Giustizia privata
Jul. 14th, 2013 09:26 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Giustizia privata
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: 4!Dante, DmC!Dante
Wordcount: 1873 (
fiumidiparole)
Prompt: 379. Perso nei sogni @
500themes_ita + wTunes Playlist / #03 - When you fall through a past that steals your sleep @
diecielode
Note: Age difference, Lemon, Linguaggio, Selfcest, Yaoi
Dante sollevò con scetticismo entrambe le pallide sopracciglia albine nel trovarsi davanti in carne ed ossa quell'immagine così familiare per la sua memoria.
«È uno scherzo?» chiese stupidamente, stirando le labbra in un sorriso di incredulità.
«Uno scherzo?! Io vorrei sapere se quelli sono uno scherzo!» fu la secca replica che ottenne dal moro, il quale indicò con un brusco cenno della mano i capelli bianchi dell'uomo.
«Non è possibile, cazzo!».
Dante sobbalzò nell'avvertire un paio di mani che sbattevano con vigore sulla sua scrivania, accompagnate da un grido. La voce era maschile e giovane e per qualche motivo aveva una sorta di eco nella sua testa.
Sollevò la rivista che gli era caduta sul viso quando si era appisolato - non avrebbe saputo dire con precisione quanto tempo prima - e alzò gli occhi a vedere chi diavolo avesse il coraggio di entrare nella sua agenzia e mettersi a sbraitargli in faccia.
Si trovò a guardare un giovincello dai capelli neri rasati corti attorno alla testa e con un cespuglietto irto e folto di chioma sulla sommità. Indossava una lunga felpa grigia col cappuccio rosso ed una canotta aderente - anch'essa grigia - e calzava jeans blu. Gli abiti avevano l'aria di averne passate veramente di tutti i colori.
Il viso era magro, dai lineamenti virili e giovani. Un paio di abissi di ghiaccio dardeggianti d'ira lo fissavano sormontati da folte sopracciglia nere che davano al suo cipiglio un che di ulteriormente furioso.
Dante sollevò con scetticismo entrambe le pallide sopracciglia albine nel trovarsi davanti in carne ed ossa quell'immagine così familiare per la sua memoria.
«È uno scherzo?» chiese stupidamente, stirando le labbra in un sorriso di incredulità.
«Uno scherzo?! Io vorrei sapere se quelli sono uno scherzo!» fu la secca replica che ottenne dal moro, il quale indicò con un brusco cenno della mano i capelli bianchi dell'uomo.
Dall'espressione sembrava orripilato.
«Non posso credere che tu sia me! Quanti anni hai?!» sbottò di nuovo il ragazzo in tono aggressivo.
«Ehi, calma. Non sono così vecchio» asserì l'uomo in tono stizzito.
«E allora perché hai quegli orribili capelli bianchi?!».
Era stato il suo periodo peggiore quello e a distanza di anni lo capiva sempre di più: era troppo affezionato a quei capelli neri che lo differenziavano da suo fratello Vergil e che erano una delle caratteristiche che lo facevano apparire attraente agli occhi delle ragazze.
«Perché sono un mezzo demone?» replicò con un'alzata di spalle il più grande, come se fosse una constatazione piuttosto ovvia «Non posso farci niente, okay? E nemmeno tu: prima o poi succederà, quindi non farne un dramma» aggiunse.
L'altro Dante era a dir poco livido in viso.
«Sai, devo ammettere di essermi dimenticato quant'ero carino alla tua età...» esclamò il più vecchio, alzandosi dalla sedia ed aggirando la scrivania.
Il moro lo seguì con gli occhi, voltandosi assieme a lui e fermandosi quando se lo trovò davanti immobile.
Fece per accarezzargli i capelli, ma il ragazzo gli bloccò il braccio, al che l'albino rispose strattonando l'arto di modo che il suo interlocutore cadesse contro il suo petto. Fu esattamente quel che successe, poiché il giovane fu colto alla sprovvista dal gesto e non riuscì a mantenere l'equilibrio; pertanto gli rovinò addosso, cadendo dritto nella sua trappola.
Il suo torace era ampio, muscoloso e duro al contatto, ma anche incredibilmente caldo. Lui aveva una notevole prestanza fisica, ma doveva ammettere che la sua era migliore e ciò gli rodeva terribilmente. Per di più, la larghezza delle sue spalle non era paragonabile a quella delle spalle dell'albino, il che lo portava in vantaggio rispetto a lui. La cosa non sfuggì al più grande, dato che serrò con una morsa d'acciaio il più giovane contro di sé.
Con una gamba gli allargò le sue, strusciando la coscia contro il cavallo dei suoi pantaloni.
«Lasciami andare, cazzo!» sbottò inviperito il moro, divincolandosi con ferocia, cercando anche di scalciare. Non gli sarebbe dispiaciuto per niente se gli avesse fatto del male nel tentativo di riguadagnarsi la libertà - anzi, tutt'altro.
Sul viso dell'albino comparve una smorfia scettica.
«Ce l'avevo per davvero così piccolo alla tua età...?» si domandò a voce alta in tono perplesso e del tutto innocente.
L'unione tra il quesito ed il tono utilizzato nel porlo fece letteralmente imbestialire il Dante più giovane: non poteva prendersi la libertà di giudicare la grandezza del suo attrezzo, nemmeno se era un altro se stesso.
Pestò con foga un piede del più grande, il quale emise un grido acuto di dolore mentre cercava di arretrare trascinandosi dietro il suo aggressore. Purtroppo il peso morto del ragazzo ed il dolore gli impedirono di fare più di un paio di passi, dopo i quali cadde sdraiato sul pavimento sbattendo il sedere.
«Ahio!» esclamò mordendosi il labbro inferiore, portandosi entrambe le mani all'altezza del coccige, massaggiandosi la parte finale della spina dorsale, che aveva incassato tutto il contraccolpo.
Il moro approfittò di quel suo momento di distrazione, ma anziché allontanarsi e mettersi al sicuro dalla sua presa lo afferrò per le spalle e lo sbatté sdraiato sul pavimento, digrignando i denti.
«Oh...!» iniziò a dire il più grande, ma a sorpresa l'altro lo mise a tacere con un vigoroso bacio sulle labbra al quale subentrarono successivamente morsi e leccate tutt'altro che discrete.
L'albino non era immune al fascino maschile, fatto del quale il minore non era stato messo a conoscenza; tuttavia, non sembrava rappresentare un problema per lui il fatto di essere entrambi maschi e separati da una notevole quantità di anni.
Il moro aveva dalla sua la sicurezza di onnipotenza tipica dell'età adolescenziale e per di più - e l'altro non poté non stirare le labbra in un abbozzo di sorriso - lui personalmente in quel periodo era particolarmente arrogante.
Riusciva a sentire l'atteggiamento prepotente del suo partner nel suo modo di baciarlo, ma la foga che ci metteva riusciva anche ad eccitarlo.
Con le mani gli accarezzò le cosce e risalì poi fino ai suoi fianchi. Con presa stoica lo afferrò e lo spostò a cavallo del suo inguine.
Il Dante più giovane si accorse così della reazione che l'altro stava avendo alle sue attenzioni e non poté fare a meno di compiacersi del risultato.
«Vuoi che continui?» domandò con voce sommessa, volutamente calda e provocante. Nel porre il quesito si era piegato a sussurrarlo nell'orecchio dell'albino, nel quale quel timbro sexy portò ad un brivido lungo la schiena che gli strappò un respiro profondo e tremulo dalle labbra.
Voleva che glielo chiedesse. Doveva ammettere che gli stava piacendo.
Il più grande si umettò le labbra, chiudendo le palpebre.
«Va' avanti, ragazzo. Forza» lo esortò con un tono misto di desiderio e sofferenza che appagò l'ego smisurato dell'adolescente, spingendolo ad accontentarlo.
Si accomodò sulle sue cosce per potergli agilmente slacciare la cintura ed aprire la zip che chiudevano i suoi pantaloni. Sotto di sé avvertì le gambe dell'altro inarcarsi a sollevare il sedere dal pavimento, facilitandogli la rimozione dei pantaloni e degli slip, che abbassò fino a metà cosce.
Il suo pene era mezzo eretto e giaceva orizzontalmente tra le sue gambe, in attesa delle dovute attenzioni.
Il moro gli afferrò il sesso ed iniziò a muovere con vigore la mano, su e giù, osservando il volto dell'altro per leggere le espressioni che vi comparivano sopra. Quella che più spesso si ripresentava era senza dubbio quella che denotava puro piacere fisico.
Respirava affannosamente ed ansimava pesantemente, emettendo gemiti a voce alta e ben udibile.
L'altro percepiva il proprio pene indurirsi nei propri pantaloni mentre procedeva, eccitato dai rumori del più vecchio.
Quando ne ebbe abbastanza ed il suo sesso fu sufficientemente eretto da cominciare a fargli desiderare qualcosa di più, scese dal corpo del compagno e lo costrinse a voltarsi prono, al che lui si mise carponi sul pavimento mostrandogli il fondoschiena nudo e tonico come i suoi pettorali.
«Fammi vedere di cosa sei capace» lo provocò quest'ultimo, lanciandogli un'occhiata da sopra una spalla.
Il minore non era certamente di temperamento incline a rifiutare la sfida, sicuro di essere all'altezza. Voleva farlo godere fino a farlo supplicare di fargli raggiungere l'orgasmo, così ci avrebbe pensato due volte prima di mettere di nuovo in discussione le dimensioni del suo organo riproduttore.
«Con piacere» esclamò mentre si leccava indice e medio.
La preparazione alla penetrazione fu di brevissima durata e servì solo a far aumentare la tensione all'appagamento della brama sessuale di entrambi.
Una volta fatto ciò, il moro si denudò rapidamente l'erezione ed utilizzò pollice ed indice per manovrare il suo sesso turgido in modo da penetrare l'albino.
Nel varcare la sua apertura il più grande emise un gridolino di dolore misto a piacere: la preparazione non era servita a molto.
Il ragazzo entrò fin dove gli era possibile; poi cominciò a spingersi dentro impartendo spinte col bacino. Iniziarono ad oscillare seguendo il ritmo delle spinte, mentre il Dante più vecchio si metteva una mano sull'erezione nuda per masturbarsi.
L'altro godeva nel farsi strada nel suo corpo con la forza, riuscendo a strappargli acuti gemiti.
Si protese in avanti e gli tolse la mano dall'erezione, sostituendola con la propria; in questo modo il più grande si ritrovò totalmente alla mercé delle attenzioni del suo sosia più giovane.
«Oh, ragazzo...» sospirò, inarcando all'indietro il collo e chiudendo gli occhi.
Il moro decelerò il ritmo della masturbazione, notando subito un'impennata negli ansiti e negli spasmi che facevano vibrare il corpo del suo partner.
Quest'ultimo bruciava di un desiderio così forte che rallentare il suo lavoro di mano non faceva che acuire terribilmente.
«Più forte, ragazzo» esalò quasi senza fiato, cercando senza successo di riprendere il controllo quantomeno della masturbazione.
La tensione muscolare nelle cosce era tale da fargli male. Doveva arrivare all'orgasmo.
«Scordatelo» fu la risposta che si sentì rivolgere con voce calda e piena di malizia.
L'uomo non ce la faceva più a sopportare l'evidente disparità di ritmo.
«Fammi venire» supplicò.
«E perché dovrei?»
«Perché non ce la faccio più...».
Fu una risposta sufficiente per il moro, il quale accelerò bruscamente il ritmo, portando nel giro di poco il compagno all'orgasmo. Questo venne producendo un ansito più forte degli altri, eiaculando violentemente. Il suo sperma macchiò la mano del minore e schizzò sul pavimento.
Con un sospiro di sollievo rilassò la schiena, ma il ragazzo non gli diede materialmente tempo di allentare la tensione, perché lui venne in quel preciso momento, riversando nel suo corpo il proprio seme. L'albino fu sul punto di eccitarsi di nuovo, ma i muscoli delle gambe si rifiutarono di collaborare e lui cadde disteso prono sul pavimento, ansimante ed esausto.
Il Dante più giovane uscì da lui e si rialzò lentamente, guardandolo dall'alto in basso.
«Spero che tu abbia capito che il mio attrezzo è delle dimensioni giuste» esclamò con espressione sprezzante.
Dante si svegliò di colpo, sollevando la testa e guardandosi intorno: l'ufficio era vuoto e lui era seduto alla scrivania, dove si era addormentato la sera avanti con i piedi incrociati ed appoggiati sopra il piano di legno davanti a lui, come al solito. La rivista che stava leggendo prima di appisolarsi gli scivolò dal torace e cadde a terra, ma lui non vi prestò attenzione: era ancora concentrato sul sogno che aveva appena fatto.
Era stato così vivido e appassionato che si meravigliava fosse stato solamente un sogno - difatti lui cercava il suo sé del passato in giro per la stanza.
Si raddrizzò sulla poltroncina e si guardò i pantaloni: notava il rigonfiamento del suo pene tipico di quando si eccitava, anche se sentiva il sesso solo leggermente duro.
Si alzò constatando con piacere che - al contrario del sé del sogno - le sue gambe erano perfettamente in grado di sostenerlo; pertanto si diresse verso il bagno, dove avrebbe potuto dare almeno un po' di soddisfazione al suo pene duro protetto dall'intimità caratteristica della stanza in questione.
«Peccato che fosse solo un sogno: è stato bellissimo» commentò tra sé e sé affranto, varcando la soglia del bagno con una mano che già si dava da fare per allentare e rimuovere la cintura.
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: 4!Dante, DmC!Dante
Wordcount: 1873 (
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Prompt: 379. Perso nei sogni @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
Note: Age difference, Lemon, Linguaggio, Selfcest, Yaoi
Dante sollevò con scetticismo entrambe le pallide sopracciglia albine nel trovarsi davanti in carne ed ossa quell'immagine così familiare per la sua memoria.
«È uno scherzo?» chiese stupidamente, stirando le labbra in un sorriso di incredulità.
«Uno scherzo?! Io vorrei sapere se quelli sono uno scherzo!» fu la secca replica che ottenne dal moro, il quale indicò con un brusco cenno della mano i capelli bianchi dell'uomo.
«Non è possibile, cazzo!».
Dante sobbalzò nell'avvertire un paio di mani che sbattevano con vigore sulla sua scrivania, accompagnate da un grido. La voce era maschile e giovane e per qualche motivo aveva una sorta di eco nella sua testa.
Sollevò la rivista che gli era caduta sul viso quando si era appisolato - non avrebbe saputo dire con precisione quanto tempo prima - e alzò gli occhi a vedere chi diavolo avesse il coraggio di entrare nella sua agenzia e mettersi a sbraitargli in faccia.
Si trovò a guardare un giovincello dai capelli neri rasati corti attorno alla testa e con un cespuglietto irto e folto di chioma sulla sommità. Indossava una lunga felpa grigia col cappuccio rosso ed una canotta aderente - anch'essa grigia - e calzava jeans blu. Gli abiti avevano l'aria di averne passate veramente di tutti i colori.
Il viso era magro, dai lineamenti virili e giovani. Un paio di abissi di ghiaccio dardeggianti d'ira lo fissavano sormontati da folte sopracciglia nere che davano al suo cipiglio un che di ulteriormente furioso.
Dante sollevò con scetticismo entrambe le pallide sopracciglia albine nel trovarsi davanti in carne ed ossa quell'immagine così familiare per la sua memoria.
«È uno scherzo?» chiese stupidamente, stirando le labbra in un sorriso di incredulità.
«Uno scherzo?! Io vorrei sapere se quelli sono uno scherzo!» fu la secca replica che ottenne dal moro, il quale indicò con un brusco cenno della mano i capelli bianchi dell'uomo.
Dall'espressione sembrava orripilato.
«Non posso credere che tu sia me! Quanti anni hai?!» sbottò di nuovo il ragazzo in tono aggressivo.
«Ehi, calma. Non sono così vecchio» asserì l'uomo in tono stizzito.
«E allora perché hai quegli orribili capelli bianchi?!».
Era stato il suo periodo peggiore quello e a distanza di anni lo capiva sempre di più: era troppo affezionato a quei capelli neri che lo differenziavano da suo fratello Vergil e che erano una delle caratteristiche che lo facevano apparire attraente agli occhi delle ragazze.
«Perché sono un mezzo demone?» replicò con un'alzata di spalle il più grande, come se fosse una constatazione piuttosto ovvia «Non posso farci niente, okay? E nemmeno tu: prima o poi succederà, quindi non farne un dramma» aggiunse.
L'altro Dante era a dir poco livido in viso.
«Sai, devo ammettere di essermi dimenticato quant'ero carino alla tua età...» esclamò il più vecchio, alzandosi dalla sedia ed aggirando la scrivania.
Il moro lo seguì con gli occhi, voltandosi assieme a lui e fermandosi quando se lo trovò davanti immobile.
Fece per accarezzargli i capelli, ma il ragazzo gli bloccò il braccio, al che l'albino rispose strattonando l'arto di modo che il suo interlocutore cadesse contro il suo petto. Fu esattamente quel che successe, poiché il giovane fu colto alla sprovvista dal gesto e non riuscì a mantenere l'equilibrio; pertanto gli rovinò addosso, cadendo dritto nella sua trappola.
Il suo torace era ampio, muscoloso e duro al contatto, ma anche incredibilmente caldo. Lui aveva una notevole prestanza fisica, ma doveva ammettere che la sua era migliore e ciò gli rodeva terribilmente. Per di più, la larghezza delle sue spalle non era paragonabile a quella delle spalle dell'albino, il che lo portava in vantaggio rispetto a lui. La cosa non sfuggì al più grande, dato che serrò con una morsa d'acciaio il più giovane contro di sé.
Con una gamba gli allargò le sue, strusciando la coscia contro il cavallo dei suoi pantaloni.
«Lasciami andare, cazzo!» sbottò inviperito il moro, divincolandosi con ferocia, cercando anche di scalciare. Non gli sarebbe dispiaciuto per niente se gli avesse fatto del male nel tentativo di riguadagnarsi la libertà - anzi, tutt'altro.
Sul viso dell'albino comparve una smorfia scettica.
«Ce l'avevo per davvero così piccolo alla tua età...?» si domandò a voce alta in tono perplesso e del tutto innocente.
L'unione tra il quesito ed il tono utilizzato nel porlo fece letteralmente imbestialire il Dante più giovane: non poteva prendersi la libertà di giudicare la grandezza del suo attrezzo, nemmeno se era un altro se stesso.
Pestò con foga un piede del più grande, il quale emise un grido acuto di dolore mentre cercava di arretrare trascinandosi dietro il suo aggressore. Purtroppo il peso morto del ragazzo ed il dolore gli impedirono di fare più di un paio di passi, dopo i quali cadde sdraiato sul pavimento sbattendo il sedere.
«Ahio!» esclamò mordendosi il labbro inferiore, portandosi entrambe le mani all'altezza del coccige, massaggiandosi la parte finale della spina dorsale, che aveva incassato tutto il contraccolpo.
Il moro approfittò di quel suo momento di distrazione, ma anziché allontanarsi e mettersi al sicuro dalla sua presa lo afferrò per le spalle e lo sbatté sdraiato sul pavimento, digrignando i denti.
«Oh...!» iniziò a dire il più grande, ma a sorpresa l'altro lo mise a tacere con un vigoroso bacio sulle labbra al quale subentrarono successivamente morsi e leccate tutt'altro che discrete.
L'albino non era immune al fascino maschile, fatto del quale il minore non era stato messo a conoscenza; tuttavia, non sembrava rappresentare un problema per lui il fatto di essere entrambi maschi e separati da una notevole quantità di anni.
Il moro aveva dalla sua la sicurezza di onnipotenza tipica dell'età adolescenziale e per di più - e l'altro non poté non stirare le labbra in un abbozzo di sorriso - lui personalmente in quel periodo era particolarmente arrogante.
Riusciva a sentire l'atteggiamento prepotente del suo partner nel suo modo di baciarlo, ma la foga che ci metteva riusciva anche ad eccitarlo.
Con le mani gli accarezzò le cosce e risalì poi fino ai suoi fianchi. Con presa stoica lo afferrò e lo spostò a cavallo del suo inguine.
Il Dante più giovane si accorse così della reazione che l'altro stava avendo alle sue attenzioni e non poté fare a meno di compiacersi del risultato.
«Vuoi che continui?» domandò con voce sommessa, volutamente calda e provocante. Nel porre il quesito si era piegato a sussurrarlo nell'orecchio dell'albino, nel quale quel timbro sexy portò ad un brivido lungo la schiena che gli strappò un respiro profondo e tremulo dalle labbra.
Voleva che glielo chiedesse. Doveva ammettere che gli stava piacendo.
Il più grande si umettò le labbra, chiudendo le palpebre.
«Va' avanti, ragazzo. Forza» lo esortò con un tono misto di desiderio e sofferenza che appagò l'ego smisurato dell'adolescente, spingendolo ad accontentarlo.
Si accomodò sulle sue cosce per potergli agilmente slacciare la cintura ed aprire la zip che chiudevano i suoi pantaloni. Sotto di sé avvertì le gambe dell'altro inarcarsi a sollevare il sedere dal pavimento, facilitandogli la rimozione dei pantaloni e degli slip, che abbassò fino a metà cosce.
Il suo pene era mezzo eretto e giaceva orizzontalmente tra le sue gambe, in attesa delle dovute attenzioni.
Il moro gli afferrò il sesso ed iniziò a muovere con vigore la mano, su e giù, osservando il volto dell'altro per leggere le espressioni che vi comparivano sopra. Quella che più spesso si ripresentava era senza dubbio quella che denotava puro piacere fisico.
Respirava affannosamente ed ansimava pesantemente, emettendo gemiti a voce alta e ben udibile.
L'altro percepiva il proprio pene indurirsi nei propri pantaloni mentre procedeva, eccitato dai rumori del più vecchio.
Quando ne ebbe abbastanza ed il suo sesso fu sufficientemente eretto da cominciare a fargli desiderare qualcosa di più, scese dal corpo del compagno e lo costrinse a voltarsi prono, al che lui si mise carponi sul pavimento mostrandogli il fondoschiena nudo e tonico come i suoi pettorali.
«Fammi vedere di cosa sei capace» lo provocò quest'ultimo, lanciandogli un'occhiata da sopra una spalla.
Il minore non era certamente di temperamento incline a rifiutare la sfida, sicuro di essere all'altezza. Voleva farlo godere fino a farlo supplicare di fargli raggiungere l'orgasmo, così ci avrebbe pensato due volte prima di mettere di nuovo in discussione le dimensioni del suo organo riproduttore.
«Con piacere» esclamò mentre si leccava indice e medio.
La preparazione alla penetrazione fu di brevissima durata e servì solo a far aumentare la tensione all'appagamento della brama sessuale di entrambi.
Una volta fatto ciò, il moro si denudò rapidamente l'erezione ed utilizzò pollice ed indice per manovrare il suo sesso turgido in modo da penetrare l'albino.
Nel varcare la sua apertura il più grande emise un gridolino di dolore misto a piacere: la preparazione non era servita a molto.
Il ragazzo entrò fin dove gli era possibile; poi cominciò a spingersi dentro impartendo spinte col bacino. Iniziarono ad oscillare seguendo il ritmo delle spinte, mentre il Dante più vecchio si metteva una mano sull'erezione nuda per masturbarsi.
L'altro godeva nel farsi strada nel suo corpo con la forza, riuscendo a strappargli acuti gemiti.
Si protese in avanti e gli tolse la mano dall'erezione, sostituendola con la propria; in questo modo il più grande si ritrovò totalmente alla mercé delle attenzioni del suo sosia più giovane.
«Oh, ragazzo...» sospirò, inarcando all'indietro il collo e chiudendo gli occhi.
Il moro decelerò il ritmo della masturbazione, notando subito un'impennata negli ansiti e negli spasmi che facevano vibrare il corpo del suo partner.
Quest'ultimo bruciava di un desiderio così forte che rallentare il suo lavoro di mano non faceva che acuire terribilmente.
«Più forte, ragazzo» esalò quasi senza fiato, cercando senza successo di riprendere il controllo quantomeno della masturbazione.
La tensione muscolare nelle cosce era tale da fargli male. Doveva arrivare all'orgasmo.
«Scordatelo» fu la risposta che si sentì rivolgere con voce calda e piena di malizia.
L'uomo non ce la faceva più a sopportare l'evidente disparità di ritmo.
«Fammi venire» supplicò.
«E perché dovrei?»
«Perché non ce la faccio più...».
Fu una risposta sufficiente per il moro, il quale accelerò bruscamente il ritmo, portando nel giro di poco il compagno all'orgasmo. Questo venne producendo un ansito più forte degli altri, eiaculando violentemente. Il suo sperma macchiò la mano del minore e schizzò sul pavimento.
Con un sospiro di sollievo rilassò la schiena, ma il ragazzo non gli diede materialmente tempo di allentare la tensione, perché lui venne in quel preciso momento, riversando nel suo corpo il proprio seme. L'albino fu sul punto di eccitarsi di nuovo, ma i muscoli delle gambe si rifiutarono di collaborare e lui cadde disteso prono sul pavimento, ansimante ed esausto.
Il Dante più giovane uscì da lui e si rialzò lentamente, guardandolo dall'alto in basso.
«Spero che tu abbia capito che il mio attrezzo è delle dimensioni giuste» esclamò con espressione sprezzante.
Dante si svegliò di colpo, sollevando la testa e guardandosi intorno: l'ufficio era vuoto e lui era seduto alla scrivania, dove si era addormentato la sera avanti con i piedi incrociati ed appoggiati sopra il piano di legno davanti a lui, come al solito. La rivista che stava leggendo prima di appisolarsi gli scivolò dal torace e cadde a terra, ma lui non vi prestò attenzione: era ancora concentrato sul sogno che aveva appena fatto.
Era stato così vivido e appassionato che si meravigliava fosse stato solamente un sogno - difatti lui cercava il suo sé del passato in giro per la stanza.
Si raddrizzò sulla poltroncina e si guardò i pantaloni: notava il rigonfiamento del suo pene tipico di quando si eccitava, anche se sentiva il sesso solo leggermente duro.
Si alzò constatando con piacere che - al contrario del sé del sogno - le sue gambe erano perfettamente in grado di sostenerlo; pertanto si diresse verso il bagno, dove avrebbe potuto dare almeno un po' di soddisfazione al suo pene duro protetto dall'intimità caratteristica della stanza in questione.
«Peccato che fosse solo un sogno: è stato bellissimo» commentò tra sé e sé affranto, varcando la soglia del bagno con una mano che già si dava da fare per allentare e rimuovere la cintura.