fiamma_drakon: (Dante)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Colti in flagrante
Rating: Rosso
Genere: Erotico
Personaggi: 3!Dante, 3!Vergil, Nevan
Wordcount: 2506 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: 50 Pervertibles / 048. Bacchette @ [livejournal.com profile] kinks_pervs + Gelosia per il p0rn fest #7 @ [livejournal.com profile] fanfic_italia + 74. Tulipano giallo: amore disperato dalla mia cartellina per la Maritombola #5 @ [livejournal.com profile] maridichallenge
Note: Blowjob, Incest, Lemon, Yaoi
Al contrario di lui, Nevan era un'ottima osservatrice; difatti non ci aveva messo molto a notare lo spettatore.
Non appena i loro occhi si incrociarono, la donna si avvide subito dello stato d'animo che traspariva dall'espressione di Vergil e si affrettò a ritrasformarsi in chitarra, onde evitare che lui sfogasse su di lei la propria ira.
Essersi scontrata con Dante una volta le era bastato. Non voleva incappare pure nella violenza dell'altro figlio di Sparda.


Stava iniziando a far buio sul serio e le prime stelle stavano accendendosi nella volta celeste nera e vellutata. Assieme alla notte stava calando anche il freddo tipico delle sere invernali. 
In mezzo ai comuni umani, avvolti in più strati di pesanti abiti e muniti di spesse sciarpe di lana, Vergil camminava indossando i suoi soliti abiti eccentrici e non eccessivamente pesanti che gli attiravano addosso gli sguardi incuriositi e perplessi di tutti i passanti che gli camminavano affianco. 
Lui non soffriva il freddo al pari degli umani purosangue; per questo non si cambiava d'abito, indossandone uno più pesante. In aggiunta a questa motivazione c'era anche il fatto che era affezionato a quegli indumenti perché avevano un che di vagamente aristocratico, proprio come il completo di suo padre Sparda - e poi perché non ne aveva altri da mettere. 
Di norma non usciva quasi mai dall'ufficio di suo fratello se non per andare a cacciare demoni assieme a lui, però quella volta era uscito per andare a comprare la cena. 
Solitamente ci pensava Dante a certe incombenze semplicemente chiamando una pizzeria e facendosi recapitare una pizza a domicilio; tuttavia, Vergil non era un grande amante della pizza come il gemello e quella sera si era imposto per poter mangiare qualcosa di diverso dal consueto. 
«Se vuoi mangiare qualcosa che non sia pizza d'accordo, ma vai a prenderlo tu» era stata la replica di suo fratello, accompagnata da un sorriso di sfida. 
Era tipico di Dante: se la cosa non lo riguardava da vicino, ne incaricava altri. 
«Quello sfaticato, sarebbe dovuto andare lui a prendere la cena visti i suoi gusti difficili...!» rifletté adirato Vergil, occhieggiando la scatola che reggeva in una mano. 
Era andato a prendere la cena del giorno presso un ristorantino orientale che aveva adocchiato qualche giorno prima ed aveva per di più avuto l'accortezza di prendere diverse cose, in modo che anche se suo fratello avesse trovato di che criticare, non avrebbe fatto il digiuno, altrimenti come minimo si sarebbe lamentato per tutta la notte. 
In certe occasioni Vergil si sentiva più un baby-sitter che un fratello maggiore, ma amava così tanto Dante che non ce la faceva a prendersela con lui al punto di lasciarlo. 
Sperava solo che se il pasto non fosse stato di suo gradimento non si lamentasse tanto da fargli saltare i nervi. Abbandonarlo non poteva, ma per picchiarlo non si faceva problemi - anzi, era uno dei loro modi preferiti di comunicare. 
L'albino svoltò nel vicolo dove si trovava l'agenzia di suo fratello. Le luci erano accese e, attraverso le finestre, proiettavano ombre rettangolari bianche sulla strada esterna. 
L'insegna al neon rossa che riportava il nome dell'agenzia brillava sul piccolo portico costeggiato da colonne che sormontava la porta a doppio battente dell'ufficio. La “D” lampeggiava come al solito a scatti intermittenti, esplicitando la necessità che la lampada fosse cambiata - incombenza cui Dante non aveva intenzione di assolvere, perlomeno non nel prossimo futuro. Non aveva abbastanza denaro per sostituire una parte dell'insegna. 
Vergil si accostò alla porta con passi silenziosi, posando la mano libera sulla maniglia. Non si era curato di prendere le chiavi perché in primo luogo suo fratello aveva il vizio di lasciare la porta aperta dato che aveva una tale fiducia nella sua natura di mezzo demone da non temere praticamente nessuno; in secondo luogo perché Vergil non era a conoscenza dell'esistenza stessa di chiavi per quella porta. 
Spinse un battente, aprendolo con nonchalance. 
I suoi occhi caddero subito sulla scrivania, dietro la quale era in genere accomodato suo fratello, intento ad oziare dormendo oppure leggendo qualche rivista porno, in entrambi i casi con gli stivali sozzi di fango ben sistemati sul piano in legno della scrivania. 
Quando però agli occhi dell'albino si offrì la visione della scrivania vuota, fu il suo udito a monopolizzare la sua attenzione e fargli distogliere lo sguardo per dirigerlo da tutt'altra parte: gemiti tutt'altro che casti provenivano da un lato della stanza, più precisamente quello alla sua immediata sinistra. 
Voltando la testa in quella direzione, si trovò davanti suo fratello, abbandonato scompostamente in mezzo al divano, la testa reclinata all'indietro e gli occhi chiusi, la bocca aperta a far uscire numerosi ansiti di piacere assoluto. 
Tra le sue gambe aperte era inginocchiata Nevan, di nuovo nella sua forma demoniaca originale e non come arma. I capelli rosso-arancio le brillavano sotto la luce che illuminava il locale e la pelle blu appariva di un colore molto più delicato e soffuso, elegante. 
La sua bocca stava giocando con il pene eretto di Dante in maniera a dir poco sublime a giudicare dallo stato del ragazzo, che neppure si era accorto del ritorno di suo fratello. 
Al contrario di lui, Nevan era un'ottima osservatrice; difatti non ci aveva messo molto a notare lo spettatore. 
Non appena i loro occhi si incrociarono, la donna si avvide subito dello stato d'animo che traspariva dall'espressione di Vergil e si affrettò a ritrasformarsi in chitarra, onde evitare che lui sfogasse su di lei la propria ira. 
Essersi scontrata con Dante una volta le era bastato. Non voleva incappare pure nella violenza dell'altro figlio di Sparda. 
La chitarra rimase per un attimo dritta sulla base sottile costituita da due punte, poi cadde tra le gambe ancora bene aperte di Dante, l'estremità posata di lato rispetto al suo inguine. 
In quel modo fu chiaramente visibile a Vergil la situazione in cui versava il gemello: aveva lo scroto e l'erezione completamente ricoperti di saliva. Il pene era anche sporco di sperma, segno che aveva già raggiunto l'orgasmo almeno una volta, e costellato di piccole macchioline di pelle arrossata nei punti dove probabilmente i canini acuminati di Nevan avevano fatto maggiore pressione. 
Il padrone di casa aprì gli occhi e vide Vergil in piedi dinanzi a lui, lo sguardo oscurato da un'ombra minacciosa. 
«Oh, sei tornato» commentò semplicemente Dante, senza neppure premurarsi di coprire il suo organo riproduttore «Che hai portato per cena?». 
Vergil irrigidì le spalle e sollevò la testa con aria arrogante. 
«Niente che t'interessi, al momento» rispose tagliente, lasciando cadere a terra la scatola contenente il pasto. Il contenitore - fatto di banalissimo cartone - non riuscì a resistere all'impatto e si aprì, riversando una parte del proprio contenuto all'esterno. 
«Ehi! Così rovini la cena!» protestò Dante, sporgendosi a raccogliere una delle piccole bianche che erano cadute e posarla sul tavolinetto dirimpetto al divano, dove non c'era il rischio che venisse calpestata per errore. 
Dallo sguardo che il gemello gli rivolse parve lampante che non gli importasse niente di ciò. 
Si tolse il cappotto blu di dosso, gettandolo da parte, quindi procedette a togliere gli indumenti che portava sotto di esso. I suoi movimenti erano impetuosi ed era lampante che fosse mosso dalla rabbia. 
Perché gli era toccato in sorte un amore del genere? Era un sentimento disperato considerata la nonchalance con cui la sua controparte si abbandonava ai piaceri carnali assieme a persone che non erano lui. Eppure, lui non si dava per vinto. Sarebbe riuscito a conquistarlo in modo tale che non avrebbe più voluto fare l'amore con nessun altro. 
Per l'ennesima volta, doveva ristabilire il suo predominio su suo fratello, prima che lui si concedesse ad altri ancora. 
Quest'ultimo rimase ad osservarlo finché non fu totalmente nudo e gli si posizionò a cavallo del bacino, ergendosi su di lui in tutta la sua altezza, l'espressione minacciosa. L'erezione di Dante, ancora turgida, premeva contro i suoi testicoli. 
«Come ti permetti di concederti a quella donna mentre io sono fuori a comprare la cena?» domandò. 
Era furioso e dal tono traspariva che stentava a mantenere il controllo della voce. La gelosia lo stava divorando e Dante era perfettamente consapevole di ciò. 
«Nevan è veramente brava per certe cose» sospirò contento, deciso a gettare altra benzina sul fuoco «Capisco perché nostro padre se la faceva con lei». 
Un nervo si contrasse nel collo di Vergil, che non solo doveva sopportare di essere messo in secondo piano rispetto ad una sgualdrina demoniaca, ma anche di tollerare la mancanza di rispetto di suo fratello nei confronti del loro nobile padre. 
Era semplicemente troppo. 
Calò come un falco sulle labbra di Dante, baciandolo con ardore e prepotenza, sfogando almeno in parte la sua rabbia. L'altro gli cinse la schiena e lo attirò a sé, mettendo tutta la passione di cui disponeva nel contatto tra le loro bocche. 
Insinuò la lingua tra le arcate di denti di Vergil, penetrando nella sua bocca e passandola totalmente in rassegna con il proprio muscolo. 
Suo fratello iniziò ad eccitarsi come sempre quando facevano l'amore, anche se una parte di lui rimaneva vigile a se stessa, ricordandogli che doveva vendicarsi della persona che sedeva sotto di lui. 
Avvertì una mano di Dante che scendeva accarezzandogli la spina dorsale, dirigendosi verso il suo posteriore. Gli pizzicò una chiappa con forza, prima di spostare la mano più verso l'interno, dirigendosi verso la sua apertura. 
Ci infilò indice e medio senza preoccuparsi del dolore che gli avrebbe causato senza lubrificazione, godendosi la sensazione del corpo caldo e solido di Vergil che si agitava sopra il suo. 
Il più grande si stava eccitando parecchio, pur continuando a covare dentro il cupo risentimento per le parole pronunciate poco prima dal più piccolo. 
Doveva dimostrargli che anche lui era un partner in grado di mandarlo in estasi tanto quanto lo era Nevan ed anche di più. 
Avvertiva l'erezione del fratello ancora più  distintamente di prima e desiderava il suo corpo, sentirlo tremare e gemere sotto di sé e pregarlo di dargli di più. 
Superando il pensiero del dolore che avrebbe accompagnato quanto stava per fare, Vergil si sollevò leggermente dall'inguine del suo compagno e prese con una mano la sua erezione, cercando di inserirla nel proprio fondoschiena. 
Dante iniziò ad emettere qualche sporadico gemito che somigliava più un muggito che ad altro. Gli piaceva che suo fratello stringesse il suo pene, anche se gli sarebbe piaciuto molto di più se lo avesse masturbato. 
Lavorare alla cieca si rivelò più difficile di quanto Vergil avesse pensato. Il suo tentativo si protrasse tanto a lungo che Dante perse la poca pazienza che aveva. 
«Sei negato, fratellino» esclamò con voce arrochita dal desiderio, mentre penetrava con un gesto secco Vergil. 
Quest'ultimo si irrigidì leggermente e soffocò un gemito di dolore riprendendo a baciare il più piccolo mentre intanto cominciava a muoversi su e giù per far affondare la sua erezione nel proprio sedere. 
I mugolii di Dante aumentarono di volume e di frequenza mentre lui iniziava ad agitarsi sul divano. 
«Oh, sì...! Di più, Vergil! Di più...» ansimò, afferrando la testa del gemello e premendola contro il proprio viso, affondando la lingua nella sua bocca fin quasi a raggiungere la gola. 
Vergil continuò a muoversi, godendo delle aperte manifestazioni di apprezzamento di cui suo fratello lo rendeva partecipe. 
«Adesso continui a dire che quella donna è meglio di me?» volle sapere, separandosi dal minore per guardarlo mentre gli rispondeva. 
Dante si morse il labbro inferiore, calando le palpebre a mezz'asta e sollevando le pupille in uno sguardo inebetito dal piacere. Era un'espressione talmente idiota che Vergil non riuscì a non ridere vedendola. 
«Ohw...» fu tutto quel che riuscì a dire Dante. 
Accorgendosi che era sul punto di venire, il più grande si fermò e si tolse improvvisamente da sopra l'altro. 
Quest'ultimo emise un verso stizzito, raddrizzando la schiena e scoccando un'occhiataccia al fratello. Era irritato dalla mancanza di considerazione appena dimostrata nei riguardi suoi e dei suoi bisogni. 
«Non ho sentito risposta alla mia domanda...» replicò Vergil, stirando le labbra in un sorriso sghembo mentre si inginocchiava sul pavimento. Nel far ciò gli caddero involontariamente gli occhi sul paio di bacchette di legno che erano attaccate su un lato della confezione che Dante aveva raccolto poco prima. 
Subito le strappò da lì e si affrettò a separarle, impugnandole con la mano destra mentre la mancina si insinuava sotto il posteriore del gemello e lo trascinava giù dal divano. 
«Che vuoi fare?» domandò il minore, improvvisamente diffidente. 
Vergil lo costrinse a voltarsi e piegarsi sul divano, esponendo il fondoschiena ancora protetto dai pantaloni - che vennero abbassati senza tante cerimonie. 
«Un esperimento» rispose il maggiore, insinuando le bacchette nell'apertura di Dante. 
Il ragazzo ebbe uno scatto inatteso quando gli oggetti entrarono in lui, ma subito dopo rilassò in parte i muscoli nel sentire le bacchette che venivano allontanate ed utilizzate per prepararlo ad una prossima penetrazione. 
Anche se non era esattamente il tipo di preparazione più delicata che gli fosse stata fatta, doveva ammettere che era molto più piacevole di quanto potesse sembrare. Vergil non stava cercando di spaccarlo in due né di penetrarlo con le bacchette ed era inaspettatamente abile nel maneggiarle. 
Dante si ritrovò ben presto a strusciare l'erezione contro la ruvida pelle del divano mosso dal disperato bisogno di essere masturbato. Gli faceva male strofinare l'estremità del pene - ora così sensibile - contro qualcosa di così ruvido, però era l'unico modo che aveva per darsi un seppur minimo briciolo di piacere. Se non fosse stato troppo impegnato ad ansimare e godere, ci avrebbe anche pensato lui. 
Vergil capì ben presto che suo fratello non sarebbe durato ancora a lungo in quello stato, per cui doveva accelerare un po' le cose. 
«Vuoi che ti penetri?» domandò, cessando di esercitare pressione con le bacchette. 
Il più piccolo ansimò pesantemente, ma tacque. 
«Allora? Non ho sentito...» lo interrogò di nuovo il più grande, fermandosi del tutto. 
«Sì!» esalò Dante come se pronunciare quell'unica sillaba gli fosse costato uno sforzo immane. 
Vergil allora lo penetrò con violenza, infilando la propria erezione nel suo posteriore fino a che gli era consentito e poi, senza aspettare, cominciò a spingere. 
Dante ululò come un lupo alla luna il proprio piacere, ansimando e gemendo a voce talmente alta che Vergil si sorprese non fosse ancora accorso nessuno. 
«Adesso hai ancora il coraggio di dire che quella donna è migliore di me?» lo schernì Vergil con voce affannata, senza smettere di spingere. Addirittura si chinò sulla schiena nuda del suo fratellino e passò una mano lungo il suo fianco fino a raggiungere il suo pene. 
Iniziò a masturbarlo cercando di eguagliare i ritmi della mano e del bacino, godendo nell'udire i rumori emessi dal gemello, chiara dimostrazione del suo trionfo. 
Dante raggiunse l'orgasmo con un roco grido di sollievo, schizzando il proprio seme sul divano, quindi si accasciò inerte in avanti, esausto, mentre Vergil spingeva ancora con l'intenzione di venire a sua volta. 
«Sei orribile...» bofonchiò Dante mentre l'altro gli riversava nel sedere il proprio sperma. 
«Non mi pare che tu sia meno orribile di me, visto che ti fai fare pompini da demoni inferiori» replicò gelido Vergil, decidendosi finalmente ad uscire. 
Dante si voltò a guardarlo, evitando con cura di sedersi, preferendo piuttosto rimanere in ginocchio. Aveva la sensazione che il suo culo avrebbe ben presto iniziato a dolergli per la violenza che era stato costretto a subire. 
«Oooh, come sei geloso, Vergil» lo prese in giro Dante, esibendosi in un sogghigno dal sapore di sfida «Se fare sesso dopo averti fatto ingelosire è così eccitante dovrò provocarti più spesso». 
L'espressione che si dipinse sul viso di suo fratello denotava quanto poco apprezzasse l'idea, ma Dante lo ignorò. 
«Adesso possiamo mangiare, prima che si rovini la cena? Fare sesso mi ha fatto venire fame» soggiunse, issandosi di nuovo i pantaloni al loro posto «Oh, quelle bacchette le usi tu, visto che ti ci sei divertito tanto ad usarle con me...» proseguì, godendosi l'espressione di totale disapprovazione che comparve sul viso di suo fratello.

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