fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2012-08-19 03:36 pm
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Conseguenze indesiderate
Titolo: Conseguenze indesiderate
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Lovino Romano Vargas (Sud Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 2068 (
fiumidiparole)
Prompt: 1. Il vuoto lasciato dal tempo @
500themes_ita + Sciocchezze di
mapi_littleowl per la Notte Bianca VI @
maridichallenge
Note: Crack Pairing, Drunk!sex, Lemon, Linguaggio, Non-con, Yaoi
Germania si svegliò in un letto molto più ampio del suo, con le lenzuola attorcigliate attorno ai fianchi ed un fascio di sole dispettoso che gli illuminava gli occhi.
Si mise seduto, confuso, e si guardò intorno: quella non era né camera sua né quella di Veneziano. Dove diavolo era finito?!
Germania si svegliò in un letto molto più ampio del suo, con le lenzuola attorcigliate attorno ai fianchi ed un fascio di sole dispettoso che gli illuminava gli occhi.
Si mise seduto, confuso, e si guardò intorno: quella non era né camera sua né quella di Veneziano. Dove diavolo era finito?!
Gli faceva male la testa nel modo tipico in cui gli doleva dopo una sbronza colossale. Era palese, in un certo senso, che non potesse essere arrivato in un luogo che neppure riconosceva se fosse stato sobrio.
Un rumore vicino a sé attirò la sua attenzione, facendogli abbassare lo sguardo. Solo in quel momento vide che accanto a lui stava placidamente dormendo Romano, nudo e prono sul cuscino. Dalla bocca semiaperta usciva un filino di bava e teneva le braccia sotto al cuscino.
Sembrava esausto.
«Cosa diavolo ci faccio nudo nel suo letto?!» fu il primo pensiero coerente che riuscì a formulare.
Osservando il ricciolo ribelle dell'Italia del Sud i ricordi della sera prima iniziarono a riaffiorare nella mente del tedesco in frammenti sparsi che andarono a ricomporre un grosso ed osceno puzzle.
Il biondo ricadde sdraiato passandosi una mano sul viso in modo esasperato. Si faceva pena da solo.
«Sono un idiota...» sibilò a denti stretti, mentre cercava di rimettere insieme il tutto dandogli una qualche coerenza.
Germania era completamente sbronzo e a malapena riusciva a camminare dritto. Barcollava, talvolta incespicava nei suoi stessi piedi ma continuava a camminare.
Era così stanco che automaticamente il suo corpo avanzava alla volta dell'hotel presso cui alloggiava in quel periodo di vacanza in Italia. Voleva andare a dormire; tuttavia, il tedesco si ritrovò senza nemmeno esserne veramente cosciente innanzi alla porta di casa del suo ragazzo, Italia.
La nebbia che aveva in testa non accennava a scemare e, vinto dalla necessità di vedere il giovane - ragione principale per cui era andato ad ubriacarsi in un locale del centro - suonò il campanello.
Seguirono alcuni momenti di attesa nei quali Ludwig si appoggiò con la fronte contro la porta cercando di schiarirsi un po' la vista e le idee.
Quando l'uscio si aprì davanti a lui, quest'ultimo cadde come un peso morto addosso a chi gli aveva appena aperto.
Mentre annaspava cercando invano di tornare in piedi, un grido di terrore puro gli trapassò i timpani senza alcun preavviso. Fu come ricevere una coltellata nel cervello e, nelle condizioni in cui si trovava Germania, l'effetto fu ancor più amplificato.
«Che cazzo ci fai tu qui, patata-macho bastardo?!» fu l'accogliente benvenuto che gli fu urlato contro un momento prima che il ragazzo - doveva esserlo per forza dato il timbro di voce - su cui era piombato lo lasciasse cadere a terra.
Ludwig rimase immobile al suolo, le tempie che pulsavano dolorosamente simili tamburi percossi da mazze chiodate.
«C'è bisogno di urlare così?!» inveì biascicando rivolto al suo interlocutore mentre radunava le forze per mettersi carponi sulla moquette.
«Ahio, la testa... che male...!» aggiunse, imprecando confusamente in lingua madre. Persino il suo castano ed italianissimo interlocutore era riuscito a capire che quanto aveva appena detto non era veramente tedesco - perlomeno, non fino in fondo.
«Perché diavolo sei venuto qui?!» continuò a sbraitare il padrone di casa, arretrando di un passo «V-Veneziano non c'è!».
Guardava con timore profondo l'imponente figura del biondo inginocchiato sul pavimento, i capelli lisci e chiari pettinati diligentemente all'indietro, la carnagione solitamente pallida ora leggermente colorita, gli occhi azzurri che sembravano cercare di metterlo bene a fuoco. Indossava un semplicissimo paio di bermuda militari ed una canotta bianca leggerissima e quasi trasparente. Sotto di essa si riuscivano ad intravedere i solchi della muscolatura tonica.
«Vattene via, dannazione! M-mi senti? Veneziano... non è qui!» ripeté l'italiano senza riuscire a far suonare meno stridula e acuta la voce.
«Abbassa... la voce It... Romano?!».
Germania parve finalmente riconoscere chi aveva innanzi: era il fratello maggiore del suo fidanzato, Romano, nonché Italia del Sud.
Facendo leva sulle ginocchia traballanti, Ludwig si rimise in piedi, tornando a sovrastare il povero Lovino con la sua notevole statura.
«Dov'è Italia...?» chiese desolato Germania, fissandolo perplesso. In quel momento pareva tutto fuorché pericoloso. Era troppo poco sobrio per esserlo.
«È in vacanza a casa mia. Lontano da te, bastardo!» ringhiò irritato Lovino.
Il Vargas, in effetti, era riuscito ad unire l'utile al dilettevole: aveva convinto il suo fratellino a scambiarsi le residenze per le vacanze estive. In tal modo il meridionale sarebbe riuscito sia a tenere per un po' il minore a distanza di sicurezza dall'odiato Germania, sia a prendersi un po' di tregua dallo stress del sovraffollamento delle spiagge inondate dal sole e da un'afa tale da rendere l'aria praticamente irrespirabile. Lassù al nord, dove viveva Veneziano, il caldo c'era comunque, ma in misura decisamente più umana da sopportare e di quando in quando c'era pure un po' di pioggia, addirittura qualche acquazzone o perfino temporale. Dalle sue parti non vedevano una goccia di pioggia da settimane e l'agricoltura ne soffriva - e ovviamente i contadini andavano a lamentarsi e berciare con lui, neppure fosse il Padre Eterno.
Il tedesco impiegò qualche istante per realizzare quanto appena appreso, dopodiché proruppe in un irato: «L'hai sped-hic!-ito al Sud?!».
Non era proprio una zona ristretta e per di più non aveva la più pallida idea di dove si trovasse la casa di Romano - e di certo lui non gliel'avrebbe detto.
Il biondo fece per avventarsi contro il castano in preda ad una confusa ira funesta, ma per l'instabilità delle sue gambe gli caracollò addosso, inchiodandolo col proprio corpo alla parete opposta all'ingresso.
Lovino si ritrovò spalmato sul muro, il grosso corpo del tedesco che bloccava ogni suo tentativo di fuga. Non sarebbe riuscito a toglierselo di dosso tanto facilmente, considerata la notevole differenza di stazza.
«Lasciami andare coglione! Cosa cazzo vuoi farmi, maledetto?!» esclamò il Vargas, premendo le mani contro il grosso torace dell'altro.
Germania rise improvvisamente e senza motivo.
«Sai che... somigli molto a tuo... fratello, Romano?» sussurrò, appoggiando la fronte contro la sua.
L'italiano sgranò gli occhi e sbottò un offeso: «È il mio gem...!!».
Prima che avesse modo di finire la sua replica Germania gli tappò la bocca con la propria, spingendogli all'indietro la testa perché la piegasse verso di lui.
L'alito del biondo aveva un forte odore di birra e le sue labbra si muovevano tremando a contatto con le sue, come se temesse d'essere troppo impetuoso.
Romano avvertì dapprima la sua cassa toracica schiacciarsi contro la propria, rischiando di soffocarlo per il troppo peso; poi percepì il suo bacino spingersi in avanti e strusciare contro il suo membro.
Il castano, allarmato, cercò di divincolarsi con più foga: non aveva la minima intenzione di far sesso con quel bastardo! Tuttavia, più faceva resistenza e più diveniva piacevole per lui quella situazione impensata. Germania sapeva il fatto suo per certi versi.
Contro ogni previsione l'italiano finì con lo spingere oltre le grandi spalle del tedesco le braccia tremanti e stringerle attorno al suo collo. Una parte di sé desiderava strangolare quel tanto odiato intruso, mentre l'altra era rimasta ammaliata dalla sua bravura nel dare piacere fisico.
«Non devo cedere, cazzo! Devo mandarlo via! È il nemico, lui sta cercando di portarmi via Veneziano!» continuava a ripetersi mentalmente, cercando di arginare la soddisfazione che gli provocavano le sue labbra voraci.
Non poteva lasciarsi vincere da un bacio, doveva lottare, dimostrargli che lui era migliore, costringerlo ad abbandonare ogni proposito sentimentale nei confronti di suo fratello.
Dall'altra parte, Ludwig stava dando fondo alle sue abilità e alle sue energie, convinto nuovamente che il ragazzo tra le sue braccia fosse il suo Veneziano.
La sbronza l'aveva reso succube degli impulsi e gli aveva offuscato quasi completamente la vista.
Romano avvertì il proprio membro eccitarsi man mano che il bacio si faceva più intenso, nonostante razionalmente non avesse la minima intenzione di continuare a dar filo alla patata-macho.
Quando le loro labbra finalmente si separarono, Lovino tentò di allontanare Ludwig con tutte le sue forze, ma il biondo gli afferrò entrambi i polsi e lo costrinse a voltarsi di schiena.
«Fermati!! Che... che cazzo fai?!» protestò veementemente il meridionale, cercando di liberarsi dalla morsa delle sue mani. Fu tutto inutile: anche se era ubriaco era maledettamente più forte di lui.
Germania non rispose: era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva fatto l'amore con Veneziano...! Non vedeva l'ora.
Quella sera era andato a bere per cercare di affogare il vuoto che il tempo passato lontano dal suo ragazzo - ed era parecchio! - gli aveva lasciato.
Il biondo infilò la mano destra nel retro dei pantaloncini del castano e cominciò ad abbassarli, aiutato anche dall'assenza di una cintura.
Il Vargas non riuscì a far nulla per fermarlo e si ritrovò ben presto con l'erezione del tedesco schiacciata contro la linea tra le proprie natiche.
Lanciò un gridolino acuto e pestò con quanta più forza possibile il piede che riuscì a raggiungere, cercando allo stesso tempo di trasmettergli tutto l'odio che covava dentro in quel preciso momento.
Ludwig non fece un solo passo indietro. Tutto quel che fece fu penetrare con un preciso gesto del bacino.
Il Vargas gemette nell'avvertire il membro eretto del tedesco violarlo. Non ci era proprio abituato: l'unica cosa vagamente sessuale che aveva fatto prima di allora era stato masturbarsi. Lo faceva all'oscuro di tutti, persino di suo fratello.
La penetrazione fu dolorosa e lo scarso equilibrio del suo inusuale partner non rendeva più sopportabile l'atto, dato che per stare in piedi si appoggiava interamente contro la sua schiena.
«Mi stai facendo male, dannazione! Esci, maledetto!» si lamentò il meridionale.
La prima spinta lo colse alla sprovvista e gli strappò un urlo. Le altre, invece, riuscirono a trasformare i suoi gemiti di dolore e protesta in ansiti di estasi: ben presto Lovino si dimenticò di essere assieme a Ludwig ed iniziò a godersi il momento dal profondo, come se stesse facendo l'amore con una persona che amava veramente tanto.
Il rumore umido del corpo di Germania che sbatteva contro quello del suo partner si univa agli ansiti e agli sbuffi di entrambi.
Il membro dell'italiano schiacciato contro la parete doleva a causa della pressione; tuttavia, il castano fu il primo a venire, macchiandosi le mutande e facendo comparire una grossa macchia scura di sperma sul cavallo dei pantaloni.
«Ohw, cazzo...» sospirò Romano, portando la mano a toccarsi la zona umida tra le gambe.
In quell'attimo venne anche il suo compagno, riversando il suo seme nel sedere dell'amante, che rabbrividì per il piacere.
Esausto, Germania si allontanò barcollando leggermente e Lovino si accasciò alla base del muro.
Adesso che tutto era finito ce l'aveva con se stesso per aver infine ceduto alle proprie pulsioni prettamente carnali.
«Maledetto bastardo ubriacone...!» sibilò, voltandosi all'indietro verso di lui.
Vide che era caduto di nuovo carponi.
«Ehi, mica starai per vomitare?! Guarda che la moquette è nuova!» esclamò, avanzando sulle ginocchia nella sua direzione. Ci mancava solo che rimettesse...!
Gli si fermò accanto e lo guardò in faccia: pareva stremato, sul punto di cadere addormentato.
«Sai... come si torna all'hotel centrale...?» sussurrò il biondo.
Aveva intenzione di andare in giro a quell'ora di notte ubriaco fradicio, ancora mezzo eccitato - riusciva ad intravedere una parte della sua erezione da dove si trovava - e sul punto di crollare addormentato? La sbronza doveva averlo reso folle.
Il Vargas lo odiava per tutte le volte che gli aveva sottratto suo fratello, ma neppure lui era così cattivo da mandarlo fuori in simili condizioni.
Maledicendosi tra sé e sé per più di un motivo - di cui ciò che stava per fare era solamente l'ultimo - l'italiano si alzò in piedi ed esclamò: «Tirati su, rimani qui stanotte...».
Il resto di quel che era successo appariva stranamente tenero alla mente di Germania: Romano si era curato di aiutarlo a spogliarsi, darsi una rinfrescata e andare a dormire senza rompersi l'osso del collo. Tuttavia, quella situazione si era creata da un suo increscioso errore, una sciocchezza commessa nell'impeto del momento - e alla quale poi aveva fatto seguito una sciocchezza ancor più grande, e cioè l'aver fatto sesso con il fratello maggiore del suo fidanzato. Avrebbe dovuto considerarlo come un tradimento...? Non l'aveva fatto volontariamente, quindi non credeva di doverlo considerare tale.
«Devo smetterla una buona volta di sopprimere la mancanza di Italia nella birra... guarda come è andata a finire...!» si rimproverò mentre si metteva seduto sul bordo del materasso. Doveva andarsene prima che il temporaneo padrone di casa si svegliasse: non era per niente certo d'essere nelle sue grazie. Era molto meglio togliersi dai piedi ed evitare di scatenare le sue ire.
Il tedesco, ancora stordito leggermente dai postumi della sbornia, si alzò e si guardò attorno, spaesato.
«Cavolo, mi ha messo a dormire pure senza le mutande... proprio come dormono lui e Veneziano... ora però dove avrà messo i miei vestiti...?».
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Sentimentale
Personaggi: Lovino Romano Vargas (Sud Italia), Ludwig (Germania)
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Prompt: 1. Il vuoto lasciato dal tempo @
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Note: Crack Pairing, Drunk!sex, Lemon, Linguaggio, Non-con, Yaoi
Germania si svegliò in un letto molto più ampio del suo, con le lenzuola attorcigliate attorno ai fianchi ed un fascio di sole dispettoso che gli illuminava gli occhi.
Si mise seduto, confuso, e si guardò intorno: quella non era né camera sua né quella di Veneziano. Dove diavolo era finito?!
Germania si svegliò in un letto molto più ampio del suo, con le lenzuola attorcigliate attorno ai fianchi ed un fascio di sole dispettoso che gli illuminava gli occhi.
Si mise seduto, confuso, e si guardò intorno: quella non era né camera sua né quella di Veneziano. Dove diavolo era finito?!
Gli faceva male la testa nel modo tipico in cui gli doleva dopo una sbronza colossale. Era palese, in un certo senso, che non potesse essere arrivato in un luogo che neppure riconosceva se fosse stato sobrio.
Un rumore vicino a sé attirò la sua attenzione, facendogli abbassare lo sguardo. Solo in quel momento vide che accanto a lui stava placidamente dormendo Romano, nudo e prono sul cuscino. Dalla bocca semiaperta usciva un filino di bava e teneva le braccia sotto al cuscino.
Sembrava esausto.
«Cosa diavolo ci faccio nudo nel suo letto?!» fu il primo pensiero coerente che riuscì a formulare.
Osservando il ricciolo ribelle dell'Italia del Sud i ricordi della sera prima iniziarono a riaffiorare nella mente del tedesco in frammenti sparsi che andarono a ricomporre un grosso ed osceno puzzle.
Il biondo ricadde sdraiato passandosi una mano sul viso in modo esasperato. Si faceva pena da solo.
«Sono un idiota...» sibilò a denti stretti, mentre cercava di rimettere insieme il tutto dandogli una qualche coerenza.
Germania era completamente sbronzo e a malapena riusciva a camminare dritto. Barcollava, talvolta incespicava nei suoi stessi piedi ma continuava a camminare.
Era così stanco che automaticamente il suo corpo avanzava alla volta dell'hotel presso cui alloggiava in quel periodo di vacanza in Italia. Voleva andare a dormire; tuttavia, il tedesco si ritrovò senza nemmeno esserne veramente cosciente innanzi alla porta di casa del suo ragazzo, Italia.
La nebbia che aveva in testa non accennava a scemare e, vinto dalla necessità di vedere il giovane - ragione principale per cui era andato ad ubriacarsi in un locale del centro - suonò il campanello.
Seguirono alcuni momenti di attesa nei quali Ludwig si appoggiò con la fronte contro la porta cercando di schiarirsi un po' la vista e le idee.
Quando l'uscio si aprì davanti a lui, quest'ultimo cadde come un peso morto addosso a chi gli aveva appena aperto.
Mentre annaspava cercando invano di tornare in piedi, un grido di terrore puro gli trapassò i timpani senza alcun preavviso. Fu come ricevere una coltellata nel cervello e, nelle condizioni in cui si trovava Germania, l'effetto fu ancor più amplificato.
«Che cazzo ci fai tu qui, patata-macho bastardo?!» fu l'accogliente benvenuto che gli fu urlato contro un momento prima che il ragazzo - doveva esserlo per forza dato il timbro di voce - su cui era piombato lo lasciasse cadere a terra.
Ludwig rimase immobile al suolo, le tempie che pulsavano dolorosamente simili tamburi percossi da mazze chiodate.
«C'è bisogno di urlare così?!» inveì biascicando rivolto al suo interlocutore mentre radunava le forze per mettersi carponi sulla moquette.
«Ahio, la testa... che male...!» aggiunse, imprecando confusamente in lingua madre. Persino il suo castano ed italianissimo interlocutore era riuscito a capire che quanto aveva appena detto non era veramente tedesco - perlomeno, non fino in fondo.
«Perché diavolo sei venuto qui?!» continuò a sbraitare il padrone di casa, arretrando di un passo «V-Veneziano non c'è!».
Guardava con timore profondo l'imponente figura del biondo inginocchiato sul pavimento, i capelli lisci e chiari pettinati diligentemente all'indietro, la carnagione solitamente pallida ora leggermente colorita, gli occhi azzurri che sembravano cercare di metterlo bene a fuoco. Indossava un semplicissimo paio di bermuda militari ed una canotta bianca leggerissima e quasi trasparente. Sotto di essa si riuscivano ad intravedere i solchi della muscolatura tonica.
«Vattene via, dannazione! M-mi senti? Veneziano... non è qui!» ripeté l'italiano senza riuscire a far suonare meno stridula e acuta la voce.
«Abbassa... la voce It... Romano?!».
Germania parve finalmente riconoscere chi aveva innanzi: era il fratello maggiore del suo fidanzato, Romano, nonché Italia del Sud.
Facendo leva sulle ginocchia traballanti, Ludwig si rimise in piedi, tornando a sovrastare il povero Lovino con la sua notevole statura.
«Dov'è Italia...?» chiese desolato Germania, fissandolo perplesso. In quel momento pareva tutto fuorché pericoloso. Era troppo poco sobrio per esserlo.
«È in vacanza a casa mia. Lontano da te, bastardo!» ringhiò irritato Lovino.
Il Vargas, in effetti, era riuscito ad unire l'utile al dilettevole: aveva convinto il suo fratellino a scambiarsi le residenze per le vacanze estive. In tal modo il meridionale sarebbe riuscito sia a tenere per un po' il minore a distanza di sicurezza dall'odiato Germania, sia a prendersi un po' di tregua dallo stress del sovraffollamento delle spiagge inondate dal sole e da un'afa tale da rendere l'aria praticamente irrespirabile. Lassù al nord, dove viveva Veneziano, il caldo c'era comunque, ma in misura decisamente più umana da sopportare e di quando in quando c'era pure un po' di pioggia, addirittura qualche acquazzone o perfino temporale. Dalle sue parti non vedevano una goccia di pioggia da settimane e l'agricoltura ne soffriva - e ovviamente i contadini andavano a lamentarsi e berciare con lui, neppure fosse il Padre Eterno.
Il tedesco impiegò qualche istante per realizzare quanto appena appreso, dopodiché proruppe in un irato: «L'hai sped-hic!-ito al Sud?!».
Non era proprio una zona ristretta e per di più non aveva la più pallida idea di dove si trovasse la casa di Romano - e di certo lui non gliel'avrebbe detto.
Il biondo fece per avventarsi contro il castano in preda ad una confusa ira funesta, ma per l'instabilità delle sue gambe gli caracollò addosso, inchiodandolo col proprio corpo alla parete opposta all'ingresso.
Lovino si ritrovò spalmato sul muro, il grosso corpo del tedesco che bloccava ogni suo tentativo di fuga. Non sarebbe riuscito a toglierselo di dosso tanto facilmente, considerata la notevole differenza di stazza.
«Lasciami andare coglione! Cosa cazzo vuoi farmi, maledetto?!» esclamò il Vargas, premendo le mani contro il grosso torace dell'altro.
Germania rise improvvisamente e senza motivo.
«Sai che... somigli molto a tuo... fratello, Romano?» sussurrò, appoggiando la fronte contro la sua.
L'italiano sgranò gli occhi e sbottò un offeso: «È il mio gem...!!».
Prima che avesse modo di finire la sua replica Germania gli tappò la bocca con la propria, spingendogli all'indietro la testa perché la piegasse verso di lui.
L'alito del biondo aveva un forte odore di birra e le sue labbra si muovevano tremando a contatto con le sue, come se temesse d'essere troppo impetuoso.
Romano avvertì dapprima la sua cassa toracica schiacciarsi contro la propria, rischiando di soffocarlo per il troppo peso; poi percepì il suo bacino spingersi in avanti e strusciare contro il suo membro.
Il castano, allarmato, cercò di divincolarsi con più foga: non aveva la minima intenzione di far sesso con quel bastardo! Tuttavia, più faceva resistenza e più diveniva piacevole per lui quella situazione impensata. Germania sapeva il fatto suo per certi versi.
Contro ogni previsione l'italiano finì con lo spingere oltre le grandi spalle del tedesco le braccia tremanti e stringerle attorno al suo collo. Una parte di sé desiderava strangolare quel tanto odiato intruso, mentre l'altra era rimasta ammaliata dalla sua bravura nel dare piacere fisico.
«Non devo cedere, cazzo! Devo mandarlo via! È il nemico, lui sta cercando di portarmi via Veneziano!» continuava a ripetersi mentalmente, cercando di arginare la soddisfazione che gli provocavano le sue labbra voraci.
Non poteva lasciarsi vincere da un bacio, doveva lottare, dimostrargli che lui era migliore, costringerlo ad abbandonare ogni proposito sentimentale nei confronti di suo fratello.
Dall'altra parte, Ludwig stava dando fondo alle sue abilità e alle sue energie, convinto nuovamente che il ragazzo tra le sue braccia fosse il suo Veneziano.
La sbronza l'aveva reso succube degli impulsi e gli aveva offuscato quasi completamente la vista.
Romano avvertì il proprio membro eccitarsi man mano che il bacio si faceva più intenso, nonostante razionalmente non avesse la minima intenzione di continuare a dar filo alla patata-macho.
Quando le loro labbra finalmente si separarono, Lovino tentò di allontanare Ludwig con tutte le sue forze, ma il biondo gli afferrò entrambi i polsi e lo costrinse a voltarsi di schiena.
«Fermati!! Che... che cazzo fai?!» protestò veementemente il meridionale, cercando di liberarsi dalla morsa delle sue mani. Fu tutto inutile: anche se era ubriaco era maledettamente più forte di lui.
Germania non rispose: era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva fatto l'amore con Veneziano...! Non vedeva l'ora.
Quella sera era andato a bere per cercare di affogare il vuoto che il tempo passato lontano dal suo ragazzo - ed era parecchio! - gli aveva lasciato.
Il biondo infilò la mano destra nel retro dei pantaloncini del castano e cominciò ad abbassarli, aiutato anche dall'assenza di una cintura.
Il Vargas non riuscì a far nulla per fermarlo e si ritrovò ben presto con l'erezione del tedesco schiacciata contro la linea tra le proprie natiche.
Lanciò un gridolino acuto e pestò con quanta più forza possibile il piede che riuscì a raggiungere, cercando allo stesso tempo di trasmettergli tutto l'odio che covava dentro in quel preciso momento.
Ludwig non fece un solo passo indietro. Tutto quel che fece fu penetrare con un preciso gesto del bacino.
Il Vargas gemette nell'avvertire il membro eretto del tedesco violarlo. Non ci era proprio abituato: l'unica cosa vagamente sessuale che aveva fatto prima di allora era stato masturbarsi. Lo faceva all'oscuro di tutti, persino di suo fratello.
La penetrazione fu dolorosa e lo scarso equilibrio del suo inusuale partner non rendeva più sopportabile l'atto, dato che per stare in piedi si appoggiava interamente contro la sua schiena.
«Mi stai facendo male, dannazione! Esci, maledetto!» si lamentò il meridionale.
La prima spinta lo colse alla sprovvista e gli strappò un urlo. Le altre, invece, riuscirono a trasformare i suoi gemiti di dolore e protesta in ansiti di estasi: ben presto Lovino si dimenticò di essere assieme a Ludwig ed iniziò a godersi il momento dal profondo, come se stesse facendo l'amore con una persona che amava veramente tanto.
Il rumore umido del corpo di Germania che sbatteva contro quello del suo partner si univa agli ansiti e agli sbuffi di entrambi.
Il membro dell'italiano schiacciato contro la parete doleva a causa della pressione; tuttavia, il castano fu il primo a venire, macchiandosi le mutande e facendo comparire una grossa macchia scura di sperma sul cavallo dei pantaloni.
«Ohw, cazzo...» sospirò Romano, portando la mano a toccarsi la zona umida tra le gambe.
In quell'attimo venne anche il suo compagno, riversando il suo seme nel sedere dell'amante, che rabbrividì per il piacere.
Esausto, Germania si allontanò barcollando leggermente e Lovino si accasciò alla base del muro.
Adesso che tutto era finito ce l'aveva con se stesso per aver infine ceduto alle proprie pulsioni prettamente carnali.
«Maledetto bastardo ubriacone...!» sibilò, voltandosi all'indietro verso di lui.
Vide che era caduto di nuovo carponi.
«Ehi, mica starai per vomitare?! Guarda che la moquette è nuova!» esclamò, avanzando sulle ginocchia nella sua direzione. Ci mancava solo che rimettesse...!
Gli si fermò accanto e lo guardò in faccia: pareva stremato, sul punto di cadere addormentato.
«Sai... come si torna all'hotel centrale...?» sussurrò il biondo.
Aveva intenzione di andare in giro a quell'ora di notte ubriaco fradicio, ancora mezzo eccitato - riusciva ad intravedere una parte della sua erezione da dove si trovava - e sul punto di crollare addormentato? La sbronza doveva averlo reso folle.
Il Vargas lo odiava per tutte le volte che gli aveva sottratto suo fratello, ma neppure lui era così cattivo da mandarlo fuori in simili condizioni.
Maledicendosi tra sé e sé per più di un motivo - di cui ciò che stava per fare era solamente l'ultimo - l'italiano si alzò in piedi ed esclamò: «Tirati su, rimani qui stanotte...».
Il resto di quel che era successo appariva stranamente tenero alla mente di Germania: Romano si era curato di aiutarlo a spogliarsi, darsi una rinfrescata e andare a dormire senza rompersi l'osso del collo. Tuttavia, quella situazione si era creata da un suo increscioso errore, una sciocchezza commessa nell'impeto del momento - e alla quale poi aveva fatto seguito una sciocchezza ancor più grande, e cioè l'aver fatto sesso con il fratello maggiore del suo fidanzato. Avrebbe dovuto considerarlo come un tradimento...? Non l'aveva fatto volontariamente, quindi non credeva di doverlo considerare tale.
«Devo smetterla una buona volta di sopprimere la mancanza di Italia nella birra... guarda come è andata a finire...!» si rimproverò mentre si metteva seduto sul bordo del materasso. Doveva andarsene prima che il temporaneo padrone di casa si svegliasse: non era per niente certo d'essere nelle sue grazie. Era molto meglio togliersi dai piedi ed evitare di scatenare le sue ire.
Il tedesco, ancora stordito leggermente dai postumi della sbornia, si alzò e si guardò attorno, spaesato.
«Cavolo, mi ha messo a dormire pure senza le mutande... proprio come dormono lui e Veneziano... ora però dove avrà messo i miei vestiti...?».