Creepy...?

May. 7th, 2011 09:00 pm
fiamma_drakon: (America)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Creepy...?
Rating: Verde
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 2084 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Note: Yaoi
«Che cosa hai voglia di vedere...?».
Inghilterra, in piedi davanti alle mensole contenenti i suoi DVD, stava aspettando che il suo ospite gli desse qualche indicazione circa il film da vedere, visto che - almeno per lui - uno valeva l'altro.
«Decisamente qualcosa che non sia troppo smielato o troppo banale... e nemmeno uno di quei noiosi film che si svolgono nella normalità della vita di tutti i giorni e...»
«Dacci un taglio. Cose non troppo melense, al resto penso io»
«Come sei antipatico...».



«Che cosa hai voglia di vedere...?».
Inghilterra, in piedi davanti alle mensole contenenti i suoi DVD, stava aspettando che il suo ospite gli desse qualche indicazione circa il film da vedere, visto che - almeno per lui - uno valeva l'altro.
«Decisamente qualcosa che non sia smielato o troppo banale... e nemmeno uno di quei noiosi film che si svolgono nella normalità della vita di tutti i giorni e...»
«Dacci un taglio. Cose non troppo melense, al resto penso io»
«Come sei antipatico...».
La replica - un borbottio indignato degno del più capriccioso dei bambini - gli arrivò dal divano alle sue spalle, sul quale America era beatamente semi-sdraiato, una bibita quasi finita in una mano, un hamburger di cui rimaneva poco e niente nell'altra ed un delizioso broncio ad increspargli le labbra sottili.
Indosso portava abiti tipici per una serata di film: un paio di comodi pantaloni beige che gli stavano anche un poco larghi ed un pullover azzurro.
Con un sol boccone ed un unico sorso, l'americano finì il suo pasto.
Era snervante ritrovarsi Alfred alla porta di casa senza il minimo preavviso per passare una serata a guardare film - che oltretutto alla fine decideva sempre lui, con la sua mania d'imporsi a destra e a manca.
Inghilterra arrossì pensando che quella sera poteva essere benissimo intesa come un appuntamento. Non stavano ufficialmente insieme - altrimenti che scusa si sarebbe inventato per giustificare la perenne presenza di America in casa sua? - però qualcosa tra loro due c'era.
L’avrebbe chiamato feeling, se non gli fosse suonato dannatamente femminile.
Scosse impercettibilmente il capo: doveva smettere di pensarci.
Scorse i titoli scritti sul fianco dei DVD, soppesando le varie trame - che più o meno ricordava tutte a memoria - in cerca di un film che potesse piacere anche al suo ospite e rispondesse a tutte le sue pretese assurde, finché ne trovò uno che non vedeva da tempo e che poteva fare al caso loro.
«Questo...?» chiese, quasi annoiato, rivolgendosi al biondo alle sue spalle, mostrando la copertina del DVD che aveva in mano. Su di essa c'erano un uomo alto, pallido e mingherlino, vestito in elegante stile londinese dell'ottocento e, al suo fianco...
Alfred sbatté le palpebre un paio di volte, stupito, ma poi dovette ammettere che ciò che vedeva non era dovuto né ad un problema della sua vista né dei suoi occhiali.
Di fianco al giovane in copertina c'era veramente una donna in abito nuziale rovinato con la carnagione grigio-azzurra - probabilmente un riflesso dovuto alla luna piena che li illuminava alle loro spalle - e la pelle del ventre in parte assente a rivelare le costole. Nella mano che non stringeva quella del ragazzo reggeva un minuscolo bouquet di fiori rinsecchiti e appassiti.
La differenza tra i due personaggi era lampante ed un brivido gelido si arrampicò lungo la spina dorsale dell'americano quando, nella sua mente, la individuò sinteticamente: lui era vivo... e lei morta.
«Be', allora...?» domandò Inghilterra voltandosi per metà, in evidente attesa di una risposta che non gli era ancora giunta.
«Che film è quello?» chiese in replica Alfred, cercando di non mostrare l'inquietudine che l'immagine in copertina gli aveva suscitato.
«"La sposa cadavere"» disse l’altro, in tono assolutamente naturale e noncurante.
America cercò di non mostrarsi turbato, ma lo era abbastanza: un film con un titolo del genere doveva senz'altro essere un horror.
«È un film d'animazione, ma non è né stupido né melenso, puoi starne certo. Non l'hai mai visto...?» continuò Arthur, guardandolo incuriosito.
«No, non l'ho mai visto...» replicò Alfred, in tono disagiato.
«Ah, perfetto» commentò l'inglese, deciso «Allora si guarda questo» sentenziò, avvicinandosi al lettore DVD.
Il suo ospite deglutì nervosamente: non poteva opporsi alla sua scelta senza una scusa valida e non poteva certo dirgli che aveva paura a priori.
Che figura ci avrebbe fatto?
Lui, l’eroe, spaventato da un semplice film - d’animazione, oltretutto.
Arthur inserì il DVD e lo avviò, quindi si diresse verso la cucina.
Arrivato sulla soglia, si voltò indietro e disse: «Intanto che ci sono i soliti trailer di altri film, io vado a prepararmi un thé. Vuoi qualc...?»
«Mi prepari un caffè? Grazie!» lo precedette Alfred, senza neppure dargli il tempo di porre la domanda.
«Del caffè a quest'ora?».
Gli sembrava un po’ tardino per bere caffè, anche se America ne beveva in quantità industriali e a qualsiasi ora.
«Vengo anch'io...» decise il suo interlocutore all’improvviso, alzandosi dal divano e raggiungendolo «Mi preparo una cioccolata calda».
E andarono ambedue in cucina.
Arthur, che era negato ai fornelli per qualsiasi cosa che non fosse una buona tazza di thé fumante, si mise a prepararsi l'unica bevanda che era in grado di fare senza alcun aiuto. Nel frattanto osservava Alfred - che, al contrario di lui, era un genio in cucina - mentre si preparava la sua cioccolata.
Era stato a casa sua - ed in particolare nella sua cucina - talmente tante volte che aveva imparato praticamente a memoria l'ubicazione di ogni singolo ingrediente, il che era abbastanza inquietante, considerato che nemmeno l'inglese, che era il padrone di casa, sapeva con precisione dove fosse cosa - ad eccezione delle bustine per il thé.
America, mentre almanaccava con fare da vero esperto attorno ai fornelli, cercava di scacciare il pensiero del film che avrebbe visto di lì a poco.
Solo il tempo di preparare la cioccolata lo separava da quel fatidico momento.
Dieci minuti più tardi erano tutti e due seduti sul divano, Arthur elegantemente accomodato con le gambe accavallate, sulle quali teneva appoggiato il piattino della tazzina da thé; Alfred rannicchiato ed incuneato nell'angolo opposto del divano, la tazza di cioccolata fumante stretta tra le mani.
Il film cominciò.
Vedendo le prime scene, Alfred dovette ricredersi: non era horror, come aveva temuto lui. Era semplicemente d'atmosfera tetra e cupa, una cosa che poteva tranquillamente gestire.
Mentre sorseggiava la sua cioccolata, la paura si allentò pian piano, fino a permettergli di rilassarsi completamente contro lo schienale del divano.
Incrociò le gambe, appoggiandosi un cuscino in grembo, sul quale puntellò i gomiti per sorreggere la tazza.
Inghilterra, nel suo angolo, dopo poco finì di bere il suo thé.
Dopo quasi mezz'ora dall'inizio del film, le cose cominciarono a cambiare: le scene, agli occhi di America, si erano fatte più spaventose e non riusciva a non tremare, anche se debolmente.
Appena finita la sua cioccolata, si era stretto al petto il cuscino, come in cerca di sostegno spirituale.
I suoi occhi corsero al compagno, che sorprese beatamente assopito, il capo reclinato da un lato e la bocca semiaperta. Il suo petto s'innalzava e si abbassava a ritmi lenti e regolari. In quel momento, all'americano appariva quasi come una scialuppa di salvezza in mezzo a quell'oceano di terrore crescente.
Lentamente Alfred uscì dalla sua reclusione al capo estremo del divano per avvicinarsi all'inglese, che ancora dormiva, ignaro di tutto.
Gli strisciò accanto ed appoggiò dapprima timidamente e poi con più sicurezza il capo sulla sua spalla, affiancandoglisi. Il tepore del suo corpo lo fece sentire meglio, più rilassato, più a proprio agio.
Così accoccolato, riprese a guardare il film, assopendosi lentamente, fino a crollare addormentato definitivamente.
 
Un grido femminile risuonò nel silenzio.
Arthur si ridestò di soprassalto, gli occhi ancora impastati dal sonno.
La sua attenzione cadde in un primo momento sulla tv - sul cui schermo era in corso la scena maestra del film - e poi sul peso sulla propria spalla.
Al vedere Alfred appoggiato a lui e beatamente addormentato con un'espressione di candida innocenza sul viso, gli occhiali storti sul naso a causa della posizione, Inghilterra divenne paonazzo ed esclamò quasi urlando: «C-che stai facendo?!».
America alzò immediatamente la testa, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica.
La montatura degli occhiali gli pendeva verso destra, i capelli erano scarmigliati dal lato su cui aveva dormito e dal lato sinistro della bocca gli colava un rivoletto di bava.
Tra le braccia stringeva uno dei due cuscini del divano.
«Cosa...?!» biascicò, sbattendo confuso le palpebre.
Vedendo l'espressione indignata che s'era dipinta in viso ad Arthur e svegliandosi finalmente del tutto, si rese conto che l'aveva beccato a dormirgli addosso.
«Ah...! Ecco, io... avevo freddo!» esclamò, ponendo in sua difesa la più stupida e banale delle scuse, ma anche la prima che gli era venuta in mente.
In viso era diventato tutto rosso e si sentiva decisamente accaldato.
«Se avevi freddo bastava prendere una coperta, tanto sai dove sono» lo rimbeccò l’inglese.
Continuarono a fissarsi negli occhi per dei minuti, zaffiri e smeraldi uniti da un filo invisibile ma concreto. Il calore crescente affiorava sulle guance dei due minuto dopo minuto, tingendole di un sempre più vivo rossore. Tra i loro visi la distanza era davvero esigua, pochi centimetri che impedivano loro d'essere naso contro naso; tuttavia era sufficiente a far crescere la tensione nell'aria e tra loro.
Inghilterra non poté fare a meno di notare quanto, appena sveglio, Alfred apparisse più fanciullo e più... carino. In quell’attimo ebbe l'impulso di cominciare a pizzicargli le guance e scompigliargli i capelli, come quand'era più giovane.
«Err...» borbottò America, allontanandosi un poco, interrompendo quel momento assolutamente imbarazzante.
«Sì, forse è meglio... distanziarsi un po'...» convenne Inghilterra, allontanandosi a sua volta.
Gli occhi dell'americano si spostarono sullo schermo della tv nell'attimo in cui la sposa cadavere veniva infilzata dal cattivo.
Rimase paralizzato a bocca aperta ad osservare lei che si toglieva la spada dal corpo come se niente fosse.
Arthur, nel guardarlo, si chiese se in quel momento fosse in grado di articolare una qualsiasi parola: sembrava sotto shock.
«America?» chiese.
L'interpellato cominciò a tremare convulsamente.
«Ehi, ch...?».
Non finì neppure di parlare che l'altro gli si gettò al collo, stritolandolo quasi.
«AAAH!» gridò, terrorizzato.
«Lasciami... mi stai strangolando...!» fece l'inglese, cercando di toglierselo di dosso.
Quando ci riuscì, lo guardò per pochi attimi, quasi studiandolo.
«Alfred...» esordì, inarcando un sopracciglio con fare eloquente «Non è che ti sei addormentato addosso a me perché in realtà hai paura?» domandò in tono palesemente provocatorio, abbozzando un sorriso sghembo e furbo, sottolineando con particolare enfasi l’ultima parola.
«M-ma no... che cosa te lo fa credere?».
La voce di America tremava in modo percepibile.
«Oh, guarda. I morti lo vogliono aggredire...».
Alfred rabbrividì e si strinse sul divano, ripiegandosi su sé stesso.
Arthur sorrise, alzandosi.
«E così la grande America ha paura di un innocuo film romantico e un po' macabro...» commentò in tono pungente, sogghignando.
Andò verso il lettore DVD per toglierlo, visto che ormai era quasi alla fine.
«N-non è vero!» insistette il giovane Jones, indignato per l'essersi fatto scoprire così velocemente.
Preso dalla stizza, lanciò il suo cuscino verso l’altro.
Il guanciale cozzò contro la schiena d'Inghilterra e cadde a terra con un morbido tonfo.
La vittima dell'attacco si volse d'impeto e, afferrata l'arma, gli si avventò contro a propria volta, colpendolo con forza in testa.
Cominciarono così a darsi battaglia a cuscinate, senza pietà e, tra un colpo e l'altro, Inghilterra ne approfittava per prendere in giro il suo avversario.
«Ahah! Pensa cosa diranno gli altri quando sapranno che ti sei spaventato per un film come "La sposa cadavere"!» disse infine, malefico.
A quel punto, America evitò l'ennesima cuscinata e gli si gettò contro con tutto il peso del corpo, imprigionandolo in un angolo del divano.
Senz'alcun preavviso, posò le proprie labbra sulle sue, catturandole in un bacio denso di disperata passione che lasciò il giovane Kirkland completamente spiazzato.
Inginocchiato a cavallo del suo ventre, con le mani impegnate a bloccargli i polsi, sembrava che le sue intenzioni fossero molto meno caste di quel che erano in realtà.
Arthur sentiva le lenti dei suoi occhiali schiacciate contro il proprio viso e le labbra asciutte danzare sulle sue.
Odorava di patatine fritte, ma il suo fiato sapeva ancora del cioccolato che aveva bevuto poco prima.
Inghilterra rimase succube di America per qualche minuto, poi cominciò a far leva sui polsi per cercare di divincolarsi.
Quando finalmente interruppe il contatto con la sua bocca, Arthur proruppe in un irritato: «Ma che ti passa per la testa?!».
Le sue guance s'erano imporporate di nuovo.
«Mantieni il segreto, okay? E io in cambio non dirò a Francia di noi due» gli sussurrò a fior di labbra Alfred, malvagio.
«Che cosa?! Non è per niente equo!» si lamentò Arthur.
Ignorandolo completamente, America si alzò, lasciando l'inglese libero di rimettersi seduto.
«Credo che tornerò a casa...» annunciò, sbadigliando, dirigendosi verso la porta.
Inghilterra era ancora imbarazzato per quanto appena accaduto e avrebbe voluto rimanere da solo. Guardandolo mentre se ne andava, fu colto dall’impulso di fermarlo.
D’istinto raccolse un cuscino e glielo lanciò.
«Dove credi di andare a quest'ora, idiota? Andarsene in giro a notte tarda per le strade di Londra è pericoloso» disse, orientando altrove il proprio sguardo, evidentemente a disagio.
Alfred lo guardò sbattendo le palpebre: sembrava proprio una richiesta a passare la notte a casa sua, nonostante sembrasse parecchio imbarazzato.
Tornò verso l'inglese e, sorridendogli, esclamò: «Allora io dormo in camera tua!».
Si avviò rapidamente verso le scale, mentre il padrone di casa, con lo scarto di pochi attimi, lo inseguiva gridando: «Ehi, no! Tu dormi sul divano!».

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