Yo ho ho and a bottle of rum!
Oct. 7th, 2011 03:41 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Yo ho ho and a bottle of rum!
Rating: Arancione
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Pirate!Arthur Kirkland (Inghilterra), Pirate!Olanda
Wordcount: 2348 (
fiumidiparole)
Note: Lime, Self!love, Yaoi
«Fifteen men on a dead man's chest... hic!».
Inghilterra non ce la faceva più nemmeno ad organizzare le idee o a pensare prima di aprir bocca.
Sul tavolo di legno nella sua cabina c'erano sparsi i piatti vuoti della cena, mentre nella sua mano sinistra stringeva il collo di una bottiglia di rum mezza vuota.
Gli occhi smeraldini del corsaro brillavano, stanchi e socchiusi.
Pigramente alzò il braccio e fece oscillare la bottiglia.
«Yo ho... ho and a bottle of... hic!... rum» cantilenò, cadendo steso sul tavolo.
Accanto a lui, Olanda sorseggiava tranquillo del rum da un boccale, ma - a differenza di Arthur - non era brillo e parzialmente cosciente di sé.
Era abituato ad alcolici forti e non era facile che ne venisse soggiogato, così come il corsaro britannico, che amava alzare un po' troppo il gomito a sera fatta, solo che arrivare a scolarsi due o tre bottiglie di rum come faceva lui spesso era un po’ esagerato e non c’era da meravigliarsi che ne uscisse completamente ubriaco.
«Dovresti andare a dormire».
«Fifteen men on a dead man's chest... hic!».
Inghilterra non ce la faceva più nemmeno ad organizzare le idee o a pensare prima di aprir bocca.
Sul tavolo di legno nella sua cabina c'erano sparsi i piatti vuoti della cena, mentre nella sua mano sinistra stringeva il collo di una bottiglia di rum mezza vuota.
Gli occhi smeraldini del corsaro brillavano, stanchi e socchiusi.
Pigramente alzò il braccio e fece oscillare la bottiglia.
«Yo ho... ho and a bottle of... hic!... rum» cantilenò, cadendo steso sul tavolo.
Accanto a lui, Olanda sorseggiava tranquillo del rum da un boccale, ma - a differenza di Arthur - non era brillo e parzialmente cosciente di sé.
Era abituato ad alcolici forti e non era facile che ne venisse soggiogato, così come il corsaro britannico, che amava alzare un po' troppo il gomito a sera fatta, solo che arrivare a scolarsi due o tre bottiglie di rum come faceva lui spesso era un po’ esagerato e non c’era da meravigliarsi che ne uscisse completamente ubriaco.
«Dovresti andare a dormire» disse l'olandese senza mezzi termini, fissandolo.
Inghilterra alzò stancamente lo sguardo appannato su di lui, le palpebre che a fatica rimanevano aperte.
Sollevando appena il mento dal supporto, scosse la testa e biascicò un fievole: «Non essere... ridicolo, hic! Non ho bisogno di dormi... hic! Voglio stare qui... con te, hic!».
Ricadde pesantemente sul tavolo e vi si abbandonò sopra, borbottando qualcosa che alle orecchie di Olanda suonò tanto come: «Oh, God... my head hurts...!».
L’olandese non voleva che si appisolasse lì, in quella posizione così scomoda e per di più poco decorosa - un capitano di bifolchi bucanieri che dopo aver bevuto del rum non riusciva più nemmeno ad andare a letto con le sue gambe...!
Le sue condizioni erano veramente penose.
Be', lui però non era il tipo di persona che si faceva mettere i piedi in capo così facilmente, né tantomeno si faceva comandare. Sbatté il boccale sul tavolo e si alzò.
«Avanti, alzati in piedi! A letto!» ordinò, afferrando l'inglese per un braccio e strattonandolo su.
Quando i loro sguardi s'incontrarono, l'olandese si sorprese non poco di trovare delle lacrime che scendevano copiose dagli occhi smeraldo di Inghilterra.
«Sei cattivo...» borbottò quest'ultimo, poi cominciò a frignare e lamentarsi ad alta voce: «Stupido Olanda, stupido! Perché vai sempre con Danimarca e Spagna?! Stupido! Io pensavo che potessi riuscire a piacerti...!».
Ed emise un lungo verso simile al gridolino lamentoso dei bambini piangenti, poi esclamò a voce più alta: «Sei un idiota, Olanda, un idiotaaaa!».
Il castano lo guardò come se lo vedesse per la prima volta: non avrebbe mai immaginato che dietro quella facciata di ruvido ed orgoglioso corsaro si nascondesse un'emotività del genere e che oltretutto provasse qualcosa d'affettivo nei suoi confronti.
Insomma, erano entrambi maschi. Era una situazione piuttosto singolare con la quale venire a confrontarsi così, senza il minimo preavviso.
«Mi ami?» domandò, perplesso ed inquisitorio.
Inghilterra singhiozzò e lo guardò con espressione vacua e piangente, gli occhi arrossati. D'un tratto cambiò sguardo e ne assunse uno più determinato ed anche cattivo.
«Tu sei mio... hic! Se non ti... aves... ssi aiutato saresti ancora sotto il cont... rollo di Spagna... hic!» esclamò, barcollando in avanti.
Goffamente, si avvicinò ad Olanda e gli si appoggiò contro il petto, fissandolo in faccia.
La differenza di altezza era notevole, ma ciò non impedì a Kirkland di aggrapparsi alla sciarpa del castano e tirarlo giù, in modo che fosse alla sua portata. A quel punto, incollò le proprie labbra sulle sue, abbandonando interamente contro il suo petto il peso del proprio corpo.
Olanda avrebbe voluto svincolarsi, allontanarlo e farlo ragionare, ma il pirata aveva provveduto a prenderlo per i polsi, trattenendolo con una certa forza.
L'olandese tentò di ribellarsi, opporre resistenza, ma la bocca di Arthur non accennava a staccarsi. Era come incollata alla sua.
Il fiato dell’inglese odorava d'alcol e qualche traccia di rum gli era rimasta sulle labbra. Ai gusti del castano rendeva la cosa un po’ più piacevole, ma rimaneva comunque il fatto che era stato costretto a baciare un maschio - per il quale per di più non provava assolutamente niente.
Alla fine, finalmente, Kirkland si decise a staccarsi da lui e continuò solamente a tenerlo per le braccia.
L'altro lo fissò, sorpreso ed anche palesemente infastidito.
«Che cosa ti è preso, stupido?!» sbottò, allontanandolo.
Il britannico barcollò, appoggiandosi con una mano sul tavolo, incespicando però nei suoi stessi piedi. Per sua fortuna cadde sulla sedia dietro di lui e non a terra.
Passarono alcuni minuti, durante i quali l’unica cosa che ambedue fecero fu guardarsi: Inghilterra sbatteva confuso le palpebre, come se non ci vedesse bene, mentre l’altro lo fissava dall’alto dei suoi centottanta centimetri abbondanti con uno sguardo che definire solamente arrabbiato era eufemistico.
Poi, senza alcun preavviso, Arthur cominciò ad aprirsi la casacca e spogliarsi.
«Ehi, cosa fai?» fece il castano, inarcando un sopracciglio con fare incuriosito e guardingo, diffidente.
«Fa... caldo» borbottò il biondo, togliendosi la casacca, lasciandola cadere a terra come un cencio. Si tolse le fondine e slacciò il cinturone dove teneva riposta la spada.
Olanda non aveva idea di cosa avesse in mente di fare: in quelle condizioni era imprevedibile.
L'osservò mentre si toglieva la camicia, rimanendogli davanti a torso nudo.
«Ehi, smettila» intervenne prontamente l’olandese, bloccandogli le mani prima che scendessero ad aprire i pantaloni.
Di vederselo davanti nudo come un verme non ne aveva veramente voglia.
Inghilterra l'attirò verso di sé ma Olanda si oppose e fece anche di più: sfruttando la sua presa sui propri polsi lo tirò verso di sé e poi in piedi. Con una mossa rapida l'afferrò e se lo caricò di peso su una spalla.
Doveva ammettere che non era poi così leggero come aveva supposto per via della scarsa altezza.
«Olandaaa!» esclamò il biondo, picchiando debolmente i pugni sulla sua schiena «Olanda giùùù...!».
«Scordatelo. Adesso te ne vai a letto» rispose duramente l'olandese, portandolo verso il letto dall’altra parte della cabina.
Quando ce lo fece cadere sopra e lo guardò, Arthur gli apparve se possibile ancor più fuori di sé di quanto già non fosse.
Le guance gli sembravano ancor più rosse e gli occhi smeraldini brillavano, liquidi, di un misto di cose indefinite.
Nel toccare il materasso, vi giacque inerte e fissò il castano.
«Olanda dormi con me...?» domandò con tono innocente, lo sguardo supplichevole.
Olanda tacque un momento, prima di rispondere con un secco: «No».
Così dicendo si volse a dargli le spalle e si allontanò.
«Olanda! Olanda...» chiamò il britannico, ma il castano lo ignorò e se ne andò dalla cabina chiudendosi dietro la porta. Avrebbe passato la notte insieme ai marinai, non ne faceva né un dramma né un problema. Tutto andava bene purché non dovesse dormire con un uomo ubriaco fradicio che l'aveva appena appassionatamente baciato e che con ogni probabilità avrebbe anche voluto approfondire la loro conoscenza mentre erano a letto.
Non si sarebbe prestato a simili cose senza essere totalmente consenziente: odiava essere sottomesso al volere altrui.
Non appena si fu chiuso la porta alle spalle, Inghilterra abbassò gli occhi sui propri pantaloni, bene in vista dato che s'era tolto tutto ciò che solitamente gli copriva il torace.
Senza stare a pensarci troppo, se li aprì e v'infilò una mano, arrivando fino al suo pene. E lì, vinto dalla sbronza, cominciò a pensare all'olandese e, conseguentemente, a masturbarsi.
Gli occhi appannati osservavano il soffitto, mentre con le dita si dava da fare per eccitare il suo sesso.
La forte emotività che lo assaliva solitamente quand'era ubriaco riprese il sopravvento e cominciò a chiamare, supplicante, il castano, come se fosse l’unica persona capace di fargli ritrovare il senno.
Ogni tanto si leccava le labbra e pian piano i suoi gemiti si fecero più forti ed i respiri pesanti.
Per sua fortuna, quando aveva fatto costruire la nave, aveva insistito perché la sua porta fosse particolarmente spessa. Se così non fosse stato, a quell'ora tutta la ciurma sarebbe stata lì a sentirlo gemere come non mai.
Il suo pene era duro e dritto nel palmo della sua mano ed oramai era prossimo all'orgasmo.
Venne dopo pochi momenti con un ansimo roco, sporcandosi la mano di sperma.
Rilassò i muscoli e reclinò all'indietro la testa, esponendo la gola, mentre respirava profondamente: avrebbe tanto desiderato che quella mano affondata nei suoi pantaloni fosse di Olanda e non sua.
Esausto e sbronzo, il corsaro fu vinto dalla stanchezza e capitolò, addormentandosi supino sul letto, senza nemmeno avere il tempo di mettersi sotto le lenzuola.
Il mattino dopo la prima sensazione che investì Inghilterra nello svegliarsi fu un'emicrania lancinante. In seconda battuta una nausea tremenda.
Non aveva mai sofferto di mal di mare, per sua fortuna, ma l'ondeggiare della nave lo faceva sentire se possibile ancora peggio: la sua nausea si stava lentamente trasformando in bisogno fisiologico di vomitare.
Pian piano riacquistò la padronanza di sé ed aprì appena gli occhi, richiudendoli subito nell'incrociare un fascio di luce solare che passava proprio sopra di lui.
Iniziando a risvegliarsi le percezioni corporee, contemporaneamente realizzò che aveva freddo e che la sua mano destra era affondata nei suoi pantaloni, saldamente ancorata al suo sesso, chiusa a coppa attorno ad esso.
Ruotò un po' la testa e riaprì gli occhi, focalizzando lo scenario attorno a sé.
Era nella sua stanza ed era solo. Nessuno lo stava chiamando dal ponte di comando né picchiava contro l'uscio - la sveglia peggiore che potesse capitargli di sorbirsi, anche se la più efficace.
Fece mente locale, riesumando i ricordi della sera prima, riuscendoci in una manciata di secondi. Tutti gli avvenimenti delle sue ultime ore di veglia gli si rovesciarono addosso come acqua gelida, destandolo all'improvviso.
Si mise seduto di scatto, rosso in viso, ma si pentì subito del repentino cambio di postura, perché sia la sua testa che il suo stomaco diedero voce al loro disappunto, entrambi in maniera piuttosto forte e dolorosa.
Imprecò a mezza voce posandosi una mano sulla fronte e gli occhi, ricordandosi di quel che era successo tra lui e Olanda, del bacio che gli aveva strappato a tradimento.
Si spostò lentamente verso il bordo del materasso e cercò di mettersi in piedi, ma tutto quel che riuscì a fare fu barcollare per qualche metro e poi cadere in ginocchio.
Doveva trovare Olanda, dirgli che era stato tutto un malinteso, che le cose non stavano come sembrava.
A lui piaceva, era vero, ma non avrebbe mai pensato che, da ubriaco, gliel’avrebbe detto. Se fosse stato cosciente di ciò ci avrebbe pensato due volte prima di mettersi a bere in sua compagnia.
In quel momento ebbe un conato, seguito a ruota da un altro.
A fatica si rimise in piedi e, con una mano serrata sulla bocca, si precipitò incespicando verso la portafinestra aperta che dava sul suo balconcino.
In ginocchio, s'aggrappò alle sbarre in legno del parapetto e si sporse tra di esse, chinando con forza la testa, vomitando.
Il saporaccio della bile mescolato a quello del rum era disgustoso ed il suo stomaco pareva si stesse rivoltando più e più volte nella maniera più dolorosa possibile.
In aggiunta a ciò, il dolore alle tempie si trasformò in un atroce giramento di testa che lo costrinse a piegarsi ed aggrapparsi al legno sotto di lui: gli sembrava di aver appena girato su sé stesso come una trottola un’infinità di volte.
Diede violentemente di stomaco e, alla fine, si accasciò sul balconcino respirando a pieni polmoni la frizzante aria di mare, dapprima bocconi e poi supino - una posizione che risultava decisamente più congeniale alla sua situazione.
Si sentiva letteralmente uno schifo e la sua testa aveva ripreso a pulsare dolorosamente ad un ritmo vertiginoso.
«E tutto per del maledettissimo rum...» bofonchiò esausto, maledicendo la sua passione per il bere certe bevande in dosi smodate, soprattutto prima di dormire.
«A stare là fuori mezzo nudo e con questo vento ti prenderai un malanno» si sentì rimproverare.
La voce non proveniva dall'interno della sua stanza, per cui cercò subito la fonte in alto, trovandola immediatamente.
Arrossì violentemente nel vedere che Olanda era affacciato al parapetto superiore e lo fissava serenamente, fumando la sua immancabile lunga pipa nera.
«Non credevo fossi di stomaco così debole» commentò l'olandese quasi per caso, senza staccare gli occhi dall'inglese, il quale per contro si era lentamente messo seduto.
Quest’ultimo rievocò bruscamente tutta la scena del bacio, le lacrime che aveva versato in sua presenza, le emozioni che aveva provato e manifestato e desiderò di morire all'istante. Si vergognava terribilmente di quel lato del suo carattere così apertamente sentimentale, da smidollato, per niente adatto ad un capitano di pirati del suo calibro, che emergeva quando era ubriaco fradicio e si vergognava di quel che quella parte di sé faceva.
«E perché hai i pantaloni aperti? Ti si vedono le mutande».
Inghilterra si ricordò della sessione confusionaria e passionale di masturbazione che si era concesso prima di andare a dormire e non seppe cosa replicare. Ricordava bene la sensazione di desiderio e d'appagamento dello stesso e della soddisfazione provata nel raggiungere l'orgasmo per propria mano, per non parlare della smania di far sesso con Olanda che l’aveva animato per tutto il periodo in cui le sue dita si erano divertite a giocare con i suoi genitali. Con uno sforzo riuscì a resistere all'impulso di alzare la mano destra e controllare se c'erano ancora i resti del suo sperma, anche se era superfluo: percepiva un che di appiccicoso sotto il palmo che era un’inequivocabile risposta affermativa.
Non sapeva che fare. Di certo non poteva dirgli che s'era masturbato pensando a lui.
«Tornatene a letto, sei in condizioni pietose. E se proprio vuoi salire sul ponte, prima fatti una bella doccia fredda» gli suggerì gelido l'olandese, al che Inghilterra non riuscì a non arrossire per l'indignazione e replicare un irritato: «Chi sei, mia madre?! Qui il capitano sono io!».
«Ah, certo! Ed il capitano qui può anche permettersi di tentare di avere una relazione sessuale con un altro uomo?» controbatté Olanda a gran voce ed in tono di scherno, sorridendo in modo da lasciar scoperti i denti, tra i quali stringeva la pipa.
Arthur strisciò di nuovo in camera sua e, raccolta la camicia da terra, se la rimise e si stese sul letto.
Si poggiò l'avambraccio sugli occhi e sospirò: Olanda era un tipo con cui era dannatamente difficile intrattenere un rapporto pacifico e con le sue bravate non proprio coscienziose della sera prima si era giocato la possibilità di riuscire - forse, un giorno - a farlo capitolare ai suoi piedi, sentimentalmente parlando.
«Voglio morire» borbottò in un soffio, come unico commento alla propria “bravura”.
«Qui e adesso».
Rating: Arancione
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Pirate!Arthur Kirkland (Inghilterra), Pirate!Olanda
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Note: Lime, Self!love, Yaoi
«Fifteen men on a dead man's chest... hic!».
Inghilterra non ce la faceva più nemmeno ad organizzare le idee o a pensare prima di aprir bocca.
Sul tavolo di legno nella sua cabina c'erano sparsi i piatti vuoti della cena, mentre nella sua mano sinistra stringeva il collo di una bottiglia di rum mezza vuota.
Gli occhi smeraldini del corsaro brillavano, stanchi e socchiusi.
Pigramente alzò il braccio e fece oscillare la bottiglia.
«Yo ho... ho and a bottle of... hic!... rum» cantilenò, cadendo steso sul tavolo.
Accanto a lui, Olanda sorseggiava tranquillo del rum da un boccale, ma - a differenza di Arthur - non era brillo e parzialmente cosciente di sé.
Era abituato ad alcolici forti e non era facile che ne venisse soggiogato, così come il corsaro britannico, che amava alzare un po' troppo il gomito a sera fatta, solo che arrivare a scolarsi due o tre bottiglie di rum come faceva lui spesso era un po’ esagerato e non c’era da meravigliarsi che ne uscisse completamente ubriaco.
«Dovresti andare a dormire».
«Fifteen men on a dead man's chest... hic!».
Inghilterra non ce la faceva più nemmeno ad organizzare le idee o a pensare prima di aprir bocca.
Sul tavolo di legno nella sua cabina c'erano sparsi i piatti vuoti della cena, mentre nella sua mano sinistra stringeva il collo di una bottiglia di rum mezza vuota.
Gli occhi smeraldini del corsaro brillavano, stanchi e socchiusi.
Pigramente alzò il braccio e fece oscillare la bottiglia.
«Yo ho... ho and a bottle of... hic!... rum» cantilenò, cadendo steso sul tavolo.
Accanto a lui, Olanda sorseggiava tranquillo del rum da un boccale, ma - a differenza di Arthur - non era brillo e parzialmente cosciente di sé.
Era abituato ad alcolici forti e non era facile che ne venisse soggiogato, così come il corsaro britannico, che amava alzare un po' troppo il gomito a sera fatta, solo che arrivare a scolarsi due o tre bottiglie di rum come faceva lui spesso era un po’ esagerato e non c’era da meravigliarsi che ne uscisse completamente ubriaco.
«Dovresti andare a dormire» disse l'olandese senza mezzi termini, fissandolo.
Inghilterra alzò stancamente lo sguardo appannato su di lui, le palpebre che a fatica rimanevano aperte.
Sollevando appena il mento dal supporto, scosse la testa e biascicò un fievole: «Non essere... ridicolo, hic! Non ho bisogno di dormi... hic! Voglio stare qui... con te, hic!».
Ricadde pesantemente sul tavolo e vi si abbandonò sopra, borbottando qualcosa che alle orecchie di Olanda suonò tanto come: «Oh, God... my head hurts...!».
L’olandese non voleva che si appisolasse lì, in quella posizione così scomoda e per di più poco decorosa - un capitano di bifolchi bucanieri che dopo aver bevuto del rum non riusciva più nemmeno ad andare a letto con le sue gambe...!
Le sue condizioni erano veramente penose.
Be', lui però non era il tipo di persona che si faceva mettere i piedi in capo così facilmente, né tantomeno si faceva comandare. Sbatté il boccale sul tavolo e si alzò.
«Avanti, alzati in piedi! A letto!» ordinò, afferrando l'inglese per un braccio e strattonandolo su.
Quando i loro sguardi s'incontrarono, l'olandese si sorprese non poco di trovare delle lacrime che scendevano copiose dagli occhi smeraldo di Inghilterra.
«Sei cattivo...» borbottò quest'ultimo, poi cominciò a frignare e lamentarsi ad alta voce: «Stupido Olanda, stupido! Perché vai sempre con Danimarca e Spagna?! Stupido! Io pensavo che potessi riuscire a piacerti...!».
Ed emise un lungo verso simile al gridolino lamentoso dei bambini piangenti, poi esclamò a voce più alta: «Sei un idiota, Olanda, un idiotaaaa!».
Il castano lo guardò come se lo vedesse per la prima volta: non avrebbe mai immaginato che dietro quella facciata di ruvido ed orgoglioso corsaro si nascondesse un'emotività del genere e che oltretutto provasse qualcosa d'affettivo nei suoi confronti.
Insomma, erano entrambi maschi. Era una situazione piuttosto singolare con la quale venire a confrontarsi così, senza il minimo preavviso.
«Mi ami?» domandò, perplesso ed inquisitorio.
Inghilterra singhiozzò e lo guardò con espressione vacua e piangente, gli occhi arrossati. D'un tratto cambiò sguardo e ne assunse uno più determinato ed anche cattivo.
«Tu sei mio... hic! Se non ti... aves... ssi aiutato saresti ancora sotto il cont... rollo di Spagna... hic!» esclamò, barcollando in avanti.
Goffamente, si avvicinò ad Olanda e gli si appoggiò contro il petto, fissandolo in faccia.
La differenza di altezza era notevole, ma ciò non impedì a Kirkland di aggrapparsi alla sciarpa del castano e tirarlo giù, in modo che fosse alla sua portata. A quel punto, incollò le proprie labbra sulle sue, abbandonando interamente contro il suo petto il peso del proprio corpo.
Olanda avrebbe voluto svincolarsi, allontanarlo e farlo ragionare, ma il pirata aveva provveduto a prenderlo per i polsi, trattenendolo con una certa forza.
L'olandese tentò di ribellarsi, opporre resistenza, ma la bocca di Arthur non accennava a staccarsi. Era come incollata alla sua.
Il fiato dell’inglese odorava d'alcol e qualche traccia di rum gli era rimasta sulle labbra. Ai gusti del castano rendeva la cosa un po’ più piacevole, ma rimaneva comunque il fatto che era stato costretto a baciare un maschio - per il quale per di più non provava assolutamente niente.
Alla fine, finalmente, Kirkland si decise a staccarsi da lui e continuò solamente a tenerlo per le braccia.
L'altro lo fissò, sorpreso ed anche palesemente infastidito.
«Che cosa ti è preso, stupido?!» sbottò, allontanandolo.
Il britannico barcollò, appoggiandosi con una mano sul tavolo, incespicando però nei suoi stessi piedi. Per sua fortuna cadde sulla sedia dietro di lui e non a terra.
Passarono alcuni minuti, durante i quali l’unica cosa che ambedue fecero fu guardarsi: Inghilterra sbatteva confuso le palpebre, come se non ci vedesse bene, mentre l’altro lo fissava dall’alto dei suoi centottanta centimetri abbondanti con uno sguardo che definire solamente arrabbiato era eufemistico.
Poi, senza alcun preavviso, Arthur cominciò ad aprirsi la casacca e spogliarsi.
«Ehi, cosa fai?» fece il castano, inarcando un sopracciglio con fare incuriosito e guardingo, diffidente.
«Fa... caldo» borbottò il biondo, togliendosi la casacca, lasciandola cadere a terra come un cencio. Si tolse le fondine e slacciò il cinturone dove teneva riposta la spada.
Olanda non aveva idea di cosa avesse in mente di fare: in quelle condizioni era imprevedibile.
L'osservò mentre si toglieva la camicia, rimanendogli davanti a torso nudo.
«Ehi, smettila» intervenne prontamente l’olandese, bloccandogli le mani prima che scendessero ad aprire i pantaloni.
Di vederselo davanti nudo come un verme non ne aveva veramente voglia.
Inghilterra l'attirò verso di sé ma Olanda si oppose e fece anche di più: sfruttando la sua presa sui propri polsi lo tirò verso di sé e poi in piedi. Con una mossa rapida l'afferrò e se lo caricò di peso su una spalla.
Doveva ammettere che non era poi così leggero come aveva supposto per via della scarsa altezza.
«Olandaaa!» esclamò il biondo, picchiando debolmente i pugni sulla sua schiena «Olanda giùùù...!».
«Scordatelo. Adesso te ne vai a letto» rispose duramente l'olandese, portandolo verso il letto dall’altra parte della cabina.
Quando ce lo fece cadere sopra e lo guardò, Arthur gli apparve se possibile ancor più fuori di sé di quanto già non fosse.
Le guance gli sembravano ancor più rosse e gli occhi smeraldini brillavano, liquidi, di un misto di cose indefinite.
Nel toccare il materasso, vi giacque inerte e fissò il castano.
«Olanda dormi con me...?» domandò con tono innocente, lo sguardo supplichevole.
Olanda tacque un momento, prima di rispondere con un secco: «No».
Così dicendo si volse a dargli le spalle e si allontanò.
«Olanda! Olanda...» chiamò il britannico, ma il castano lo ignorò e se ne andò dalla cabina chiudendosi dietro la porta. Avrebbe passato la notte insieme ai marinai, non ne faceva né un dramma né un problema. Tutto andava bene purché non dovesse dormire con un uomo ubriaco fradicio che l'aveva appena appassionatamente baciato e che con ogni probabilità avrebbe anche voluto approfondire la loro conoscenza mentre erano a letto.
Non si sarebbe prestato a simili cose senza essere totalmente consenziente: odiava essere sottomesso al volere altrui.
Non appena si fu chiuso la porta alle spalle, Inghilterra abbassò gli occhi sui propri pantaloni, bene in vista dato che s'era tolto tutto ciò che solitamente gli copriva il torace.
Senza stare a pensarci troppo, se li aprì e v'infilò una mano, arrivando fino al suo pene. E lì, vinto dalla sbronza, cominciò a pensare all'olandese e, conseguentemente, a masturbarsi.
Gli occhi appannati osservavano il soffitto, mentre con le dita si dava da fare per eccitare il suo sesso.
La forte emotività che lo assaliva solitamente quand'era ubriaco riprese il sopravvento e cominciò a chiamare, supplicante, il castano, come se fosse l’unica persona capace di fargli ritrovare il senno.
Ogni tanto si leccava le labbra e pian piano i suoi gemiti si fecero più forti ed i respiri pesanti.
Per sua fortuna, quando aveva fatto costruire la nave, aveva insistito perché la sua porta fosse particolarmente spessa. Se così non fosse stato, a quell'ora tutta la ciurma sarebbe stata lì a sentirlo gemere come non mai.
Il suo pene era duro e dritto nel palmo della sua mano ed oramai era prossimo all'orgasmo.
Venne dopo pochi momenti con un ansimo roco, sporcandosi la mano di sperma.
Rilassò i muscoli e reclinò all'indietro la testa, esponendo la gola, mentre respirava profondamente: avrebbe tanto desiderato che quella mano affondata nei suoi pantaloni fosse di Olanda e non sua.
Esausto e sbronzo, il corsaro fu vinto dalla stanchezza e capitolò, addormentandosi supino sul letto, senza nemmeno avere il tempo di mettersi sotto le lenzuola.
Il mattino dopo la prima sensazione che investì Inghilterra nello svegliarsi fu un'emicrania lancinante. In seconda battuta una nausea tremenda.
Non aveva mai sofferto di mal di mare, per sua fortuna, ma l'ondeggiare della nave lo faceva sentire se possibile ancora peggio: la sua nausea si stava lentamente trasformando in bisogno fisiologico di vomitare.
Pian piano riacquistò la padronanza di sé ed aprì appena gli occhi, richiudendoli subito nell'incrociare un fascio di luce solare che passava proprio sopra di lui.
Iniziando a risvegliarsi le percezioni corporee, contemporaneamente realizzò che aveva freddo e che la sua mano destra era affondata nei suoi pantaloni, saldamente ancorata al suo sesso, chiusa a coppa attorno ad esso.
Ruotò un po' la testa e riaprì gli occhi, focalizzando lo scenario attorno a sé.
Era nella sua stanza ed era solo. Nessuno lo stava chiamando dal ponte di comando né picchiava contro l'uscio - la sveglia peggiore che potesse capitargli di sorbirsi, anche se la più efficace.
Fece mente locale, riesumando i ricordi della sera prima, riuscendoci in una manciata di secondi. Tutti gli avvenimenti delle sue ultime ore di veglia gli si rovesciarono addosso come acqua gelida, destandolo all'improvviso.
Si mise seduto di scatto, rosso in viso, ma si pentì subito del repentino cambio di postura, perché sia la sua testa che il suo stomaco diedero voce al loro disappunto, entrambi in maniera piuttosto forte e dolorosa.
Imprecò a mezza voce posandosi una mano sulla fronte e gli occhi, ricordandosi di quel che era successo tra lui e Olanda, del bacio che gli aveva strappato a tradimento.
Si spostò lentamente verso il bordo del materasso e cercò di mettersi in piedi, ma tutto quel che riuscì a fare fu barcollare per qualche metro e poi cadere in ginocchio.
Doveva trovare Olanda, dirgli che era stato tutto un malinteso, che le cose non stavano come sembrava.
A lui piaceva, era vero, ma non avrebbe mai pensato che, da ubriaco, gliel’avrebbe detto. Se fosse stato cosciente di ciò ci avrebbe pensato due volte prima di mettersi a bere in sua compagnia.
In quel momento ebbe un conato, seguito a ruota da un altro.
A fatica si rimise in piedi e, con una mano serrata sulla bocca, si precipitò incespicando verso la portafinestra aperta che dava sul suo balconcino.
In ginocchio, s'aggrappò alle sbarre in legno del parapetto e si sporse tra di esse, chinando con forza la testa, vomitando.
Il saporaccio della bile mescolato a quello del rum era disgustoso ed il suo stomaco pareva si stesse rivoltando più e più volte nella maniera più dolorosa possibile.
In aggiunta a ciò, il dolore alle tempie si trasformò in un atroce giramento di testa che lo costrinse a piegarsi ed aggrapparsi al legno sotto di lui: gli sembrava di aver appena girato su sé stesso come una trottola un’infinità di volte.
Diede violentemente di stomaco e, alla fine, si accasciò sul balconcino respirando a pieni polmoni la frizzante aria di mare, dapprima bocconi e poi supino - una posizione che risultava decisamente più congeniale alla sua situazione.
Si sentiva letteralmente uno schifo e la sua testa aveva ripreso a pulsare dolorosamente ad un ritmo vertiginoso.
«E tutto per del maledettissimo rum...» bofonchiò esausto, maledicendo la sua passione per il bere certe bevande in dosi smodate, soprattutto prima di dormire.
«A stare là fuori mezzo nudo e con questo vento ti prenderai un malanno» si sentì rimproverare.
La voce non proveniva dall'interno della sua stanza, per cui cercò subito la fonte in alto, trovandola immediatamente.
Arrossì violentemente nel vedere che Olanda era affacciato al parapetto superiore e lo fissava serenamente, fumando la sua immancabile lunga pipa nera.
«Non credevo fossi di stomaco così debole» commentò l'olandese quasi per caso, senza staccare gli occhi dall'inglese, il quale per contro si era lentamente messo seduto.
Quest’ultimo rievocò bruscamente tutta la scena del bacio, le lacrime che aveva versato in sua presenza, le emozioni che aveva provato e manifestato e desiderò di morire all'istante. Si vergognava terribilmente di quel lato del suo carattere così apertamente sentimentale, da smidollato, per niente adatto ad un capitano di pirati del suo calibro, che emergeva quando era ubriaco fradicio e si vergognava di quel che quella parte di sé faceva.
«E perché hai i pantaloni aperti? Ti si vedono le mutande».
Inghilterra si ricordò della sessione confusionaria e passionale di masturbazione che si era concesso prima di andare a dormire e non seppe cosa replicare. Ricordava bene la sensazione di desiderio e d'appagamento dello stesso e della soddisfazione provata nel raggiungere l'orgasmo per propria mano, per non parlare della smania di far sesso con Olanda che l’aveva animato per tutto il periodo in cui le sue dita si erano divertite a giocare con i suoi genitali. Con uno sforzo riuscì a resistere all'impulso di alzare la mano destra e controllare se c'erano ancora i resti del suo sperma, anche se era superfluo: percepiva un che di appiccicoso sotto il palmo che era un’inequivocabile risposta affermativa.
Non sapeva che fare. Di certo non poteva dirgli che s'era masturbato pensando a lui.
«Tornatene a letto, sei in condizioni pietose. E se proprio vuoi salire sul ponte, prima fatti una bella doccia fredda» gli suggerì gelido l'olandese, al che Inghilterra non riuscì a non arrossire per l'indignazione e replicare un irritato: «Chi sei, mia madre?! Qui il capitano sono io!».
«Ah, certo! Ed il capitano qui può anche permettersi di tentare di avere una relazione sessuale con un altro uomo?» controbatté Olanda a gran voce ed in tono di scherno, sorridendo in modo da lasciar scoperti i denti, tra i quali stringeva la pipa.
Arthur strisciò di nuovo in camera sua e, raccolta la camicia da terra, se la rimise e si stese sul letto.
Si poggiò l'avambraccio sugli occhi e sospirò: Olanda era un tipo con cui era dannatamente difficile intrattenere un rapporto pacifico e con le sue bravate non proprio coscienziose della sera prima si era giocato la possibilità di riuscire - forse, un giorno - a farlo capitolare ai suoi piedi, sentimentalmente parlando.
«Voglio morire» borbottò in un soffio, come unico commento alla propria “bravura”.
«Qui e adesso».