fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2012-01-03 10:15 am
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Vengeance in french-style
Titolo: Vengeance in french-style
Rating: Giallo
Genere: Comico, Sentimentale
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra), Francis Bonnefoy (Francia), Ivan Braginski (Russia), Yao Wang (Cina)
Wordcount: 3063 (
fiumidiparole)
Prompt: Vario #1 / Vendetta per l'Hetalia Prompt-athon 2011 @
hetafic_it
Note: Shonen-ai
Trovò eccessivamente strano il fatto di potersi spogliare del pigiama senza che ci fosse Francia a fare commenti ogni volta che un centimetro del suo corpo veniva esposto.
Era un tormento sentirlo fare notazioni d’apprezzamento tutt’altro che innocenti, critiche e battute a doppio senso, per non parlare di tutte le volte che gli palpava il sedere o andava a mettere le mani... in altri posti - o perlomeno ci provava.
Spogliarsi nella meravigliosa solitudine della casa vuota fu una piacevole novità. Con tutta la calma del mondo il britannico si cambiò l’intimo, si pettinò e, con solo i boxer e la canotta indosso, si avvicinò al suo armadio.
L’aprì sovrappensiero ma si fermò a contemplarlo più attentamente qualche momento più tardi, stupito: «D-dove sono i miei vestiti...?».
Inghilterra fu svegliato non da un rumore né dalle invadenti mani di Francia che tentavano di raggiungere luoghi intimi né - per fortuna - da lancinanti fitte alle tempie da post-sbornia, bensì da un semplice, innocuo raggio di sole che, riuscito a superare la “difesa” della tapparella della finestra, era giunto fino al suo viso.
Bruscamente, Arthur si girò dalla parte opposta, senza aprire gli occhi: aveva ancora sonno.
La sera prima Francis l’aveva costretto a stare sveglio con lui fino a tardi a guardare un film romantico tanto sdolcinato da dargli la nausea e adesso - giustamente - l’inglese voleva recuperare le ore di sonno perse.
L’assordante trillo di una sveglia riecheggiò nella stanza e soprattutto nelle orecchie del biondo, destandolo una seconda volta.
Lanciando confuse imprecazioni tra i denti, Kirkland allungò un braccio fuori delle coperte ed abbatté la mano sulla sua sveglia con il chiaro intento di metterla a tacere.
Gli occorsero tuttavia un paio di secondi per realizzare che non era la sua sveglia che stava squillando, bensì quella del francese.
«Francia, dannazione! Spegni quell’aggeggio...!» borbottò irritato senza voltarsi; tuttavia, nell’accorgersi che la risposta tardava ad arrivare, si girò alzando la testa dal cuscino.
I suoi capelli erano in condizioni pietose: sembrava che non avessero incontrato nemmeno per errore un pettine da diverso tempo - addirittura alcuni ciuffi stavano ricurvi verso l’alto, simili a buffe corna bionde. Per Kirkland, però, la cosa non sembrava rivestire un ruolo particolarmente importante, almeno per il momento.
In quel mentre la sua attenzione era tutta rivolta alla constatazione del fatto che Bonnefoy non fosse a letto accanto a lui: la coperta era stata sistemata alla bell’e meglio e dell’occupante non c’era la minima traccia.
«Dove cavolo è andato?» brontolò Arthur a mezza voce, puntellandosi sui gomiti per guardarsi attorno: magari sarebbe comparso da oltre il fondo del letto o dalla porta per cercare di coglierlo di sorpresa. Invece, non arrivò proprio nessuno.
«Maledizione!» sbottò Inghilterra, sollevandosi malvolentieri carponi: possibile che quando serviva non ci fosse mai?
Lentamente attraversò le due piazze del materasso, gettando via le coperte man mano che procedeva verso il lato opposto.
Si sporse verso l’abat-jour di Francia ed afferrò con deliberata violenza la sveglia, zittendola con un gesto brusco e stizzito.
Si rimise seduto sbadigliando vistosamente, avendo la decenza e l’educazione di coprirsi la bocca con una mano. Si grattò la testa sbadigliando una seconda volta, prima di spostarsi verso il proprio lato del materasso, sul quale si mise seduto cercando di dare una prima, grossolana sistemata ai suoi capelli.
Si alzò e, trascinando i piedi e sbadigliando ancora, Arthur uscì dalla camera da letto e si diresse verso la cucina, dove pensava che Francis si stesse dando da fare attorno ai fornelli - così da poterlo prendere poi in giro per le sue qualità di cuoco, che lui definiva “scadenti”. Era l’unico motivo che il britannico riusciva a pensare potesse spingere il francese ad alzarsi prima di lui senza cercare di svegliarlo.
Si divertiva spesso a farlo ed era uno dei pochi modi più innocenti che aveva per divertirsi con lui.
Quando arrivò a destinazione, invece d’essere accolto da un irritante ed ironico “Bonjour, mademoiselle”, l’inglese trovò uno strano ma gradito silenzio nella stanza, completamente vuota.
Sui fornelli non c’era niente, ma la tavola era apparecchiata per una sola persona, particolare di cui il britannico si accorse immediatamente.
Quest’ultimo si avvicinò perplesso al tavolo e, una volta accostatosi, notò che sopra il piatto vuoto era adagiato un bigliettino. Lo prese in mano e lo esaminò: la grafia corsiva e curata con le lettere piuttosto allungate ed un tratto piuttosto femminile gli era così familiare da farlo stare male.
Il testo sul foglietto recitava: «Bonjour, mademoiselle. Sono uscito presto stamani per sbrigare alcune commissioni prima della riunione delle Forze Alleate di oggi pomeriggio, spero di non esserti mancato troppo ♥ La colazione te l’ho preparata io, altrimenti tu ti avveleni. Bon appetite ♥
Au revoir, Francia».
Non solo Inghilterra avrebbe voluto ucciderlo per i suoi insulti al suo modo di cucinare - che peraltro non era così schifoso come tutti dicevano! - ma avrebbe desiderato ardentemente trucidarlo e divertirsi ad infierire su ciò che rimaneva del suo miserabile corpo.
Odiava quando lo chiamava con appellativi sdolcinati e femminili come “mademoiselle”. Anche se era omosessuale, era e rimaneva pur sempre un maschio!
«Brutto cretino...» bofonchiò offeso mentre accartocciava il bigliettino, gettandolo a terra con stizza.
Nonostante ciò, si sedette a tavola e si dedicò con piacere al pasto preparatogli dal francese.
Anche se bisticciavano spesso e, di fondo, nessuno dei due accettava di buon grado parte delle usanze dell’altro, Inghilterra trovava che la cucina di Francia fosse tutto sommato buona. Ovviamente, il suo orgoglio di perfetto inglese gli imponeva di tenere per sé tale considerazione, portarsela addirittura nella tomba senza averne fatto parola ad anima viva, e così aveva intenzione di fare.
Quando terminò la colazione, sparecchiò e sciacquò diligentemente i piatti, quindi si diresse nuovamente verso la camera da letto, dove aveva tutta l’intenzione di darsi una sistemata ai capelli e rendersi presentabile.
Ogni gentleman che si rispettasse doveva essere vestito impeccabilmente.
Trovò eccessivamente strano il fatto di potersi spogliare del pigiama senza che ci fosse Francia a fare commenti ogni volta che un centimetro del suo corpo veniva esposto.
Era un tormento sentirlo fare notazioni d’apprezzamento tutt’altro che innocenti, critiche e battute a doppio senso, per non parlare di tutte le volte che gli palpava il sedere o andava a mettere le mani... in altri posti - o perlomeno ci provava.
Spogliarsi nella meravigliosa solitudine della casa vuota fu una piacevole novità. Con tutta la calma del mondo il britannico si cambiò l’intimo, si pettinò e, con solo i boxer e la canotta indosso, si avvicinò al suo armadio.
L’aprì sovrappensiero ma si fermò a contemplarlo più attentamente qualche momento più tardi, stupito: «D-dove sono i miei vestiti...?».
Effettivamente, all’interno dell’armadio non c’era più niente. Né camicie né giacche né pantaloni.
Inghilterra sbatté le palpebre, perplesso: dove potevano essere finiti i suoi abiti...? E - soprattutto - perché non ce n’era rimasto nemmeno uno?
Se avesse cambiato posto a tutti se lo sarebbe ricordato di certo. Non era ancora così stupido da dimenticarsi certe cose.
Arthur richiuse con una certa stizza l’armadio, voltandosi verso il resto della stanza con un unico pensiero fisso in mente.
«Quell’imbecille di Francia! Dove me li ha nascosti...?!?!» sbottò inviperito a nessuno: se non li aveva spostati lui, era ovvio che ci aveva pensato quel genio del suo coinquilino.
Il britannico si mise a frugare nei vari cassetti dei mobili in cerca di un qualsiasi capo d’abbigliamento che potesse indossare sopra la biancheria, purtroppo senza successo. Fu così che arrivò davanti alle ante dell’armadio del francese.
A quel punto esitò nel mettere a soqquadro anche quello: quando avevano iniziato la convivenza, Inghilterra si era ripromesso che non avrebbe mai messo le mani là dentro per niente al mondo. I segreti che Francia ci teneva nascosti, per lui, erano quelli che gli sarebbero rimasti ignoti per tutta la vita.
Immaginandosi il contenuto, Kirkland era riuscito ad enumerare una discreta quantità di capi d’abbigliamento bizzarri e tutto fuorché casti. Addirittura si era impressionato per la perversione della sua mente, che era riuscita a pensare ad una simile gamma di abiti.
Il britannico esaminò le ante con una certa soggezione mista anche ad un po’ di paura, mentre le sue guance acquistavano una colorazione di un porpora sempre più vivo man mano che nella sua immaginazione prendevano consistenza le varie fatture... fantasiose degli abiti del Bonnefoy.
Doveva farsi coraggio ed aprirlo oppure rassegnarsi a dover girare in boxer e canotta per casa fino a che Francia non fosse rientrato, opzione che escludeva a priori per il solo immaginare che genere di reazione avrebbe potuto avere il francese nel vederlo con solo la biancheria indosso.
Inspirò profondamente e, afferrate le maniglie con presa solida, le tirò a sé chiudendo gli occhi, quasi temesse che dall’armadio potesse uscire un mostro sbavante. Si trovò innanzi ad un vano completamente vuoto fatta eccezione per un indumento bianco ed un paio di sandali beige appoggiati sul fondo.
«Cosa diavolo...?» borbottò sorpreso, estraendo dall’armadio l’abito.
Kirkland impallidì di colpo nell’esaminare da vicino il capo d’abbigliamento: non era né una camicia né una maglia - come aveva inizialmente creduto a causa della scarsa lunghezza - bensì un vestitino. Era una sottospecie di tunica formato ridotto - estremamente ridotto - con un elastico che stringeva sui fianchi ed una microgonna che a malapena gli avrebbe coperto le parti basse. Come tocco finale, sulla schiena erano fissate un paio di piccole ali da fatina.
Era imbarazzante solo guardarlo.
«Quel depravato tiene una cosa del genere nel suo armadio...?!».
Kirkland fece per rimettere al suo posto quell’obbrobrio quando un pensiero, terribile e spaventoso, gli attraversò come un fulmine a ciel sereno la mente: «Che l’abbia messo lì per me...?».
Il fatto che fossero spariti non solo tutti i suoi vestiti, ma anche quelli del suo coinquilino, a quel punto, parve acquistare un senso logico e perverso ai suoi occhi - così come il fatto che Francis non si fosse fatto trovare in casa quella mattina.
Lui voleva che mettesse quel cencio osceno a tutti i costi!
«Quel maniaco...! Giuro che l’ammazzo!» ringhiò tra sé e sé inviperito, gettando con estremo disappunto la micro-tunica sul letto. Si rifiutava di mettere una cosa del genere per uscire di casa.
«Umpf! Piuttosto rimango così, tanto non ho niente da f...!».
S’interruppe di colpo e sgranò gli occhi nel rammentarsi che quel pomeriggio aveva la riunione con le Forze Alleate. Doveva uscire, a qualsiasi costo.
Rifiutò categoricamente l’idea di arrendersi ad una simile depravazione senza combattere: era un inglese, e gli inglesi non si arrendevano mai ai francesi senza dar prima battaglia!
Uscì dalla sua camera ancora in biancheria e si diresse verso il soggiorno, attraversando la stanza con lo scopo di raggiungere il mobiletto nel quale teneva riposto il suo occorrente per il cucito.
Un sorriso di sprezzo e scaltrezza gli incurvò le labbra mentre posava le mani sui pomelli del cassetto.
«Ihih... ti ho fregato!» cantilenò trionfante tra sé e sé, aprendolo; tuttavia, l’attimo dopo sbiancò: il suo occorrente per il cucito era sparito.
Francia non era poi così idiota come credeva lui, in fin dei conti... purtroppo.
«Non è possibile...!».
Arthur passò le ore successive a cercare qualcosa d’alternativo da mettere addosso per uscire, ma Bonnefoy aveva eliminato ogni cosa, persino gli oggetti più impensabili che avessero potuto costituire un mezzo per cucire capi d’abbigliamento alternativi a quel dannato vestitino.
Ossessionato com’era dalla sua fondamentale ricerca, il britannico si dimenticò completamente del trascorrere del tempo, col fatto che, quando si accorse di che ore si erano fatte, si sentì morire: era quasi l’ora della riunione.
Doveva andare.
Corse in camera e si fermò innanzi al letto, inorridito: doveva mettere quella cosa orripilante ad ogni costo. Non aveva più alternative.
Deglutì nervosamente e, preparandosi eroicamente a rinunciare alla sua dignità, lo sollevò dalla coperta.
«Siamo tutti?».
America, già in piedi davanti alla lavagna, si guardava intorno annoiato, le braccia incrociate sul petto in evidente segno d’impazienza: non vedeva l’ora di cominciare la riunione.
«No, manca ancora Inghilterra» fece presente Francia, già seduto al suo posto, spostando il braccio sinistro in modo che la mano gli sorreggesse il capo.
Stava cominciando ad annoiarsi: dov’era Inghilterra?
Voleva assolutamente vederlo con il suo vestitino addosso. Già se l’immaginava, con le gambe nude e la minigonna che a malapena gli copriva le mutande. Mentre l’immagine prendeva forma nella sua mente non riusciva a rimanere serio: un sorrisetto malizioso gli incurvò lentamente le labbra, ma nessuno dei restanti presenti ci fece minimamente caso. Erano tutti abituati alle stranezze di Francia.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, un istante prima che questa si aprisse ed Inghilterra facesse la sua apparizione sull’uscio.
America fissò l’ex madrepatria a bocca aperta, scioccato, mentre l’inglese fissava imbarazzato al massimo il pavimento della stanza, le guance d’un color porpora che si faceva sempre più vivido. Si rendeva benissimo conto d’essere ridicolo con quell’assurdo mini vestito bianco provvisto addirittura di piccole ali ed i sandali simili a quelli degli antichi greci.
Il fatto che braccia e gambe fossero completamente in mostra, però, era la cosa che lo metteva più in soggezione: non si era mai fatto vedere in pubblico svestito a quella maniera.
Vergognandosi profondamente, cercò di abbassare un po’ il lembo della minigonna tirandolo e piegandosi leggermente, anche se si rialzò subito per timore che si vedesse qualcosa dietro. Avrebbe desiderato sprofondare in una voragine buia e non uscirne mai più: con che coraggio avrebbe più guardato in faccia le altre nazioni?
Sarebbe stato lo zimbello di tutti per anni. L’unica, magra consolazione era l’assenza dei suoi fratelli: se l’avessero visto loro allora sì, sarebbe stata una tragedia senza rimedio. Gliel’avrebbero rinfacciato fino in punto di morte.
Francia, alle spalle di tutti gli altri, se lo stava letteralmente mangiando con gli occhi: dal vivo era ancora meglio che nelle sue dettagliate e proibite fantasie.
Finalmente stava consumando la sua vendetta per quello che aveva subito ad opera dell’inglese l’ultima volta che avevano bevuto insieme.
Quando si era ubriacato, Arthur ne aveva abbondantemente approfittato e l’aveva costretto ad indossare un succinto abito da donna che - a parer suo - lo faceva somigliare in modo quasi vergognoso ad una prostituta.
Gli aveva rammentato la cosa per giorni corredando il tutto addirittura con delle fotografie che gli aveva scattato per ricordo - e come prova dell’accaduto.
Il vestito consisteva di un abito rosa antico lungo fino al pavimento con le maniche strette che gli arrivavano fino al gomito. In corrispondenza del ventre c’era un corsetto integrato che l’inglese non si era minimamente peritato a stringere fino a che non aveva ottenuto una parvenza di corporatura femminile da parte del francese. Lo scollo era decisamente profondo, sia davanti che dietro, fin troppo: sul petto lasciava intravedere tutta la parte centrale dei pettorali, mentre sulla schiena era denudata la parte compresa tra le scapole fino a metà schiena.
A guardare quelle foto persino il diretto interessato non aveva potuto negare che, conciato a quella maniera, somigliava veramente ad una prostituta.
Una prostituta completamente priva di stile, un affronto che per lui era imperdonabile.
«C-come ti sei vestito?» domandò allucinato Alfred, sbattendo ripetutamente le palpebre. Non riusciva a credere ai suoi occhi: il damerino per eccellenza che gli contestava praticamente tutto in cultura e vestiario che si abbigliava in modo così poco consono.
Inghilterra tentò disperato di tirare ancor più giù il lembo inferiore del vestitino, purtroppo senza successo.
«Non sono riuscito a... trovare i miei vestiti...» spiegò, lanciando un’occhiata d’eloquente ira a Francia, che rispose con uno smagliante sorriso smaliziato.
«Non avevi proprio altro da mettere, aru?» intervenne Cina perplesso, mentre America ridacchiava osservando la povera ex madrepatria tentare in tutti i modi di coprirsi un po’ di più.
«Non... c’era altro...» rispose l’inglese, calcando particolarmente sull’ultima parte della frase.
«Ti sta bene però...» intervenne Russia, sorridendo candido al biondo.
Quest’ultimo arrossì ancora di più e desiderò ardentemente di riuscire a svanire nel nulla in quel preciso istante - oppure riuscire a rimanere da solo con Francia abbastanza a lungo da poterlo sopprimere e porre fine ai suoi problemi una volta per tutte. Anche il Bonnefoy avrebbe voluto rimanere da solo con Inghilterra, ma per ben altri scopi: quel vestitino era così provocante da stuzzicare i suoi impulsi più bassi e perversi.
Arthur, che non vedeva l’ora di andarsene, si avvicinò al tavolo facendosi largo tra gli altri.
«Possiamo iniziare la riunione o dovete stare ancora a guardarmi?» sbottò con il suo solito tono infastidito, prendendo posto al tavolo accanto a Francia, spostando d’istinto la sedia in modo da creare quanto più spazio possibile tra sé ed il francese: con quella tunichetta addosso non aveva dubbi che avrebbe provato a fare qualcosa.
Gli altri tre, benché ancora visibilmente spiazzati dal suo quasi abbigliamento, decisero di iniziare comunque la riunione.
Come Arthur aveva già previsto, l’abbondanza di carni scoperte fu particolarmente apprezzata da Francis, soprattutto data la vicinanza.
In quel momento Francia non poté che trovare la vendetta dolcissima.
Mentre la riunione procedeva, sotto il tavolo il francese invadeva ripetutamente e senza il minimo ritegno la privacy di Inghilterra: quest’ultimo sentiva le sue mani toccargli le gambe, accarezzargli la pelle nuda voglioso e addirittura cercare di insinuargli le dita sotto la minigonna, in cerca di altre parti del suo corpo con cui divertirsi.
Il povero Kirkland l’allontanava puntualmente cercando in tutti i modi di passare inosservato: aveva già attirato a sufficienza l’attenzione per quel giorno. Una volta sola il Bonnefoy riuscì ad arrivare pericolosamente vicino al suo inguine, causandogli un leggero, istintivo sobbalzo, accompagnato da un subitaneo istinto omicida; purtroppo, non poteva fare niente finché c’erano gli altri presenti.
Non appena la riunione fu terminata, però, America, Cina e Russia se ne andarono subito, senza temporeggiare in inutili chiacchiere come invece facevano di solito. Un inatteso colpo di fortuna che permise ad Inghilterra e Francia di rimanere totalmente soli.
«Sei così carino, mon cherié ♥» esclamò Francia malizioso «Molto più di quanto avessi immaginato...» soggiunse.
«Tu, brutto bastardo!» ringhiò Inghilterra, paonazzo in viso per le parole dell’altro.
«Perché l’hai fatto, depravato?!».
«Vendetta» replicò semplicemente il francese in tutta calma.
Kirkland rimase completamente spiazzato: si era aspettato motivazioni ben diverse da quella, cose tipo “volevo vederti mezzo nudo in pubblico” o “volevo provare qualcosa di differente”.
«Vendetta?» ripeté l’inglese, inarcando con assoluto garbo un sopracciglio, assumendo un atteggiamento estraniato.
«Te ne sei dimenticato?!» asserì con veemenza Francis, perdendo di colpo la pazienza.
«Cosa...?» domandò l’altro, sorpreso dalla violenza della reazione.
«Quella volta che mi hai fatto vestire da prostituta!» si lamentò il francese.
Solo allora Arthur si ricordò del fatto: era stata la cosa più divertente che avesse mai provato a fare!
Vedere Francia che, completamente ubriaco e privo di percezione di sé, si lasciava spogliare e vestire da “donna di facili costumi” senza né protestare né ribellarsi aveva dato al britannico una sensazione di dominio totale che l’aveva fatto stare bene per giorni.
Comunque, ciò spiegava logicamente il perché di quello scherzo di pessimo gusto.
«Ma tu eri ubriaco e non ti ho fatto vedere da nessun altro!» protestò Kirkland con veemenza.
Il Bonnefoy lo squadrò da capo a piedi per l’ennesima volta prima di replicare: «Be’, perché privare altri di questa meravigliosa vista, cherié?».
Il britannico divenne paonazzo d’ira: non riusciva a sopportarlo quando faceva così!
«Ti odio» sibilò di getto, senza pensarci.
«Non quanto pensi, mon amour. Ti sei lasciato toccare senza reagire come invece avresti fatto se fossero stati America o Russia a farlo. In fondo mi ami e lo sai, cherié» gli fece notare Francis, ammiccandogli smaliziato.
«Andiamo via» interloquì seccato Arthur, alzandosi: tentare di fare un discorso serio conciato in quella maniera era impossibile.
«Ottima idea, così posso spogliarti anche di quel meraviglioso cencio» asserì contento il francese.
«Odio» sputò Kirkland, avviandosi a passo pesante verso la porta.
«Ti odio, odio, odio, odio...!».
Rating: Giallo
Genere: Comico, Sentimentale
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra), Francis Bonnefoy (Francia), Ivan Braginski (Russia), Yao Wang (Cina)
Wordcount: 3063 (
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Prompt: Vario #1 / Vendetta per l'Hetalia Prompt-athon 2011 @
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Note: Shonen-ai
Trovò eccessivamente strano il fatto di potersi spogliare del pigiama senza che ci fosse Francia a fare commenti ogni volta che un centimetro del suo corpo veniva esposto.
Era un tormento sentirlo fare notazioni d’apprezzamento tutt’altro che innocenti, critiche e battute a doppio senso, per non parlare di tutte le volte che gli palpava il sedere o andava a mettere le mani... in altri posti - o perlomeno ci provava.
Spogliarsi nella meravigliosa solitudine della casa vuota fu una piacevole novità. Con tutta la calma del mondo il britannico si cambiò l’intimo, si pettinò e, con solo i boxer e la canotta indosso, si avvicinò al suo armadio.
L’aprì sovrappensiero ma si fermò a contemplarlo più attentamente qualche momento più tardi, stupito: «D-dove sono i miei vestiti...?».
Inghilterra fu svegliato non da un rumore né dalle invadenti mani di Francia che tentavano di raggiungere luoghi intimi né - per fortuna - da lancinanti fitte alle tempie da post-sbornia, bensì da un semplice, innocuo raggio di sole che, riuscito a superare la “difesa” della tapparella della finestra, era giunto fino al suo viso.
Bruscamente, Arthur si girò dalla parte opposta, senza aprire gli occhi: aveva ancora sonno.
La sera prima Francis l’aveva costretto a stare sveglio con lui fino a tardi a guardare un film romantico tanto sdolcinato da dargli la nausea e adesso - giustamente - l’inglese voleva recuperare le ore di sonno perse.
L’assordante trillo di una sveglia riecheggiò nella stanza e soprattutto nelle orecchie del biondo, destandolo una seconda volta.
Lanciando confuse imprecazioni tra i denti, Kirkland allungò un braccio fuori delle coperte ed abbatté la mano sulla sua sveglia con il chiaro intento di metterla a tacere.
Gli occorsero tuttavia un paio di secondi per realizzare che non era la sua sveglia che stava squillando, bensì quella del francese.
«Francia, dannazione! Spegni quell’aggeggio...!» borbottò irritato senza voltarsi; tuttavia, nell’accorgersi che la risposta tardava ad arrivare, si girò alzando la testa dal cuscino.
I suoi capelli erano in condizioni pietose: sembrava che non avessero incontrato nemmeno per errore un pettine da diverso tempo - addirittura alcuni ciuffi stavano ricurvi verso l’alto, simili a buffe corna bionde. Per Kirkland, però, la cosa non sembrava rivestire un ruolo particolarmente importante, almeno per il momento.
In quel mentre la sua attenzione era tutta rivolta alla constatazione del fatto che Bonnefoy non fosse a letto accanto a lui: la coperta era stata sistemata alla bell’e meglio e dell’occupante non c’era la minima traccia.
«Dove cavolo è andato?» brontolò Arthur a mezza voce, puntellandosi sui gomiti per guardarsi attorno: magari sarebbe comparso da oltre il fondo del letto o dalla porta per cercare di coglierlo di sorpresa. Invece, non arrivò proprio nessuno.
«Maledizione!» sbottò Inghilterra, sollevandosi malvolentieri carponi: possibile che quando serviva non ci fosse mai?
Lentamente attraversò le due piazze del materasso, gettando via le coperte man mano che procedeva verso il lato opposto.
Si sporse verso l’abat-jour di Francia ed afferrò con deliberata violenza la sveglia, zittendola con un gesto brusco e stizzito.
Si rimise seduto sbadigliando vistosamente, avendo la decenza e l’educazione di coprirsi la bocca con una mano. Si grattò la testa sbadigliando una seconda volta, prima di spostarsi verso il proprio lato del materasso, sul quale si mise seduto cercando di dare una prima, grossolana sistemata ai suoi capelli.
Si alzò e, trascinando i piedi e sbadigliando ancora, Arthur uscì dalla camera da letto e si diresse verso la cucina, dove pensava che Francis si stesse dando da fare attorno ai fornelli - così da poterlo prendere poi in giro per le sue qualità di cuoco, che lui definiva “scadenti”. Era l’unico motivo che il britannico riusciva a pensare potesse spingere il francese ad alzarsi prima di lui senza cercare di svegliarlo.
Si divertiva spesso a farlo ed era uno dei pochi modi più innocenti che aveva per divertirsi con lui.
Quando arrivò a destinazione, invece d’essere accolto da un irritante ed ironico “Bonjour, mademoiselle”, l’inglese trovò uno strano ma gradito silenzio nella stanza, completamente vuota.
Sui fornelli non c’era niente, ma la tavola era apparecchiata per una sola persona, particolare di cui il britannico si accorse immediatamente.
Quest’ultimo si avvicinò perplesso al tavolo e, una volta accostatosi, notò che sopra il piatto vuoto era adagiato un bigliettino. Lo prese in mano e lo esaminò: la grafia corsiva e curata con le lettere piuttosto allungate ed un tratto piuttosto femminile gli era così familiare da farlo stare male.
Il testo sul foglietto recitava: «Bonjour, mademoiselle. Sono uscito presto stamani per sbrigare alcune commissioni prima della riunione delle Forze Alleate di oggi pomeriggio, spero di non esserti mancato troppo ♥ La colazione te l’ho preparata io, altrimenti tu ti avveleni. Bon appetite ♥
Au revoir, Francia».
Non solo Inghilterra avrebbe voluto ucciderlo per i suoi insulti al suo modo di cucinare - che peraltro non era così schifoso come tutti dicevano! - ma avrebbe desiderato ardentemente trucidarlo e divertirsi ad infierire su ciò che rimaneva del suo miserabile corpo.
Odiava quando lo chiamava con appellativi sdolcinati e femminili come “mademoiselle”. Anche se era omosessuale, era e rimaneva pur sempre un maschio!
«Brutto cretino...» bofonchiò offeso mentre accartocciava il bigliettino, gettandolo a terra con stizza.
Nonostante ciò, si sedette a tavola e si dedicò con piacere al pasto preparatogli dal francese.
Anche se bisticciavano spesso e, di fondo, nessuno dei due accettava di buon grado parte delle usanze dell’altro, Inghilterra trovava che la cucina di Francia fosse tutto sommato buona. Ovviamente, il suo orgoglio di perfetto inglese gli imponeva di tenere per sé tale considerazione, portarsela addirittura nella tomba senza averne fatto parola ad anima viva, e così aveva intenzione di fare.
Quando terminò la colazione, sparecchiò e sciacquò diligentemente i piatti, quindi si diresse nuovamente verso la camera da letto, dove aveva tutta l’intenzione di darsi una sistemata ai capelli e rendersi presentabile.
Ogni gentleman che si rispettasse doveva essere vestito impeccabilmente.
Trovò eccessivamente strano il fatto di potersi spogliare del pigiama senza che ci fosse Francia a fare commenti ogni volta che un centimetro del suo corpo veniva esposto.
Era un tormento sentirlo fare notazioni d’apprezzamento tutt’altro che innocenti, critiche e battute a doppio senso, per non parlare di tutte le volte che gli palpava il sedere o andava a mettere le mani... in altri posti - o perlomeno ci provava.
Spogliarsi nella meravigliosa solitudine della casa vuota fu una piacevole novità. Con tutta la calma del mondo il britannico si cambiò l’intimo, si pettinò e, con solo i boxer e la canotta indosso, si avvicinò al suo armadio.
L’aprì sovrappensiero ma si fermò a contemplarlo più attentamente qualche momento più tardi, stupito: «D-dove sono i miei vestiti...?».
Effettivamente, all’interno dell’armadio non c’era più niente. Né camicie né giacche né pantaloni.
Inghilterra sbatté le palpebre, perplesso: dove potevano essere finiti i suoi abiti...? E - soprattutto - perché non ce n’era rimasto nemmeno uno?
Se avesse cambiato posto a tutti se lo sarebbe ricordato di certo. Non era ancora così stupido da dimenticarsi certe cose.
Arthur richiuse con una certa stizza l’armadio, voltandosi verso il resto della stanza con un unico pensiero fisso in mente.
«Quell’imbecille di Francia! Dove me li ha nascosti...?!?!» sbottò inviperito a nessuno: se non li aveva spostati lui, era ovvio che ci aveva pensato quel genio del suo coinquilino.
Il britannico si mise a frugare nei vari cassetti dei mobili in cerca di un qualsiasi capo d’abbigliamento che potesse indossare sopra la biancheria, purtroppo senza successo. Fu così che arrivò davanti alle ante dell’armadio del francese.
A quel punto esitò nel mettere a soqquadro anche quello: quando avevano iniziato la convivenza, Inghilterra si era ripromesso che non avrebbe mai messo le mani là dentro per niente al mondo. I segreti che Francia ci teneva nascosti, per lui, erano quelli che gli sarebbero rimasti ignoti per tutta la vita.
Immaginandosi il contenuto, Kirkland era riuscito ad enumerare una discreta quantità di capi d’abbigliamento bizzarri e tutto fuorché casti. Addirittura si era impressionato per la perversione della sua mente, che era riuscita a pensare ad una simile gamma di abiti.
Il britannico esaminò le ante con una certa soggezione mista anche ad un po’ di paura, mentre le sue guance acquistavano una colorazione di un porpora sempre più vivo man mano che nella sua immaginazione prendevano consistenza le varie fatture... fantasiose degli abiti del Bonnefoy.
Doveva farsi coraggio ed aprirlo oppure rassegnarsi a dover girare in boxer e canotta per casa fino a che Francia non fosse rientrato, opzione che escludeva a priori per il solo immaginare che genere di reazione avrebbe potuto avere il francese nel vederlo con solo la biancheria indosso.
Inspirò profondamente e, afferrate le maniglie con presa solida, le tirò a sé chiudendo gli occhi, quasi temesse che dall’armadio potesse uscire un mostro sbavante. Si trovò innanzi ad un vano completamente vuoto fatta eccezione per un indumento bianco ed un paio di sandali beige appoggiati sul fondo.
«Cosa diavolo...?» borbottò sorpreso, estraendo dall’armadio l’abito.
Kirkland impallidì di colpo nell’esaminare da vicino il capo d’abbigliamento: non era né una camicia né una maglia - come aveva inizialmente creduto a causa della scarsa lunghezza - bensì un vestitino. Era una sottospecie di tunica formato ridotto - estremamente ridotto - con un elastico che stringeva sui fianchi ed una microgonna che a malapena gli avrebbe coperto le parti basse. Come tocco finale, sulla schiena erano fissate un paio di piccole ali da fatina.
Era imbarazzante solo guardarlo.
«Quel depravato tiene una cosa del genere nel suo armadio...?!».
Kirkland fece per rimettere al suo posto quell’obbrobrio quando un pensiero, terribile e spaventoso, gli attraversò come un fulmine a ciel sereno la mente: «Che l’abbia messo lì per me...?».
Il fatto che fossero spariti non solo tutti i suoi vestiti, ma anche quelli del suo coinquilino, a quel punto, parve acquistare un senso logico e perverso ai suoi occhi - così come il fatto che Francis non si fosse fatto trovare in casa quella mattina.
Lui voleva che mettesse quel cencio osceno a tutti i costi!
«Quel maniaco...! Giuro che l’ammazzo!» ringhiò tra sé e sé inviperito, gettando con estremo disappunto la micro-tunica sul letto. Si rifiutava di mettere una cosa del genere per uscire di casa.
«Umpf! Piuttosto rimango così, tanto non ho niente da f...!».
S’interruppe di colpo e sgranò gli occhi nel rammentarsi che quel pomeriggio aveva la riunione con le Forze Alleate. Doveva uscire, a qualsiasi costo.
Rifiutò categoricamente l’idea di arrendersi ad una simile depravazione senza combattere: era un inglese, e gli inglesi non si arrendevano mai ai francesi senza dar prima battaglia!
Uscì dalla sua camera ancora in biancheria e si diresse verso il soggiorno, attraversando la stanza con lo scopo di raggiungere il mobiletto nel quale teneva riposto il suo occorrente per il cucito.
Un sorriso di sprezzo e scaltrezza gli incurvò le labbra mentre posava le mani sui pomelli del cassetto.
«Ihih... ti ho fregato!» cantilenò trionfante tra sé e sé, aprendolo; tuttavia, l’attimo dopo sbiancò: il suo occorrente per il cucito era sparito.
Francia non era poi così idiota come credeva lui, in fin dei conti... purtroppo.
«Non è possibile...!».
Arthur passò le ore successive a cercare qualcosa d’alternativo da mettere addosso per uscire, ma Bonnefoy aveva eliminato ogni cosa, persino gli oggetti più impensabili che avessero potuto costituire un mezzo per cucire capi d’abbigliamento alternativi a quel dannato vestitino.
Ossessionato com’era dalla sua fondamentale ricerca, il britannico si dimenticò completamente del trascorrere del tempo, col fatto che, quando si accorse di che ore si erano fatte, si sentì morire: era quasi l’ora della riunione.
Doveva andare.
Corse in camera e si fermò innanzi al letto, inorridito: doveva mettere quella cosa orripilante ad ogni costo. Non aveva più alternative.
Deglutì nervosamente e, preparandosi eroicamente a rinunciare alla sua dignità, lo sollevò dalla coperta.
«Siamo tutti?».
America, già in piedi davanti alla lavagna, si guardava intorno annoiato, le braccia incrociate sul petto in evidente segno d’impazienza: non vedeva l’ora di cominciare la riunione.
«No, manca ancora Inghilterra» fece presente Francia, già seduto al suo posto, spostando il braccio sinistro in modo che la mano gli sorreggesse il capo.
Stava cominciando ad annoiarsi: dov’era Inghilterra?
Voleva assolutamente vederlo con il suo vestitino addosso. Già se l’immaginava, con le gambe nude e la minigonna che a malapena gli copriva le mutande. Mentre l’immagine prendeva forma nella sua mente non riusciva a rimanere serio: un sorrisetto malizioso gli incurvò lentamente le labbra, ma nessuno dei restanti presenti ci fece minimamente caso. Erano tutti abituati alle stranezze di Francia.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, un istante prima che questa si aprisse ed Inghilterra facesse la sua apparizione sull’uscio.
America fissò l’ex madrepatria a bocca aperta, scioccato, mentre l’inglese fissava imbarazzato al massimo il pavimento della stanza, le guance d’un color porpora che si faceva sempre più vivido. Si rendeva benissimo conto d’essere ridicolo con quell’assurdo mini vestito bianco provvisto addirittura di piccole ali ed i sandali simili a quelli degli antichi greci.
Il fatto che braccia e gambe fossero completamente in mostra, però, era la cosa che lo metteva più in soggezione: non si era mai fatto vedere in pubblico svestito a quella maniera.
Vergognandosi profondamente, cercò di abbassare un po’ il lembo della minigonna tirandolo e piegandosi leggermente, anche se si rialzò subito per timore che si vedesse qualcosa dietro. Avrebbe desiderato sprofondare in una voragine buia e non uscirne mai più: con che coraggio avrebbe più guardato in faccia le altre nazioni?
Sarebbe stato lo zimbello di tutti per anni. L’unica, magra consolazione era l’assenza dei suoi fratelli: se l’avessero visto loro allora sì, sarebbe stata una tragedia senza rimedio. Gliel’avrebbero rinfacciato fino in punto di morte.
Francia, alle spalle di tutti gli altri, se lo stava letteralmente mangiando con gli occhi: dal vivo era ancora meglio che nelle sue dettagliate e proibite fantasie.
Finalmente stava consumando la sua vendetta per quello che aveva subito ad opera dell’inglese l’ultima volta che avevano bevuto insieme.
Quando si era ubriacato, Arthur ne aveva abbondantemente approfittato e l’aveva costretto ad indossare un succinto abito da donna che - a parer suo - lo faceva somigliare in modo quasi vergognoso ad una prostituta.
Gli aveva rammentato la cosa per giorni corredando il tutto addirittura con delle fotografie che gli aveva scattato per ricordo - e come prova dell’accaduto.
Il vestito consisteva di un abito rosa antico lungo fino al pavimento con le maniche strette che gli arrivavano fino al gomito. In corrispondenza del ventre c’era un corsetto integrato che l’inglese non si era minimamente peritato a stringere fino a che non aveva ottenuto una parvenza di corporatura femminile da parte del francese. Lo scollo era decisamente profondo, sia davanti che dietro, fin troppo: sul petto lasciava intravedere tutta la parte centrale dei pettorali, mentre sulla schiena era denudata la parte compresa tra le scapole fino a metà schiena.
A guardare quelle foto persino il diretto interessato non aveva potuto negare che, conciato a quella maniera, somigliava veramente ad una prostituta.
Una prostituta completamente priva di stile, un affronto che per lui era imperdonabile.
«C-come ti sei vestito?» domandò allucinato Alfred, sbattendo ripetutamente le palpebre. Non riusciva a credere ai suoi occhi: il damerino per eccellenza che gli contestava praticamente tutto in cultura e vestiario che si abbigliava in modo così poco consono.
Inghilterra tentò disperato di tirare ancor più giù il lembo inferiore del vestitino, purtroppo senza successo.
«Non sono riuscito a... trovare i miei vestiti...» spiegò, lanciando un’occhiata d’eloquente ira a Francia, che rispose con uno smagliante sorriso smaliziato.
«Non avevi proprio altro da mettere, aru?» intervenne Cina perplesso, mentre America ridacchiava osservando la povera ex madrepatria tentare in tutti i modi di coprirsi un po’ di più.
«Non... c’era altro...» rispose l’inglese, calcando particolarmente sull’ultima parte della frase.
«Ti sta bene però...» intervenne Russia, sorridendo candido al biondo.
Quest’ultimo arrossì ancora di più e desiderò ardentemente di riuscire a svanire nel nulla in quel preciso istante - oppure riuscire a rimanere da solo con Francia abbastanza a lungo da poterlo sopprimere e porre fine ai suoi problemi una volta per tutte. Anche il Bonnefoy avrebbe voluto rimanere da solo con Inghilterra, ma per ben altri scopi: quel vestitino era così provocante da stuzzicare i suoi impulsi più bassi e perversi.
Arthur, che non vedeva l’ora di andarsene, si avvicinò al tavolo facendosi largo tra gli altri.
«Possiamo iniziare la riunione o dovete stare ancora a guardarmi?» sbottò con il suo solito tono infastidito, prendendo posto al tavolo accanto a Francia, spostando d’istinto la sedia in modo da creare quanto più spazio possibile tra sé ed il francese: con quella tunichetta addosso non aveva dubbi che avrebbe provato a fare qualcosa.
Gli altri tre, benché ancora visibilmente spiazzati dal suo quasi abbigliamento, decisero di iniziare comunque la riunione.
Come Arthur aveva già previsto, l’abbondanza di carni scoperte fu particolarmente apprezzata da Francis, soprattutto data la vicinanza.
In quel momento Francia non poté che trovare la vendetta dolcissima.
Mentre la riunione procedeva, sotto il tavolo il francese invadeva ripetutamente e senza il minimo ritegno la privacy di Inghilterra: quest’ultimo sentiva le sue mani toccargli le gambe, accarezzargli la pelle nuda voglioso e addirittura cercare di insinuargli le dita sotto la minigonna, in cerca di altre parti del suo corpo con cui divertirsi.
Il povero Kirkland l’allontanava puntualmente cercando in tutti i modi di passare inosservato: aveva già attirato a sufficienza l’attenzione per quel giorno. Una volta sola il Bonnefoy riuscì ad arrivare pericolosamente vicino al suo inguine, causandogli un leggero, istintivo sobbalzo, accompagnato da un subitaneo istinto omicida; purtroppo, non poteva fare niente finché c’erano gli altri presenti.
Non appena la riunione fu terminata, però, America, Cina e Russia se ne andarono subito, senza temporeggiare in inutili chiacchiere come invece facevano di solito. Un inatteso colpo di fortuna che permise ad Inghilterra e Francia di rimanere totalmente soli.
«Sei così carino, mon cherié ♥» esclamò Francia malizioso «Molto più di quanto avessi immaginato...» soggiunse.
«Tu, brutto bastardo!» ringhiò Inghilterra, paonazzo in viso per le parole dell’altro.
«Perché l’hai fatto, depravato?!».
«Vendetta» replicò semplicemente il francese in tutta calma.
Kirkland rimase completamente spiazzato: si era aspettato motivazioni ben diverse da quella, cose tipo “volevo vederti mezzo nudo in pubblico” o “volevo provare qualcosa di differente”.
«Vendetta?» ripeté l’inglese, inarcando con assoluto garbo un sopracciglio, assumendo un atteggiamento estraniato.
«Te ne sei dimenticato?!» asserì con veemenza Francis, perdendo di colpo la pazienza.
«Cosa...?» domandò l’altro, sorpreso dalla violenza della reazione.
«Quella volta che mi hai fatto vestire da prostituta!» si lamentò il francese.
Solo allora Arthur si ricordò del fatto: era stata la cosa più divertente che avesse mai provato a fare!
Vedere Francia che, completamente ubriaco e privo di percezione di sé, si lasciava spogliare e vestire da “donna di facili costumi” senza né protestare né ribellarsi aveva dato al britannico una sensazione di dominio totale che l’aveva fatto stare bene per giorni.
Comunque, ciò spiegava logicamente il perché di quello scherzo di pessimo gusto.
«Ma tu eri ubriaco e non ti ho fatto vedere da nessun altro!» protestò Kirkland con veemenza.
Il Bonnefoy lo squadrò da capo a piedi per l’ennesima volta prima di replicare: «Be’, perché privare altri di questa meravigliosa vista, cherié?».
Il britannico divenne paonazzo d’ira: non riusciva a sopportarlo quando faceva così!
«Ti odio» sibilò di getto, senza pensarci.
«Non quanto pensi, mon amour. Ti sei lasciato toccare senza reagire come invece avresti fatto se fossero stati America o Russia a farlo. In fondo mi ami e lo sai, cherié» gli fece notare Francis, ammiccandogli smaliziato.
«Andiamo via» interloquì seccato Arthur, alzandosi: tentare di fare un discorso serio conciato in quella maniera era impossibile.
«Ottima idea, così posso spogliarti anche di quel meraviglioso cencio» asserì contento il francese.
«Odio» sputò Kirkland, avviandosi a passo pesante verso la porta.
«Ti odio, odio, odio, odio...!».