![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Di momenti in cui una colazione serena è solo un sogno lontano
Rating: Verde
Genere: Generale, Slice of life
Personaggi: Alice Liddell, Gatto del Cheshire
Wordcount: 1051 (
fiumidiparole)
Prompt: 42. Mentimi @
500themes_ita
Note: Alice!POV, Gen
Mi avvicinai alle labbra la tazzina di porcellana che avevo tra le mani, sorseggiando il mio thé caldo con estremo piacere. L'aroma era delizioso. Un buon thé era certamente il miglior modo per cominciare la giornata.
Quella mattina la Valle delle Lacrime era particolarmente pacifica e luminosa. I raggi di sole penetravano le folte fronde degli alberi verdi e rigogliosi, un vero e proprio tetto naturale di un bel verde intenso.
Io sedevo sopra un morbido e sottile telo bianco steso sul prato, i piedi appoggiati fuori da esso onde evitare di macchiarlo di terra o quant'altro potessi avere sotto le suole degli stivali. Indossavo il mio abituale vestito azzurro profondo con le maniche corte e rigonfie ed il mio grembiulino bianco insozzato di sangue rappreso, memoria dei miei innumerevoli combattimenti nel Paese delle Meraviglie.
I miei capelli neri e lisci erano smossi dalla lieve brezza mattutina ed oscillavano sulle mie spalle.
Mi avvicinai alle labbra la tazzina di porcellana che avevo tra le mani, sorseggiando il mio thé caldo con estremo piacere. L'aroma era delizioso. Un buon thé era certamente il miglior modo per cominciare la giornata.
Attorno a me giaceva il resto della mia colazione: bacon e uova, marmellata di mirtilli, fette di pane ed una paffuta teiera di porcellana bianca con il beccuccio ancora fumante.
Amavo fare colazione all'aperto: provavo una serenità interiore assoluta e profonda nel vedere la natura rigogliosa attorno a me.
Da quando il Treno Infernale era stato distrutto ed il dottor Bamby ucciso - tutto merito mio, ovviamente - il Paese delle Meraviglie era tornato al suo originario splendore.
Vicino a me, sul prato, avevo deposto la mia arma preferita, quella che mi aveva difesa durante tutte le peripezie che avevo affrontato nel mio lungo viaggio attraverso le varie lande del Paese, la Lama Vorpale.
Anche se ormai eravamo in tempo di pace, non ero mai stata una ragazza molto fiduciosa e non mi piaceva trovarmi sprovvista di un'arma in un luogo dove la mia vita era stata messa a rischio innumerevoli volte - e le situazioni pericolose lì la maggior parte delle volte coincidevano con quelle comunemente definite letali; pertanto preferivo girare armata pure in mezzo agli abitanti pacifici piuttosto che morire per una sciocca imprudenza. Era di gran lunga meglio incutere terrore e panico negli altri che essere una preda facile di chiunque.
Posai la mia tazzina ancora mezza piena e, preso un innocuo coltello per niente affilato e per di più con la punta arrotondata, mi spalmai una abbondante dose di marmellata sopra una spessa fetta di pane e l'addentai senza esitazione: avevo fame e non c'era niente di male nel soddisfarla semplicemente, senza badare a quelle che erano comunemente definite "buone maniere" e che imponevano l'uso di forchetta e coltello praticamente per tutto. Del resto, lì non c'era nessuna borghese che potesse parlar male delle mie maniere. Era uno dei vantaggi del far colazione nel Paese delle Meraviglie e non a Londra, magari in un pub o in un modesto caffè.
Sarò stata anche una pazza adatta al manicomio - be', in realtà non lo ero più, altrimenti non mi avrebbero rilasciata da Rutledge - però ero umana anch'io. Era giusto che avessi fame.
Mentre osservavo una coppia di farfalle rosa librarsi in volo da un cespuglio poco distante da me, percepii un lievissimo rumore alle mie spalle, simile al grattare di qualcosa di affilato sulla stoffa.
Immediatamente la mia mano libera corse al manico della Lama Vorpale e in un baleno, con un balzo ed una giravolta che non sarei mai riuscita a ripetere volontariamente neanche se avessi studiato per farlo, fui rivolta in direzione del nuovo venuto, l'arma affilata saldamente stretta in mano ed indirizzata verso di lui.
I miei capelli, nel movimento, crearono un ventaglio nero attorno al mio viso e poi si adagiarono come un lenzuolo sulle spalle, tornando a coprirmi il collo.
Dovetti riconoscere che fu una cosa parecchio intrigante.
Nell'attimo in cui vidi chi era sopraggiunto, tuttavia, abbassai il coltello e rilassai i muscoli, abbandonando la posizione offensiva.
«Oh... sei tu...» esclamai con una nota sensibile di delusione nella voce, guardando il mio interlocutore dall'alto in basso. Addentai la mia fetta di pane con aria leggermente irritata.
«Chi crrrredevi fossi?» fu la miagolante risposta che mi pervenne dal gatto del Cheshire seduto innanzi a me. Occhieggiando il mio coltello con straniata curiosità, soggiunse: «Non hai più nemici qui, Alice...».
«Non si sa mai...» replicai senza perdermi in fastidiose spiegazioni sui miei perché del girare per il Paese delle Meraviglie armata «Comunque, che cosa vuoi?».
Solitamente la sua lugubre apparizione non era mai dovuta al semplice piacere di salutarsi. Trovavo semplicemente incredibile il come non avesse mai messo sulle sue ossicina neppure un grammo di carne praticamente da quando avevo messo piede per la prima volta nel Paese delle Meraviglie. A maggior ragione sarebbe dovuto ingrassare almeno un po' da quando era tornata la pace ed invece era scheletrico ed emaciato proprio come la prima volta che ci eravamo incontrati tanti anni fa.
Il micio ghignò malvagiamente, come se stesse godendo del male che stava per infliggermi. Se non avessi saputo a priori che faceva parte della esigua "fazione neutrale" locale, l'avrei accoltellato reiteratamente fino a ridurlo un colabrodo.
Non ero molto compassionevole nei confronti di chi si prendeva gioco di me o sembrava farlo.
«La Rrrrregina vuole parlarrrrti...» mi comunicò lo Stregatto, scrutandomi dritta negli occhi. Non sapevo se stava sondando la mia espressione in cerca di quale fosse la mia reazione alle sue parole oppure stesse provando ad esaminarmi l'anima, fatto stava che il suo sguardo era troppo intenso per essere un semplice sguardo.
«Dimmi che è una bugia, Stregatto» sospirai: era mattina e io non avevo ancora finito di fare colazione. La Regina di Cuori non poteva volermi vedere!
Il gatto del Cheshire agitò la sua deperita e lunga coda con movenze sinuose, come se si stesse divertendo. Si piegò in avanti, ruotando leggermente di lato la testa.
«Se ti fa stare bene posso, Alice, ma non cambierrrrà i fatti» mi rispose in tono leggermente compiaciuto.
Rimase in attesa per i pochi secondi che impiegai a prendere la mia decisione. Infine, gli risposi: «D'accordo, verrò... ma sarà bene che la Regina abbia un buon motivo per interrompere la mia colazione!».
Mai interrompere la colazione di un'inglese, tanto più se era armata. Rinserrai la presa sulla mia Lama Vorpale.
«Questo dovrai chiederlo a lei, Alice...» interloquì il gatto del Cheshire, balzando agilmente qualche metro innanzi a me, sul prato. Era pronto a condurmi.
Mi avviai irritata dietro di lui mangiucchiando la mia fetta di pane e marmellata, rimpiangendo di non aver terminato prima la mia tazzina di thé.
Rating: Verde
Genere: Generale, Slice of life
Personaggi: Alice Liddell, Gatto del Cheshire
Wordcount: 1051 (
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: 42. Mentimi @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Note: Alice!POV, Gen
Mi avvicinai alle labbra la tazzina di porcellana che avevo tra le mani, sorseggiando il mio thé caldo con estremo piacere. L'aroma era delizioso. Un buon thé era certamente il miglior modo per cominciare la giornata.
Quella mattina la Valle delle Lacrime era particolarmente pacifica e luminosa. I raggi di sole penetravano le folte fronde degli alberi verdi e rigogliosi, un vero e proprio tetto naturale di un bel verde intenso.
Io sedevo sopra un morbido e sottile telo bianco steso sul prato, i piedi appoggiati fuori da esso onde evitare di macchiarlo di terra o quant'altro potessi avere sotto le suole degli stivali. Indossavo il mio abituale vestito azzurro profondo con le maniche corte e rigonfie ed il mio grembiulino bianco insozzato di sangue rappreso, memoria dei miei innumerevoli combattimenti nel Paese delle Meraviglie.
I miei capelli neri e lisci erano smossi dalla lieve brezza mattutina ed oscillavano sulle mie spalle.
Mi avvicinai alle labbra la tazzina di porcellana che avevo tra le mani, sorseggiando il mio thé caldo con estremo piacere. L'aroma era delizioso. Un buon thé era certamente il miglior modo per cominciare la giornata.
Attorno a me giaceva il resto della mia colazione: bacon e uova, marmellata di mirtilli, fette di pane ed una paffuta teiera di porcellana bianca con il beccuccio ancora fumante.
Amavo fare colazione all'aperto: provavo una serenità interiore assoluta e profonda nel vedere la natura rigogliosa attorno a me.
Da quando il Treno Infernale era stato distrutto ed il dottor Bamby ucciso - tutto merito mio, ovviamente - il Paese delle Meraviglie era tornato al suo originario splendore.
Vicino a me, sul prato, avevo deposto la mia arma preferita, quella che mi aveva difesa durante tutte le peripezie che avevo affrontato nel mio lungo viaggio attraverso le varie lande del Paese, la Lama Vorpale.
Anche se ormai eravamo in tempo di pace, non ero mai stata una ragazza molto fiduciosa e non mi piaceva trovarmi sprovvista di un'arma in un luogo dove la mia vita era stata messa a rischio innumerevoli volte - e le situazioni pericolose lì la maggior parte delle volte coincidevano con quelle comunemente definite letali; pertanto preferivo girare armata pure in mezzo agli abitanti pacifici piuttosto che morire per una sciocca imprudenza. Era di gran lunga meglio incutere terrore e panico negli altri che essere una preda facile di chiunque.
Posai la mia tazzina ancora mezza piena e, preso un innocuo coltello per niente affilato e per di più con la punta arrotondata, mi spalmai una abbondante dose di marmellata sopra una spessa fetta di pane e l'addentai senza esitazione: avevo fame e non c'era niente di male nel soddisfarla semplicemente, senza badare a quelle che erano comunemente definite "buone maniere" e che imponevano l'uso di forchetta e coltello praticamente per tutto. Del resto, lì non c'era nessuna borghese che potesse parlar male delle mie maniere. Era uno dei vantaggi del far colazione nel Paese delle Meraviglie e non a Londra, magari in un pub o in un modesto caffè.
Sarò stata anche una pazza adatta al manicomio - be', in realtà non lo ero più, altrimenti non mi avrebbero rilasciata da Rutledge - però ero umana anch'io. Era giusto che avessi fame.
Mentre osservavo una coppia di farfalle rosa librarsi in volo da un cespuglio poco distante da me, percepii un lievissimo rumore alle mie spalle, simile al grattare di qualcosa di affilato sulla stoffa.
Immediatamente la mia mano libera corse al manico della Lama Vorpale e in un baleno, con un balzo ed una giravolta che non sarei mai riuscita a ripetere volontariamente neanche se avessi studiato per farlo, fui rivolta in direzione del nuovo venuto, l'arma affilata saldamente stretta in mano ed indirizzata verso di lui.
I miei capelli, nel movimento, crearono un ventaglio nero attorno al mio viso e poi si adagiarono come un lenzuolo sulle spalle, tornando a coprirmi il collo.
Dovetti riconoscere che fu una cosa parecchio intrigante.
Nell'attimo in cui vidi chi era sopraggiunto, tuttavia, abbassai il coltello e rilassai i muscoli, abbandonando la posizione offensiva.
«Oh... sei tu...» esclamai con una nota sensibile di delusione nella voce, guardando il mio interlocutore dall'alto in basso. Addentai la mia fetta di pane con aria leggermente irritata.
«Chi crrrredevi fossi?» fu la miagolante risposta che mi pervenne dal gatto del Cheshire seduto innanzi a me. Occhieggiando il mio coltello con straniata curiosità, soggiunse: «Non hai più nemici qui, Alice...».
«Non si sa mai...» replicai senza perdermi in fastidiose spiegazioni sui miei perché del girare per il Paese delle Meraviglie armata «Comunque, che cosa vuoi?».
Solitamente la sua lugubre apparizione non era mai dovuta al semplice piacere di salutarsi. Trovavo semplicemente incredibile il come non avesse mai messo sulle sue ossicina neppure un grammo di carne praticamente da quando avevo messo piede per la prima volta nel Paese delle Meraviglie. A maggior ragione sarebbe dovuto ingrassare almeno un po' da quando era tornata la pace ed invece era scheletrico ed emaciato proprio come la prima volta che ci eravamo incontrati tanti anni fa.
Il micio ghignò malvagiamente, come se stesse godendo del male che stava per infliggermi. Se non avessi saputo a priori che faceva parte della esigua "fazione neutrale" locale, l'avrei accoltellato reiteratamente fino a ridurlo un colabrodo.
Non ero molto compassionevole nei confronti di chi si prendeva gioco di me o sembrava farlo.
«La Rrrrregina vuole parlarrrrti...» mi comunicò lo Stregatto, scrutandomi dritta negli occhi. Non sapevo se stava sondando la mia espressione in cerca di quale fosse la mia reazione alle sue parole oppure stesse provando ad esaminarmi l'anima, fatto stava che il suo sguardo era troppo intenso per essere un semplice sguardo.
«Dimmi che è una bugia, Stregatto» sospirai: era mattina e io non avevo ancora finito di fare colazione. La Regina di Cuori non poteva volermi vedere!
Il gatto del Cheshire agitò la sua deperita e lunga coda con movenze sinuose, come se si stesse divertendo. Si piegò in avanti, ruotando leggermente di lato la testa.
«Se ti fa stare bene posso, Alice, ma non cambierrrrà i fatti» mi rispose in tono leggermente compiaciuto.
Rimase in attesa per i pochi secondi che impiegai a prendere la mia decisione. Infine, gli risposi: «D'accordo, verrò... ma sarà bene che la Regina abbia un buon motivo per interrompere la mia colazione!».
Mai interrompere la colazione di un'inglese, tanto più se era armata. Rinserrai la presa sulla mia Lama Vorpale.
«Questo dovrai chiederlo a lei, Alice...» interloquì il gatto del Cheshire, balzando agilmente qualche metro innanzi a me, sul prato. Era pronto a condurmi.
Mi avviai irritata dietro di lui mangiucchiando la mia fetta di pane e marmellata, rimpiangendo di non aver terminato prima la mia tazzina di thé.