano di articolare frasi e parole, ma puntualmente finiva col biascicare qualcosa d’insensato ed incomprensibile.
Così Germania si era affrettato a portarlo in macchina, dove pareva che il prussiano si fosse un po' ripreso, quel tanto che gli bastava a fargli pronunciare frasi di senso compiuto.
«Non posso farci niente, dovrai aspettare d'arrivare a casa ed ormai manca poco» disse il tedesco, poi aggiunse un po’ scocciato: «Avresti dovuto moderare le dosi».
A quel commento sentì una debole risatina di scherno giungergli in risposta, ma non volle proseguire nella conversazione: era ben consapevole che non avrebbe fatto altro che sbattere contro un muro.
Be’, non poteva certo dar torto al fratello, perlomeno non quando si trattava di birra, dato che anche a lui piaceva tanto - e soprattutto visto che era capitato e capitava ancora che a volte si lasciasse trasportare e finisse con il bere fino a vederci addirittura triplo.
Era un vizio che condividevano e che nessuno dei due riusciva ad abbandonare.
Il prussiano chiuse gli occhi e tentò di riposarsi mentre si sistemava sotto quella specie di coperta improvvisata ed insufficiente; tuttavia, la sua attenzione fu catturata da un piccolo oggetto che trovò per caso nel cappotto del fratello.
Lo estrasse incuriosito da una tasca interna e lo osservò a lungo, cercando di metterlo bene a fuoco a causa degli effetti della sbronza che si facevano ben sentire.
Anche aiutato dal tatto, riuscì più o meno ad identificarlo: si trattava di un oggetto piccolo e sferico, di un colore che alle alterne luci giallastre dei lampioni avrebbe osato azzardare fosse azzurro, dal quale pendeva un sottile cordoncino scuro.
Girandoselo tra le dita, scoprì che era provvisto di un minuscolo pulsante che premette senza esitazioni.
L'oggetto prese a vibrare tra le sue dita, rivelandogli la sua natura.
«Ovest... perché c’è un... vibratore nel tuo cappotto?» domandò il prussiano, in tono confuso e lievemente altalenante.
Germania arrossì improvvisamente e si girò verso di lui.
«Non curiosare nei miei vestiti!» esclamò imbarazzato, frenando nei pressi di un posto trovato per pura fortuna: erano finalmente arrivati davanti a casa loro.
Fece manovra e parcheggiò con una certa rapidità e destrezza, ma quando si mosse per scendere, la sua attenzione fu richiamata un’altra volta dalle farneticazioni del più grande.
«Ah... è per il piccolo Italia» continuò Prussia a voce un po’ più bassa «A lui queste cose dovrebbero piacere... con questo verrebbe a... hic! Supplicarti di fare sesso insieme... umphf! E poi... sarei io il perver...».
«Sta' zitto» lo interruppe il biondo, punto sul vivo dalla chiamata in causa di Feliciano, che lui difendeva sempre a spada tratta.
«Piuttosto, cosa mi dici tu di Austria? Ti ho sentito rientrare ieri sera in sua compagnia e non è che vi siete proprio impegnati nel cercare di fare piano» esclamò, alludendo in modo piuttosto esplicito ai rumori che aveva sentito venire dalla sua camera per diverso tempo.
«Non... ti riguarda, Ovest...» replicò Prussia, deviando lentamente lo sguardo, sbattendo le palpebre.
«E invece sì».
Germania si alzò dal sedile e cercò d'infilarsi nello stretto spazio che c'era tra i posti davanti. Nonostante non fosse proprio magrolino, riuscì comunque a passare e si inginocchiò sopra le gambe del più grande.
Perché era così ottuso da non capire?
Gli prese dalle dita il vibratore ancora acceso e, tenendolo sospeso tra loro due, fissò intensamente il più grande.
«Questo non è per Italia» disse, scandendo bene, arrossendo: dover spiegare le proprie perversioni a suo fratello, che come livello di depravazione non era poi così lontano dal suo. Non pensava sarebbe mai giunto quel momento e doveva ammettere che lo trovava estremamente imbarazzante.
«No...? E allora per chi...?» chiese confuso e perplesso Gilbert.
La sbronza gli annebbiava ancora le idee, a quanto sembrava.
Germania sospirò, esasperato: doveva proprio dirglielo schiettamente...?
«Ah...» disse Prussia, abbozzando un sorriso «... vuoi forse... usarlo con me?».
Ludwig ammutolì cambiando espressione, assumendo un atteggiamento colpevole. Beilschmidt gli sottrasse dalle dita l'oggetto e lo avvicinò a sé, spegnendolo.
«Ho indovinato?» chiese, tirandosi su a sedere, sorridendogli di sghembo ed in modo malizioso.
Ludwig non riusciva a parlare e allora Gilbert prese l'iniziativa e lo baciò, tirandolo a sé, cercando le sue labbra con la foga di chi non è completamente cosciente delle proprie azioni.
Sotto l’effetto dell’alcol Prussia diveniva molto meno razionale sotto tutti i punti di vista, ed anche la parte riguardante gli impulsi sessuali non faceva eccezione.
I suoi freni inibitori erano momentaneamente fuori uso.
Se sollecitato, Germania era convinto che avrebbe fatto sesso con chiunque, in quello stato.
Il maggiore gli si addossò contro, ma l’altro esitò, ritraendosi: era vero che gli piaceva suo fratello, però non gli piaceva l'idea di approfittarsi di lui mentre era ubriaco.
«Aspetta, fratellone lasciami...!» tentò d'opporsi il tedesco interrompendo il bacio, ma il prussiano lo attirò ancora di più a sé, infilandogli le mani sotto la camicia, toccandogli la schiena.
«Qui non ci vedrà nessuno, Ovest. Né Italia... né Austria... né nessun altro» sussurrò.
Germania, preso dal panico per come la situazione stava evolvendo - o forse era più corretto dire "degenerando" - cercò di svincolarsi.
Non voleva che Prussia facesse cose con lui di cui poi - una volta tornato sobrio - si sarebbe potuto pentire.
«N-no, lasciami andare, fratellone... torniamo a casa, devi riposare» disse, appigliandosi alla prima scusa che gli era balenata in mente per cercare di superare il momento.
La tensione aumentava tangibilmente minuto dopo minuto, riusciva a percepirla attorno a sé come una cappa sempre più opprimente.
Voleva rifugiarsi in casa e, alla prima occasione, disfarsi di quel maledetto vibratore e far finta che non fosse mai esistito. Se il più grande gli avesse chiesto delucidazioni in merito il mattino seguente, poteva benissimo dire che fosse stata un’allucinazione post-sbornia e magari Prussia avrebbe smesso di pensarci.
Non era un’idea così malvagia, a ben pensarci.
Però poi una mano di Gilbert scivolò giù dalla sua schiena, soffermandosi sulla cintura dei suoi pantaloni, mentre l’altra gli forzava le dita per prendere il piccolo oggetto sferico.
«Hai intenzione di usarlo o no?» chiese Prussia, soffiandogli in faccia una zaffata d’alcol.
«No» rispose Germania, risoluto.
«Allora... lo faccio io».
Ludwig sbiancò sentendo la sua mano infilarsi nella parte posteriore dei suoi pantaloni, facendosi strada nei boxer. Allentò la presa sul vibratore e Gilbert se ne impadronì, spostandolo verso il luogo dove l’altra mano si trovava.
Ludwig, allarmato, si mise seduto e poi sdraiato supino, schiacciando la mano del fratello sotto il peso del suo corpo, costringendolo a stendersi supino sopra il suo petto.
Non avrebbe mai pensato di maledire la mancanza di spazio offerta dai sedili posteriori della sua automobile, ma ringraziava che fossero lì invece che sui sedili anteriori: cercare di respingerlo sarebbe stato più difficile e senz’altro più doloroso.
«Prussia, smettila!» esclamò, muovendosi per cercare di bloccargli la mano intrappolata nei suoi pantaloni, senza riuscirci.
«Allora userai questo?» domandò Gilbert, sorridendogli furbescamente nel mostrargli la sferetta - che adesso era nuovamente in funzione.
Le sue guance erano rosse ed i suoi occhi rosso-violacei scintillavano.
Germania non si era mai arreso, ma stavolta dovette dargliela vinta, altrimenti sarebbero rimasti lì a litigare e dibattersi per tutta la notte.
«E... va bene» concesse, mettendosi goffamente a sedere.
Beilschmidt si ricompose con un’espressione carica d’aspettative che al tedesco non piaceva per niente. Il più giovane si fece consegnare il vibratore con un certo palese imbarazzo: si era immaginato ben altre condizioni per il momento in cui avrebbe usato quell’arnese - tipo una camera, un letto a due piazze ed un’atmosfera più erotica, romantica e appartata, magari dopo una bella doccia e con lunghi preliminari con indosso solamente un misero asciugamano.
Be’, non poteva lamentarsi: in fin dei conti, era cominciato tutto per colpa sua e della sua mania di portarsi dietro le cose che non voleva che Feliciano trovasse in giro per casa.
Prussia si voltò e si mise carponi. I suoi jeans a vita bassa parevano essere stati messi appositamente in vista di quel momento.
Il tedesco attivò il vibratore e - dopo aver abbassato il bordo dei jeans - lo inserì nell'invitante fondoschiena del maggiore, lasciando che il cordoncino ciondolasse inerte all’esterno.
Inizialmente Prussia si limitò ad emettere un basso e perpetrato "aww" di evidente approvazione, ma poi cominciò a tremare e a gemere.
Appoggiò le mani contro la portiera, aggrappandocisi.
«Awww... Germania...» sussurrò, struggendosi, muovendosi come per spostare il piccolo oggetto dove lui voleva, leccandosi le labbra.
Vederlo godere così fece dimenticare a Ludwig le remore e i dubbi circa quanto fosse giusto o meno quel che stavano facendo: anche se fisicamente non stava facendo niente, si stava eccitando. Sentiva già il suo pene irrigidirsi e drizzarsi. Si liberò dei pantaloni e si posizionò dietro le natiche del prussiano, ancora nude ed ancor più allettanti.
Lo penetrò senza tante cerimonie, spinto solo dall'eccitazione che montava dentro di lui sempre di più, ad un ritmo vertiginoso.
Prussia ansimò rumorosamente ed in modo osceno, muovendosi per rispondere alle spinte del più giovane.
«Ovest vai più giù...! Dentro, lì... ooohw!» gemette Gilbert, il viso rosso per l'accaloramento, respirando forte per cercare di riprender fiato: quel vibratore lo stava facendo godere fino all'estasi, soprattutto se congiunto con le spinte del fratellino.
L'espressione che aveva in viso era di pura e paradisiaca esaltazione. Era un peccato che Ludwig non riuscisse a vederla, impegnato com'era dietro a spingere e dar soddisfazione al suo sesso dolorosamente eccitato.
Portò una mano sulla parte anteriore delle mutande del fratello e la infilò dentro, trovando la sua erezione senza tanti sforzi.
Per fortuna era notte fonda ed in giro per le strade di Berlino non c'era nessuno: chissà cos'avrebbe pensato la gente se qualcuno li avesse visti fare sesso a quella maniera dentro un'automobile.
Vennero ambedue dopo pochi istanti. Germania sospirò svuotandosi dentro il maggiore, mentre quest'ultimo lanciò un basso gridolino roco.
Germania uscì dal fratello e si pulì le mani con un fazzoletto che teneva in tasca, poi spostò lo sguardo sull'altro: Gilbert si era appoggiato con la fronte alla portiera, respirando affannosamente, palesemente esausto.
«Ovest...» sussurrò, sfinito.
«Sì...? Che c'è?»
«Togli... il vibratore...?» domandò.
«Oh... sì» rispose il biondo, affrettandosi ad eseguire: in effetti, si era dimenticato della presenza dell'oggetto.
Lo pulì dal suo stesso sperma e lo nascose nuovamente in tasca, mentre Gilbert sbatteva confusamente le palpebre e si tirava nuovamente su i jeans.
Aprì la portiera ed uscì seguito dall'altro, addosso al quale poco mancò che Beilschmidt cadesse.
Ludwig lo sorresse, le guance imporporate per l'imbarazzo nel pensare a cos'avevano appena fatto.
«È stato fantastico...» commentò Prussia con un sospiro, appoggiandosi al biondo.
«Avanti, siamo quasi a casa» replicò quest’ultimo, ignorando la constatazione.
«Ovest, dannazione...!».
Prussia fece irruzione in cucina la mattina dopo in modo non molto gentile - del resto non ci si poteva aspettare granché da una persona sul cui viso l'espressione più cortese che si leggeva era un'occhiata omicida.
Ludwig, che stava tranquillamente mangiando, seduto al tavolo con il giornale sott’occhio da un lato ed una tazza di caffè nella mano opposta, alzò lo sguardo intercettando il viso del fratello, le guance rosse.
Così a primo impatto non avrebbe saputo dire a cosa quel fervore fosse dovuto.
«Che c'è?» domandò.
«Perché l'hai fatto?» esclamò Gilbert, agitato e arrabbiato.
Sembrava fermamente convinto che il tedesco sapesse perfettamente a cosa si stesse riferendo.
«Eh?» fece in risposta il biondo, senza riuscire a capire dove volesse andare a parare: sentirlo parlare senza mettere un soggetto al capo della frase lo spiazzava e confondeva alquanto.
L'altro arrossì più fervidamente.
«Era la prima volta che subivo... così violentemente, per giunta!» esclamò.
In quel momento Germania capì a cosa facesse riferimento. Tutto ciò che riuscì a fare fu inarcare sorpreso le sopracciglia e cambiare espressione.
«A-ah...» disse semplicemente.
«Oltretutto con quel vibratore... adesso mi fa male tutto, dannazione... e sai cosa intendo» borbottò il maggiore. Nella sua voce il minore colse una chiara indignazione e vergogna.
Non poteva dire di aver provato la sua stessa esperienza perché non era mai successo, ma ricordava bene quando era capitato a Feliciano: per tutto il giorno se ne era stato ben lontano dalle sedie, preferendo di gran lunga starsene sdraiato bocconi sul letto a lamentarsi di quanto gli facesse male il sedere.
Tutto sommato Ludwig ne conservava un bel ricordo: per i pasti se l’era tenuto tra le braccia, vista la sua impossibilità ad usufruire delle sedie; tuttavia, il biondo dubitava fortemente che suo fratello si sarebbe fatto prendere in grembo come un bambino per mangiare decentemente senza farsi male.
Prussia si avvicinò al tavolo e si versò da bere del succo, senza nemmeno considerare la sedia accanto a lui - come l’altro aveva previsto.
«Ehm... mi dispiace» si limitò a scusarsi molto formalmente e goffamente Germania, prima di aggiungere - in propria difesa - un sentito: «Ma io come potevo saperlo, fratellone...?».