fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2012-05-25 02:35 pm
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Questioni di famiglia
Titolo: Questioni di famiglia
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Lovino Romano Vargas (Sud Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 1149 (
fiumidiparole)
Prompt: Incest per la terza settimana delle Badwrong Weeks @
maridichallenge
Note: Incest, Linguaggio, Self!love, Yaoi. Scritta per
mmom_italia
Romano era a dir poco furioso.
Quando si comportava in quel modo, Veneziano non riusciva a far altro che guardarlo, tremando e rimanendo in assoluto silenzio: gli faceva troppa paura. Sapeva perfettamente che, in fondo, aveva ragione e questo non contribuiva a farlo sentire più calmo.
«F-fratellone, mi dispiace...!» dichiarò il minore, al che il maggiore replicò duramente: «Non lo neghi, allora!».
Lovino sbatté i pugni sul tavolo innanzi a sé con forza, fissando il suo sguardo accusatorio e rabbioso in quello spaventato ed esitante di Feliciano.
«L'hai fatto con Germania! Ti sei fatto toccare e inculare da quel bastardo mangiapatate e non da me!!».
Romano era a dir poco furioso.
Quando si comportava in quel modo, Veneziano non riusciva a far altro che guardarlo, tremando e rimanendo in assoluto silenzio: gli faceva troppa paura. Sapeva perfettamente che, in fondo, aveva ragione e questo non contribuiva a farlo sentire più calmo.
«F-fratellone, mi dispiace...!» dichiarò il minore, al che il maggiore replicò duramente: «Non lo neghi, allora!».
Lovino sbatté i pugni sul tavolo innanzi a sé con forza, fissando il suo sguardo accusatorio e rabbioso in quello spaventato ed esitante di Feliciano.
Quello che stavano affrontando non era certamente il migliore degli argomenti da trattare mentre facevano colazione, ma il meridionale era determinato a parlarne: il fratellino più giovane era suo e non era disposto né a cederlo né tantomeno a condividerlo con Germania per nessuna ragione al mondo - anche se, a quanto pareva, il tedesco si era preso tutta la libertà di averlo, quella stessa notte. La cosa che più faceva incazzare Lovino era il fatto che il fratello non gli si fosse negato, bensì avesse acconsentito di buon grado: il meridionale li aveva sentiti parlare nella notte attraverso la parete che la sua camera aveva in comune con quella dell'altro.
Gli rodeva enormemente il fatto che suo fratello si lasciasse toccare come se niente fosse da quel bastardo di Germania: voleva essere lui l'unico a poterlo toccare.
«F-fratellone, scusami...» borbottò contrito Feliciano, chinando mogio il capo in segno di pentimento.
L'altro lo fissò con evidente irritazione, prima di alzarsi da tavola e andarglisi a piazzare davanti.
«Fratellone?!» squittì Veneziano, intimorito dall'incombere del più grande su di lui, simile ad un'ombra minacciosa.
Romano allungò la mano e con decisione la posò tra le gambe leggermente aperte del fratello, afferrando con un movimento estremamente sicuro e rapido il suo membro.
Il più piccolo sobbalzò per l'inattesa forza del gesto, ma non gli spostò la mano da lì.
«Romano...?» chiese, già iniziando a sentirsi mancare il fiato.
«Lui ti ha messo le mani addosso tutta la notte! Ora è il mio turno, cazzo!!» brontolò Lovino, perfettamente consapevole di essere dalla parte della ragione: il settentrionale gli aveva confessato di amarlo e lui pure. Perché la prerogativa di toccarlo spettava a Germania?
Lui non c'entrava - e non doveva entrarci - un fottuto cazzo.
Iniziò a muovere la mano e le dita con inaspettata dolcezza, considerando il fatto che era incazzato nero con l'altro. Il suo tocco, pur essendo insistente fin dai primi attimi, non era violento come Veneziano si era aspettato.
Quest'ultimo si addossò contro lo schienale della sua sedia tendendo i muscoli.
Una sensazione sempre più forte di piacere si dipanò ad un ritmo sempre più rapido a partire dal suo inguine.
Gemette forte con voce stridula, emettendo un sospiro roco mentre si aggrappava ad entrambe le braccia del fratello più grande.
Lovino si sentiva potente e ne gioiva in silenzio, osservando le guance del suo fratellino che diventavano sempre più rosse più che la sua mano imponeva il proprio ritmo.
Il più giovane dei due fratelli Vargas iniziò a tremare leggermente mentre, nei propri calzari, cominciava a sentire premere la propria erezione, desiderosa di uscire.
Era nello stile di Lovino indugiare nei preliminari, talvolta limitarsi addirittura a quelli. Germania, invece, non appena lo sentiva eccitato passava subito al rapporto vero e proprio, appagando i suoi impulsi in maniera molto più esaustiva di quanto riuscisse a fare un misero preliminare; tuttavia, Veneziano riusciva a percepire un che di tenero nel modo con cui operava Romano. Era come se volesse proteggerlo da quello che poteva essere un rapporto sessuale vero e proprio, come se in esso si nascondesse una qualche sorta di pericolo di cui lo stesso Feliciano ignorava la natura.
Ogni tanto il suo fratellone riusciva anche a rivestire degnamente il suo ruolo di fratello più grande.
Lanciando un'occhiata fugace al suo corpo, Veneziano notò un discreto rigonfiamento nei suoi pantaloni, segno evidente che non riusciva a rimanere imperturbato innanzi a ciò che stava facendo.
Era palesemente eccitato anche lui e si stava trattenendo dal masturbarsi - come Feliciano evinse dalla sua espressione contratta.
«Fratellone...» sussurrò in un soffio mentre iniziava a tremare più forte. Si morse il labbro inferiore, socchiudendo le palpebre.
Gli sfuggì un prolungato e soffuso: «Veeee...!» nell'attimo in cui improvvisamente venne, macchiandosi abbondantemente di sperma mutande e pantaloni.
Un brivido di immediato, evidente sollievo percorse la spina dorsale del minore dei due Vargas dal basso salendo verso il collo.
Romano non riuscì a spostarsi in tempo per evitare che la mano allungata prontamente dal fratello gli afferrasse il cavallo dei pantaloni - e con esso il suo membro dolorosamente eretto ed ignorato.
«Veneziano...?!» esclamò Lovino quasi impaurito dalla inattesa presa del più piccolo sui suoi genitali.
«Fratellone... stai soffrendo...» decretò con una certa tranquillità Feliciano. Non sarebbe riuscito a dire qualcosa di provocante in tono adeguatamente equivoco e lascivo neppure se avesse voluto farlo. Era evidentemente troppo per la sua indole fondamentalmente ingenua.
Lovino non ebbe modo di dire niente: la mano dell'altro iniziò a muoversi con una praticità che aveva dell'assurdo e Romano, dopo tanto resistere al bisogno d'appagamento fisico, si abbandonò totalmente alle meravigliose sensazioni che le mani di suo fratello gli regalavano. Socchiuse quasi completamente le palpebre e le sue guance divennero fuochi vivi mentre incassava il collo nelle spalle, contorcendosi con lievi scatti meccanici. Respirava affannosamente e rapidamente, come se gli mancasse fisicamente l'apporto d'aria.
«Ve-Veneziano...! Ahw!» fece, ormai completamente vinto dalla passione.
Lovino si sporse verso il fratellino ed appoggiò sul suo torace la testa mentre veniva. Liberò un sospiro roco carico di piacere mentre si sporcava di sperma calzari e intimo.
«Cazzo...» borbottò a mezza voce, respirando forte. In quell'attimo si chiese perché diavolo non si lasciava masturbare più spesso. Il suo fratellino era fin troppo bravo.
«Cosa state facendo?».
Germania, già vestito di tutto punto e pettinato, si materializzò sulla porta della cucina in quel preciso momento.
Era già pronto per uscire. Era raro che andasse a far colazione in canotta e boxer - o pigiama, a seconda della stagione.
I suoi occhi azzurri si posarono subito sulla mano che Feliciano ancora teneva ancorata sul cavallo dei pantaloni di suo fratello maggiore, il quale si rialzò con un improvviso impeto brusco.
Ludwig e Lovino si scambiarono una lunga occhiata e, perlomeno da parte dell'italiano, il cipiglio non fu esattamente quel che si poteva definire amichevole.
In un certo senso, il Vargas ebbe la sensazione di essere in qualche modo inadeguato: Germania era bello, tutto sommato, e l'atteggiamento contribuiva a farlo sembrare molto più virile di quanto lui sarebbe mai potuto essere.
In quel momento, con i pantaloni invischiati di sperma, si sentiva come vittima delle proprie debolezze e tutto ciò gli creava uno sgraditissimo senso di frustrazione.
«Fanculo, bastardo!» ringhiò Lovino a sorpresa dopo alcuni attimi, andandosene a grandi passi, irritato dalla sua intromissione.
«Te ne andrai da questa casa per non tornare mai più, coglione. Fosse anche l'ultima cosa che faccio, dannazione!» si ripromise Romano furibondo, dirigendosi con lunghe e pesanti falcate verso la propria camera.
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale
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Note: Incest, Linguaggio, Self!love, Yaoi. Scritta per
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Romano era a dir poco furioso.
Quando si comportava in quel modo, Veneziano non riusciva a far altro che guardarlo, tremando e rimanendo in assoluto silenzio: gli faceva troppa paura. Sapeva perfettamente che, in fondo, aveva ragione e questo non contribuiva a farlo sentire più calmo.
«F-fratellone, mi dispiace...!» dichiarò il minore, al che il maggiore replicò duramente: «Non lo neghi, allora!».
Lovino sbatté i pugni sul tavolo innanzi a sé con forza, fissando il suo sguardo accusatorio e rabbioso in quello spaventato ed esitante di Feliciano.
«L'hai fatto con Germania! Ti sei fatto toccare e inculare da quel bastardo mangiapatate e non da me!!».
Romano era a dir poco furioso.
Quando si comportava in quel modo, Veneziano non riusciva a far altro che guardarlo, tremando e rimanendo in assoluto silenzio: gli faceva troppa paura. Sapeva perfettamente che, in fondo, aveva ragione e questo non contribuiva a farlo sentire più calmo.
«F-fratellone, mi dispiace...!» dichiarò il minore, al che il maggiore replicò duramente: «Non lo neghi, allora!».
Lovino sbatté i pugni sul tavolo innanzi a sé con forza, fissando il suo sguardo accusatorio e rabbioso in quello spaventato ed esitante di Feliciano.
Quello che stavano affrontando non era certamente il migliore degli argomenti da trattare mentre facevano colazione, ma il meridionale era determinato a parlarne: il fratellino più giovane era suo e non era disposto né a cederlo né tantomeno a condividerlo con Germania per nessuna ragione al mondo - anche se, a quanto pareva, il tedesco si era preso tutta la libertà di averlo, quella stessa notte. La cosa che più faceva incazzare Lovino era il fatto che il fratello non gli si fosse negato, bensì avesse acconsentito di buon grado: il meridionale li aveva sentiti parlare nella notte attraverso la parete che la sua camera aveva in comune con quella dell'altro.
Gli rodeva enormemente il fatto che suo fratello si lasciasse toccare come se niente fosse da quel bastardo di Germania: voleva essere lui l'unico a poterlo toccare.
«F-fratellone, scusami...» borbottò contrito Feliciano, chinando mogio il capo in segno di pentimento.
L'altro lo fissò con evidente irritazione, prima di alzarsi da tavola e andarglisi a piazzare davanti.
«Fratellone?!» squittì Veneziano, intimorito dall'incombere del più grande su di lui, simile ad un'ombra minacciosa.
Romano allungò la mano e con decisione la posò tra le gambe leggermente aperte del fratello, afferrando con un movimento estremamente sicuro e rapido il suo membro.
Il più piccolo sobbalzò per l'inattesa forza del gesto, ma non gli spostò la mano da lì.
«Romano...?» chiese, già iniziando a sentirsi mancare il fiato.
«Lui ti ha messo le mani addosso tutta la notte! Ora è il mio turno, cazzo!!» brontolò Lovino, perfettamente consapevole di essere dalla parte della ragione: il settentrionale gli aveva confessato di amarlo e lui pure. Perché la prerogativa di toccarlo spettava a Germania?
Lui non c'entrava - e non doveva entrarci - un fottuto cazzo.
Iniziò a muovere la mano e le dita con inaspettata dolcezza, considerando il fatto che era incazzato nero con l'altro. Il suo tocco, pur essendo insistente fin dai primi attimi, non era violento come Veneziano si era aspettato.
Quest'ultimo si addossò contro lo schienale della sua sedia tendendo i muscoli.
Una sensazione sempre più forte di piacere si dipanò ad un ritmo sempre più rapido a partire dal suo inguine.
Gemette forte con voce stridula, emettendo un sospiro roco mentre si aggrappava ad entrambe le braccia del fratello più grande.
Lovino si sentiva potente e ne gioiva in silenzio, osservando le guance del suo fratellino che diventavano sempre più rosse più che la sua mano imponeva il proprio ritmo.
Il più giovane dei due fratelli Vargas iniziò a tremare leggermente mentre, nei propri calzari, cominciava a sentire premere la propria erezione, desiderosa di uscire.
Era nello stile di Lovino indugiare nei preliminari, talvolta limitarsi addirittura a quelli. Germania, invece, non appena lo sentiva eccitato passava subito al rapporto vero e proprio, appagando i suoi impulsi in maniera molto più esaustiva di quanto riuscisse a fare un misero preliminare; tuttavia, Veneziano riusciva a percepire un che di tenero nel modo con cui operava Romano. Era come se volesse proteggerlo da quello che poteva essere un rapporto sessuale vero e proprio, come se in esso si nascondesse una qualche sorta di pericolo di cui lo stesso Feliciano ignorava la natura.
Ogni tanto il suo fratellone riusciva anche a rivestire degnamente il suo ruolo di fratello più grande.
Lanciando un'occhiata fugace al suo corpo, Veneziano notò un discreto rigonfiamento nei suoi pantaloni, segno evidente che non riusciva a rimanere imperturbato innanzi a ciò che stava facendo.
Era palesemente eccitato anche lui e si stava trattenendo dal masturbarsi - come Feliciano evinse dalla sua espressione contratta.
«Fratellone...» sussurrò in un soffio mentre iniziava a tremare più forte. Si morse il labbro inferiore, socchiudendo le palpebre.
Gli sfuggì un prolungato e soffuso: «Veeee...!» nell'attimo in cui improvvisamente venne, macchiandosi abbondantemente di sperma mutande e pantaloni.
Un brivido di immediato, evidente sollievo percorse la spina dorsale del minore dei due Vargas dal basso salendo verso il collo.
Romano non riuscì a spostarsi in tempo per evitare che la mano allungata prontamente dal fratello gli afferrasse il cavallo dei pantaloni - e con esso il suo membro dolorosamente eretto ed ignorato.
«Veneziano...?!» esclamò Lovino quasi impaurito dalla inattesa presa del più piccolo sui suoi genitali.
«Fratellone... stai soffrendo...» decretò con una certa tranquillità Feliciano. Non sarebbe riuscito a dire qualcosa di provocante in tono adeguatamente equivoco e lascivo neppure se avesse voluto farlo. Era evidentemente troppo per la sua indole fondamentalmente ingenua.
Lovino non ebbe modo di dire niente: la mano dell'altro iniziò a muoversi con una praticità che aveva dell'assurdo e Romano, dopo tanto resistere al bisogno d'appagamento fisico, si abbandonò totalmente alle meravigliose sensazioni che le mani di suo fratello gli regalavano. Socchiuse quasi completamente le palpebre e le sue guance divennero fuochi vivi mentre incassava il collo nelle spalle, contorcendosi con lievi scatti meccanici. Respirava affannosamente e rapidamente, come se gli mancasse fisicamente l'apporto d'aria.
«Ve-Veneziano...! Ahw!» fece, ormai completamente vinto dalla passione.
Lovino si sporse verso il fratellino ed appoggiò sul suo torace la testa mentre veniva. Liberò un sospiro roco carico di piacere mentre si sporcava di sperma calzari e intimo.
«Cazzo...» borbottò a mezza voce, respirando forte. In quell'attimo si chiese perché diavolo non si lasciava masturbare più spesso. Il suo fratellino era fin troppo bravo.
«Cosa state facendo?».
Germania, già vestito di tutto punto e pettinato, si materializzò sulla porta della cucina in quel preciso momento.
Era già pronto per uscire. Era raro che andasse a far colazione in canotta e boxer - o pigiama, a seconda della stagione.
I suoi occhi azzurri si posarono subito sulla mano che Feliciano ancora teneva ancorata sul cavallo dei pantaloni di suo fratello maggiore, il quale si rialzò con un improvviso impeto brusco.
Ludwig e Lovino si scambiarono una lunga occhiata e, perlomeno da parte dell'italiano, il cipiglio non fu esattamente quel che si poteva definire amichevole.
In un certo senso, il Vargas ebbe la sensazione di essere in qualche modo inadeguato: Germania era bello, tutto sommato, e l'atteggiamento contribuiva a farlo sembrare molto più virile di quanto lui sarebbe mai potuto essere.
In quel momento, con i pantaloni invischiati di sperma, si sentiva come vittima delle proprie debolezze e tutto ciò gli creava uno sgraditissimo senso di frustrazione.
«Fanculo, bastardo!» ringhiò Lovino a sorpresa dopo alcuni attimi, andandosene a grandi passi, irritato dalla sua intromissione.
«Te ne andrai da questa casa per non tornare mai più, coglione. Fosse anche l'ultima cosa che faccio, dannazione!» si ripromise Romano furibondo, dirigendosi con lunghe e pesanti falcate verso la propria camera.