fiamma_drakon: dejichan © (Fiamma_Drakon)
fiamma_drakon ([personal profile] fiamma_drakon) wrote2011-01-20 04:51 pm

I wish...

Titolo: I wish...
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: Godai Shinobu, Neuro Nōgami
Wordcount: 1833 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Note: P0rn, Yaoi
C'erano momenti in cui esaudire un proprio desiderio poteva essere dannatamente divertente e quello era proprio uno di quei momenti.
L'ufficio era immerso in una misteriosa ed erotica penombra che solamente gli occhi di Neuro erano allenati e pronti ad attraversare completamente senza alcuna difficoltà ed era proprio per questo che la stava sfruttando: per non farsi notare da eventuali terzi indesiderati.



C’erano momenti in cui esaudire un proprio desiderio poteva essere dannatamente divertente e quello era proprio uno di quei momenti.
L’ufficio era immerso in una misteriosa ed erotica penombra che solamente gli occhi di Neuro erano allenati e pronti ad attraversare completamente senza alcuna difficoltà ed era proprio per questo che la stava sfruttando: per non farsi notare da eventuali terzi indesiderati.
Il demone stava accovacciato sul pavimento, seduto sopra il didietro di una seconda persona, dal cui profilo scuro pareva essere distesa bocconi.
Neuro era completamente nudo e si muoveva ad un ritmo cadenzato ma incalzante, intento a penetrare con foga la persona che gli stava sotto, la quale si muoveva di riflesso ad ogni spinta.
Gli occhi della creatura brillavano come fiamme smeraldine nell’ombra, accese da chissà quale recondito e criptico potere demoniaco.
Il doloroso piacere di quelle penetrazioni successive era tale da creare, nel suo profondo, un’eccitazione che superava ogni altra che avesse mai provato fino ad allora.
Dentro di sé covava un bisogno indescrivibile di continuare a spingere, squarciare in due quel fragile corpo umano, appagare in ogni modo possibile o immaginabile quella fame di sesso che si era risvegliata improvvisamente in lui.
Desiderava quasi divenire una cosa sola con quel corpo umido di sudore che fremeva tra le sue gambe.
Mancava poco al raggiungimento dell’orgasmo, ma si sentiva ancora ampiamente inappagato. Aveva bisogno di più sesso, di scendere ancora più in profondità in quelle natiche sode, fino a che non avesse iniziato a provare egli stesso un dolore fisico notevole: i demoni avevano un modo lievemente differente di far sesso rispetto agli umani, in quanto il loro rapporto sessuale prevedeva anche una buona dose di dolore fisico forte e duraturo. Era quasi una sorta d’obbligo che, in quel momento, con un umano, non poteva essere assolto.
Il loro era un sesso violento nel più nudo e crudo senso del termine ed era assai divertente, ma Neuro aveva sempre covato il desiderio segreto di provare a farlo con un umano. Non sarebbe stato in grado di dire il perché così, su due piedi, ma prendendosi qualche attimo per rifletterci su avrebbe senz’altro risposto che voleva semplicemente sperimentare come fosse.
Il demone sorrise in modo beffardo e crudele, risucchiando l’aria tra i denti con un sibilo quasi rabbioso, quindi abbassò gli occhi sulla persona che si era lasciata usare con tanta facilità per accontentare i suoi capricci.
«Ti stai rivelando finalmente utile, servo» sussurrò in tono lascivo, gli occhi illuminati di un’inconsueta malizia che lo rendeva estremamente sexy.
«Ma non è ancora abbastanza: voglio di più» proseguì, alzandosi.
La vittima dei suoi giochini sessuali mandò un tremulo sospiro quando la creatura tolse il suo pene turgido dalle sue natiche.
Neuro si piegò ad afferrare il suo servo per il collo e, sollevatolo di peso da terra, lo scaraventò con violenza e senza un perché contro il divano, sul quale quest’ultimo si accasciò, inerte e silenzioso.
Il demone avanzò verso di lui, deciso a continuare finché il suo impulso lussurioso non fosse stato soddisfatto appieno.
«F-fermati... dannato!».
Neuro si arrestò quando vide il suo compagno per quella notte mettersi seduto, rivolgendo il viso verso di lui. I suoi occhi scesero immediatamente verso il basso, all’altezza dell’inguine, dove vide chiaramente - nonostante le tenebre - il pene eretto e rigido, turgido.
Gli era bastato veramente poco per arrivare ad un’eccitazione tale da sfiorare l’orgasmo.
Gli umani si accontentavano davvero di un niente, nonostante riuscissero a dargli così tanto - sia per quanto riguardava il cibo che il sesso. Nello specifico, a suo parere era più soddisfacente un rapporto sessuale consumato con un essere umano rispetto a quello con un qualsiasi altro essere facente parte del mondo demoniaco da cui proveniva - benché con gli umani mancasse la componente violenta, quella più stuzzicante ed appagante.
«Hai qualcosa da ridire, Godai...?» domandò in tono di sfida.
Il biondo rimase dov’era, osservandolo con un’espressione intimorita che non gli si addiceva affatto e che scomparve dopo poco in favore del suo solito sguardo arrogante ed un po’ da sbruffone.
«Smettila, non sono il tuo giocattolo. Non sono il giocattolo di nessuno, io!» sbottò in tono deciso e anche un po’ incazzato.
«Però non mi è sembrato che ti disperassi tanto mentre ti stavo penetrando» commentò quasi casualmente il demone, gli occhi assottigliati in un’espressione cattiva, quasi subdola.
Notò un delicato rossore farsi rapidamente strada sulle guance dell’altro, nonostante si ostinasse a mantenere il suo sguardo arrabbiato fisso su di lui.
«Allora, devo aspettare ancora per finire? Hai altro da obiettare, servo numero due?» esclamò Neuro in tono rigido: sentiva un impellente bisogno di tornare alla sua precedente occupazione.
Godai ebbe un nuovo tremito, tuttavia rimase fermo lì davanti a lui, senza neppure accennare minimamente né a distendersi per farlo continuare, né tantomeno ad alzarsi per andarsene - azione che, vista la situazione, avrebbe avuto uno scarsissimo margine di successo, tra l’altro.
Neuro parve divertito da quell’insolita muta resistenza ai suoi ordini, ma quella sera non aveva voglia di perder tempo in inutili dimostrazioni di superiorità.
Si chinò all’improvviso su di lui e gli sussurrò a fior di labbra un labile: «Ogni servo deve obbedire al suo padrone».
La veemente replica del biondo fu soffocata da un alquanto poco casto - anzi praticamente osceno - bacio rubatogli a tradimento con tanto d’ispezione orale completa inclusa da parte di Neuro, che gli ficcò la lingua in bocca senza tante cerimonie, iniziando a passarla lentamente ma con forza sul suo palato, i denti e l’interno delle sue guance, come se fosse alla spasmodica ricerca di qualcosa.
Godai si lasciò prendere e trattenere dalle grandi e forti mani che il demone gli posizionò sulle spalle senza opporre la minima resistenza, limitandosi semplicemente a rimanere rigido nella sua presa: non gliela voleva dare vinta, non voleva che notasse che lui bramava sentire il suo pene in erezione dentro il suo corpo, le sue spinte poderose e violente e le sue gambe attorno ai suoi glutei.
Non voleva perdere tutta la sua dignità di uomo ammettendo di provare piacere nel far sesso con un altro maschio. Era la prima volta che lo provava, ma non poteva negare a sé stesso che fosse un’esperienza oltremodo piacevole.
Almeno un po’ del proprio orgoglio voleva mantenerlo, anche se era estremamente difficile farlo con quella lingua che, esperta, andava a toccargli ogni più recondito angolo della bocca con l’intenzione palese di stuzzicarlo.
Ben presto la rigidità delle sue spalle venne meno, rendendolo solo un burattino inerme tra le capaci mani di un burattinaio ultraterreno.
«Sdraiati e girati, servo» gli ordinò Neuro non appena ebbe staccato le labbra dalle sue.
Godai non ebbe neppure l’opportunità di opporsi fisicamente a quell’imposizione, dato che il demone stesso lo stava posizionando come meglio voleva.
L’umano sentì le sue gambe risistemarsi a cavallo del suo bacino e stringere la presa su di esso con forza, come per impedirgli di fuggire - dove, poi? In qualsiasi luogo avesse provato a rifugiarsi, lui non avrebbe impiegato niente a trovarlo, disgraziatamente.
Si sentì penetrare con forza per la seconda volta nell’arco della stessa notte e percepì distintamente gli scossoni dovuti ai movimenti del bacino di Neuro, divenuti più forti.
Era piacevole, dannatamente, tanto che dovette mordersi le labbra a sangue - rischiando pure di mordere i suoi due piercing - per impedirsi di esternare osceni gemiti di pura estasi.
Era un qualcosa di talmente forte e piacevole che sentiva di stare per esplodere, una sensazione troppo intensa per poter rimanere semplicemente “imprigionata” nel suo corpo; tuttavia, se l’avesse manifestata apertamente avrebbe dato soddisfazione a Neuro e quello era l’ultimo dei suoi desideri.
Il demone, da parte sua, stava mettendo anima e corpo - letteralmente - in quella penetrazione: voleva raggiungere la soddisfazione totale di quella fame di sesso che lo attanagliava senza dargli tregua.
Era in uno stato d’eccitazione avanzato e tra poco - molto, veramente poco - sentiva che avrebbe raggiunto l’orgasmo: solo allora avrebbe potuto sentirsi pienamente soddisfatto, anche se era dura, dato che aveva bisogno di violenza, dolore e di una provocazione fatta per bene.
Il solo cercare di penetrare quanto più possibile e danzare a ritmi serrati su quelle natiche ormai non gli bastava più.
Notò soltanto in quel momento che Godai stava artigliando il divano con le unghie con un vigore senza pari, come per resistere ad un’intensa agonia - anche se in realtà era una sorta di appiglio disperato con cui tentava di frenare i suoi sospiri.
Allora non poté far a meno d’immaginarsi che cosa sarebbe potuto essere avere quelle unghie piantate nella carne e sentire il suo vivo e doloroso pulsare mentre il sangue sgorgava fuori in tiepidi rigagnoli scarlatti...
Non seppe resistere oltre: si sdraiò addosso al biondo spingendo e stringendosi contro le sue natiche, allungando al contempo il braccio sinistro verso la sua mano. Gli aprì con la forza le dita e le portò sul suo arto, attorno al quale queste si richiusero come un’ineguagliabile morsa d’acciaio.
Il dolore che ne seguì fu allucinante, pungente, acuto al punto da fargli perdere la sensibilità a tutto il braccio.
In una parola sola, perfetto.
«Continua a stringere...» gli sibilò in un orecchio, sistemandosi sulla schiena del biondo in modo che l’arto ferito stesse in una posizione più comoda.
Fili di sangue presero a sgorgare lungo il suo polso, tracciandovi una a dir poco incantevole ragnatela liquida color cremisi che Neuro ammirò con interesse diabolico mentre finalmente raggiungeva quel tanto atteso orgasmo misto di soddisfazione e sofferenza fisica che avrebbe posto fine a quell’altrimenti implacabile necessità di lussuria.
Il suo sperma schizzò dentro Godai, che a quel punto non riuscì a sopprimere uno strozzato gemito di soddisfazione simile ad un grugnito.
Quando quella fuoriuscita di liquido bianco fu terminata - svariati minuti più tardi - Neuro rilassò i muscoli ed allentò la presa sui suoi fianchi, rialzandosi.
Godai lasciò il suo braccio e si mise carponi, i glutei che gocciolavano dello sperma del demone.
Sembrava leggermente sconvolto, ma ad un’analisi attenta Neuro notò che anche lui aveva il membro eretto, turgido e gocciolante sperma fresco, anche se a quel punto non gli faceva più né caldo né freddo.
«È stato divertente. Dovremo rifarlo un giorno...» esclamò il demone in tono pacato pacato, in piedi di spalle vicino al divano, poi si allontanò da esso per dirigersi alla poltrona dietro la scrivania, dove aveva abbandonato i vestiti.
 
«Godai che cos’hai? Sembri strano...».
Yako, di ritorno dalla scuola, era appena entrata nell’ufficio ed aveva immediatamente notato il fatto che il biondo non era seduto da qualche parte come suo solito, ma era in piedi appoggiato contro una parete, le braccia incrociate sul petto ed un’espressione di vago dolore sul viso.
«Tsk!» sbuffò il ragazzo, girando altrove gli occhi, sdegnato ed imbarazzato al tempo stesso, nonostante lo mascherasse decisamente bene: dopo quello che era accaduto quella notte gli faceva dannatamente male il culo.
«Ignoralo, serva numero uno» intervenne Neuro, seduto al suo solito posto con la sua consueta espressione maligna e demoniaca stampata in faccia.
Pareva essere rimasto completamente intoccato dal rapporto consumato con il biondo.
«Vieni qui, subito. Sento che c’è un mistero nei paraggi» aggiunse poi in tono severo, sempre rivolto alla ragazza, allungando in modo incredibile il braccio per afferrarle la testa e trascinarla verso di sé praticamente di peso, senza alcun tatto.
Riprendeva la solita routine.