fiamma_drakon: (Flandre_Scarlet)
fiamma_drakon ([personal profile] fiamma_drakon) wrote2011-12-27 07:06 pm

Il vestito di Belgio

Titolo: Il vestito di Belgio
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Lovino Romano Vargas (Sud Italia)
Wordcount: 1593 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: Crossdressing per il p0rn fest #5 @ [livejournal.com profile] fanfic_italia
Note: Crossdressing, Lemon, Linguaggio, Self!love, Yaoi
«Ro-Romano sei... adorabile!» esclamò Antonio, arrossendo compiaciuto. Abbandonò la sua pizza e rivolse a Lovino tutte le sue attenzioni, allontanandosi dalla poltrona e dalla finestra aperta.
«Fottiti, bastardo!» sbottò indispettito l’italiano. Era così arrabbiato con lui perché era stata la sua disattenzione perenne ad aver fatto sì che, lavandola, la sua uniforme si sciupasse al punto da risultargli inutilizzabile, purtroppo.
Di mettere l'uniforme di Spagna non se ne parlava: gli stava grande. L'uniforme di Olanda, invece, era troppo grande. Per esclusione, l'unica cosa che rimaneva era l'abito di Belgio, dato che l’uniforme la stava indossando lei - e che, guarda caso, era proprio della sua misura.


«Cazzo, Spagna! Non c'erano proprio altri vestiti in casa, bastardo?!».
Il fine e garbato commento di Lovino precedette il suo ingresso nel soggiorno.
Spagna, seduto in poltrona intento a mangiare della pizza, rimase a bocca aperta nel vedersi comparire innanzi l'italiano abbigliato con un vestitino verde delicato che gli arrivava fino alle ginocchia con tanto di sottoveste bianca con l'orlo di pizzo. Le maniche erano corte e rigonfie, un tocco che aggiungeva molta femminilità sia all'abito in sé e per sé sia al povero Vargas. Sopra al capo d’abbigliamento indossava un grembiulino bianco semplice ma egualmente carino.
Ai piedi calzava delle calze bianche alte fino al ginocchio e scarpette nere.
«Ro-Romano sei... adorabile!» esclamò Antonio, arrossendo compiaciuto. Abbandonò la sua pizza e rivolse a Lovino tutte le sue attenzioni, allontanandosi dalla poltrona e dalla finestra aperta.
«Fottiti, bastardo!» sbottò indispettito l’italiano. Era così arrabbiato con lui perché era stata la sua disattenzione perenne ad aver fatto sì che, lavandola, la sua uniforme si sciupasse al punto da risultargli inutilizzabile, purtroppo.
Di mettere l'uniforme di Spagna non se ne parlava: gli stava grande. L'uniforme di Olanda, invece, era troppo grande. Per esclusione, l'unica cosa che rimaneva era l'abito di Belgio, dato che l’uniforme la stava indossando lei - e che, guarda caso, era proprio della sua misura.
Per cui ecco il perché di quella situazione tutt'altro che piacevole per Lovino.
«Andiamo, Romano... non essere così cattivo!» lo supplicò Fernandez: era stato un incidente. Di certo non era stato intenzionale il suo rovinargli l’uniforme.
Lo spagnolo lo osservò con occhi bramosi: non aveva mai avuto occasione di vederlo con una gonna neppure quand'era piccolo. Austria non l'aveva scambiato per una ragazza come aveva fatto con Veneziano.
Era un amore. Avrebbe tanto desiderato che si lasciasse prendere in grembo e coccolare, ma purtroppo era grande e, soprattutto, nient’affatto dell’umore adatto.
«'Fanculo, è colpa tua! Mi hai rovinato l'uniforme!» l'accusò irato Lovino.
Non voleva saperne proprio di perdonarlo per quell'increscioso incidente.
Lo spagnolo gli si avvicinò lentamente, tentando di toccarlo, ma l'altro fece un passo indietro e gli diede le spalle.
La loro era una relazione controversa: da un lato Spagna che, nella sua buona fede, cercava di dimostrargli il suo affetto in ogni modo e momento; dall'altro lato Romano, completamente incapace di rivolgersi a Carriedo in termini che non consistessero d'insulti.
Era l'unico modo con cui l'italiano riusciva a dimostrare il proprio amore ed ormai Antonio ci aveva fatto l'abitudine.
All'improvviso un forte refolo di vento entrò dalla finestra e sollevò la gonna del Vargas, scoprendogli le cosce e i boxer.
Romano lanciò un gridolino sorpreso, piegandosi per tentare di abbassare la veste mentre lo spagnolo gli fissava gambe e sedere a bocca aperta, le guance come fiamme vive.
Un desiderio alquanto subdolo si fece strada in lui nell'ammirare il più giovane: voleva togliergli quei boxer ad ogni costo, lasciare le sue parti intime nude e poi...
Si eccitò solamente al pensiero di quel che sarebbe venuto dopo. Non c'erano dubbi: Lovino con quell'abbigliamento riusciva a risvegliare la sua cocente passione.
Be', che male c'era in fondo...? Olanda e Belgio erano fuori a svolgere qualche commissione e non sarebbero tornati per qualche ora. Avevano tutto il tempo per farlo.
«Romano... che ne diresti di... giocare?» propose Spagna, avvicinandoglisi ulteriormente alle spalle. L’accento che mise sull’ultima parola non ispirava affatto fiducia nel più giovane.
«Gioca-ahw...».
L'affermazione del Vargas terminò in un sospiro estasiato: il Carriedo gli aveva afferrato il ricciolo e lo stava toccando, delicatamente ma con insistenza. Maledisse se stesso e la sensibilità di quel capello ribelle paragonabile solo a quella del suo pene: da quando Spagna aveva scoperto che solo agendo su quello riusciva ad eccitarlo, ogni volta che aveva in mente di fare sesso iniziava da quello.
Prima il ricciolo, poi il resto. Era come un preliminare obbligato e sembrava che Antonio si divertisse a sfruttarlo.
Le guance di Romano s'infiammarono all'istante ed il suo corpo s'irrigidì nella posizione in cui era, incassando il collo nelle spalle.
Iniziò ad emettere lievi sospiri di piacere, tremando appena, lasciando che lo spagnolo gli toccasse il ricciolo senza sollevare la minima protesta.
Sentiva accumularsi calore e sangue anche ai cosiddetti piani bassi, dove si stava formando la sua erezione.
Spagna gli cinse il bacino con il braccio destro e fece scendere la mano fino all'inguine, affondandola nel tessuto finché non riuscì a sentire tra le dita la forma dell'erezione dell'italiano.
La tastò con dolcezza, leccandosi le labbra nel pensare al rapporto che avrebbero consumato di lì a poco, il tempo di accomodarsi da qualche parte. Non aveva nemmeno intenzione di andare in camera da letto, dove facevano l’amore sempre. Stavolta voleva provare a farlo sulla poltrona.
Cambiare a volte rendeva il tutto migliore.
Lovino, sommerso da tutte quelle attenzioni, gemeva piano e si torceva leggermente. Lo odiava quando riusciva a comandarlo così, eppure gli piaceva quando le mani di Antonio lo toccavano, specialmente all’inguine. Le sue dita esperte riuscivano a fargli raggiungere l'estasi.
Fernandez continuò beato a tastare con una mano il ricciolo, con l'altra la sua erezione. Sentì il sangue affluire in massa al proprio pene, che si drizzò in brevissimo.
Il Vargas venne una prima volta, macchiando con il suo seme le mutande. Sospirò appagato e chiuse gli occhi, lasciandosi andare contro il corpo dello spagnolo, che lo sorresse.
«Vieni, Romano...» gli sussurrò Antonio all'orecchio, lasciandogli andare il ricciolo. Lovino riprese la facoltà di parola.
«Maledetto...» bofonchiò affannato, cercando debolmente di liberarsi «Sono... già venuto, bastardo...!» esclamò, arrossendo imbarazzato.
Il fatto che gli fosse bastato così poco per raggiungere l'orgasmo gli dava fortemente fastidio. Si sentiva inferiore a Spagna e lui odiava quella sensazione.
«Brutto... bastardo...» borbottò.
Spagna, tenendolo saldamente con il braccio che gli aveva avvolto in parte attorno al torace per scendere all’inguine, lo trascinò verso la poltrona, lentamente.
Si lasciò cadere sopra di essa e fece sì che l'italiano gli si accomodasse sulle gambe.
«C-cosa vuoi fare, coglione...?!» protestò quest'ultimo tentando di divincolarsi ancora una volta.
Spagna lo trattenne mentre con l'altra mano si sganciava i pantaloni e li abbassava. Emise un leggero verso di puro sollievo nel liberare la propria erezione.
Nell'udire il rumore Romano esclamò: «Cosa vuoi fare?! Maledizione!».
«Ti prego, Romano... facciamolo!»
«EEEH?! F-fermo!» replicò allarmato Lovino, sentendo le mani di Antonio armeggiare con la sua gonna.
Non riuscì a fare granché: Spagna gli prese l'abito e lo sollevò, togliendolo da sotto di lui con una certa fretta.
Romano si ritrovò con la gonna e la sottogonna sollevate ed appoggiate contro la schiena, dove non coprivano un bel niente e creavano inutile ingombro.
Il Carriedo gli abbassò i boxer di quel tanto necessario a scoprirgli il sedere.
«Basta-aaahw!» sospirò grevemente Lovino nell'attimo stesso in cui sentì l'erezione dello spagnolo penetrare in lui. Era incredibile come il suo corpo sembrasse fatto appositamente per accogliere il membro dello spagnolo. Parevano fatti l'uno per l'altro - per quanto il Vargas potesse esserne poco entusiasta.
Irrigidì i muscoli bloccando la postura, iniziando ad ansimare pesantemente ad ogni spinta del bacino di Spagna, che faceva del suo meglio per spingersi bene a fondo.
Una sua mano andò ad accarezzare i capelli del compagno, che sentì il bisogno di mettere mano alla propria erezione per placarla, soddisfarla.
Fece strisciare la mano sotto la gonna e dentro i suoi boxer, iniziando a masturbarsi. Il fatto che non riuscisse a resistere all’eccitazione senza dargli soddisfazione era una cosa di cui non andava particolarmente fiero.
I suoi sospiri si moltiplicarono, mentre le labbra dello spagnolo gli mordicchiavano giocosamente la base del collo.
Fernandez mise ancor più forza nelle spinte: voleva sentire Romano gemere ancora di più. Ogni suo ansimo era una scarica elettrica che aumentava la sua eccitazione.
Sentiva la pelle dell'italiano bruciare e ricoprirsi di sudore per l'impeto del rapporto e trovava tutto ciò estremamente passionale.
Lovino lasciò perdere la propria erezione perché sentiva di essere ormai prossimo ad un nuovo orgasmo.
Torse a fatica il torace ed il collo e si gettò contro il viso del Carriedo, catturandogli le labbra in un bacio fervido in cui le loro lingue giocarono un ruolo fondamentale.
Spagna riuscì a percepire la passione sfrenata di Lovino e tutto ciò che riuscì a fare fu dare un'ulteriore, poderosa spinta; poi chiuse con espressione frastornata e beata gli occhi e raggiunse l'orgasmo.
Romano sentì il suo seme riversarsi in sé. La sensazione di meraviglioso appagamento fisico che ne seguì lo fece venire.
Emise un mugolio di sollievo mentre il suo intero corpo si rilassava di colpo ed il suo sperma fuoriusciva, macchiando per la seconda volta i suoi boxer.
Avrebbe assolutamente dovuto cambiarli.
«Ohw, Romano...» bofonchiò soddisfatto Spagna, le guance rosse come fiamme e l'espressione rilassata e soddisfatta.
Si addossò contro lo schienale della poltrona sussurrando teneramente: «Con questo vestito sei così sexy».
Lovino si alzò di scatto, senza aspettare che Antonio estraesse il proprio pene dal suo sedere. Ci pensò lui. La cosa fu talmente rapida che lo spagnolo ci rimase quasi male, mentre Romano, semplicemente, percepì una sensazione di mancanza pressoché istantanea che svanì subito.
Il ragazzo si volse verso Antonio, esclamando un irato: «Coglione!».
Odiava quel vestito. Non voleva somigliare ad una ragazza e non voleva che Spagna facesse sesso con lui perché lo eccitava vederlo abbigliato in quella maniera.
«Io non sono una femmina, bastardo!»
«Lo so, Romano. Non sarebbe la stessa cosa fare l'amore con te se fossi femmina. Così è molto meglio».
Romano arrossì ed indietreggiò di mezzo passo.
Fernandez era così sentimentale...!
Il Vargas non aveva la più pallida idea di cosa poter dire: il romanticismo, soprattutto con i maschi, non era proprio il suo forte.
«Vedi di trovarmi un'altra uniforme...!» sbottò dopo un po', a corto di idee.
Diede le spalle all’altro e se ne andò, diretto verso la loro camera da letto: voleva togliersi quel vestito e restituirlo a Belgio subito. Non gli importava se avrebbe dovuto andare in giro in biancheria. Tutto era meglio dell’umiliazione di doversi vestire da femmina!