fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2012-09-19 06:54 pm
![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Cucina tipica italiana
Titolo: Cucina tipica italiana
Rating: Verde
Genere: Fluff, Generale, Romantico
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 1904 (
fiumidiparole)
Prompt: Historical!AU per la sfida contro Dzec della zodiaco!challenge @
fiumidiparole + 113. Incantevole resa @
500themes_ita
Timeline: Ambientata all'epoca dell'Impero Romano.
Note: Roman Empire!AU, Shonen-ai
Anche se sembrava un giovanotto con la testa sempre tra le nuvole, il nipote più giovane dell'imperatore era difficile da persuadere a cambiare idea quando s'intestardiva nel vero senso della parola. Tutte le guardie del palazzo lo sapevano bene, ma a quanto pareva la voce non aveva raggiunto anche i loro colleghi a guardia delle celle dei gladiatori.
«È pericoloso, è meglio che non entri!» disse una delle due sentinelle appostate all'entrata delle celle, cercando di essere il più convincente possibile.
«Mio nonno mi ha detto che potevo venire a vedere Germania quando volevo!».
Anche se sembrava un giovanotto con la testa sempre tra le nuvole, il nipote più giovane dell'imperatore era difficile da persuadere a cambiare idea quando s'intestardiva nel vero senso della parola. Tutte le guardie del palazzo lo sapevano bene, ma a quanto pareva la voce non aveva raggiunto anche i loro colleghi a guardia delle celle dei gladiatori.
«È pericoloso, è meglio che non entri!» disse una delle due sentinelle appostate all'entrata delle celle, cercando di essere il più convincente possibile.
«Mio nonno mi ha detto che potevo venire a vedere Germania quando volevo!» piagnucolò Italia, assumendo un cipiglio triste.
Le due guardie, temendo che il giovane andasse a riferire l'inconveniente a suo nonno e che quest'ultimo potesse vendicarsi di loro gettandoli in pasto ai leoni nell'arena, si affrettarono a cercare una scusa convincente per farlo allontanare.
«Ehm... ora non può entrare. I gladiatori stanno mangiando» esclamò frettolosamente la seconda guardia. Non era poi del tutto falso: in quel momento gli schiavi stavano portando veramente il pasto ai gladiatori. Era un momento veramente delicato, perché c'era la possibilità che qualcuno ne approfittasse per cercare di scappare.
Feliciano sorrise candidamente ad entrambi gli ufficiali sollevando il grosso recipiente dall'apparenza tutt'altro che leggera che teneva tra le mani.
I due lo fissarono senza capire, ma poi Veneziano si decise a parlare: «Sono venuto a trovarlo proprio per il pranzo. Potete accompagnarmi da lui?».
Di fronte ad un'affermazione del genere nessuno dei due guardiani seppe come controbattere e temporeggiare ulteriormente: «Da questa parte, seguiteci» disse la prima guardia, precedendo il collega ed il giovane signore all'interno.
Il luogo dove i gladiatori vivevano era un corridoio basso e stretto sul quale si affacciavano moltissime celle umide, sporche e puzzolenti.
Feliciano storse il naso nell'entrare, ma non accennò minimamente a voler tornare indietro: era deciso ad andare ad incontrare Germania a tutti i costi.
Dopo aver fatto l'amore con lui una volta, gli aveva promesso che sarebbe tornato e così voleva fare. Quell'uomo biondo e muscoloso gli piaceva veramente tanto e non gli sembrava affatto una persona cattiva e violenta come invece appariva quando combatteva nel Colosseo.
Molti guerrieri si affacciarono alle rispettive celle per vedere chi stesse arrivando e tutti si sorpresero nel veder passare nientemeno che uno dei nipoti dell'imperatore: non era esattamente una persona che si vedeva tutti i giorni, soprattutto in un posto così malridotto e fatiscente.
La cella dove si trovava Germania era l'ultima, al capo estremo del corridoio. Italia vide il biondo oltre le sbarre seduto sul pavimento mentre mangiava rozzamente un pezzo di carne mezza cruda con le mani, strappandone faticosamente grossi morsi e masticandoli vigorosamente.
I capelli erano pettinati all'indietro in modo poco curato stavolta. Feliciano ricordava di averli visti molto più in ordine l'ultima volta che era stato assieme a lui.
Il gladiatore indossava la parte di pelle sottostante l'armatura e la gonnellina dello stesso materiale che gli copriva l'inguine e metà cosce. Sedeva a gambe incrociate e non sembrava importargli molto dell'eventualità che qualcuno potesse sbirciargli sotto la veste.
Vedendosi comparire le guardie innanzi, l'uomo alzò lo sguardo dal suo pasto e fissò i suoi gelidi occhi azzurri sui suoi carcerieri.
«Prendete qualcun altro per l'arena. Non ho ancora finito di mangiare» comunicò, strappando un altro boccone dalla sua bistecca.
«Non siamo qui per portarti in arena ma p...» esordì una guardia, ma fu interrotto da Italia, che sbucò fuori da dietro le due sentinelle - così grosse e robuste da coprirlo completamente alla vista - e proruppe in un allegro: «Germaniaaa!».
Il tedesco sgranò gli occhi tanto da assumere un'espressione buffissima a metà tra il sorpreso e l'atterrito mentre a sua completa insaputa le sue guance si facevano porpora con una rapidità impressionante.
Per lo stupore inghiottì un pezzo di carne senza averlo masticato a dovere, col risultato che gli rimase bloccato in gola.
Lasciò cadere il piatto di metallo arrugginito che reggeva con una mano ed iniziò a tossire forte portandosi entrambe le mani alla gola.
Uno dei due ufficiali estrasse in fretta e furia la chiave ed aprì la cella, quindi si precipitarono ambedue all'interno per soccorrere il combattente.
L'italiano rimase a guardare impotente mentre, cintogli lo sterno, lo stringevano nella speranza di impedirgli di morire.
Dopo qualche tentativo andato a vuoto, il biondo rigettò il boccone quasi fatale tossendo e sputando.
«Accidenti, c'è mancato poco...» esclamò la sentinella salvatrice lasciando andare il poveretto, che si piegò carponi tossendo e respirando rumorosamente.
«Potete lasciarci soli?» chiese improvvisamente il Vargas, avanzando nella cella con passo un po' incerto.
Gli ufficiali si scambiarono un'occhiata dubbiosa, poi uno dei due rispose: «Come desiderate, ma se ci sono problemi non esitate a chiamarci».
Ciò detto, si ritirarono e finalmente Ludwig e Veneziano rimasero soli.
«Germania... stai bene?» chiese l'italiano, piegandosi vicino a lui.
L'interpellato volse il capo verso l'ospite e subito avvertì un calore improvviso aggredirgli il viso nel constatare che aveva il deretano rivolto al castano. Se avesse avuto indosso un abito più lungo non avrebbe avuto problemi, ma dato che era corto, dopo quanto accaduto durante il loro ultimo incontro non era molto propenso a mostrargli quel lato; pertanto si affrettò a girarsi.
«Abbastanza...» rispose, poi aggiunse un incuriosito: «Erhm... perché sei tornato...?».
Sperava vivamente che non gli rispondesse una cosa del tipo "mi è piaciuto fare l'amore con te e volevo riprovare", perché in quel momento non era affatto dell'umore per soddisfare una richiesta del genere.
Per tutta risposta Italia gli mostrò il contenitore che aveva portato.
«C-cosa c'è lì dentro...?» domandò Ludwig, alzandosi ed indicando a Feliciano di sedersi sul proprio giaciglio di paglia, nell'angolo opposto della sua cella. Non voleva che sporcasse la sua tunica bianca per sedersi accanto a lui sul pavimento.
Il castano obbedì e lo precedette.
«Ti ho portato da mangiare» esclamò il signorino, sedendosi.
Il biondo si stupì un'altra volta.
«Non importa, davvero. Ho appena rischiato di sof...».
S'interruppe all'improvviso: Feliciano aveva scoperchiato il contenitore ed un profumo di pasta al sugo si era subitaneamente sparso nell'aria, catturando la sua attenzione.
Non aveva mai mangiato qualcosa di differente da carne poco cotta e verdure di dubbia freschezza. Qualche volta si era sentito male dopo i pasti a causa della scarsità di attenzioni che prestavano gli schiavi a cosa gli portavano spacciandolo per cibo.
Ludwig non aveva mai avuto l'occasione di mangiare qualcosa che avesse un profumo così buono e allettante.
«Non... dovevi» disse il biondo, cercando di mascherare il suo desiderio di soddisfare la propria gola. Non doveva e non voleva mostrarsi debole.
«E invece sì» lo contraddisse il Vargas gonfiando le guance indignato «Perché mangi sempre cose del genere...!» esclamò, accennando alla carne abbandonata poco lontano.
«Non... sono abituato a mangiare... ehm... pasta?» controbatté Germania, imbarazzato da come era venuta fuori la sua affermazione: non sapeva neppure con certezza se quella fosse pasta - o si chiamasse così.
«È buonissima, fidati!» fece l'italiano, annuendo con veemenza col capo, evidentemente convinto della veridicità della sua asserzione.
«No, davvero... non m...»
«Te l'ho preparata io...».
Ludwig non seppe cosa dire: voleva declinare quell'offerta inappropriata dato il loro differente status sociale, ma poteva farlo dopo che gli aveva detto di avergli preparato lui il pranzo...? Sarebbe stato offensivo e scortese nei confronti della sua buona volontà.
Fece per rifiutare un'altra volta, ma vedere il viso speranzoso di Italia gli impedì di farlo.
Si era innamorato di lui e se ne era accorto dopo quel che era accaduto tra di loro.
Vedere quel volto incantevolmente innocente e quell'espressione dolce e supplichevole lo spinse a cedere ed accettare il suo regalo.
Germania si sedette accanto a lui con movimenti un po' impacciati: la sua corporatura era più robusta di quella di Italia, pertanto gli risultava un po' difficile sedersi di fianco a lui senza urtarlo.
Arrossendo fin quasi a diventare viola, il tedesco esclamò un forzatamente sicuro: «Grazie».
Scoprì con sua enorme sorpresa che l'italiano si era premunito: assieme alla pietanza aveva portato anche l'unica posata indispensabile a mangiarla, la forchetta. Peccato che fosse tutta sporca del sugo con cui era condita la pietanza.
«Oh, si è sporcata...» commentò Feliciano triste. Fece per pulirla con il lembo della sua tunica, ma Ludwig gliela tolse di mano.
«Faccio io» disse, pulendo l'oggetto con un'estremità della sua gonnellina.
Una volta pulita la forchetta, Veneziano gli posò in grembo il contenitore - di ceramica ancora calda pitturata di bianco all'interno - e lo osservò in rigoroso silenzio.
Germania, un po' spiazzato ed intimidito da tante attenzioni, iniziò a mangiare... o perlomeno ci provò: non riusciva a raccogliere più di un paio di filamenti di pasta alla volta, che poi puntualmente ricadevano mentre cercava di portarseli alla bocca.
Il suo stomaco ringhiò cupo all'improvviso, ricordandogli che il suo pranzo si era interrotto prima che potesse soddisfare le esigenze del suo organismo, ormai ridotte allo stretto indispensabile alla sopravvivenza.
Italia rise della sua incapacità di mangiare la pasta, facendogli perdere ogni volontà di riprovarci.
«Gli spaghetti si mangiano così, guarda» disse il castano, sottraendo abilmente al gladiatore la forchetta. Infilò la medesima tra la pasta e la girò su se stessa un paio di volte. Quando la sollevò aveva arrotolato una discreta quantità di spaghetti attorno ad essa che non cadevano. Il biondo era sorpreso.
«Apri la bocca, Germania...!» lo esortò il Vargas, avvicinandogli la forchetta alla bocca.
L'altro fece per togliergliela e mangiare per conto proprio, ma poi desisté e, imbarazzato, obbedì e si lasciò imboccare.
«È buona» constatò Germania. In realtà stava sminuendo di parecchio il proprio giudizio in merito a quel piatto: per i suoi parametri - che non erano niente di straordinario da accontentare - era veramente deliziosa.
Veneziano insistette perché continuasse a lasciarsi imboccare e Ludwig si arrese facilmente stavolta, anche perché quel cibo delizioso gli aveva risvegliato un appetito che col tempo era andato assopendosi.
In poche decine di minuti il contenitore venne svuotato completamente e con notevole piacere da parte sia di Italia - affascinato dall'espressione soddisfatta che compariva in volto al suo gladiatore preferito ad ogni boccone - sia di Germania - che non aveva mai mangiato niente del genere in tutta la sua vita, anche prima di essere catturato dai romani e rinchiuso lì. La forchetta venne riposta dov'era stata anche precedentemente e l'italiano chiese: «Allora...?».
Germania si appoggiò contro la parete dietro di lui, le palpebre improvvisamente pesanti. Gli era venuto un gran sonno.
«Era da tanto che... non mangiavo così» ammise a mezza voce. Si sentiva pieno come non mai e soprattutto fiacco.
Italia gli allontanò il contenitore vuoto e gli appoggiò la testa contro una spalla, posandogli un bacetto innocente sul collo.
«Sono contento che ti sia piaciuta» disse.
«Grazie...» esclamò Ludwig, accarezzandogli timidamente i capelli. Vi posò sopra un bacetto e a quel punto la bocca di Feliciano catturò la sua.
Si baciarono appassionatamente, godendo della reciproca compagnia.
«È meglio se vai, prima che le guardie tornino a vedere se va tutto bene...» disse il tedesco, a malincuore: non voleva che se ne andasse, ma se le guardie fossero tornate a controllare e li avessero trovati seduti vicini ed in un atteggiamento così intimo sarebbe stato molto peggio.
«Va bene...» acconsentì sbuffando l'italiano, sollevandosi dalla spalla del suo compagno «Ma tornerò di nuovo a trovarti. Presto».
Così dicendo si alzò in piedi e si avvicinò alle sbarre portandosi via il suo contenitore di ceramica.
Il biondo rimase seduto com'era ad osservarlo finché le sentinelle non arrivarono a scortarlo fuori da quel postaccio.
A quel punto, finalmente Germania chiuse le palpebre e si abbandonò al sonno che quel pasto, pesante rispetto al suo solito, gli aveva lasciato; tuttavia, nonostante si sentisse pieno, si sentiva anche imbarazzato per la figura che aveva fatto davanti al Vargas. Aveva mostrato il suo "lato debole", quello che aveva faticato tanto a nascondere da quand'era lì.
Eppure, Germania non riusciva a pentirsi veramente di essersi arreso alle insistenze di Italia.
Rating: Verde
Genere: Fluff, Generale, Romantico
Personaggi: Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 1904 (
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: Historical!AU per la sfida contro Dzec della zodiaco!challenge @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Timeline: Ambientata all'epoca dell'Impero Romano.
Note: Roman Empire!AU, Shonen-ai
Anche se sembrava un giovanotto con la testa sempre tra le nuvole, il nipote più giovane dell'imperatore era difficile da persuadere a cambiare idea quando s'intestardiva nel vero senso della parola. Tutte le guardie del palazzo lo sapevano bene, ma a quanto pareva la voce non aveva raggiunto anche i loro colleghi a guardia delle celle dei gladiatori.
«È pericoloso, è meglio che non entri!» disse una delle due sentinelle appostate all'entrata delle celle, cercando di essere il più convincente possibile.
«Mio nonno mi ha detto che potevo venire a vedere Germania quando volevo!».
Anche se sembrava un giovanotto con la testa sempre tra le nuvole, il nipote più giovane dell'imperatore era difficile da persuadere a cambiare idea quando s'intestardiva nel vero senso della parola. Tutte le guardie del palazzo lo sapevano bene, ma a quanto pareva la voce non aveva raggiunto anche i loro colleghi a guardia delle celle dei gladiatori.
«È pericoloso, è meglio che non entri!» disse una delle due sentinelle appostate all'entrata delle celle, cercando di essere il più convincente possibile.
«Mio nonno mi ha detto che potevo venire a vedere Germania quando volevo!» piagnucolò Italia, assumendo un cipiglio triste.
Le due guardie, temendo che il giovane andasse a riferire l'inconveniente a suo nonno e che quest'ultimo potesse vendicarsi di loro gettandoli in pasto ai leoni nell'arena, si affrettarono a cercare una scusa convincente per farlo allontanare.
«Ehm... ora non può entrare. I gladiatori stanno mangiando» esclamò frettolosamente la seconda guardia. Non era poi del tutto falso: in quel momento gli schiavi stavano portando veramente il pasto ai gladiatori. Era un momento veramente delicato, perché c'era la possibilità che qualcuno ne approfittasse per cercare di scappare.
Feliciano sorrise candidamente ad entrambi gli ufficiali sollevando il grosso recipiente dall'apparenza tutt'altro che leggera che teneva tra le mani.
I due lo fissarono senza capire, ma poi Veneziano si decise a parlare: «Sono venuto a trovarlo proprio per il pranzo. Potete accompagnarmi da lui?».
Di fronte ad un'affermazione del genere nessuno dei due guardiani seppe come controbattere e temporeggiare ulteriormente: «Da questa parte, seguiteci» disse la prima guardia, precedendo il collega ed il giovane signore all'interno.
Il luogo dove i gladiatori vivevano era un corridoio basso e stretto sul quale si affacciavano moltissime celle umide, sporche e puzzolenti.
Feliciano storse il naso nell'entrare, ma non accennò minimamente a voler tornare indietro: era deciso ad andare ad incontrare Germania a tutti i costi.
Dopo aver fatto l'amore con lui una volta, gli aveva promesso che sarebbe tornato e così voleva fare. Quell'uomo biondo e muscoloso gli piaceva veramente tanto e non gli sembrava affatto una persona cattiva e violenta come invece appariva quando combatteva nel Colosseo.
Molti guerrieri si affacciarono alle rispettive celle per vedere chi stesse arrivando e tutti si sorpresero nel veder passare nientemeno che uno dei nipoti dell'imperatore: non era esattamente una persona che si vedeva tutti i giorni, soprattutto in un posto così malridotto e fatiscente.
La cella dove si trovava Germania era l'ultima, al capo estremo del corridoio. Italia vide il biondo oltre le sbarre seduto sul pavimento mentre mangiava rozzamente un pezzo di carne mezza cruda con le mani, strappandone faticosamente grossi morsi e masticandoli vigorosamente.
I capelli erano pettinati all'indietro in modo poco curato stavolta. Feliciano ricordava di averli visti molto più in ordine l'ultima volta che era stato assieme a lui.
Il gladiatore indossava la parte di pelle sottostante l'armatura e la gonnellina dello stesso materiale che gli copriva l'inguine e metà cosce. Sedeva a gambe incrociate e non sembrava importargli molto dell'eventualità che qualcuno potesse sbirciargli sotto la veste.
Vedendosi comparire le guardie innanzi, l'uomo alzò lo sguardo dal suo pasto e fissò i suoi gelidi occhi azzurri sui suoi carcerieri.
«Prendete qualcun altro per l'arena. Non ho ancora finito di mangiare» comunicò, strappando un altro boccone dalla sua bistecca.
«Non siamo qui per portarti in arena ma p...» esordì una guardia, ma fu interrotto da Italia, che sbucò fuori da dietro le due sentinelle - così grosse e robuste da coprirlo completamente alla vista - e proruppe in un allegro: «Germaniaaa!».
Il tedesco sgranò gli occhi tanto da assumere un'espressione buffissima a metà tra il sorpreso e l'atterrito mentre a sua completa insaputa le sue guance si facevano porpora con una rapidità impressionante.
Per lo stupore inghiottì un pezzo di carne senza averlo masticato a dovere, col risultato che gli rimase bloccato in gola.
Lasciò cadere il piatto di metallo arrugginito che reggeva con una mano ed iniziò a tossire forte portandosi entrambe le mani alla gola.
Uno dei due ufficiali estrasse in fretta e furia la chiave ed aprì la cella, quindi si precipitarono ambedue all'interno per soccorrere il combattente.
L'italiano rimase a guardare impotente mentre, cintogli lo sterno, lo stringevano nella speranza di impedirgli di morire.
Dopo qualche tentativo andato a vuoto, il biondo rigettò il boccone quasi fatale tossendo e sputando.
«Accidenti, c'è mancato poco...» esclamò la sentinella salvatrice lasciando andare il poveretto, che si piegò carponi tossendo e respirando rumorosamente.
«Potete lasciarci soli?» chiese improvvisamente il Vargas, avanzando nella cella con passo un po' incerto.
Gli ufficiali si scambiarono un'occhiata dubbiosa, poi uno dei due rispose: «Come desiderate, ma se ci sono problemi non esitate a chiamarci».
Ciò detto, si ritirarono e finalmente Ludwig e Veneziano rimasero soli.
«Germania... stai bene?» chiese l'italiano, piegandosi vicino a lui.
L'interpellato volse il capo verso l'ospite e subito avvertì un calore improvviso aggredirgli il viso nel constatare che aveva il deretano rivolto al castano. Se avesse avuto indosso un abito più lungo non avrebbe avuto problemi, ma dato che era corto, dopo quanto accaduto durante il loro ultimo incontro non era molto propenso a mostrargli quel lato; pertanto si affrettò a girarsi.
«Abbastanza...» rispose, poi aggiunse un incuriosito: «Erhm... perché sei tornato...?».
Sperava vivamente che non gli rispondesse una cosa del tipo "mi è piaciuto fare l'amore con te e volevo riprovare", perché in quel momento non era affatto dell'umore per soddisfare una richiesta del genere.
Per tutta risposta Italia gli mostrò il contenitore che aveva portato.
«C-cosa c'è lì dentro...?» domandò Ludwig, alzandosi ed indicando a Feliciano di sedersi sul proprio giaciglio di paglia, nell'angolo opposto della sua cella. Non voleva che sporcasse la sua tunica bianca per sedersi accanto a lui sul pavimento.
Il castano obbedì e lo precedette.
«Ti ho portato da mangiare» esclamò il signorino, sedendosi.
Il biondo si stupì un'altra volta.
«Non importa, davvero. Ho appena rischiato di sof...».
S'interruppe all'improvviso: Feliciano aveva scoperchiato il contenitore ed un profumo di pasta al sugo si era subitaneamente sparso nell'aria, catturando la sua attenzione.
Non aveva mai mangiato qualcosa di differente da carne poco cotta e verdure di dubbia freschezza. Qualche volta si era sentito male dopo i pasti a causa della scarsità di attenzioni che prestavano gli schiavi a cosa gli portavano spacciandolo per cibo.
Ludwig non aveva mai avuto l'occasione di mangiare qualcosa che avesse un profumo così buono e allettante.
«Non... dovevi» disse il biondo, cercando di mascherare il suo desiderio di soddisfare la propria gola. Non doveva e non voleva mostrarsi debole.
«E invece sì» lo contraddisse il Vargas gonfiando le guance indignato «Perché mangi sempre cose del genere...!» esclamò, accennando alla carne abbandonata poco lontano.
«Non... sono abituato a mangiare... ehm... pasta?» controbatté Germania, imbarazzato da come era venuta fuori la sua affermazione: non sapeva neppure con certezza se quella fosse pasta - o si chiamasse così.
«È buonissima, fidati!» fece l'italiano, annuendo con veemenza col capo, evidentemente convinto della veridicità della sua asserzione.
«No, davvero... non m...»
«Te l'ho preparata io...».
Ludwig non seppe cosa dire: voleva declinare quell'offerta inappropriata dato il loro differente status sociale, ma poteva farlo dopo che gli aveva detto di avergli preparato lui il pranzo...? Sarebbe stato offensivo e scortese nei confronti della sua buona volontà.
Fece per rifiutare un'altra volta, ma vedere il viso speranzoso di Italia gli impedì di farlo.
Si era innamorato di lui e se ne era accorto dopo quel che era accaduto tra di loro.
Vedere quel volto incantevolmente innocente e quell'espressione dolce e supplichevole lo spinse a cedere ed accettare il suo regalo.
Germania si sedette accanto a lui con movimenti un po' impacciati: la sua corporatura era più robusta di quella di Italia, pertanto gli risultava un po' difficile sedersi di fianco a lui senza urtarlo.
Arrossendo fin quasi a diventare viola, il tedesco esclamò un forzatamente sicuro: «Grazie».
Scoprì con sua enorme sorpresa che l'italiano si era premunito: assieme alla pietanza aveva portato anche l'unica posata indispensabile a mangiarla, la forchetta. Peccato che fosse tutta sporca del sugo con cui era condita la pietanza.
«Oh, si è sporcata...» commentò Feliciano triste. Fece per pulirla con il lembo della sua tunica, ma Ludwig gliela tolse di mano.
«Faccio io» disse, pulendo l'oggetto con un'estremità della sua gonnellina.
Una volta pulita la forchetta, Veneziano gli posò in grembo il contenitore - di ceramica ancora calda pitturata di bianco all'interno - e lo osservò in rigoroso silenzio.
Germania, un po' spiazzato ed intimidito da tante attenzioni, iniziò a mangiare... o perlomeno ci provò: non riusciva a raccogliere più di un paio di filamenti di pasta alla volta, che poi puntualmente ricadevano mentre cercava di portarseli alla bocca.
Il suo stomaco ringhiò cupo all'improvviso, ricordandogli che il suo pranzo si era interrotto prima che potesse soddisfare le esigenze del suo organismo, ormai ridotte allo stretto indispensabile alla sopravvivenza.
Italia rise della sua incapacità di mangiare la pasta, facendogli perdere ogni volontà di riprovarci.
«Gli spaghetti si mangiano così, guarda» disse il castano, sottraendo abilmente al gladiatore la forchetta. Infilò la medesima tra la pasta e la girò su se stessa un paio di volte. Quando la sollevò aveva arrotolato una discreta quantità di spaghetti attorno ad essa che non cadevano. Il biondo era sorpreso.
«Apri la bocca, Germania...!» lo esortò il Vargas, avvicinandogli la forchetta alla bocca.
L'altro fece per togliergliela e mangiare per conto proprio, ma poi desisté e, imbarazzato, obbedì e si lasciò imboccare.
«È buona» constatò Germania. In realtà stava sminuendo di parecchio il proprio giudizio in merito a quel piatto: per i suoi parametri - che non erano niente di straordinario da accontentare - era veramente deliziosa.
Veneziano insistette perché continuasse a lasciarsi imboccare e Ludwig si arrese facilmente stavolta, anche perché quel cibo delizioso gli aveva risvegliato un appetito che col tempo era andato assopendosi.
In poche decine di minuti il contenitore venne svuotato completamente e con notevole piacere da parte sia di Italia - affascinato dall'espressione soddisfatta che compariva in volto al suo gladiatore preferito ad ogni boccone - sia di Germania - che non aveva mai mangiato niente del genere in tutta la sua vita, anche prima di essere catturato dai romani e rinchiuso lì. La forchetta venne riposta dov'era stata anche precedentemente e l'italiano chiese: «Allora...?».
Germania si appoggiò contro la parete dietro di lui, le palpebre improvvisamente pesanti. Gli era venuto un gran sonno.
«Era da tanto che... non mangiavo così» ammise a mezza voce. Si sentiva pieno come non mai e soprattutto fiacco.
Italia gli allontanò il contenitore vuoto e gli appoggiò la testa contro una spalla, posandogli un bacetto innocente sul collo.
«Sono contento che ti sia piaciuta» disse.
«Grazie...» esclamò Ludwig, accarezzandogli timidamente i capelli. Vi posò sopra un bacetto e a quel punto la bocca di Feliciano catturò la sua.
Si baciarono appassionatamente, godendo della reciproca compagnia.
«È meglio se vai, prima che le guardie tornino a vedere se va tutto bene...» disse il tedesco, a malincuore: non voleva che se ne andasse, ma se le guardie fossero tornate a controllare e li avessero trovati seduti vicini ed in un atteggiamento così intimo sarebbe stato molto peggio.
«Va bene...» acconsentì sbuffando l'italiano, sollevandosi dalla spalla del suo compagno «Ma tornerò di nuovo a trovarti. Presto».
Così dicendo si alzò in piedi e si avvicinò alle sbarre portandosi via il suo contenitore di ceramica.
Il biondo rimase seduto com'era ad osservarlo finché le sentinelle non arrivarono a scortarlo fuori da quel postaccio.
A quel punto, finalmente Germania chiuse le palpebre e si abbandonò al sonno che quel pasto, pesante rispetto al suo solito, gli aveva lasciato; tuttavia, nonostante si sentisse pieno, si sentiva anche imbarazzato per la figura che aveva fatto davanti al Vargas. Aveva mostrato il suo "lato debole", quello che aveva faticato tanto a nascondere da quand'era lì.
Eppure, Germania non riusciva a pentirsi veramente di essersi arreso alle insistenze di Italia.