fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2011-10-16 09:38 am
![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Entry tags:
Painful moments on the seaside
Titolo: Painful moments on the seaside
Rating: Verde
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Matsuba, Mikan, Minaki
Wordcount: 1948 (
fiumidiparole)
Prompt: Sex & Summer / 002. Crema abbronzante @
casti_puri
Note: possibile OOC, Shonen-ai
«M-mi spieghi che cosa vuoi fare?».
Matsuba cercava d'opporre resistenza facendo pressione sul terreno con i piedi, piantandoli ed impuntandosi di tanto in tanto, ma era tutto inutile.
«Avanti, non fare il testone come al solito. Sarà divertente!».
Matsuba si girò a guardare chi lo stava spingendo con una punta d'indignazione nello sguardo.
«Minaki! Si può sapere dove mi stai portando?» sbottò il capopalestra.
«A Olivinopoli» rispose l’altro, increspando le labbra in un sorriso «Voglio farmi perdonare per il mese che ho trascorso viaggiando senza darti mie notizie...» spiegò il ricercatore.
«E cosa ci dovrebbe essere ad Olivinopoli capace di farti perdonare? Non sarebbe stato meglio rimanere ad Amarantopoli?» domandò Matsuba. Non sembrava affatto entusiasta dell'uscita.
«No, Amarantopoli non andava bene» rispose Minaki deciso.
«M-mi spieghi che cosa vuoi fare?».
Matsuba cercava d'opporre resistenza facendo pressione sul terreno con i piedi, piantandoli ed impuntandosi di tanto in tanto, ma era tutto inutile.
«Avanti, non fare il testone come al solito. Sarà divertente!».
Matsuba si girò a guardare chi lo stava spingendo con una punta d'indignazione nello sguardo.
«Minaki! Si può sapere dove mi stai portando?» sbottò il capopalestra.
«A Olivinopoli» rispose l’altro, increspando le labbra in un sorriso «Voglio farmi perdonare per il mese che ho trascorso viaggiando senza darti mie notizie...» spiegò il ricercatore.
«E cosa ci dovrebbe essere ad Olivinopoli capace di farti perdonare? Non sarebbe stato meglio rimanere ad Amarantopoli?» domandò Matsuba. Non sembrava affatto entusiasta dell'uscita.
«No, Amarantopoli non andava bene» rispose Minaki deciso.
Misteri, nient'altro che misteri. Voleva fargli un regalo probabilmente, ma in quel modo lo irritava e basta.
«Be', allora puoi perlomeno spiegarmi che c'è in quella borsa che ti sei portato dietro?» domandò allora il biondo, lanciando un'occhiata all'oggetto che pendeva da una spalla del ricercatore.
«Niente di cui tu debba preoccuparti» disse, liquidando la faccenda con nonchalance.
Eppure proprio per quel tono e quell'atteggiamento da "devo nascondertelo a tutti i costi" Matsuba s'insospettiva sempre di più.
«Sei particolarmente strano oggi...» constatò il capopalestra, una chiara sfumatura di diffidenza nella voce.
«In senso buono o cattivo?» fece l'altro sarcastico.
«Non lo so ancora con certezza» ammise il biondo.
Erano quasi arrivati ad Olivinopoli, quando una voce femminile che ambedue conoscevano bene richiamò la loro attenzione: «Matsuba! Minaki!».
Il biondo si stupì nel trovarsi davanti Mikan, la capopalestra di Olivinopoli. Era in piedi proprio all'ingresso della città e li stava salutando energicamente con una mano.
Il suo abito non era esattamente come Matsuba lo ricordava - anzi, per niente. La ragazza, infatti, indossava un costume da bagno a due pezzi della stessa tonalità d'arancione dei suoi fermacapelli e, legato in vita, portava un pareo semitrasparente di un arancione leggermente più vivo che le arrivava fin poco sopra le ginocchia.
Matsuba arrossì violentemente al vederla vestita - o, meglio, svestita - in quella maniera così strana.
«Ehi, Mikan!» salutò il ricercatore, avvicinandosi a lei.
«Minaki, siete in ritardo» osservò la capopalestra in tono di buffo rimprovero, appuntando con fare un po’ infantile i pugni sui fianchi.
«Hai ragione, ma non è colpa mia» esclamò, lanciando un'occhiata eloquente all'indirizzo del biondo che teneva saldamente per le spalle.
«Colpa di Matsuba che faceva resistenza» accusò senza la minima esitazione.
«Ehi!» si lamentò quest’ultimo, poi cambiò tono: da indignato ad incuriosito.
«Un momento... vi eravate messi d'accordo?» domandò.
Mikan guardò perplessa Minaki.
«Non gliel'hai detto?» fece.
Matsuba si stava stancando di tutti quei segreti.
«Che cosa non mi hai detto?!» sbottò irritato, voltandosi di scatto verso il compagno.
Il suo sguardo esprimeva la sua ostinazione ad avere la verità e non l'ennesimo mistero.
«Non gli hai detto che oggi sareste venuti al mare?» intervenne Mikan.
Lo sguardo che Matsuba assunse era quasi omicida. Minaki avrebbe desiderato essere altrove in quel momento.
«Al mare...?!» ripeté lentamente, scandendo ogni singola sillaba con voce minacciosa, guardandolo con fare tutt'altro che riappacificante.
Il castano indietreggiò di un passo. Le cose non stavano andando per il verso giusto: non avrebbe dovuto scoprirlo prima d'essere arrivato in spiaggia!
«Avanti, Matsuba non fare così...» cercò di calmarlo il ricercatore.
Doveva trovare il modo di rilassarlo, ma come...?!
All'improvviso ebbe un'idea.
«E con questa trovata avresti dovuto fart...!» cominciò a rimproverarlo il capopalestra di Amarantopoli, ma fu interrotto dalle labbra di Minaki che si posarono sulle sue senza la minima esitazione, col preciso intento di zittirlo.
La fanciulla spettatrice della scena rimase a guardarli allibita: aveva immaginato cosa potesse voler dire un bacio tra due maschi, ma vederlo dal vivo le dava una sensazione totalmente differente da quella che aveva supposto di provare.
Era... bizzarro.
Quando riuscì a staccarsi da lui il biondo arretrò di mezzo passo, guardando con rabbia il compagno.
Stava per dire qualcosa, quando una risatina da parte di Mikan lo precedette, interrompendolo.
«C-che hai da ridere?» domandò, le guance lievemente imporporate.
«Siete carini insieme...» esclamò, coprendosi le labbra con due dita in un futile tentativo di nascondere il sorriso.
Matsuba arrossì: si era dimenticato per un momento che c'era anche lei lì.
«Lo so» intervenne Minaki, cingendo con un braccio le spalle del compagno.
«E pensa a come sarà carino Matsuba una volta che si sarà cambiato!» aggiunse.
L'altro gli lanciò un'occhiata di fuoco, ma l'effetto minaccioso della stessa fu annullato dall'intervento improvviso della capopalestra locale, che prese il biondo per un braccio, tirandolo allegramente verso l'interno della città.
«Dai, non fare quella faccia! Forza, andiamo!» esclamò con fare deciso ed incoraggiante.
Chi l'avesse vista per la prima volta, d'impatto avrebbe potuto avere l'impressione che Mikan fosse una ragazza pacata e tranquilla, taciturna, il classico stereotipo della "brava ragazza"; invece - per chi come Matsuba e Minaki la conosceva meglio - era lampante che quello fosse solo un inganno estetico: dentro quella ragazza era determinata ed anche aggressiva.
Per questo il capopalestra biondo sapeva che sfuggire dalle sue mani - o dalle sue scelte - sarebbe stato impossibile. Perciò tutto quel che si limitò a fare fu farsi trascinare attraverso la città, con il ricercatore che lo seguiva dappresso, un sorriso soddisfatto in faccia che gli avrebbe cancellato più che volentieri con qualsiasi mezzo.
Il sole splendeva accecante e rovente sulla spiaggia che, per qualche strano motivo, era completamente deserta.
«Che caldo...!» sospirò il biondo.
«Per forza, sei ancora vestito!» ribatté Mikan, lasciando la presa sul suo braccio.
«Non preoccuparti, da ora me ne occupo io!» esclamò Minaki, prendendo per mano l'altro.
«Okay, io vado. Voi potete cambiarvi in una delle cabine laggiù» spiegò la ragazza, indicando le piccole casettine colorate dall'altra parte della spiaggia.
«Sì. Grazie per l'aiuto!» ringraziò il ricercatore.
«Figurati! E Matsuba... divertiti un po'!» esclamò Mikan prima di dar loro le spalle e allontanarsi.
«Avete complottato contro di me?» domandò il capopalestra una volta che la castana se ne fu andata.
«Che cosa vai a pensare! Te l'ho già detto: voglio farmi perdonare»
«Ma io in spiaggia non ci sono mai venuto...» obiettò Matsuba.
«Appunto per questo ti ci ho portato. Dai, andiamo a cambiarci: sto sudando».
L'allenatore di pokémon Spettro abbassò lo sguardo mentre s'incamminava dietro di lui: forse accanirsi contro la sua idea non era così giusto.
In fin dei conti, l'aveva fatto per lui ed era da tanto tempo che non si prendeva una giornata libera ed al mare non era mai andato pur avendolo così vicino.
Attraversarono la spiaggia e giunsero alle cabine. Minaki ne scelse una a caso ed entrò, lasciandolo ad aspettare fuori.
Quando uscì, pochi minuti dopo, indossava solo un paio di pantaloncini superaderenti viola che gli arrivavano ben sopra la metà delle cosce.
«Vai a cambiarti» disse il ricercatore, indicandogli la cabina da cui era appena uscito «Nella borsa c'è un costume anche per te...».
Matsuba non esitò un momento ad entrare: l'idea di potersi togliere i vestiti e smettere di sudare l'allettava troppo.
All'interno si spogliò rapidamente, ripiegando i vestiti e mettendoli insieme a quelli del castano nella borsa, quindi ne estrasse il suo costume, un paio di bermuda dello stesso bianco argenteo dei suoi pantaloni.
Per fortuna che non era niente di potenzialmente osceno: non avrebbe potuto sopportare di passare la giornata lì, in caso contrario.
Li indosso ed uscì portandosi via la borsa, che restituì al partner che lo stava aspettando fuori.
I suoi occhi blu lo squadrarono da capo a piedi, soddisfatti.
«Sei veramente carino» disse, accennando un sorriso.
Matsuba si avviò verso la spiaggia, seguito a poca distanza da lui.
Sulla sabbia erano posizionate - a distanze precise e calcolate - sdraio sotto ombrelloni chiusi.
Il capopalestra di Amarantopoli scelse una postazione centrale provvista di due sdraio, accomodandosi su una di esse.
Minaki si sedette sull'altra, appoggiandoci sopra anche la borsa, nella quale frugò in cerca di qualcosa.
«Matsuba, la crema!» esclamò, estraendo un tubetto di crema giallo.
Il biondo si avvicinò a lui, porgendogli la schiena: non voleva rischiare di arrostire sotto il sole.
Minaki gli mise della crema sulle spalle e poi gliela spalmò su tutta la schiena, facendo sì che la pelle l'assorbisse; poi l'altro si fece dare il tubetto e se la spalmò sul resto della pelle scoperta.
Quand'ebbe fatto, Minaki gli offrì la schiena con fare eloquente e l'operazione di poco prima si ripeté.
Quando ambedue furono ricoperti di crema protettiva, il capopalestra si diresse verso il mare e si tuffò.
L'acqua a primo impatto gli scivolò gelida sulla pelle, abbracciando il suo corpo scosso da tremiti, ma si abituò subito alla temperatura.
Si immerse e riaffiorò dalla superficie più a largo, scuotendo i capelli.
«Minaki, vieni!» chiamò, nuotando nuovamente verso riva.
Il castano entrò pian piano in acqua, rabbrividendo visibilmente.
Quando fu immerso fino a metà torace, decise di sommergersi.
«Che freddo!» esclamò, uscendo vicino all'altro.
«Esagerato» commentò quest'ultimo, dirigendosi di nuovo a largo con lunghe bracciate.
Rimasero in acqua per due ore e mezzo, nuotando e scherzando tra loro.
Solo a mezzogiorno uscirono per asciugarsi un po' sotto i bollenti raggi del sole, prima di andare a mangiare qualcosa al ristorante che si trovava sul limitare della spiaggia.
Seduti a tavola l'uno dinanzi all'altro, Matsuba e Minaki stavano consumando del ramen.
«Allora? Non dirmi che non ti stai divertendo?» volle sapere Minaki, portandosi alla bocca altri spaghetti.
Matsuba deglutì il boccone e rispose: «Sì, in effetti è divertente...».
«Ihih... e te che ti lamentavi...» replicò il castano.
Gli piaceva fargli notare i suoi errori.
«Umpf! Mi ci hai portato senza nemmeno interpellarmi!» esclamò in difesa il biondo.
Il ricercatore mangiò qualche altro boccone prima di replicare: «Volevo che fosse una sorpresa...».
Matsuba deviò altrove lo sguardo, portandosi alla bocca degli spaghetti.
Scosse le spalle come per scacciare un formicolio.
«Qualcosa non va?» chiese Minaki.
«No...» rispose il capopalestra, ma non era esattamente così: la schiena gli faceva via via sempre più male.
Sentiva freddo laddove fino ad un minuto prima percepiva l'afa della giornata e la pelle tirava, come se si stesse restringendo.
Era una sensazione veramente sgradevole.
Provò a toccarsi, ma il contatto dei polpastrelli, per quanto delicato fosse, lo fece sobbalzare per un dolore che non aveva previsto.
«Matsuba, sul serio... che cos'hai?» lo interpellò il ricercatore, fissandolo accigliato: sembrava che stesse seriamente soffrendo, a giudicare dall'espressione e dall'atteggiamento.
Il biondo distese lentamente le spalle, cercando di mangiare senza contrarre i muscoli: adesso anche muoversi gli provocava dolore.
«M-mi fanno male le spalle...» disse, esitante.
«Le spalle?» domandò l'altro, mangiando un altro boccone.
«Sì...» rispose Matsuba.
Il ricercatore semplicemente tacque e si dedicò alla rotella di pesce rimastagli nella scodella.
Quando tornarono in spiaggia, si sdraiarono all'ombra dell'ombrellone aspettando di digerire.
E fu quando Matsuba si sdraiò bocconi sulla sdraio deciso a riposarsi che Minaki se ne accorse: «Per forza ti fa male la schiena! Sei tutto scottato!».
«Eh...?» fece l'altro confuso, senza girarsi: anche torcere il collo gli faceva male.
«Hai la schiena scottata! Sei rosso...» ripeté il castano.
«Com'è possibile? Mi hai dato la crema protettiva» replicò il biondo.
«Sì, e se vuoi te la...» iniziò, frugando nella borsa, ma quando estrasse il flacone si bloccò ed assunse un'aria colpevole.
Matsuba, nonostante la posizione, riuscì a scorgere il suo sguardo e chiese: «Me l'hai data, no?».
Minaki gli mostrò la bottiglietta che aveva in mano.
«Per sbaglio ho preso la crema abbronzante, non quella protettiva...» confessò.
Al capopalestra occorse qualche momento per realizzare la cosa, ma quando l'ebbe fatto esclamò un indignato e rabbioso: «CHE COOOSA?!».
Fece per alzarsi, ma spingere all'indietro le scapole per alzare il busto gli provocò soltanto altro dolore, che lo costrinse a lasciarsi cadere nuovamente giù.
«Minaki, io ti ammazzo» sibilò a denti stretti, guardandolo di traverso «E le maledizioni dei miei Gengar ti perseguiteranno vita natural durante».
«Dai, non prenderla così male... non l'ho fatto di proposito» si scusò il ricercatore, indietreggiando nel vedere il biondo riprovare a mettersi in piedi.
Stavolta, per sua sfortuna, ce la fece senza farsi troppo male.
«Minakiii...!» esclamò, correndogli incontro.
Le spalle gli dolevano come non mai e la pelle pizzicava da morire e tutto per colpa di una svista di quello stupido!
Il ricercatore arretrò ancora, poi corse via a gambe levate.
«Non l'ho fatto di proposito, ho detto! Andiamo a casa, okay?»
«Sarà meglio per te!» gli rispose il capopalestra da dietro.
«Ahiooo, che male la schiena...!» lamentò a mezza voce.
Rating: Verde
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Matsuba, Mikan, Minaki
Wordcount: 1948 (
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: Sex & Summer / 002. Crema abbronzante @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Note: possibile OOC, Shonen-ai
«M-mi spieghi che cosa vuoi fare?».
Matsuba cercava d'opporre resistenza facendo pressione sul terreno con i piedi, piantandoli ed impuntandosi di tanto in tanto, ma era tutto inutile.
«Avanti, non fare il testone come al solito. Sarà divertente!».
Matsuba si girò a guardare chi lo stava spingendo con una punta d'indignazione nello sguardo.
«Minaki! Si può sapere dove mi stai portando?» sbottò il capopalestra.
«A Olivinopoli» rispose l’altro, increspando le labbra in un sorriso «Voglio farmi perdonare per il mese che ho trascorso viaggiando senza darti mie notizie...» spiegò il ricercatore.
«E cosa ci dovrebbe essere ad Olivinopoli capace di farti perdonare? Non sarebbe stato meglio rimanere ad Amarantopoli?» domandò Matsuba. Non sembrava affatto entusiasta dell'uscita.
«No, Amarantopoli non andava bene» rispose Minaki deciso.
«M-mi spieghi che cosa vuoi fare?».
Matsuba cercava d'opporre resistenza facendo pressione sul terreno con i piedi, piantandoli ed impuntandosi di tanto in tanto, ma era tutto inutile.
«Avanti, non fare il testone come al solito. Sarà divertente!».
Matsuba si girò a guardare chi lo stava spingendo con una punta d'indignazione nello sguardo.
«Minaki! Si può sapere dove mi stai portando?» sbottò il capopalestra.
«A Olivinopoli» rispose l’altro, increspando le labbra in un sorriso «Voglio farmi perdonare per il mese che ho trascorso viaggiando senza darti mie notizie...» spiegò il ricercatore.
«E cosa ci dovrebbe essere ad Olivinopoli capace di farti perdonare? Non sarebbe stato meglio rimanere ad Amarantopoli?» domandò Matsuba. Non sembrava affatto entusiasta dell'uscita.
«No, Amarantopoli non andava bene» rispose Minaki deciso.
Misteri, nient'altro che misteri. Voleva fargli un regalo probabilmente, ma in quel modo lo irritava e basta.
«Be', allora puoi perlomeno spiegarmi che c'è in quella borsa che ti sei portato dietro?» domandò allora il biondo, lanciando un'occhiata all'oggetto che pendeva da una spalla del ricercatore.
«Niente di cui tu debba preoccuparti» disse, liquidando la faccenda con nonchalance.
Eppure proprio per quel tono e quell'atteggiamento da "devo nascondertelo a tutti i costi" Matsuba s'insospettiva sempre di più.
«Sei particolarmente strano oggi...» constatò il capopalestra, una chiara sfumatura di diffidenza nella voce.
«In senso buono o cattivo?» fece l'altro sarcastico.
«Non lo so ancora con certezza» ammise il biondo.
Erano quasi arrivati ad Olivinopoli, quando una voce femminile che ambedue conoscevano bene richiamò la loro attenzione: «Matsuba! Minaki!».
Il biondo si stupì nel trovarsi davanti Mikan, la capopalestra di Olivinopoli. Era in piedi proprio all'ingresso della città e li stava salutando energicamente con una mano.
Il suo abito non era esattamente come Matsuba lo ricordava - anzi, per niente. La ragazza, infatti, indossava un costume da bagno a due pezzi della stessa tonalità d'arancione dei suoi fermacapelli e, legato in vita, portava un pareo semitrasparente di un arancione leggermente più vivo che le arrivava fin poco sopra le ginocchia.
Matsuba arrossì violentemente al vederla vestita - o, meglio, svestita - in quella maniera così strana.
«Ehi, Mikan!» salutò il ricercatore, avvicinandosi a lei.
«Minaki, siete in ritardo» osservò la capopalestra in tono di buffo rimprovero, appuntando con fare un po’ infantile i pugni sui fianchi.
«Hai ragione, ma non è colpa mia» esclamò, lanciando un'occhiata eloquente all'indirizzo del biondo che teneva saldamente per le spalle.
«Colpa di Matsuba che faceva resistenza» accusò senza la minima esitazione.
«Ehi!» si lamentò quest’ultimo, poi cambiò tono: da indignato ad incuriosito.
«Un momento... vi eravate messi d'accordo?» domandò.
Mikan guardò perplessa Minaki.
«Non gliel'hai detto?» fece.
Matsuba si stava stancando di tutti quei segreti.
«Che cosa non mi hai detto?!» sbottò irritato, voltandosi di scatto verso il compagno.
Il suo sguardo esprimeva la sua ostinazione ad avere la verità e non l'ennesimo mistero.
«Non gli hai detto che oggi sareste venuti al mare?» intervenne Mikan.
Lo sguardo che Matsuba assunse era quasi omicida. Minaki avrebbe desiderato essere altrove in quel momento.
«Al mare...?!» ripeté lentamente, scandendo ogni singola sillaba con voce minacciosa, guardandolo con fare tutt'altro che riappacificante.
Il castano indietreggiò di un passo. Le cose non stavano andando per il verso giusto: non avrebbe dovuto scoprirlo prima d'essere arrivato in spiaggia!
«Avanti, Matsuba non fare così...» cercò di calmarlo il ricercatore.
Doveva trovare il modo di rilassarlo, ma come...?!
All'improvviso ebbe un'idea.
«E con questa trovata avresti dovuto fart...!» cominciò a rimproverarlo il capopalestra di Amarantopoli, ma fu interrotto dalle labbra di Minaki che si posarono sulle sue senza la minima esitazione, col preciso intento di zittirlo.
La fanciulla spettatrice della scena rimase a guardarli allibita: aveva immaginato cosa potesse voler dire un bacio tra due maschi, ma vederlo dal vivo le dava una sensazione totalmente differente da quella che aveva supposto di provare.
Era... bizzarro.
Quando riuscì a staccarsi da lui il biondo arretrò di mezzo passo, guardando con rabbia il compagno.
Stava per dire qualcosa, quando una risatina da parte di Mikan lo precedette, interrompendolo.
«C-che hai da ridere?» domandò, le guance lievemente imporporate.
«Siete carini insieme...» esclamò, coprendosi le labbra con due dita in un futile tentativo di nascondere il sorriso.
Matsuba arrossì: si era dimenticato per un momento che c'era anche lei lì.
«Lo so» intervenne Minaki, cingendo con un braccio le spalle del compagno.
«E pensa a come sarà carino Matsuba una volta che si sarà cambiato!» aggiunse.
L'altro gli lanciò un'occhiata di fuoco, ma l'effetto minaccioso della stessa fu annullato dall'intervento improvviso della capopalestra locale, che prese il biondo per un braccio, tirandolo allegramente verso l'interno della città.
«Dai, non fare quella faccia! Forza, andiamo!» esclamò con fare deciso ed incoraggiante.
Chi l'avesse vista per la prima volta, d'impatto avrebbe potuto avere l'impressione che Mikan fosse una ragazza pacata e tranquilla, taciturna, il classico stereotipo della "brava ragazza"; invece - per chi come Matsuba e Minaki la conosceva meglio - era lampante che quello fosse solo un inganno estetico: dentro quella ragazza era determinata ed anche aggressiva.
Per questo il capopalestra biondo sapeva che sfuggire dalle sue mani - o dalle sue scelte - sarebbe stato impossibile. Perciò tutto quel che si limitò a fare fu farsi trascinare attraverso la città, con il ricercatore che lo seguiva dappresso, un sorriso soddisfatto in faccia che gli avrebbe cancellato più che volentieri con qualsiasi mezzo.
Il sole splendeva accecante e rovente sulla spiaggia che, per qualche strano motivo, era completamente deserta.
«Che caldo...!» sospirò il biondo.
«Per forza, sei ancora vestito!» ribatté Mikan, lasciando la presa sul suo braccio.
«Non preoccuparti, da ora me ne occupo io!» esclamò Minaki, prendendo per mano l'altro.
«Okay, io vado. Voi potete cambiarvi in una delle cabine laggiù» spiegò la ragazza, indicando le piccole casettine colorate dall'altra parte della spiaggia.
«Sì. Grazie per l'aiuto!» ringraziò il ricercatore.
«Figurati! E Matsuba... divertiti un po'!» esclamò Mikan prima di dar loro le spalle e allontanarsi.
«Avete complottato contro di me?» domandò il capopalestra una volta che la castana se ne fu andata.
«Che cosa vai a pensare! Te l'ho già detto: voglio farmi perdonare»
«Ma io in spiaggia non ci sono mai venuto...» obiettò Matsuba.
«Appunto per questo ti ci ho portato. Dai, andiamo a cambiarci: sto sudando».
L'allenatore di pokémon Spettro abbassò lo sguardo mentre s'incamminava dietro di lui: forse accanirsi contro la sua idea non era così giusto.
In fin dei conti, l'aveva fatto per lui ed era da tanto tempo che non si prendeva una giornata libera ed al mare non era mai andato pur avendolo così vicino.
Attraversarono la spiaggia e giunsero alle cabine. Minaki ne scelse una a caso ed entrò, lasciandolo ad aspettare fuori.
Quando uscì, pochi minuti dopo, indossava solo un paio di pantaloncini superaderenti viola che gli arrivavano ben sopra la metà delle cosce.
«Vai a cambiarti» disse il ricercatore, indicandogli la cabina da cui era appena uscito «Nella borsa c'è un costume anche per te...».
Matsuba non esitò un momento ad entrare: l'idea di potersi togliere i vestiti e smettere di sudare l'allettava troppo.
All'interno si spogliò rapidamente, ripiegando i vestiti e mettendoli insieme a quelli del castano nella borsa, quindi ne estrasse il suo costume, un paio di bermuda dello stesso bianco argenteo dei suoi pantaloni.
Per fortuna che non era niente di potenzialmente osceno: non avrebbe potuto sopportare di passare la giornata lì, in caso contrario.
Li indosso ed uscì portandosi via la borsa, che restituì al partner che lo stava aspettando fuori.
I suoi occhi blu lo squadrarono da capo a piedi, soddisfatti.
«Sei veramente carino» disse, accennando un sorriso.
Matsuba si avviò verso la spiaggia, seguito a poca distanza da lui.
Sulla sabbia erano posizionate - a distanze precise e calcolate - sdraio sotto ombrelloni chiusi.
Il capopalestra di Amarantopoli scelse una postazione centrale provvista di due sdraio, accomodandosi su una di esse.
Minaki si sedette sull'altra, appoggiandoci sopra anche la borsa, nella quale frugò in cerca di qualcosa.
«Matsuba, la crema!» esclamò, estraendo un tubetto di crema giallo.
Il biondo si avvicinò a lui, porgendogli la schiena: non voleva rischiare di arrostire sotto il sole.
Minaki gli mise della crema sulle spalle e poi gliela spalmò su tutta la schiena, facendo sì che la pelle l'assorbisse; poi l'altro si fece dare il tubetto e se la spalmò sul resto della pelle scoperta.
Quand'ebbe fatto, Minaki gli offrì la schiena con fare eloquente e l'operazione di poco prima si ripeté.
Quando ambedue furono ricoperti di crema protettiva, il capopalestra si diresse verso il mare e si tuffò.
L'acqua a primo impatto gli scivolò gelida sulla pelle, abbracciando il suo corpo scosso da tremiti, ma si abituò subito alla temperatura.
Si immerse e riaffiorò dalla superficie più a largo, scuotendo i capelli.
«Minaki, vieni!» chiamò, nuotando nuovamente verso riva.
Il castano entrò pian piano in acqua, rabbrividendo visibilmente.
Quando fu immerso fino a metà torace, decise di sommergersi.
«Che freddo!» esclamò, uscendo vicino all'altro.
«Esagerato» commentò quest'ultimo, dirigendosi di nuovo a largo con lunghe bracciate.
Rimasero in acqua per due ore e mezzo, nuotando e scherzando tra loro.
Solo a mezzogiorno uscirono per asciugarsi un po' sotto i bollenti raggi del sole, prima di andare a mangiare qualcosa al ristorante che si trovava sul limitare della spiaggia.
Seduti a tavola l'uno dinanzi all'altro, Matsuba e Minaki stavano consumando del ramen.
«Allora? Non dirmi che non ti stai divertendo?» volle sapere Minaki, portandosi alla bocca altri spaghetti.
Matsuba deglutì il boccone e rispose: «Sì, in effetti è divertente...».
«Ihih... e te che ti lamentavi...» replicò il castano.
Gli piaceva fargli notare i suoi errori.
«Umpf! Mi ci hai portato senza nemmeno interpellarmi!» esclamò in difesa il biondo.
Il ricercatore mangiò qualche altro boccone prima di replicare: «Volevo che fosse una sorpresa...».
Matsuba deviò altrove lo sguardo, portandosi alla bocca degli spaghetti.
Scosse le spalle come per scacciare un formicolio.
«Qualcosa non va?» chiese Minaki.
«No...» rispose il capopalestra, ma non era esattamente così: la schiena gli faceva via via sempre più male.
Sentiva freddo laddove fino ad un minuto prima percepiva l'afa della giornata e la pelle tirava, come se si stesse restringendo.
Era una sensazione veramente sgradevole.
Provò a toccarsi, ma il contatto dei polpastrelli, per quanto delicato fosse, lo fece sobbalzare per un dolore che non aveva previsto.
«Matsuba, sul serio... che cos'hai?» lo interpellò il ricercatore, fissandolo accigliato: sembrava che stesse seriamente soffrendo, a giudicare dall'espressione e dall'atteggiamento.
Il biondo distese lentamente le spalle, cercando di mangiare senza contrarre i muscoli: adesso anche muoversi gli provocava dolore.
«M-mi fanno male le spalle...» disse, esitante.
«Le spalle?» domandò l'altro, mangiando un altro boccone.
«Sì...» rispose Matsuba.
Il ricercatore semplicemente tacque e si dedicò alla rotella di pesce rimastagli nella scodella.
Quando tornarono in spiaggia, si sdraiarono all'ombra dell'ombrellone aspettando di digerire.
E fu quando Matsuba si sdraiò bocconi sulla sdraio deciso a riposarsi che Minaki se ne accorse: «Per forza ti fa male la schiena! Sei tutto scottato!».
«Eh...?» fece l'altro confuso, senza girarsi: anche torcere il collo gli faceva male.
«Hai la schiena scottata! Sei rosso...» ripeté il castano.
«Com'è possibile? Mi hai dato la crema protettiva» replicò il biondo.
«Sì, e se vuoi te la...» iniziò, frugando nella borsa, ma quando estrasse il flacone si bloccò ed assunse un'aria colpevole.
Matsuba, nonostante la posizione, riuscì a scorgere il suo sguardo e chiese: «Me l'hai data, no?».
Minaki gli mostrò la bottiglietta che aveva in mano.
«Per sbaglio ho preso la crema abbronzante, non quella protettiva...» confessò.
Al capopalestra occorse qualche momento per realizzare la cosa, ma quando l'ebbe fatto esclamò un indignato e rabbioso: «CHE COOOSA?!».
Fece per alzarsi, ma spingere all'indietro le scapole per alzare il busto gli provocò soltanto altro dolore, che lo costrinse a lasciarsi cadere nuovamente giù.
«Minaki, io ti ammazzo» sibilò a denti stretti, guardandolo di traverso «E le maledizioni dei miei Gengar ti perseguiteranno vita natural durante».
«Dai, non prenderla così male... non l'ho fatto di proposito» si scusò il ricercatore, indietreggiando nel vedere il biondo riprovare a mettersi in piedi.
Stavolta, per sua sfortuna, ce la fece senza farsi troppo male.
«Minakiii...!» esclamò, correndogli incontro.
Le spalle gli dolevano come non mai e la pelle pizzicava da morire e tutto per colpa di una svista di quello stupido!
Il ricercatore arretrò ancora, poi corse via a gambe levate.
«Non l'ho fatto di proposito, ho detto! Andiamo a casa, okay?»
«Sarà meglio per te!» gli rispose il capopalestra da dietro.
«Ahiooo, che male la schiena...!» lamentò a mezza voce.