Dopo la partita
Jul. 1st, 2012 02:07 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Dopo la partita
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico, Sentimentale
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 2452 (
fiumidiparole)
Prompt: 99. Offerta libera @
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kinks_pervs
Note: Biting, Euro2012!AU, Handjob, Lemon, Rimming, Yaoi
Si era dato un gran daffare in campo e adesso, distrutto dalla fatica e dalla delusione della sconfitta, non vedeva l'ora di spogliarsi della divisa da calcio fradicia e concedersi una lunga doccia fredda che lo aiutasse a sbollire la rabbia.
Si sedette su una panchina e si passò le mani sul viso inspirando profondamente.
Non era arrivato fin lì per giocare una partita così scadente. Non si era allenato tanto per venire poi battuto da Italia con così tanta facilità.
Germania varcò la porta dello spogliatoio per ultimo, l'umore a pezzi proprio come il fisico. Era madido di sudore al punto che l'incarnato chiaro riluceva sotto le luci al neon. I capelli biondi pettinati diligentemente all'indietro per tener libera la fronte da ciuffi molesti si erano spettinati e adesso svariati ciuffi stavano mezzi sollevati in aria.
Si era dato un gran daffare in campo e adesso, distrutto dalla fatica e dalla delusione della sconfitta, non vedeva l'ora di spogliarsi della divisa da calcio fradicia e concedersi una lunga doccia fredda che lo aiutasse a sbollire la rabbia.
Si sedette su una panchina e si passò le mani sul viso inspirando profondamente.
Non era arrivato fin lì per giocare una partita così scadente. Non si era allenato tanto per venire poi battuto da Italia con così tanta facilità.
Non entrò nelle docce con gli altri compagni di squadra: non se la sentiva di stare in compagnia. Stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di spruzzarsi solo un po’ di deodorante e cambiarsi senza neppure lavarsi per fuggire subito da lì e andare ad ubriacarsi da qualche parte lontano dallo stadio.
Non faceva altro che pensare e ripensare a quanto era stato agguerrito Italia in campo. Ai tempi delle guerre non c'era stato verso di vederlo carico di così tanta grinta sul campo di battaglia, ma su quel campo di calcio era stato tutto un altro paio di maniche.
Il calcio era un'altra delle cose in cui, evidentemente, gli italiani erano maestri. Ludwig prese nota mentale, aggiungendo la voce alla lista "punti di forza degli italiani" che era andato stilando nel corso dei numerosi anni che avevano passato insieme. L'elenco fino ad allora annoverava tra le sue voci la cucina, la produzione in massa di bandiere bianche e il corteggiamento.
Di quest'ultima specialità il tedesco ne aveva fatto diretta esperienza, dato che il minore dei fratelli Vargas lo aveva corteggiato a lungo fino a che non era riuscito nel suo intento. Solo ripensare a tutto quello che aveva fatto per cercare di avvicinarlo e conquistarlo fece avvampare Ludwig fino alla punta delle orecchie.
Uno scalpiccio poco distante gli annunciò che i suoi compagni di squadra stavano uscendo dalle docce. Germania si alzò d'istinto e si diresse verso l'ingresso alla doccia comune, una grande stanza rivestita interamente di lucide mattonelle azzurre.
Si fermò sotto il citofono della doccia più vicina alla porta, in un angolo. Aprì d'acqua e gli sfuggì un'imprecazione nell'attimo stesso in cui venne investito da un getto di acqua gelida. Chiunque avesse fatto lì la doccia forse aveva tentato il suicidio per ipotermia. Il tedesco girò la manopola della temperatura, regolandola ad un livello umanamente accettabile.
Mentre si godeva la doccia, udì il leggero grattare della porta che si apriva di nuovo. Non fece neppure in tempo a voltarsi che subito un paio di mani gli si aggrapparono alle spalle ed un corpo smilzo si schiacciò contro la sua schiena bagnata.
«Germania!».
La voce che gli giunse da dietro era inconfondibile all'udito del biondo, che si sorprese enormemente di sentirla proprio lì.
«Italia?!» esclamò, voltandosi indietro «Come hai fatto ad entrare qui dentro?» volle sapere, squadrandolo da capo a piedi.
Veneziano lo fissava allegro con uno dei suoi soliti sorrisi un po' svaniti sulle labbra. I capelli castano chiaro erano umidi a causa della breve vicinanza con lui.
«Sono entrato dalla porta dello spogliatoio» disse in tono scontato.
«E gli altri?! Non ti hanno detto niente?» domandò Germania a bocca aperta: era praticamente impossibile che i suoi compagni di squadra lasciassero entrare indisturbato il capitano della squadra italiana nel loro spogliatoio, specialmente dopo la sconfitta subita.
«Quali altri? Lo spogliatoio è deserto, non c'è più nessuno» replicò Feliciano.
Ludwig sospirò: se ne erano andati senza di lui. Be', poco importava: si sarebbe fatto riaccompagnare all'hotel presso cui alloggiavano da un taxi. Per fortuna sapeva l'indirizzo ed il nome dell'albergo.
«Comunque, perché diavolo te ne vai in giro per lo stadio nudo?!» lo rimproverò Ludwig «Ti potresti ammalare. E se ti ammali come hai intenzione di giocare la finale contro Spagna? Lascerai tutto il compito a Romano?».
Possibile che non capisse che si preoccupava per lui e per la sua salute?! Anche se era rimasto deluso dal risultato della partita che avevano appena giocato, lo amava e pertanto si prendeva a cuore cosa gli succedeva.
La sua stupidità superava i limiti dell’umana sopportazione, anche se doveva ammettere che gli faceva un’enorme tenerezza proprio per il suo essere a malapena autosufficiente.
L'espressione distesa e felice di Veneziano si trasformò in una stizzita.
«Se venivo vestito non avrei potuto fare la doccia con te!» protestò l'italiano con fervore, assumendo un cipiglio veramente serio e quasi arrabbiato. Sembrava offeso dal fatto che il suo interlocutore non si fosse posto quel problema.
Ludwig fu assolutamente certo di non avergli mai visto quell'espressione in viso prima di allora.
Con un sospiro gli diede di nuovo le spalle: non poteva farci nulla se aveva il vizio di andarsene in giro nudo. L'aveva ripreso tantissime volte per quel motivo, ma non era mai arrivato a nessuna conclusione soddisfacente.
Adesso aveva ben altre cose per la mente che pensare al perché si ostinasse a girovagare nudo per gli spogliatoi dello stadio. La sconfitta gli bruciava ancora e si stava arrovellando sulla partita pur sapendo che era tutta fatica sprecata.
«Germania che cos'hai?» chiese Italia, avvicinandoglisi da dietro e posandosi contro la sua schiena un'altra volta: aveva notato - anche se di sfuggita - l’espressione mogia sul suo viso.
«Come "che cos'ho"?!» sbottò il tedesco, punto sul vivo dalla domanda «Abbiamo perso!» urlò.
«Ah! Scusami, non uccidermi!» piagnucolò Feliciano, terrorizzato dalla veemenza delle sue parole.
Senza alcun preavviso, l'italiano gli mise le mani sulle spalle e, con un movimento secco e deciso, fece leva sull'appiglio per issarsi sul corpo del biondo. Allacciò con un gesto brusco le gambe attorno al suo bacino per timore di cadere, colpendo con il tallone un punto poco sopra il suo inguine, in modo del tutto involontario.
«Ehi! Che cosa stai combinando?!» ringhiò quasi Germania, spostandogli le gambe più su, onde evitare spiacevoli e dolorosi incidenti.
Senza neppure avere una risposta, avvertì il membro del Vargas iniziare a strusciare contro il suo sedere.
Ludwig emise un gemito strozzato per la sorpresa mentre avvertiva una sensazione di desiderio e trepidante aspettativa giungergli dalle sue “parti basse”.
Principiava ad eccitarsi, benché fosse una cosa del tutto involontaria e soprattutto lenta.
Non doveva farlo. Non lì, almeno: nella doccia era nudo, non aveva modo di nascondere l'erezione sotto i lembi della maglia. Che avrebbe detto Veneziano se si fosse accorto della cosa? Non voleva che pensasse male di lui: del resto, era una reazione normalissima a situazioni particolari che si potevano creare tra due amanti.
«Italia... cosa...?» iniziò a dire Ludwig, a disagio, chiudendo l'acqua.
«Ci sei rimasto male per la partita, no? Mi offro per consolarti!» disse con foga e determinazione Feliciano, cogliendo del tutto impreparato Ludwig.
Quest'ultimo, superato il momento di stupore, si piegò sul pavimento, inginocchiandosi mantenendo il busto eretto.
Il Vargas, staccatosi dalla sua schiena, adesso lo guardava dall'alto in basso. Senza esitazione si piegò su di lui e, posizionandosi davanti a lui, lo baciò.
Germania lo lasciò fare. Quella notte non ce la faceva proprio a prendere il comando. Visto che aveva vinto la partita, se voleva fare sesso doveva dominare lui, tanto più se era veramente intenzionato a consolarlo.
Veneziano baciava in modo egregio, non c'era che dire. Ludwig non riuscì a rimanere passivo a lungo alle insistenze delle sue labbra dolci ed esigenti. Ben presto avvertì il bisogno di reagire. Strinse le braccia attorno al suo torace magrolino, rispondendo languido alle sue attenzioni. Non lo abbracciò troppo forte, ma abbastanza perché capisse l’urgenza che provava di averlo lì con sé.
Italia si aprì delicatamente un varco tra le sue labbra e gliele morse debolmente, giocoso, mentre i morsi con cui l'altro ricambiò esprimevano una necessità che Veneziano non aveva mai captato da parte del tedesco.
La vicinanza così ristretta tra i loro corpi stava eccitando entrambi, anche se il biondo era in una fase più avanzata rispetto al castano.
Si baciarono appassionatamente per svariati minuti, fino a che Veneziano non decise di andare avanti: il suo apparato riproduttore era già abbastanza su di giri. Era inutile farlo aspettare ancora, anche perché lui non aveva la resistenza di Germania a certe cose.
Guidò la propria mano verso il basso, accarezzando il ventre umido del partner con i polpastrelli. Una volta superato l'ombelico avvertì subito l'erezione dell'altro. Un po' si spaventò di quanto si fosse eccitato in così poco tempo - e soprattutto dato che si erano solamente baciati, fino ad allora.
Gli toccò il pene duro e turgido dapprima gentilmente e poi con un poco più di forza.
Ludwig emise un gemito roco di soddisfazione. Si lasciò cadere seduto sul pavimento e divaricò le gambe per permettergli di agire meglio. Si strinse nelle spalle e gettò all'indietro il capo, chiudendo gli occhi. Si abbandonò completamente alle attenzioni dell'italiano liberando bassi e frequenti mugolii.
Feliciano era contento di poterlo confortare: per una volta era Germania ad aver bisogno del suo aiuto e non il contrario. Era un grande giorno per lui, per questo si stava impegnando con tanta dedizione.
Ludwig trovava delizioso lasciarsi masturbare senza dover fare niente, almeno per una volta. Il calore che gli si dipanava in corpo dal punto in cui le dita dell’altro stavano lavorando lo aveva intrappolato in una gabbia di desiderio dalla quale non riusciva ad uscire - e da cui poi capì di non voler uscire.
«Italia...» riuscì a dire a fatica.
L'interpellato gli sorrise con gaudio.
«Stavolta comando io, Germania!» disse. Dal tono pareva che stesse prendendo la cosa come un gioco.
Ludwig non ce la faceva più. Il suo corpo era un fascio di nervi tesi spasmodicamente a causa dell'immenso piacere che provava. Ogni fibra del suo corpo desiderava sentire il membro duro di Veneziano violarlo.
Il tedesco, scosso da tremiti a malapena visibili, si voltò all’improvviso, mettendosi carponi sul pavimento. Il cambiamento di posizione rese impossibile al Vargas continuare a masturbarlo, ma in compenso offrì alle sue attenzioni il lato posteriore del suo partner.
Quest’ultimo era paonazzo in viso: non aveva il coraggio di chiedergli a parole di penetrarlo, senza contare il fatto di ignorare dove fosse andata a finire la sua voce in quel momento. Mostrargli il sedere era l'unico modo efficace che aveva trovato per esplicitargli il suo desiderio, anche se si trovava parecchio in imbarazzo nel fare una cosa simile.
Veneziano rimase a contemplare per alcuni secondi il profilo scolpito delle sue natiche pallide e invitanti e delle cosce muscolose. Era uno spettacolo meraviglioso cui assistere.
L'italiano gli si avvicinò e gli accarezzò con gesti rapidi l'interno delle cosce, risalendo frettoloso verso il pene.
Baciò le natiche del tedesco svariate volte in molti punti, posandovi anche qualche morso non troppo aggressivo che strappò diversi altri gemiti a Ludwig, tutti indicativi di un piacere misto a dolore che lo appagava nel profondo.
Germania non si mosse di un centimetro, permettendogli così di piegarsi a leccare la sua apertura.
«Ooohw...» sfuggì dalle labbra del biondo mentre chiudeva beato gli occhi, assumendo un'espressione carica d’estasi.
Il suo volto divenne se possibile ancor più rosso di quanto già fosse. Veneziano passò al controllo ogni centimetro della sua apertura, provocando nel partner una sequela piuttosto lunga ed oscena di ansiti rochi. Addirittura l'italiano osò compiere un paio di incursioni, le quali scatenarono tremiti d'estasi in tutto il corpo dell’altro.
Quest'ultimo avrebbe voluto dirgli di smetterla, che non ce la faceva più a resistere in quel modo, ma non trovava la maniera di mettere assieme delle sillabe che formassero parole coerenti. Il Vargas, però, parve perlomeno intuire la cosa, dato che si fermò.
Germania ebbe appena il tempo di riprendere un po' fiato che subito avvertì la mano di Italia rimasta fino ad allora tra le sue gambe nei pressi dell'inguine stringersi un'altra volta attorno alla sua erezione.
Un gridolino greve tracimò le labbra del suo amante.
Italia si mosse e lo penetrò senza esitare. Germania avvertì una dose cospicua di dolore accompagnare l'ingresso del suo pene nel proprio sedere. Non essere abituato al ruolo passivo non giocava a suo favore al momento.
Il biondo inarcò leggermente la schiena, il respiro spezzato da sospiri acuti.
Veneziano, una volta bene all'interno, iniziò a spingere con i fianchi, rapido, cercando di tenere lo stesso ritmo con la mano stretta attorno al membro del tedesco.
Anche Feliciano cominciò ad emettere versi incoerenti ma pieni di piacere, che si unirono a quelli di Ludwig.
Quest'ultimo raggiunse subito il picco del piacere, ma non venne a causa dei suoi problemi di eiaculazione ritardata. Rimase teso come un asse di legno, leccandosi le labbra in continuazione, il cuore che batteva a mille ed un appagamento fisico che però non arrivava, di fatto, a nessuna conclusione. Stava soffrendo ma non si sognava neppure di farne parola con l'italiano.
Il Vargas stava dando se stesso in quelle spinte. Vedeva contorcersi lievemente il partner, perciò continuava a darci dentro allo stesso ritmo. Non pensava minimamente al fatto che lui potesse avere qualche tipo di problema sessuale: ai suoi occhi Germania era perfetto praticamente in tutto.
Quando finalmente venne, lo sperma del biondo schizzò abbondante nella mano del castano, il quale venne a propria volta nell'udire un ansito veemente di sollievo e soddisfazione giungergli dal partner.
Germania stramazzò esausto a terra, i muscoli talmente rilassati da non riuscire più ad imporre loro la benché minima contrazione. Respirando affannosamente, deglutì e cercò di recuperare la propria voce.
«Grazie... Italia» esalò con un fil di voce. Dubitò che il ragazzo fosse riuscito ad udirlo, ma la risposta che sentì arrivargli dopo alcuni secondi smentì il suo dubbio.
«Sei ancora arrabbiato con me per la partita, Germania?» volle sapere il Vargas, titubante.
«Non sono mai stato arrabbiato con te per la partita» puntualizzò il tedesco. Avrebbe voluto aggiungere "Se abbiamo perso è colpa nostra", ma non lo fece. Non voleva continuare a parlare della partita, non dopo aver fatto sesso: si sentiva stranamente rilassato e privo di preoccupazioni.
Non voleva che quel piacevole stato di cose si spezzasse così presto.
Veneziano gli si sdraiò sopra, poggiando il capo tra le sue scapole, curandosi preventivamente di estrarre il proprio pene dal suo sedere. A Ludwig fu palese il fatto che quella posizione fosse un tentativo di mostrargli il suo amore.
«Congratulazioni per la finale. Impegnatevi, tu e tuo fratello» esclamò con un timido sorriso che gli increspava le labbra, le guance di nuovo imporporate.
Aveva incassato il colpo. Adesso voleva incoraggiare il suo amante a dare il meglio di sé nella partita conclusiva del torneo.
«Posso venire a dormire con te?» domandò il Vargas, trepidante.
«Stanotte no, siamo in albergo. Quando gli europei saranno finiti, potrai venire» promise il biondo.
«Va bene! Allora m'impegnerò, signore!» replicò Veneziano, mettendosi seduto a cavallo del bacino del compagno ed assumendo la posizione del saluto militare.
Germania sorrise esausto, ripensando con una punta di nostalgia ai tempi lontani in cui erano stati alleati: allora non avrebbe mai creduto possibile che Italia potesse essere in grado di aiutarlo in qualche modo.
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Si era dato un gran daffare in campo e adesso, distrutto dalla fatica e dalla delusione della sconfitta, non vedeva l'ora di spogliarsi della divisa da calcio fradicia e concedersi una lunga doccia fredda che lo aiutasse a sbollire la rabbia.
Si sedette su una panchina e si passò le mani sul viso inspirando profondamente.
Non era arrivato fin lì per giocare una partita così scadente. Non si era allenato tanto per venire poi battuto da Italia con così tanta facilità.
Germania varcò la porta dello spogliatoio per ultimo, l'umore a pezzi proprio come il fisico. Era madido di sudore al punto che l'incarnato chiaro riluceva sotto le luci al neon. I capelli biondi pettinati diligentemente all'indietro per tener libera la fronte da ciuffi molesti si erano spettinati e adesso svariati ciuffi stavano mezzi sollevati in aria.
Si era dato un gran daffare in campo e adesso, distrutto dalla fatica e dalla delusione della sconfitta, non vedeva l'ora di spogliarsi della divisa da calcio fradicia e concedersi una lunga doccia fredda che lo aiutasse a sbollire la rabbia.
Si sedette su una panchina e si passò le mani sul viso inspirando profondamente.
Non era arrivato fin lì per giocare una partita così scadente. Non si era allenato tanto per venire poi battuto da Italia con così tanta facilità.
Non entrò nelle docce con gli altri compagni di squadra: non se la sentiva di stare in compagnia. Stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di spruzzarsi solo un po’ di deodorante e cambiarsi senza neppure lavarsi per fuggire subito da lì e andare ad ubriacarsi da qualche parte lontano dallo stadio.
Non faceva altro che pensare e ripensare a quanto era stato agguerrito Italia in campo. Ai tempi delle guerre non c'era stato verso di vederlo carico di così tanta grinta sul campo di battaglia, ma su quel campo di calcio era stato tutto un altro paio di maniche.
Il calcio era un'altra delle cose in cui, evidentemente, gli italiani erano maestri. Ludwig prese nota mentale, aggiungendo la voce alla lista "punti di forza degli italiani" che era andato stilando nel corso dei numerosi anni che avevano passato insieme. L'elenco fino ad allora annoverava tra le sue voci la cucina, la produzione in massa di bandiere bianche e il corteggiamento.
Di quest'ultima specialità il tedesco ne aveva fatto diretta esperienza, dato che il minore dei fratelli Vargas lo aveva corteggiato a lungo fino a che non era riuscito nel suo intento. Solo ripensare a tutto quello che aveva fatto per cercare di avvicinarlo e conquistarlo fece avvampare Ludwig fino alla punta delle orecchie.
Uno scalpiccio poco distante gli annunciò che i suoi compagni di squadra stavano uscendo dalle docce. Germania si alzò d'istinto e si diresse verso l'ingresso alla doccia comune, una grande stanza rivestita interamente di lucide mattonelle azzurre.
Si fermò sotto il citofono della doccia più vicina alla porta, in un angolo. Aprì d'acqua e gli sfuggì un'imprecazione nell'attimo stesso in cui venne investito da un getto di acqua gelida. Chiunque avesse fatto lì la doccia forse aveva tentato il suicidio per ipotermia. Il tedesco girò la manopola della temperatura, regolandola ad un livello umanamente accettabile.
Mentre si godeva la doccia, udì il leggero grattare della porta che si apriva di nuovo. Non fece neppure in tempo a voltarsi che subito un paio di mani gli si aggrapparono alle spalle ed un corpo smilzo si schiacciò contro la sua schiena bagnata.
«Germania!».
La voce che gli giunse da dietro era inconfondibile all'udito del biondo, che si sorprese enormemente di sentirla proprio lì.
«Italia?!» esclamò, voltandosi indietro «Come hai fatto ad entrare qui dentro?» volle sapere, squadrandolo da capo a piedi.
Veneziano lo fissava allegro con uno dei suoi soliti sorrisi un po' svaniti sulle labbra. I capelli castano chiaro erano umidi a causa della breve vicinanza con lui.
«Sono entrato dalla porta dello spogliatoio» disse in tono scontato.
«E gli altri?! Non ti hanno detto niente?» domandò Germania a bocca aperta: era praticamente impossibile che i suoi compagni di squadra lasciassero entrare indisturbato il capitano della squadra italiana nel loro spogliatoio, specialmente dopo la sconfitta subita.
«Quali altri? Lo spogliatoio è deserto, non c'è più nessuno» replicò Feliciano.
Ludwig sospirò: se ne erano andati senza di lui. Be', poco importava: si sarebbe fatto riaccompagnare all'hotel presso cui alloggiavano da un taxi. Per fortuna sapeva l'indirizzo ed il nome dell'albergo.
«Comunque, perché diavolo te ne vai in giro per lo stadio nudo?!» lo rimproverò Ludwig «Ti potresti ammalare. E se ti ammali come hai intenzione di giocare la finale contro Spagna? Lascerai tutto il compito a Romano?».
Possibile che non capisse che si preoccupava per lui e per la sua salute?! Anche se era rimasto deluso dal risultato della partita che avevano appena giocato, lo amava e pertanto si prendeva a cuore cosa gli succedeva.
La sua stupidità superava i limiti dell’umana sopportazione, anche se doveva ammettere che gli faceva un’enorme tenerezza proprio per il suo essere a malapena autosufficiente.
L'espressione distesa e felice di Veneziano si trasformò in una stizzita.
«Se venivo vestito non avrei potuto fare la doccia con te!» protestò l'italiano con fervore, assumendo un cipiglio veramente serio e quasi arrabbiato. Sembrava offeso dal fatto che il suo interlocutore non si fosse posto quel problema.
Ludwig fu assolutamente certo di non avergli mai visto quell'espressione in viso prima di allora.
Con un sospiro gli diede di nuovo le spalle: non poteva farci nulla se aveva il vizio di andarsene in giro nudo. L'aveva ripreso tantissime volte per quel motivo, ma non era mai arrivato a nessuna conclusione soddisfacente.
Adesso aveva ben altre cose per la mente che pensare al perché si ostinasse a girovagare nudo per gli spogliatoi dello stadio. La sconfitta gli bruciava ancora e si stava arrovellando sulla partita pur sapendo che era tutta fatica sprecata.
«Germania che cos'hai?» chiese Italia, avvicinandoglisi da dietro e posandosi contro la sua schiena un'altra volta: aveva notato - anche se di sfuggita - l’espressione mogia sul suo viso.
«Come "che cos'ho"?!» sbottò il tedesco, punto sul vivo dalla domanda «Abbiamo perso!» urlò.
«Ah! Scusami, non uccidermi!» piagnucolò Feliciano, terrorizzato dalla veemenza delle sue parole.
Senza alcun preavviso, l'italiano gli mise le mani sulle spalle e, con un movimento secco e deciso, fece leva sull'appiglio per issarsi sul corpo del biondo. Allacciò con un gesto brusco le gambe attorno al suo bacino per timore di cadere, colpendo con il tallone un punto poco sopra il suo inguine, in modo del tutto involontario.
«Ehi! Che cosa stai combinando?!» ringhiò quasi Germania, spostandogli le gambe più su, onde evitare spiacevoli e dolorosi incidenti.
Senza neppure avere una risposta, avvertì il membro del Vargas iniziare a strusciare contro il suo sedere.
Ludwig emise un gemito strozzato per la sorpresa mentre avvertiva una sensazione di desiderio e trepidante aspettativa giungergli dalle sue “parti basse”.
Principiava ad eccitarsi, benché fosse una cosa del tutto involontaria e soprattutto lenta.
Non doveva farlo. Non lì, almeno: nella doccia era nudo, non aveva modo di nascondere l'erezione sotto i lembi della maglia. Che avrebbe detto Veneziano se si fosse accorto della cosa? Non voleva che pensasse male di lui: del resto, era una reazione normalissima a situazioni particolari che si potevano creare tra due amanti.
«Italia... cosa...?» iniziò a dire Ludwig, a disagio, chiudendo l'acqua.
«Ci sei rimasto male per la partita, no? Mi offro per consolarti!» disse con foga e determinazione Feliciano, cogliendo del tutto impreparato Ludwig.
Quest'ultimo, superato il momento di stupore, si piegò sul pavimento, inginocchiandosi mantenendo il busto eretto.
Il Vargas, staccatosi dalla sua schiena, adesso lo guardava dall'alto in basso. Senza esitazione si piegò su di lui e, posizionandosi davanti a lui, lo baciò.
Germania lo lasciò fare. Quella notte non ce la faceva proprio a prendere il comando. Visto che aveva vinto la partita, se voleva fare sesso doveva dominare lui, tanto più se era veramente intenzionato a consolarlo.
Veneziano baciava in modo egregio, non c'era che dire. Ludwig non riuscì a rimanere passivo a lungo alle insistenze delle sue labbra dolci ed esigenti. Ben presto avvertì il bisogno di reagire. Strinse le braccia attorno al suo torace magrolino, rispondendo languido alle sue attenzioni. Non lo abbracciò troppo forte, ma abbastanza perché capisse l’urgenza che provava di averlo lì con sé.
Italia si aprì delicatamente un varco tra le sue labbra e gliele morse debolmente, giocoso, mentre i morsi con cui l'altro ricambiò esprimevano una necessità che Veneziano non aveva mai captato da parte del tedesco.
La vicinanza così ristretta tra i loro corpi stava eccitando entrambi, anche se il biondo era in una fase più avanzata rispetto al castano.
Si baciarono appassionatamente per svariati minuti, fino a che Veneziano non decise di andare avanti: il suo apparato riproduttore era già abbastanza su di giri. Era inutile farlo aspettare ancora, anche perché lui non aveva la resistenza di Germania a certe cose.
Guidò la propria mano verso il basso, accarezzando il ventre umido del partner con i polpastrelli. Una volta superato l'ombelico avvertì subito l'erezione dell'altro. Un po' si spaventò di quanto si fosse eccitato in così poco tempo - e soprattutto dato che si erano solamente baciati, fino ad allora.
Gli toccò il pene duro e turgido dapprima gentilmente e poi con un poco più di forza.
Ludwig emise un gemito roco di soddisfazione. Si lasciò cadere seduto sul pavimento e divaricò le gambe per permettergli di agire meglio. Si strinse nelle spalle e gettò all'indietro il capo, chiudendo gli occhi. Si abbandonò completamente alle attenzioni dell'italiano liberando bassi e frequenti mugolii.
Feliciano era contento di poterlo confortare: per una volta era Germania ad aver bisogno del suo aiuto e non il contrario. Era un grande giorno per lui, per questo si stava impegnando con tanta dedizione.
Ludwig trovava delizioso lasciarsi masturbare senza dover fare niente, almeno per una volta. Il calore che gli si dipanava in corpo dal punto in cui le dita dell’altro stavano lavorando lo aveva intrappolato in una gabbia di desiderio dalla quale non riusciva ad uscire - e da cui poi capì di non voler uscire.
«Italia...» riuscì a dire a fatica.
L'interpellato gli sorrise con gaudio.
«Stavolta comando io, Germania!» disse. Dal tono pareva che stesse prendendo la cosa come un gioco.
Ludwig non ce la faceva più. Il suo corpo era un fascio di nervi tesi spasmodicamente a causa dell'immenso piacere che provava. Ogni fibra del suo corpo desiderava sentire il membro duro di Veneziano violarlo.
Il tedesco, scosso da tremiti a malapena visibili, si voltò all’improvviso, mettendosi carponi sul pavimento. Il cambiamento di posizione rese impossibile al Vargas continuare a masturbarlo, ma in compenso offrì alle sue attenzioni il lato posteriore del suo partner.
Quest’ultimo era paonazzo in viso: non aveva il coraggio di chiedergli a parole di penetrarlo, senza contare il fatto di ignorare dove fosse andata a finire la sua voce in quel momento. Mostrargli il sedere era l'unico modo efficace che aveva trovato per esplicitargli il suo desiderio, anche se si trovava parecchio in imbarazzo nel fare una cosa simile.
Veneziano rimase a contemplare per alcuni secondi il profilo scolpito delle sue natiche pallide e invitanti e delle cosce muscolose. Era uno spettacolo meraviglioso cui assistere.
L'italiano gli si avvicinò e gli accarezzò con gesti rapidi l'interno delle cosce, risalendo frettoloso verso il pene.
Baciò le natiche del tedesco svariate volte in molti punti, posandovi anche qualche morso non troppo aggressivo che strappò diversi altri gemiti a Ludwig, tutti indicativi di un piacere misto a dolore che lo appagava nel profondo.
Germania non si mosse di un centimetro, permettendogli così di piegarsi a leccare la sua apertura.
«Ooohw...» sfuggì dalle labbra del biondo mentre chiudeva beato gli occhi, assumendo un'espressione carica d’estasi.
Il suo volto divenne se possibile ancor più rosso di quanto già fosse. Veneziano passò al controllo ogni centimetro della sua apertura, provocando nel partner una sequela piuttosto lunga ed oscena di ansiti rochi. Addirittura l'italiano osò compiere un paio di incursioni, le quali scatenarono tremiti d'estasi in tutto il corpo dell’altro.
Quest'ultimo avrebbe voluto dirgli di smetterla, che non ce la faceva più a resistere in quel modo, ma non trovava la maniera di mettere assieme delle sillabe che formassero parole coerenti. Il Vargas, però, parve perlomeno intuire la cosa, dato che si fermò.
Germania ebbe appena il tempo di riprendere un po' fiato che subito avvertì la mano di Italia rimasta fino ad allora tra le sue gambe nei pressi dell'inguine stringersi un'altra volta attorno alla sua erezione.
Un gridolino greve tracimò le labbra del suo amante.
Italia si mosse e lo penetrò senza esitare. Germania avvertì una dose cospicua di dolore accompagnare l'ingresso del suo pene nel proprio sedere. Non essere abituato al ruolo passivo non giocava a suo favore al momento.
Il biondo inarcò leggermente la schiena, il respiro spezzato da sospiri acuti.
Veneziano, una volta bene all'interno, iniziò a spingere con i fianchi, rapido, cercando di tenere lo stesso ritmo con la mano stretta attorno al membro del tedesco.
Anche Feliciano cominciò ad emettere versi incoerenti ma pieni di piacere, che si unirono a quelli di Ludwig.
Quest'ultimo raggiunse subito il picco del piacere, ma non venne a causa dei suoi problemi di eiaculazione ritardata. Rimase teso come un asse di legno, leccandosi le labbra in continuazione, il cuore che batteva a mille ed un appagamento fisico che però non arrivava, di fatto, a nessuna conclusione. Stava soffrendo ma non si sognava neppure di farne parola con l'italiano.
Il Vargas stava dando se stesso in quelle spinte. Vedeva contorcersi lievemente il partner, perciò continuava a darci dentro allo stesso ritmo. Non pensava minimamente al fatto che lui potesse avere qualche tipo di problema sessuale: ai suoi occhi Germania era perfetto praticamente in tutto.
Quando finalmente venne, lo sperma del biondo schizzò abbondante nella mano del castano, il quale venne a propria volta nell'udire un ansito veemente di sollievo e soddisfazione giungergli dal partner.
Germania stramazzò esausto a terra, i muscoli talmente rilassati da non riuscire più ad imporre loro la benché minima contrazione. Respirando affannosamente, deglutì e cercò di recuperare la propria voce.
«Grazie... Italia» esalò con un fil di voce. Dubitò che il ragazzo fosse riuscito ad udirlo, ma la risposta che sentì arrivargli dopo alcuni secondi smentì il suo dubbio.
«Sei ancora arrabbiato con me per la partita, Germania?» volle sapere il Vargas, titubante.
«Non sono mai stato arrabbiato con te per la partita» puntualizzò il tedesco. Avrebbe voluto aggiungere "Se abbiamo perso è colpa nostra", ma non lo fece. Non voleva continuare a parlare della partita, non dopo aver fatto sesso: si sentiva stranamente rilassato e privo di preoccupazioni.
Non voleva che quel piacevole stato di cose si spezzasse così presto.
Veneziano gli si sdraiò sopra, poggiando il capo tra le sue scapole, curandosi preventivamente di estrarre il proprio pene dal suo sedere. A Ludwig fu palese il fatto che quella posizione fosse un tentativo di mostrargli il suo amore.
«Congratulazioni per la finale. Impegnatevi, tu e tuo fratello» esclamò con un timido sorriso che gli increspava le labbra, le guance di nuovo imporporate.
Aveva incassato il colpo. Adesso voleva incoraggiare il suo amante a dare il meglio di sé nella partita conclusiva del torneo.
«Posso venire a dormire con te?» domandò il Vargas, trepidante.
«Stanotte no, siamo in albergo. Quando gli europei saranno finiti, potrai venire» promise il biondo.
«Va bene! Allora m'impegnerò, signore!» replicò Veneziano, mettendosi seduto a cavallo del bacino del compagno ed assumendo la posizione del saluto militare.
Germania sorrise esausto, ripensando con una punta di nostalgia ai tempi lontani in cui erano stati alleati: allora non avrebbe mai creduto possibile che Italia potesse essere in grado di aiutarlo in qualche modo.