fiamma_drakon (
fiamma_drakon) wrote2013-02-28 03:48 pm
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Hand of Sorrow (Capitolo 1)
Titolo: Hand of Sorrow
Rating: Rosso
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Francis Bonnefoy (Francia), Gilbert Beilschmidt (Prussia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 2019 (
fiumidiparole)
Prompt: 122. Estraneo misterioso @
500themes_ita
Note: Incest, Vampire!AU, Yaoi
Al villaggio c’era un gran movimento. La differenza rispetto al normale era assai evidente: di solito l’unica zona in cui c’erano molte persone era l’estrema periferia della città dove si concentravano i tuguri adibiti a luoghi di prostituzione. Quella notte, invece, c’era un gran via vai di persone che si affrettavano - almeno in apparenza - verso lo stesso luogo: una taverna molto conosciuta e frequentata, la “Luna Rossa”.
Antonio scoperchiò la propria bara con una ginocchiata piuttosto forte. Il coperchio si sollevò di scatto con un rumore di cardini cigolanti che echeggiò contro le pareti ed il soffitto del sotterraneo. A seguire ci fu il rumore del battente che, ribaltatosi totalmente all'esterno, sbatteva vigorosamente contro il supporto in pietra del feretro.
Fernandez si levò a sedere come se niente fosse e si stiracchiò, sbadigliando tanto scompostamente da far vedere i canini, più lunghi ed affilati del normale a causa dell'enorme sete che lo attanagliava.
Lo spagnolo si toccò i denti con una delicatezza tale che pareva stesse accarezzandoli con affetto. Il suo sguardo sofferente era esplicativo del suo immenso bisogno.
Vicino a lui si aprirono anche le bare di Francis e Gilbert, che si erano anch'essi appena destati.
«Che sete...» bofonchiò Gilbert, sollevandosi dal feretro ed uscendo fuori, poggiando i piedi sul pavimento di grossi blocchi di pietra scura «Devo bere sangue assolutamente, non resisto...!».
«Hai veramente pochissima resistenza!» commentò in tono snob Francis, arricciando il naso come se avesse percepito un odore particolarmente sgradevole ed in effetti era proprio così: «Si sente soltanto l'odore della muffa!».
«Ho bisogno di sentire odore di sangue...!» sospirò Antonio, uscendo dal suo feretro.
«Io ho bisogno di sentire il sapore del sangue!» ringhiò spazientito Gilbert, emettendo un roco ringhio gutturale che lo fece somigliare molto ad un predatore.
«Sei intrattabile quando hai sete!» sbottò Francis irritato «Aspetta un po', non hai sete soltanto te, sai?! E se non ti calmi spaventerai gli umani!».
Il prussiano si rilassò un po', addolcendo l'atteggiamento.
«Ecco, così va meglio» fece il Bonnefoy, soddisfatto «E ora andiam...».
«Non si può» lo interruppe Fernandez triste.
Gli altri due si girarono improvvisamente a guardarlo.
«Cosa?» esclamarono in coro Francis e Gilbert.
«Non l'avete sentito?» domandò Antonio, guardando gli altri due con perplessità, come se fossero all'oscuro di una cosa sciocca e banale, una conoscenza comune a tutti «Dicono che in paese sia arrivato un gruppetto di ammazza-vampiri».
«Ammazza-vampiri?» ripeté Francis, inarcando un sopracciglio.
«Esistono ancora?!» aggiunse Gilbert «Credevo che ora ad occuparsi di quelli come noi fosse quella... come si chiama... l'Interrogatorio».
«L'Inquisizione, semmai» lo corresse il Carriedo, abbozzando un sorriso.
«Sì, quella lì» liquidò in tono spiccio e noncurante il Beilschmidt.
Lo spagnolo riprese la parola: «Non so niente di questi ammazza-vampiri. So solo quello che mi ha detto una delle prostitute che ho morso due giorni fa, e cioè che gli ammazza-vampiri sono due e, secondo le voci che girano, sono anche discretamente belli».
«Belli? Come fanno ad essere belli?!» esclamò Francis, esterrefatto «Cioè, gli ammazza-vampiri di solito sono pieni di cicatrici, graffi, segni di qualche tipo. Non possono essere belli!».
Sembrava oltraggiato dall'evenienza che i loro cacciatori potessero essere in qualche maniera affascinanti. Nel suo immaginario molto probabilmente i cacciatori di vampiri dovevano essere - in virtù del loro lavoro - fisicamente deturpati.
Gilbert sorrise di sghembo con fare ammiccante.
«Allora che ne dita di andare a dare un'occhiata...?» propose. Dal tono sembrava entusiasta della sua stessa proposta ed impaziente di recarsi in città.
Antonio si strinse nelle spalle, palesemente indeciso. Tra tutti e tre pareva il meno propenso a mettere il naso fuori del castello finché la minaccia non fosse cessata e gli ammazza-vampiri ripartiti. Sembrava disposto persino a morire di sete e perdere totalmente o quasi il controllo pur di non venire impalato.
Fece per dire qualcosa, ma Francis lo precedette: «Sì, voglio andare a vedere. Devo vedere se sono davvero così belli come dicono!».
«Non vorrai mica prenderne uno come compagno?!» fece Gilbert, disgustato. Non aveva molta stima dei vampiri che prendevano come compagni persone ancora umane e vive. A suo parere era una cosa fuori natura: i vampiri dovevano stare con i vampiri e gli umani con gli umani. Mischiarli era qualcosa che non doveva accadere mai.
Il Bonnefoy sorrise stirando le labbra, gli occhi cobalto che sfavillavano di una strana bramosia. Sembrava immaginare chissà quale cosa strana e perversa.
«Be', dipende da quanto sono belli...» ammise.
Il prussiano gli rivolse un'occhiata di sbieco colma di disprezzo, ma Antonio precedette ogni suo rimprovero: «Allora che cosa volete fare? Andiamo...? Decidetevi, comincio a non riuscire a resistere alla necessità di bere...».
Se avessero deciso di non uscire, oltre ad essere molto felice, sarebbe andato a prosciugare le provviste di sangue che tenevano da parte per occasioni particolari.
«Allora direi di andare a cenare» esclamò il francese congiungendo la punta delle dita con una certa esaltazione.
«D'accordo. Ho troppa sete per starmene ancora qui a rimuginare» asserì il vampiro dai capelli bianchi, gli occhi di brace carichi di bisogno.
Al suo fianco, Antonio annuì con un gesto del capo.
«Trés bien! Allora andiamo!».
Ed il terzetto si mosse.
Uscirono dal sotterraneo dove custodivano le loro bare ed attraversarono il castello buio e decadente che avevano occupato quand'erano arrivati in quella zona e si diressero verso il villaggio.
Al villaggio c’era un gran movimento. La differenza rispetto al normale era assai evidente: di solito l’unica zona in cui c’erano molte persone era l’estrema periferia della città dove si concentravano i tuguri adibiti a luoghi di prostituzione. Quella notte, invece, c’era un gran via vai di persone che si affrettavano - almeno in apparenza - verso lo stesso luogo: una taverna molto conosciuta e frequentata, la “Luna Rossa”.
Era un locale che Gilbert, Antonio e Francis conoscevano.
Una volta giunti nella cittadina, seguirono il flusso di persone costeggiando la strada principale, sgusciando attraverso le ombre nelle stradicciole umide e sporche tra le case. Grazie al loro udito sopraffino colsero più di uno stralcio di conversazione.
«Vengono dal continente ed hanno già ucciso più di un mostro...»
«La Chiesa si è affidata molte volte a loro...»
«Ho sentito dire che sono infallibili!»
«Ci sono mostri così terribili qui intorno...? Oh, Signore proteggici...!».
Affianco a discorsi del genere vi erano commenti decisamente molto più frivoli che venivano dalle fanciulle in tenera età e furono le chiacchiere che più attirarono l’attenzione di Francis.
«Dicono che siano veramente belli»
«Ho sentito che uno di loro ha un fisico stupendo»
«Nemmeno una cicatrice! Niente! Sono perfetti».
«Se non ne hanno davvero, allora provvederò io personalmente a lasciar loro la prima» sibilò a denti stretti Francis mentre si lasciava superare da Antonio nel saltare sopra una casetta fatiscente.
«Sei geloso?» indagò quest’ultimo, voltandosi a guardarlo da sopra una spalla «Tu hai la vita eterna e loro no, alla fine sarai comunque più bello...».
«Lo so, però è fastidioso sentirle parlare così» fu la replica seccata.
Nel frattempo Gilbert, in testa al gruppo, seguiva a distanza un discorso che aveva attirato particolarmente la sua attenzione.
«Quello più robusto ha i capelli biondi chiarissimi e gli occhi azzurri. Sembra un cavaliere con il suo portamento fiero e l’atteggiamento austero» aveva sentito dire da una donna.
«Forse lo è» aveva dichiarato un’altra donna.
«Ma no, non è possibile. Non si vestirebbe mai come noi povera gente... piuttosto, il suo compagno sembrerebbe di rango più alto...».
“Capelli biondi chiarissimi ed occhi azzurri”. Quella descrizione aveva un’eco nella sua memoria, qualcosa - o forse era più giusto dire “qualcuno” - che lui sapeva essere importante ma la cui forma ed identità gli sfuggiva di un soffio. Era un ricordo che chissà per quanto tempo aveva tenuto sepolto nella sua mente e che, adesso che veniva sollecitato ad uscire, non riusciva a farlo.
Era troppo lontano nel tempo - anche se per lui il tempo era solo un fattore relativo, data la sua condizione.
«Gilbert, attento!».
Il richiamo di Antonio riportò l’albino alla realtà e gli impedì di andare a sbattere violentemente contro un muro. Non che lui rischiasse di farsi male, ma probabilmente il muro sarebbe crollato per l’impatto ed il rumore avrebbe attirato attenzioni che i tre vampiri non gradivano affatto in quel frangente.
«Ehi, che intenzioni avevi? Non l’hai visto il muro...?» chiese lo spagnolo, fermandosi vicino a lui e posandogli una mano sulla spalla, guardandolo dritto negli occhi rossi.
«Niente, mi sono distratto un attimo» si giustificò frettolosamente il prussiano «Stavo ascoltando gli umani».
«Sento un gran vociare poco più avanti, non deve mancare molto» intervenne Francis.
Gli altri due annuirono, quindi il terzetto riprese a muoversi.
L’ingresso alla Luna Rossa era gremito di persone. La folla si accalcava davanti alla porta come un gruppo di formiche, spintonandosi a vicenda per cercare di farsi posto.
I tre vampiri si fermarono sul tetto e sbirciarono di sotto.
«I nuovi arrivati devono essere qui dentro...» disse il Bonnefoy, lanciando un’occhiata al pavimento sotto i suoi piedi «Cerchiamo di entrare dalla porta principale?» aggiunse.
«Io direi di provare ad infiltrarci dalla finestra del piano superiore...» dichiarò il Carriedo entusiasta. Chissà quali incredibili avventure si immaginava di vivere intrufolandosi dalla finestra superiore di una taverna.
«Gilbert, tu che dici...?» chiese lo spagnolo speranzoso.
Il Beilschmidt esaminò ancora per qualche istante la folla sottostante, infine si volse a guardare i due compagni e disse: «Entriamo dalla finestra».
«Sì!» esultò Antonio.
All’angolo tra il lato che dava sulla strada e quello che dava su una stradicciola laterale, i tre vampiri trovarono una finestra aperta e decisero di usare quella come porta d’ingresso alternativa. Il problema del morire nel caso in cui precipitassero per sbaglio non si poneva affatto, poiché erano tutti già morti da tempo. Sarebbe stato un bel guaio se, invece, nel cadere avessero fatto un tale rumore da attirare l’attenzione degli uomini; tuttavia, ciò non accadde.
Erano abbastanza abituati a muoversi in modo accorto e agile ed entrare da una finestra non si rivelò particolarmente difficile.
Una volta all’interno, si ritrovarono al piano superiore della taverna. Questo era costituito da un pianerottolo di legno che correva tutto attorno alla sala sottostante, lasciata scoperta. In questo modo dalla posizione dei tre era possibile osservare dall’alto quanto si stava consumando al pianterreno del locale senza essere visti né disturbati - a meno che qualcuno non avesse alzato lo sguardo, ma grazie all’attrazione di quella notte ciò sarebbe stato alquanto improbabile.
«Finalmente potrò vedere chi sono questi ammazza-vampiri così belli...» disse Francis, iniziando a perlustrare la folla in cerca dei suoi obiettivi.
«Sono laggiù» disse Antonio, allungando un braccio per indicarli all’amico.
Anche gli occhi di Gilbert si spostarono rapidamente verso il punto indicato dallo spagnolo. Sembrava ansioso di scoprire l’identità dei loro cacciatori, forse addirittura più degli altri due.
Fu così che i suoi occhi di brace incontrarono la figura del giovanotto dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Indossava una casacca marrone fermata in vita da un cinturone di pelle ed un paio di logori pantaloni dello stesso colore infilati in un paio di alti stivali neri. Anche attraverso quei cenci si riusciva ad intravedere il fisico prestante.
La sua espressione altera mentre sorseggiava della birra dal boccale che reggeva nella mano sinistra era in qualche modo addolcita da qualcosa di non percettibile concretamente. Probabilmente era il suo compagno la fonte di ciò. Quest’ultimo era un ragazzetto coi capelli castani e l’espressione beata che sedeva scompostamente sulla sedia. Portava una camicia bianca ed un paio di pantaloncini color terra che gli arrivavano fino al ginocchio. Il polpaccio era coperto da calze bianche e ai piedi calzava scarpe di un certo pregio.
Doveva essere lui il giovanotto che sembrava appartenere ad uno status sociale più elevato e, in effetti, fu l’impressione che ebbe anche il Beilschmidt.
Quest’ultimo, tuttavia, non si soffermò particolarmente sul castano. La sua attenzione fu catalizzata tutta dal biondo.
Gilbert sgranò gli occhi ed aprì la bocca, senza però emettere alcun suono. La sua espressione si tramutò da curiosa in sconcertata. Arretrò di mezzo passo mentre la memoria di colpo gli rovesciava addosso una sequenza apparentemente infinita di ricordi che fino ad allora aveva tenuti confinati in un remoto angolo della sua mente.
Nel vederlo retrocedere con la coda dell’occhio, Fernandez gli posò una mano sulla schiena per sostenerlo, temendo che stesse per stramazzare a terra.
«Ehi, Gilbert che cos’hai?» chiese, preoccupato.
Francis era tutto impegnato ad esaminare la coppia di cacciatori di vampiri, ma all’udire il richiamo di Antonio volse indietro la testa: l’albino non aveva una bella cera, neppure per un cadavere semovente.
«Sembra che tu abbia appena visto un fantasma» lo prese in giro il francese, stirando le labbra in modo da mostrare i canini.
Prussia si fece forza ed avanzò di nuovo, andando ad aggrapparsi al corrimano mentre guardava di sotto un’altra volta.
La sua espressione non sembrava molto migliorata - anzi, nel riportare gli occhi sui cacciatori parve peggiorare ulteriormente.
«Quello... è il mio fratellino» disse stravolto, come se non credesse a ciò che la sua vista gli stava mostrando.
Ad essere sconvolti, stavolta, furono gli altri due.
Rating: Rosso
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Feliciano Veneziano Vargas (Nord Italia), Francis Bonnefoy (Francia), Gilbert Beilschmidt (Prussia), Ludwig (Germania)
Wordcount: 2019 (
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Prompt: 122. Estraneo misterioso @
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Note: Incest, Vampire!AU, Yaoi
Al villaggio c’era un gran movimento. La differenza rispetto al normale era assai evidente: di solito l’unica zona in cui c’erano molte persone era l’estrema periferia della città dove si concentravano i tuguri adibiti a luoghi di prostituzione. Quella notte, invece, c’era un gran via vai di persone che si affrettavano - almeno in apparenza - verso lo stesso luogo: una taverna molto conosciuta e frequentata, la “Luna Rossa”.
Antonio scoperchiò la propria bara con una ginocchiata piuttosto forte. Il coperchio si sollevò di scatto con un rumore di cardini cigolanti che echeggiò contro le pareti ed il soffitto del sotterraneo. A seguire ci fu il rumore del battente che, ribaltatosi totalmente all'esterno, sbatteva vigorosamente contro il supporto in pietra del feretro.
Fernandez si levò a sedere come se niente fosse e si stiracchiò, sbadigliando tanto scompostamente da far vedere i canini, più lunghi ed affilati del normale a causa dell'enorme sete che lo attanagliava.
Lo spagnolo si toccò i denti con una delicatezza tale che pareva stesse accarezzandoli con affetto. Il suo sguardo sofferente era esplicativo del suo immenso bisogno.
Vicino a lui si aprirono anche le bare di Francis e Gilbert, che si erano anch'essi appena destati.
«Che sete...» bofonchiò Gilbert, sollevandosi dal feretro ed uscendo fuori, poggiando i piedi sul pavimento di grossi blocchi di pietra scura «Devo bere sangue assolutamente, non resisto...!».
«Hai veramente pochissima resistenza!» commentò in tono snob Francis, arricciando il naso come se avesse percepito un odore particolarmente sgradevole ed in effetti era proprio così: «Si sente soltanto l'odore della muffa!».
«Ho bisogno di sentire odore di sangue...!» sospirò Antonio, uscendo dal suo feretro.
«Io ho bisogno di sentire il sapore del sangue!» ringhiò spazientito Gilbert, emettendo un roco ringhio gutturale che lo fece somigliare molto ad un predatore.
«Sei intrattabile quando hai sete!» sbottò Francis irritato «Aspetta un po', non hai sete soltanto te, sai?! E se non ti calmi spaventerai gli umani!».
Il prussiano si rilassò un po', addolcendo l'atteggiamento.
«Ecco, così va meglio» fece il Bonnefoy, soddisfatto «E ora andiam...».
«Non si può» lo interruppe Fernandez triste.
Gli altri due si girarono improvvisamente a guardarlo.
«Cosa?» esclamarono in coro Francis e Gilbert.
«Non l'avete sentito?» domandò Antonio, guardando gli altri due con perplessità, come se fossero all'oscuro di una cosa sciocca e banale, una conoscenza comune a tutti «Dicono che in paese sia arrivato un gruppetto di ammazza-vampiri».
«Ammazza-vampiri?» ripeté Francis, inarcando un sopracciglio.
«Esistono ancora?!» aggiunse Gilbert «Credevo che ora ad occuparsi di quelli come noi fosse quella... come si chiama... l'Interrogatorio».
«L'Inquisizione, semmai» lo corresse il Carriedo, abbozzando un sorriso.
«Sì, quella lì» liquidò in tono spiccio e noncurante il Beilschmidt.
Lo spagnolo riprese la parola: «Non so niente di questi ammazza-vampiri. So solo quello che mi ha detto una delle prostitute che ho morso due giorni fa, e cioè che gli ammazza-vampiri sono due e, secondo le voci che girano, sono anche discretamente belli».
«Belli? Come fanno ad essere belli?!» esclamò Francis, esterrefatto «Cioè, gli ammazza-vampiri di solito sono pieni di cicatrici, graffi, segni di qualche tipo. Non possono essere belli!».
Sembrava oltraggiato dall'evenienza che i loro cacciatori potessero essere in qualche maniera affascinanti. Nel suo immaginario molto probabilmente i cacciatori di vampiri dovevano essere - in virtù del loro lavoro - fisicamente deturpati.
Gilbert sorrise di sghembo con fare ammiccante.
«Allora che ne dita di andare a dare un'occhiata...?» propose. Dal tono sembrava entusiasta della sua stessa proposta ed impaziente di recarsi in città.
Antonio si strinse nelle spalle, palesemente indeciso. Tra tutti e tre pareva il meno propenso a mettere il naso fuori del castello finché la minaccia non fosse cessata e gli ammazza-vampiri ripartiti. Sembrava disposto persino a morire di sete e perdere totalmente o quasi il controllo pur di non venire impalato.
Fece per dire qualcosa, ma Francis lo precedette: «Sì, voglio andare a vedere. Devo vedere se sono davvero così belli come dicono!».
«Non vorrai mica prenderne uno come compagno?!» fece Gilbert, disgustato. Non aveva molta stima dei vampiri che prendevano come compagni persone ancora umane e vive. A suo parere era una cosa fuori natura: i vampiri dovevano stare con i vampiri e gli umani con gli umani. Mischiarli era qualcosa che non doveva accadere mai.
Il Bonnefoy sorrise stirando le labbra, gli occhi cobalto che sfavillavano di una strana bramosia. Sembrava immaginare chissà quale cosa strana e perversa.
«Be', dipende da quanto sono belli...» ammise.
Il prussiano gli rivolse un'occhiata di sbieco colma di disprezzo, ma Antonio precedette ogni suo rimprovero: «Allora che cosa volete fare? Andiamo...? Decidetevi, comincio a non riuscire a resistere alla necessità di bere...».
Se avessero deciso di non uscire, oltre ad essere molto felice, sarebbe andato a prosciugare le provviste di sangue che tenevano da parte per occasioni particolari.
«Allora direi di andare a cenare» esclamò il francese congiungendo la punta delle dita con una certa esaltazione.
«D'accordo. Ho troppa sete per starmene ancora qui a rimuginare» asserì il vampiro dai capelli bianchi, gli occhi di brace carichi di bisogno.
Al suo fianco, Antonio annuì con un gesto del capo.
«Trés bien! Allora andiamo!».
Ed il terzetto si mosse.
Uscirono dal sotterraneo dove custodivano le loro bare ed attraversarono il castello buio e decadente che avevano occupato quand'erano arrivati in quella zona e si diressero verso il villaggio.
Al villaggio c’era un gran movimento. La differenza rispetto al normale era assai evidente: di solito l’unica zona in cui c’erano molte persone era l’estrema periferia della città dove si concentravano i tuguri adibiti a luoghi di prostituzione. Quella notte, invece, c’era un gran via vai di persone che si affrettavano - almeno in apparenza - verso lo stesso luogo: una taverna molto conosciuta e frequentata, la “Luna Rossa”.
Era un locale che Gilbert, Antonio e Francis conoscevano.
Una volta giunti nella cittadina, seguirono il flusso di persone costeggiando la strada principale, sgusciando attraverso le ombre nelle stradicciole umide e sporche tra le case. Grazie al loro udito sopraffino colsero più di uno stralcio di conversazione.
«Vengono dal continente ed hanno già ucciso più di un mostro...»
«La Chiesa si è affidata molte volte a loro...»
«Ho sentito dire che sono infallibili!»
«Ci sono mostri così terribili qui intorno...? Oh, Signore proteggici...!».
Affianco a discorsi del genere vi erano commenti decisamente molto più frivoli che venivano dalle fanciulle in tenera età e furono le chiacchiere che più attirarono l’attenzione di Francis.
«Dicono che siano veramente belli»
«Ho sentito che uno di loro ha un fisico stupendo»
«Nemmeno una cicatrice! Niente! Sono perfetti».
«Se non ne hanno davvero, allora provvederò io personalmente a lasciar loro la prima» sibilò a denti stretti Francis mentre si lasciava superare da Antonio nel saltare sopra una casetta fatiscente.
«Sei geloso?» indagò quest’ultimo, voltandosi a guardarlo da sopra una spalla «Tu hai la vita eterna e loro no, alla fine sarai comunque più bello...».
«Lo so, però è fastidioso sentirle parlare così» fu la replica seccata.
Nel frattempo Gilbert, in testa al gruppo, seguiva a distanza un discorso che aveva attirato particolarmente la sua attenzione.
«Quello più robusto ha i capelli biondi chiarissimi e gli occhi azzurri. Sembra un cavaliere con il suo portamento fiero e l’atteggiamento austero» aveva sentito dire da una donna.
«Forse lo è» aveva dichiarato un’altra donna.
«Ma no, non è possibile. Non si vestirebbe mai come noi povera gente... piuttosto, il suo compagno sembrerebbe di rango più alto...».
“Capelli biondi chiarissimi ed occhi azzurri”. Quella descrizione aveva un’eco nella sua memoria, qualcosa - o forse era più giusto dire “qualcuno” - che lui sapeva essere importante ma la cui forma ed identità gli sfuggiva di un soffio. Era un ricordo che chissà per quanto tempo aveva tenuto sepolto nella sua mente e che, adesso che veniva sollecitato ad uscire, non riusciva a farlo.
Era troppo lontano nel tempo - anche se per lui il tempo era solo un fattore relativo, data la sua condizione.
«Gilbert, attento!».
Il richiamo di Antonio riportò l’albino alla realtà e gli impedì di andare a sbattere violentemente contro un muro. Non che lui rischiasse di farsi male, ma probabilmente il muro sarebbe crollato per l’impatto ed il rumore avrebbe attirato attenzioni che i tre vampiri non gradivano affatto in quel frangente.
«Ehi, che intenzioni avevi? Non l’hai visto il muro...?» chiese lo spagnolo, fermandosi vicino a lui e posandogli una mano sulla spalla, guardandolo dritto negli occhi rossi.
«Niente, mi sono distratto un attimo» si giustificò frettolosamente il prussiano «Stavo ascoltando gli umani».
«Sento un gran vociare poco più avanti, non deve mancare molto» intervenne Francis.
Gli altri due annuirono, quindi il terzetto riprese a muoversi.
L’ingresso alla Luna Rossa era gremito di persone. La folla si accalcava davanti alla porta come un gruppo di formiche, spintonandosi a vicenda per cercare di farsi posto.
I tre vampiri si fermarono sul tetto e sbirciarono di sotto.
«I nuovi arrivati devono essere qui dentro...» disse il Bonnefoy, lanciando un’occhiata al pavimento sotto i suoi piedi «Cerchiamo di entrare dalla porta principale?» aggiunse.
«Io direi di provare ad infiltrarci dalla finestra del piano superiore...» dichiarò il Carriedo entusiasta. Chissà quali incredibili avventure si immaginava di vivere intrufolandosi dalla finestra superiore di una taverna.
«Gilbert, tu che dici...?» chiese lo spagnolo speranzoso.
Il Beilschmidt esaminò ancora per qualche istante la folla sottostante, infine si volse a guardare i due compagni e disse: «Entriamo dalla finestra».
«Sì!» esultò Antonio.
All’angolo tra il lato che dava sulla strada e quello che dava su una stradicciola laterale, i tre vampiri trovarono una finestra aperta e decisero di usare quella come porta d’ingresso alternativa. Il problema del morire nel caso in cui precipitassero per sbaglio non si poneva affatto, poiché erano tutti già morti da tempo. Sarebbe stato un bel guaio se, invece, nel cadere avessero fatto un tale rumore da attirare l’attenzione degli uomini; tuttavia, ciò non accadde.
Erano abbastanza abituati a muoversi in modo accorto e agile ed entrare da una finestra non si rivelò particolarmente difficile.
Una volta all’interno, si ritrovarono al piano superiore della taverna. Questo era costituito da un pianerottolo di legno che correva tutto attorno alla sala sottostante, lasciata scoperta. In questo modo dalla posizione dei tre era possibile osservare dall’alto quanto si stava consumando al pianterreno del locale senza essere visti né disturbati - a meno che qualcuno non avesse alzato lo sguardo, ma grazie all’attrazione di quella notte ciò sarebbe stato alquanto improbabile.
«Finalmente potrò vedere chi sono questi ammazza-vampiri così belli...» disse Francis, iniziando a perlustrare la folla in cerca dei suoi obiettivi.
«Sono laggiù» disse Antonio, allungando un braccio per indicarli all’amico.
Anche gli occhi di Gilbert si spostarono rapidamente verso il punto indicato dallo spagnolo. Sembrava ansioso di scoprire l’identità dei loro cacciatori, forse addirittura più degli altri due.
Fu così che i suoi occhi di brace incontrarono la figura del giovanotto dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Indossava una casacca marrone fermata in vita da un cinturone di pelle ed un paio di logori pantaloni dello stesso colore infilati in un paio di alti stivali neri. Anche attraverso quei cenci si riusciva ad intravedere il fisico prestante.
La sua espressione altera mentre sorseggiava della birra dal boccale che reggeva nella mano sinistra era in qualche modo addolcita da qualcosa di non percettibile concretamente. Probabilmente era il suo compagno la fonte di ciò. Quest’ultimo era un ragazzetto coi capelli castani e l’espressione beata che sedeva scompostamente sulla sedia. Portava una camicia bianca ed un paio di pantaloncini color terra che gli arrivavano fino al ginocchio. Il polpaccio era coperto da calze bianche e ai piedi calzava scarpe di un certo pregio.
Doveva essere lui il giovanotto che sembrava appartenere ad uno status sociale più elevato e, in effetti, fu l’impressione che ebbe anche il Beilschmidt.
Quest’ultimo, tuttavia, non si soffermò particolarmente sul castano. La sua attenzione fu catalizzata tutta dal biondo.
Gilbert sgranò gli occhi ed aprì la bocca, senza però emettere alcun suono. La sua espressione si tramutò da curiosa in sconcertata. Arretrò di mezzo passo mentre la memoria di colpo gli rovesciava addosso una sequenza apparentemente infinita di ricordi che fino ad allora aveva tenuti confinati in un remoto angolo della sua mente.
Nel vederlo retrocedere con la coda dell’occhio, Fernandez gli posò una mano sulla schiena per sostenerlo, temendo che stesse per stramazzare a terra.
«Ehi, Gilbert che cos’hai?» chiese, preoccupato.
Francis era tutto impegnato ad esaminare la coppia di cacciatori di vampiri, ma all’udire il richiamo di Antonio volse indietro la testa: l’albino non aveva una bella cera, neppure per un cadavere semovente.
«Sembra che tu abbia appena visto un fantasma» lo prese in giro il francese, stirando le labbra in modo da mostrare i canini.
Prussia si fece forza ed avanzò di nuovo, andando ad aggrapparsi al corrimano mentre guardava di sotto un’altra volta.
La sua espressione non sembrava molto migliorata - anzi, nel riportare gli occhi sui cacciatori parve peggiorare ulteriormente.
«Quello... è il mio fratellino» disse stravolto, come se non credesse a ciò che la sua vista gli stava mostrando.
Ad essere sconvolti, stavolta, furono gli altri due.