I want your love
Nov. 1st, 2012 12:09 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: I want your love
Rating: Arancione
Genere: Erotico, Introspettivo
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra), Lovino Romano Vargas (Sud Italia)
Wordcount: 1459 (
fiumidiparole)
Prompt: "I want your love, I don't wanna be friends" (Bad Romance, Lady GaGa) di
yuki013 per il Menù Veneziano / Topping della Sagra del Kink 2.0 @
kinkmemeita
Note: BDSM, Crack!Pairing, Handjob, Linguaggio, Yaoi
«Smettila, cazzo! Non mi tocc... ahw!».
Romano tremò, cercando di ritrarsi dal contatto tra il proprio ricciolo ribelle - come al solito elevato fieramente verso il cielo - e la mano di Inghilterra, in piedi davanti a lui.
Dalla sua espressione pareva che si stesse divertendo nel tormentarlo in quel modo. Nei suoi occhi verdi c'era una chiara traccia di interesse piuttosto spinto, qualcosa che si avvicinava decisamente all'amore.
Sembrava quasi desiderare visceralmente di poterlo avere per sé, quel dolce fifone scontroso e diffidente.
«Smetterò quando ne avrò voglia».
«Smettila, cazzo! Non mi tocc... ahw!».
Romano tremò, cercando di ritrarsi dal contatto tra il proprio ricciolo ribelle - come al solito elevato fieramente verso il cielo - e la mano di Inghilterra, in piedi davanti a lui.
Dalla sua espressione pareva che si stesse divertendo nel tormentarlo in quel modo. Nei suoi occhi verdi c'era una chiara traccia di interesse piuttosto spinto, qualcosa che si avvicinava decisamente all'amore.
Sembrava quasi desiderare visceralmente di poterlo avere per sé, quel dolce fifone scontroso e diffidente.
«Smetterò quando ne avrò voglia» replicò il Kirkland in tono autoritario, incutendo un nuovo timore nel ragazzo.
«Aaaah...! Va bene, non mi picchi-ahw».
Lovino continuò a gemere e tremare, incatenato alla parete con le mani tenute sollevate sopra la testa, impossibilitato a fuggire.
Arthur l'aveva legato di proposito, ben consapevole che alla prima occasione avrebbe tentato di scappare. Dopotutto, era un italiano. Lui e suo fratello erano codardi per loro stessa natura.
«Cosa cazzo vuoi che faccia?!» strillò il Vargas in tono leggermente isterico, stringendo le palpebre come se chiudere gli occhi potesse far sparire Inghilterra non solo dalla sua visuale, ma anche dal luogo fisico dove si trovavano.
Il biondo stirò le labbra in un sorriso che aveva tutta l'aria di essere il risultato di un pensiero piuttosto cattivo - o forse sarebbe stato meglio definirlo depravato - quindi si addossò contro il corpo del castano e gli accarezzò con scarsa delicatezza i capelli, facendo ben attenzione a toccargli il ciuffo.
«L'amore» disse, l'espressione così seria e cupa da apparire ancor più inquietante «Voglio il tuo amore».
Sapeva bene di suonare assurdo e di stare dicendo cose decisamente imbarazzanti che sarebbero state molto meglio in bocca a quel maniaco di Francia, ciononostante non poteva fare a meno di essere tanto esplicito: quel fifone di Lovino non avrebbe mai capito che lo amava se gliel'avesse detto per insinuazioni e frasi lasciate sottintese.
Anche se nemmeno lui sapeva di preciso come fosse arrivato ad amare una persona chiassosa e maleducata come quel ragazzo, ormai era un fatto assodato. Tentare di capire era inutile, doveva semplicemente accettare quello che provava o comunque conviverci in qualche modo.
La cosa più difficile - e l'aveva immaginato fin dall'inizio - era riuscire a far capire i propri sentimenti all'italiano, problema che aveva deciso di risolvere con le maniere forti, ossia imponendolo.
Del resto, lui poteva permettersi di torchiarlo per ottenere il suo amore: era lui il più forte.
«Io non ti amo, fottuto inglese!» ringhiò Lovino, ma un momento dopo già si dibatteva piangendo ed implorando pietà mentre Arthur gli strattonava violentemente il ricciolo.
Vedere il suo visetto dai tratti ancora fanciulleschi rigato di lacrime strinse il cuore dell'anglosassone, il quale a quel punto non riuscì a resistere oltre e baciò il ragazzo.
Alzò le proprie mani sopra la testa e le portò sopra quelle ammanettate del Vargas, accarezzandole mentre si sfilava da una manica la chiave. Gli liberò la mano destra, che subito Romano abbassò ad affibbiargli un pugno nello stomaco parecchio forte; tuttavia, non allontanò da sé il biondo, né tentò di interrompere il bacio. In qualche modo e per qualche motivo che non riusciva a capire la cosa non gli dispiaceva più di tanto.
Al suo attacco corrispose un ulteriore strattone al suo ricciolo, che gli strappò un mugolio di sofferenza.
Il loro bacio improvvisamente si fece più aggressivo, divenendo un misto tra lingue che si incontravano, morsi e saliva che si mescolava.
Il Kirkland percepì il proprio sesso indurirsi e drizzarsi, segno che il suo sangue stava affluendo rapidamente alle sue parti basse. Sentiva che si stava eccitando.
Tentò di guidare la mano libera del Vargas verso il suo membro, ma questa si chiuse attorno al frustino che Inghilterra portava infilato nella cintura e che aveva deciso di mettere per sfizio personale, sperando che sarebbe servito a qualcosa.
L'inglese glielo sfilò di mano con un gesto brusco e gettò a terra l’oggetto - in quel momento non voleva che lo utilizzasse - quindi prese di nuovo la sua mano e stavolta gliela posò sul proprio inguine.
«Fallo» ordinò in un tono soffuso che voleva essere imperioso ma che suonò semplicemente supplichevole, iniziando a muovergli la mano contro la stoffa dei propri pantaloni.
Avvertire le sue dita strofinare contro il proprio sesso era per Arthur dannatamente stimolante. Ogni tocco dell’italiano creava una sequela di brividi nell’inglese che si dipanavano lungo la schiena facendogli contrarre spasmodicamente i muscoli.
Lovino cercò di sottrarre la mano, ma dopo qualche tentativo andato a vuoto smise di opporre resistenza: gli ansiti che cominciavano a tracimare dalle labbra di Inghilterra lo stavano inebriando della piacevole sensazione di potere che a volte aveva provato anche con Spagna, quando riusciva ad esaltarlo con regali banali.
Lo stava sopraffacendo. Stava avendo la meglio su niente meno che Inghilterra semplicemente masturbandolo.
Il Kirkland si morse il labbro inferiore, continuando a gemere, desiderando di essere nudo in un letto con il più grande dei due Vargas, intento a fare cose tutt’altro che caste.
La sua erezione aumentava e Romano ne era consapevole. Anche se c’era la stoffa a separarlo dalla sua pelle, riusciva distintamente a percepire il suo sesso.
«Continua...» disse l’inglese, la voce che sfumava in un desiderio sempre più forte e profondo.
«Ehi, voglio il tuo frustino» disse Lovino all’improvviso in tono capriccioso, ormai certo di averlo in pugno. Finché non tornava a minacciarlo, non aveva motivo di temerlo e poteva atteggiarsi come più gli aggradava.
Inghilterra si chinò a raccogliere l’oggetto continuando ad emettere sospiri e sbuffi ad intermittenza, quindi glielo porse.
Italia lo afferrò e glielo picchiò con una certa forza sul sedere.
I ruoli si stavano invertendo: Romano, parzialmente legato al muro, era quello che avrebbe dovuto essere frustato, non Inghilterra; ciononostante, l’anglosassone pareva gradire molto il trattamento.
Si volse di schiena, sfuggendo alla presa della sua mano, quindi gli offrì il sedere, che Lovino non ebbe la minima remora a prendere a frustate con foga, come se stesse sfogando su di lui un’ira che fino ad allora era rimasta repressa.
Il Kirkland cominciò a masturbarsi con discreta energia mentre veniva fustigato. Eccitato dalla situazione in una maniera che non si sarebbe mai immaginato, raggiunse l’orgasmo nel giro di pochi minuti e venne, macchiandosi i pantaloni della sua solita uniforme di sperma. Una chiazza più scura si allargò sul cavallo di essi, ma lui non se ne preoccupò minimamente, troppo impegnato a bearsi della sensazione d’estasi appena raggiunta.
Si voltò ed iniziò a ricoprire di piccoli morsi il collo di Lovino, il quale abbatté con più veemenza la frusta su di lui nel vano tentativo di allontanarlo: «Togliti! Smettila di mordermi, fottuto inglese! Ah... ahw!».
Quando Arthur gli posò un succhiotto sul collo particolarmente forte lanciò un gridolino di dolore che si tramutò in uno di spavento quando lo vide cominciare a calarsi i pantaloni.
«Cosa cazzo fai?!» esclamò.
Non ottenne risposta: Inghilterra liberò la propria erezione dai calzari e voltò l’italiano in modo che fosse rivolto verso il muro, torcendogli al contempo il braccio incatenato per riuscirci.
«Ahio, mi stai facend... ehi, toglimi le mani dai pantaloni! F-f-fermo! Cosa sta... u-uh...!».
Romano arrossì violentemente mentre Inghilterra lo penetrava con lentezza, assaporando i fremiti del corpo che aveva tra le mani. Lovino non emise più una sola protesta: si limitò a produrre qualche verso confuso di piacere.
Le spinte che seguirono furono poche e precise. Arthur sapeva bene cosa voleva e come riuscire ad ottenerlo. Dal suo modo di condurre il rapporto era palese che non fosse la prima volta che aveva un rapporto sessuale con un membro del suo stesso sesso - come del resto non era la prima volta neppure per il Vargas.
I colpi che diede a Lovino furono sufficienti a fargli raggiungere l’orgasmo in poco: il castano venne con un sospiro vibrante e si accasciò contro il muro, il polso ancora incatenato che gli faceva male.
Quell’esperienza gli aveva lasciato una strana sensazione che non riusciva ad identificare. Certo era, però, che dopo quanto accaduto il suo rapporto con Inghilterra sarebbe stato in qualche modo differente, anche se non sapeva come.
«Lasciami... andare» bofonchiò a mezza voce.
«Voglio che tu mi ami, Romano» disse Arthur, le guance che stavano assumendo una colorazione sempre più intensa «A... amami e ti lascerò andare».
Lo spinse contro la parete in modo da dargli un incentivo doloroso affinché rispondesse alla svelta.
«Va bene, cazzo! Ma lasciami andare, mi stai facendo male!» cedette l’italiano, sull’orlo di scoppiare a piangere.
Inghilterra lo esaudì e nel mentre gli tornò alla mente una canzone che America gli aveva fatto ascoltare qualche tempo prima. Ad un certo punto il testo recitava “I want your love, I don’t wanna be friend”.
L’americanizzazione del “want to” era come una coltellata nei timpani del povero britannico, però quel passo era decisamente calzante con quel che aveva fatto lui con Romano.
Era un po’ insensibile come concetto, però lui voleva che Lovino colmasse quella fame insaziabile che gli aveva messo dentro senza neppure esserne veramente consapevole.
Arthur voleva solamente il suo amore e nient’altro.
Rating: Arancione
Genere: Erotico, Introspettivo
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra), Lovino Romano Vargas (Sud Italia)
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Prompt: "I want your love, I don't wanna be friends" (Bad Romance, Lady GaGa) di
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Note: BDSM, Crack!Pairing, Handjob, Linguaggio, Yaoi
«Smettila, cazzo! Non mi tocc... ahw!».
Romano tremò, cercando di ritrarsi dal contatto tra il proprio ricciolo ribelle - come al solito elevato fieramente verso il cielo - e la mano di Inghilterra, in piedi davanti a lui.
Dalla sua espressione pareva che si stesse divertendo nel tormentarlo in quel modo. Nei suoi occhi verdi c'era una chiara traccia di interesse piuttosto spinto, qualcosa che si avvicinava decisamente all'amore.
Sembrava quasi desiderare visceralmente di poterlo avere per sé, quel dolce fifone scontroso e diffidente.
«Smetterò quando ne avrò voglia».
«Smettila, cazzo! Non mi tocc... ahw!».
Romano tremò, cercando di ritrarsi dal contatto tra il proprio ricciolo ribelle - come al solito elevato fieramente verso il cielo - e la mano di Inghilterra, in piedi davanti a lui.
Dalla sua espressione pareva che si stesse divertendo nel tormentarlo in quel modo. Nei suoi occhi verdi c'era una chiara traccia di interesse piuttosto spinto, qualcosa che si avvicinava decisamente all'amore.
Sembrava quasi desiderare visceralmente di poterlo avere per sé, quel dolce fifone scontroso e diffidente.
«Smetterò quando ne avrò voglia» replicò il Kirkland in tono autoritario, incutendo un nuovo timore nel ragazzo.
«Aaaah...! Va bene, non mi picchi-ahw».
Lovino continuò a gemere e tremare, incatenato alla parete con le mani tenute sollevate sopra la testa, impossibilitato a fuggire.
Arthur l'aveva legato di proposito, ben consapevole che alla prima occasione avrebbe tentato di scappare. Dopotutto, era un italiano. Lui e suo fratello erano codardi per loro stessa natura.
«Cosa cazzo vuoi che faccia?!» strillò il Vargas in tono leggermente isterico, stringendo le palpebre come se chiudere gli occhi potesse far sparire Inghilterra non solo dalla sua visuale, ma anche dal luogo fisico dove si trovavano.
Il biondo stirò le labbra in un sorriso che aveva tutta l'aria di essere il risultato di un pensiero piuttosto cattivo - o forse sarebbe stato meglio definirlo depravato - quindi si addossò contro il corpo del castano e gli accarezzò con scarsa delicatezza i capelli, facendo ben attenzione a toccargli il ciuffo.
«L'amore» disse, l'espressione così seria e cupa da apparire ancor più inquietante «Voglio il tuo amore».
Sapeva bene di suonare assurdo e di stare dicendo cose decisamente imbarazzanti che sarebbero state molto meglio in bocca a quel maniaco di Francia, ciononostante non poteva fare a meno di essere tanto esplicito: quel fifone di Lovino non avrebbe mai capito che lo amava se gliel'avesse detto per insinuazioni e frasi lasciate sottintese.
Anche se nemmeno lui sapeva di preciso come fosse arrivato ad amare una persona chiassosa e maleducata come quel ragazzo, ormai era un fatto assodato. Tentare di capire era inutile, doveva semplicemente accettare quello che provava o comunque conviverci in qualche modo.
La cosa più difficile - e l'aveva immaginato fin dall'inizio - era riuscire a far capire i propri sentimenti all'italiano, problema che aveva deciso di risolvere con le maniere forti, ossia imponendolo.
Del resto, lui poteva permettersi di torchiarlo per ottenere il suo amore: era lui il più forte.
«Io non ti amo, fottuto inglese!» ringhiò Lovino, ma un momento dopo già si dibatteva piangendo ed implorando pietà mentre Arthur gli strattonava violentemente il ricciolo.
Vedere il suo visetto dai tratti ancora fanciulleschi rigato di lacrime strinse il cuore dell'anglosassone, il quale a quel punto non riuscì a resistere oltre e baciò il ragazzo.
Alzò le proprie mani sopra la testa e le portò sopra quelle ammanettate del Vargas, accarezzandole mentre si sfilava da una manica la chiave. Gli liberò la mano destra, che subito Romano abbassò ad affibbiargli un pugno nello stomaco parecchio forte; tuttavia, non allontanò da sé il biondo, né tentò di interrompere il bacio. In qualche modo e per qualche motivo che non riusciva a capire la cosa non gli dispiaceva più di tanto.
Al suo attacco corrispose un ulteriore strattone al suo ricciolo, che gli strappò un mugolio di sofferenza.
Il loro bacio improvvisamente si fece più aggressivo, divenendo un misto tra lingue che si incontravano, morsi e saliva che si mescolava.
Il Kirkland percepì il proprio sesso indurirsi e drizzarsi, segno che il suo sangue stava affluendo rapidamente alle sue parti basse. Sentiva che si stava eccitando.
Tentò di guidare la mano libera del Vargas verso il suo membro, ma questa si chiuse attorno al frustino che Inghilterra portava infilato nella cintura e che aveva deciso di mettere per sfizio personale, sperando che sarebbe servito a qualcosa.
L'inglese glielo sfilò di mano con un gesto brusco e gettò a terra l’oggetto - in quel momento non voleva che lo utilizzasse - quindi prese di nuovo la sua mano e stavolta gliela posò sul proprio inguine.
«Fallo» ordinò in un tono soffuso che voleva essere imperioso ma che suonò semplicemente supplichevole, iniziando a muovergli la mano contro la stoffa dei propri pantaloni.
Avvertire le sue dita strofinare contro il proprio sesso era per Arthur dannatamente stimolante. Ogni tocco dell’italiano creava una sequela di brividi nell’inglese che si dipanavano lungo la schiena facendogli contrarre spasmodicamente i muscoli.
Lovino cercò di sottrarre la mano, ma dopo qualche tentativo andato a vuoto smise di opporre resistenza: gli ansiti che cominciavano a tracimare dalle labbra di Inghilterra lo stavano inebriando della piacevole sensazione di potere che a volte aveva provato anche con Spagna, quando riusciva ad esaltarlo con regali banali.
Lo stava sopraffacendo. Stava avendo la meglio su niente meno che Inghilterra semplicemente masturbandolo.
Il Kirkland si morse il labbro inferiore, continuando a gemere, desiderando di essere nudo in un letto con il più grande dei due Vargas, intento a fare cose tutt’altro che caste.
La sua erezione aumentava e Romano ne era consapevole. Anche se c’era la stoffa a separarlo dalla sua pelle, riusciva distintamente a percepire il suo sesso.
«Continua...» disse l’inglese, la voce che sfumava in un desiderio sempre più forte e profondo.
«Ehi, voglio il tuo frustino» disse Lovino all’improvviso in tono capriccioso, ormai certo di averlo in pugno. Finché non tornava a minacciarlo, non aveva motivo di temerlo e poteva atteggiarsi come più gli aggradava.
Inghilterra si chinò a raccogliere l’oggetto continuando ad emettere sospiri e sbuffi ad intermittenza, quindi glielo porse.
Italia lo afferrò e glielo picchiò con una certa forza sul sedere.
I ruoli si stavano invertendo: Romano, parzialmente legato al muro, era quello che avrebbe dovuto essere frustato, non Inghilterra; ciononostante, l’anglosassone pareva gradire molto il trattamento.
Si volse di schiena, sfuggendo alla presa della sua mano, quindi gli offrì il sedere, che Lovino non ebbe la minima remora a prendere a frustate con foga, come se stesse sfogando su di lui un’ira che fino ad allora era rimasta repressa.
Il Kirkland cominciò a masturbarsi con discreta energia mentre veniva fustigato. Eccitato dalla situazione in una maniera che non si sarebbe mai immaginato, raggiunse l’orgasmo nel giro di pochi minuti e venne, macchiandosi i pantaloni della sua solita uniforme di sperma. Una chiazza più scura si allargò sul cavallo di essi, ma lui non se ne preoccupò minimamente, troppo impegnato a bearsi della sensazione d’estasi appena raggiunta.
Si voltò ed iniziò a ricoprire di piccoli morsi il collo di Lovino, il quale abbatté con più veemenza la frusta su di lui nel vano tentativo di allontanarlo: «Togliti! Smettila di mordermi, fottuto inglese! Ah... ahw!».
Quando Arthur gli posò un succhiotto sul collo particolarmente forte lanciò un gridolino di dolore che si tramutò in uno di spavento quando lo vide cominciare a calarsi i pantaloni.
«Cosa cazzo fai?!» esclamò.
Non ottenne risposta: Inghilterra liberò la propria erezione dai calzari e voltò l’italiano in modo che fosse rivolto verso il muro, torcendogli al contempo il braccio incatenato per riuscirci.
«Ahio, mi stai facend... ehi, toglimi le mani dai pantaloni! F-f-fermo! Cosa sta... u-uh...!».
Romano arrossì violentemente mentre Inghilterra lo penetrava con lentezza, assaporando i fremiti del corpo che aveva tra le mani. Lovino non emise più una sola protesta: si limitò a produrre qualche verso confuso di piacere.
Le spinte che seguirono furono poche e precise. Arthur sapeva bene cosa voleva e come riuscire ad ottenerlo. Dal suo modo di condurre il rapporto era palese che non fosse la prima volta che aveva un rapporto sessuale con un membro del suo stesso sesso - come del resto non era la prima volta neppure per il Vargas.
I colpi che diede a Lovino furono sufficienti a fargli raggiungere l’orgasmo in poco: il castano venne con un sospiro vibrante e si accasciò contro il muro, il polso ancora incatenato che gli faceva male.
Quell’esperienza gli aveva lasciato una strana sensazione che non riusciva ad identificare. Certo era, però, che dopo quanto accaduto il suo rapporto con Inghilterra sarebbe stato in qualche modo differente, anche se non sapeva come.
«Lasciami... andare» bofonchiò a mezza voce.
«Voglio che tu mi ami, Romano» disse Arthur, le guance che stavano assumendo una colorazione sempre più intensa «A... amami e ti lascerò andare».
Lo spinse contro la parete in modo da dargli un incentivo doloroso affinché rispondesse alla svelta.
«Va bene, cazzo! Ma lasciami andare, mi stai facendo male!» cedette l’italiano, sull’orlo di scoppiare a piangere.
Inghilterra lo esaudì e nel mentre gli tornò alla mente una canzone che America gli aveva fatto ascoltare qualche tempo prima. Ad un certo punto il testo recitava “I want your love, I don’t wanna be friend”.
L’americanizzazione del “want to” era come una coltellata nei timpani del povero britannico, però quel passo era decisamente calzante con quel che aveva fatto lui con Romano.
Era un po’ insensibile come concetto, però lui voleva che Lovino colmasse quella fame insaziabile che gli aveva messo dentro senza neppure esserne veramente consapevole.
Arthur voleva solamente il suo amore e nient’altro.