Bisogno di cure
Aug. 16th, 2014 04:10 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Bisogno di cure
Rating: Giallo
Genere: Fluff, Slice of life
Personaggi: Gerome, Ìñigo
Wordcount: 1452 (
fiumidiparole)
Prompt: 257. Addormentarsi all'alba @
500themes_ita
Note: H/C, Shonen-ai
«Chi ti ha ridotto così?» chiese.
Nel suo tono di voce freddo come al solito Ìñigo riuscì a percepire qualcosa di simile alla rabbia.
Il ragazzo abbassò lo sguardo per un momento.
«U-una ragazza... del borgo...» spiegò.
Gerome emise un verso di stizza, lasciando il suo mento.
«Vai ancora dietro alle sottane?» domandò in tono apertamente ostile «Dovrei lasciarti qui a piagnucolare» soggiunse.
Era ormai notte fonda quando Gerome venne svegliato da un lamento simile ad un piagnucolio proveniente dall'esterno. Ascoltando meglio capì che veniva proprio da davanti la sua tenda.
Incuriosito ed infastidito insieme, si era alzato dalla branda ed era andato a vedere chi potesse a piangere a quell'ora.
«La gente dovrebbe essere a dormire adesso...» borbottò tra sé mentre si pettinava sommariamente indietro i capelli spettinati dal sonno.
Non si curò di mettere i pantaloni - dormiva con i mutandoni, come tutti del resto - e neanche di indossare la maschera. A quell'ora della notte non gli importava di essere visto mezzo nudo o senza maschera. Tutto ciò che voleva era tornare a dormire.
Quando uscì dalla tenda il suo sguardo cadde immediatamente sul corpo rannicchiato proprio davanti a lui, nel quale rischiò anche di inciampare.
«Ma che...?» esordì, bloccandosi giusto prima che fosse troppo tardi.
Il misterioso disturbatore della quiete notturna sollevò un braccio aggrappandosi alle gambe del ragazzo, cogliendolo di sorpresa.
«G-Gerooome...!» si sentì chiamare da una voce inequivocabilmente maschile e ben familiare.
«Ìñigo...?» esclamò il giovane cavaliere di viverne «Che ci fai qui?».
L'altro si alzò in piedi voltandosi verso l'amico, rientrando nel fascio di luce proveniente dalla lanterna all'interno della tenda.
Gerome sbatté perplesso le palpebre dinanzi all'occhio gonfio e tendente al livore tipico degli ematomi.
Prese il viso di Ìñigo per il mento e lo mosse in modo che la luce illuminasse meglio il suo occhio.
«Chi ti ha ridotto così?» chiese.
Nel suo tono di voce freddo come al solito Ìñigo riuscì a percepire qualcosa di simile alla rabbia.
Il ragazzo abbassò lo sguardo per un momento.
«U-una ragazza... del borgo...» spiegò.
Gerome emise un verso di stizza, lasciando il suo mento.
«Vai ancora dietro alle sottane?» domandò in tono apertamente ostile «Dovrei lasciarti qui a piagnucolare» soggiunse.
Ìñigo sapeva di meritarsi quel trattamento duro. Del resto, aveva cercato di rimorchiare qualche ragazza nonostante fosse già sentimentalmente impegnato con lui.
Gerome fece per dargli le spalle e andarsene, piantandolo seriamente in asso ma l'altro gli prese una mano, trattenendolo.
«Scusa, Gerome... non dovevo però non posso tornare in tenda così!» cercò di spiegarsi.
«E perché no?» volle sapere Gerome.
«Perché... non posso farmi vedere così da mio padre» disse Ìñigo, a disagio.
Lui non aveva una tenda sua personale, come invece Gerome aveva preteso. Ìñigo divideva la tenda con suo padre Gaius, che ovviamente non approvava minimamente il suo atteggiamento da "cascamorto" - come era solito definirlo Gerome.
Se Gaius l'avesse visto ridotto in quello stato per causa di un'altra donna che gli aveva dato il due di picche non avrebbe certamente esitato a sfotterlo nel peggiore dei modi. Del resto, lui non era mica sua madre Olivia, che aveva modi molto più garbati. Gaius era diretto e, ahimé, non molto attento alla sensibilità del figlio.
«Te lo meriteresti».
Gerome era evidentemente ferito dal fatto che il suo partner avesse cercato di tradirlo con una ragazza di nuovo e sperava - anzi, si illudeva, come molte altre volte in passato - che una strigliata da parte di suo padre avrebbe potuto farlo rigare finalmente dritto.
«Ti prego... fammi passare la notte con te...!» gli chiese Ìñigo.
Il cavaliere di viverne lo squadrò per qualche momento, indeciso sul da farsi; infine sulla sua rabbia prevalse decisamente la pena nel vederlo ridotto in quello stato.
«D'accordo» dichiarò Gerome «Vieni dentro».
«Grazie, Gerome!».
Ìñigo lo seguì all'interno della tenda, fermandosi appena oltre la soglia in attesa di istruzioni che il suo compagno non tardò a fornirgli: «Siediti sulla branda, io ti cerco del ghiaccio...».
L'ospite ubbidì senza dire niente, osservando il padrone della tenda mentre si muoveva tra le sue cose, ispezionandole in cerca del ghiaccio.
Ìñigo non poté fare a meno di rimanere affascinato dal profilo snello e slanciato del suo corpo, dalla sua schiena dritta e dal suo viso dai tratti sottili e delicati seppur mascolini.
Al ragazzo piaceva corteggiare le ragazze pur essendo senza alcuna speranza in virtù della sua ampia fama di dongiovanni; tuttavia, le donne non riuscivano a suscitare in lui il genuino e profondo interesse di carattere sessuale che invece gli provocava la vista e la compagnia di Gerome.
Quest'ultimo riuscì dopo alcuni minuti a trovare ciò che cercava e tornò verso Ìñigo trasportando in mano un panno umido.
«Ora anche se ti fa male sta' fermo» ordinò spiccio. Era stanco e non aveva intenzione di assisterlo se ciò comportava doversi sorbire altri spettacoli pietosi come la lagna che l'aveva svegliato.
«O-okay, però tu fai pia-AHIA!».
Ìñigo cacciò un grido quando il tessuto ghiacciato gli venne posato sullo zigomo gonfio. Nonostante Gerome fosse stato attento a posarglielo delicatamente sulla pelle, il dolore che provò fu tale che altre lacrime si affacciarono alle estremità dei suoi occhi.
Il ragazzo cercò di ricacciarle indietro ma a niente valsero i suoi tentativi poiché Gerome cominciò a premere il ghiaccio sul suo occhio.
«N-no, fermo...!» protestò con la voce di chi era sul punto di scoppiare di nuovo a piangere «Mi fai male! Non premereee...!».
Gerome sospirò esasperato e rimosse il ghiaccio: la sola prospettiva di sentirlo piangere ancora era intollerabile per lui.
«Spero che la tua voglia di lagnarti stasera sia solo temporanea...» borbottò irritato, prendendogli il viso da sotto il mento e sollevandolo.
Posò il ghiaccio da parte e con la mano libera gli tastò lo zigomo gonfio, risalendo ad accarezzare il lato dell'occhio e poi la palpebra. Ìñigo digrignò i denti in una smorfia ridicola nel tentativo - stavolta andato a buon fine - di soffrire in silenzio durante l'ispezione.
Gerome premette a lungo sulle zone all'intorno dell'occhio, mettendo a dura prova la già fragile resistenza del ragazzo; infine si chinò talmente vicino al viso di Ìñigo da farlo arrossire.
«Non c'è niente da fare, il ghiaccio ti potrà solo dare del sollievo temporaneo: ti sta già diventando la pelle livida...» constatò, prendendo di nuovo il panno in cui aveva avvolto il ghiaccio e porgendoglielo «Se non ti piace come lo tengo, fallo da solo. Domani però dovrai andare a cercare una pomata...».
L'ospite accettò il ghiaccio e se lo posò sul viso molto piano, premendolo solo per lo stretto indispensabile affinché non cadesse.
«Va bene...» disse, sdraiandosi sulla branda.
Il gesto non sfuggì al proprietario della tenda, che si era voltato un momento a controllare che non avesse della pomata in giro.
«Che intenzioni hai? Scendi di lì...!» sbottò immediatamente.
«Ma voglio stare con te stanotte, te l'ho detto...! E tu mi hai detto che ti andava bene!» gli fece presente Ìñigo in tono capriccioso. In quel particolare frangente, disteso com'era su un fianco con un occhio coperto e l'espressione sofferente, pareva proprio un bambino che si rifugiava dal fratello più grande in cerca di protezione e sostegno.
Un vago cenno di rossore accese le guance di Gerome. Per un momento aveva avuto l'istinto di abbracciare quello stupido frignone, ma solo per un attimo. Nonostante per la maggior parte del tempo la sua indole infantile gli desse sui nervi, in fondo sentiva di essere anche attratto da quel lato del suo carattere, se non altro perché questo gli dava un valido pretesto per continuare ad allenarsi, così da poterlo proteggere.
«Ti ho detto che avresti potuto dormire qui, ma non ti ho promesso la branda» spiegò Gerome.
«Eeeh? Vuoi farmi dormire a terra?!» esclamò Ìñigo.
«La branda per due persone è stretta...» fornì come unica spiegazione l'altro «Su, scendi...».
«No» rispose irremovibile l'ospite, facendosi semplicemente da parte.
Gerome fu tentato di trascinarlo giù con le sue stesse mani, però poi il suo lato più tenero gli impose di lasciarlo dov'era. Del resto, era pur sempre ferito.
Si ridistese sulla branda, dandogli le spalle.
«'Notte...» augurò prima di chiudere gli occhi.
Subito avvertì un braccio di Ìñigo superargli il fianco e cingerlo, tenendolo stretto a sé.
«Ehm... Gerome?»
«... che altro c'è?».
Il cavaliere di viverne si stava alterando.
«Puoi girarti?» gli chiese il compagno.
L'altro lo esaudì subito solo per potersi poi coricare di nuovo in pace.
Si ritrovò a fissare il viso di Ìñigo direttamente e in maniera molto ravvicinata. L'unico occhio scoperto sembrava quasi brillare di luce propria esprimendo un puro e semplice sentimento di amore.
Sotto quell'espressione Gerome non poté fare a meno di arrossire.
Il ferito gli sorrise ed allungò il collo nella sua direzione.
Il bacio fu improvviso ma sereno, niente a che vedere con l'irruenza di certi altri baci che si erano scambiati in passato, al colmo della passione. Quel contatto struggente ma intenso risvegliò i desideri che Gerome nutriva nei confronti di Ìñigo in quanto suo partner.
Per quanto cercasse di ricostruire il muro impenetrabile che l'aveva protetto da tutto prima di ritornare indietro nel tempo per liberare Minerva, Ìñigo riusciva sempre a trovare quella breccia sottile che riusciva a mandarlo di nuovo in frantumi.
La sua mano accarezzò il fianco del compagno con delicatezza mentre il suo corpo mezzo nudo si avvicinava a quello di Ìñigo ancora completamente vestito.
«Possiamo, Gerome? Non lo facciamo da tanto...» gli sussurrò Ìñigo sulle labbra, sollevandosi seduto.
«D'accordo... tanto ormai siamo svegli» acconsentì, con sommo piacere del suo partner «Però sta' attento a quell'occhio...».
«Okay...» disse Ìñigo sorridendogli mentre si accingeva a spogliarsi.
Fecero l'amore per ore, mugolando piano e scambiandosi moltissimi baci colmi di tenerezza. Gerome faceva attenzione alla contusione del suo partner così come quest'ultimo cercava di non esporre troppo il viso.
Il loro fu un rapporto carico di affetto che si protrasse per il resto della notte e che li lasciò ambedue soddisfatti ma esausti, tant'è che all'alba caddero addormentati come sassi, abbracciati insieme nella branda come non succedeva da tempo.
Rating: Giallo
Genere: Fluff, Slice of life
Personaggi: Gerome, Ìñigo
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Prompt: 257. Addormentarsi all'alba @
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Note: H/C, Shonen-ai
«Chi ti ha ridotto così?» chiese.
Nel suo tono di voce freddo come al solito Ìñigo riuscì a percepire qualcosa di simile alla rabbia.
Il ragazzo abbassò lo sguardo per un momento.
«U-una ragazza... del borgo...» spiegò.
Gerome emise un verso di stizza, lasciando il suo mento.
«Vai ancora dietro alle sottane?» domandò in tono apertamente ostile «Dovrei lasciarti qui a piagnucolare» soggiunse.
Era ormai notte fonda quando Gerome venne svegliato da un lamento simile ad un piagnucolio proveniente dall'esterno. Ascoltando meglio capì che veniva proprio da davanti la sua tenda.
Incuriosito ed infastidito insieme, si era alzato dalla branda ed era andato a vedere chi potesse a piangere a quell'ora.
«La gente dovrebbe essere a dormire adesso...» borbottò tra sé mentre si pettinava sommariamente indietro i capelli spettinati dal sonno.
Non si curò di mettere i pantaloni - dormiva con i mutandoni, come tutti del resto - e neanche di indossare la maschera. A quell'ora della notte non gli importava di essere visto mezzo nudo o senza maschera. Tutto ciò che voleva era tornare a dormire.
Quando uscì dalla tenda il suo sguardo cadde immediatamente sul corpo rannicchiato proprio davanti a lui, nel quale rischiò anche di inciampare.
«Ma che...?» esordì, bloccandosi giusto prima che fosse troppo tardi.
Il misterioso disturbatore della quiete notturna sollevò un braccio aggrappandosi alle gambe del ragazzo, cogliendolo di sorpresa.
«G-Gerooome...!» si sentì chiamare da una voce inequivocabilmente maschile e ben familiare.
«Ìñigo...?» esclamò il giovane cavaliere di viverne «Che ci fai qui?».
L'altro si alzò in piedi voltandosi verso l'amico, rientrando nel fascio di luce proveniente dalla lanterna all'interno della tenda.
Gerome sbatté perplesso le palpebre dinanzi all'occhio gonfio e tendente al livore tipico degli ematomi.
Prese il viso di Ìñigo per il mento e lo mosse in modo che la luce illuminasse meglio il suo occhio.
«Chi ti ha ridotto così?» chiese.
Nel suo tono di voce freddo come al solito Ìñigo riuscì a percepire qualcosa di simile alla rabbia.
Il ragazzo abbassò lo sguardo per un momento.
«U-una ragazza... del borgo...» spiegò.
Gerome emise un verso di stizza, lasciando il suo mento.
«Vai ancora dietro alle sottane?» domandò in tono apertamente ostile «Dovrei lasciarti qui a piagnucolare» soggiunse.
Ìñigo sapeva di meritarsi quel trattamento duro. Del resto, aveva cercato di rimorchiare qualche ragazza nonostante fosse già sentimentalmente impegnato con lui.
Gerome fece per dargli le spalle e andarsene, piantandolo seriamente in asso ma l'altro gli prese una mano, trattenendolo.
«Scusa, Gerome... non dovevo però non posso tornare in tenda così!» cercò di spiegarsi.
«E perché no?» volle sapere Gerome.
«Perché... non posso farmi vedere così da mio padre» disse Ìñigo, a disagio.
Lui non aveva una tenda sua personale, come invece Gerome aveva preteso. Ìñigo divideva la tenda con suo padre Gaius, che ovviamente non approvava minimamente il suo atteggiamento da "cascamorto" - come era solito definirlo Gerome.
Se Gaius l'avesse visto ridotto in quello stato per causa di un'altra donna che gli aveva dato il due di picche non avrebbe certamente esitato a sfotterlo nel peggiore dei modi. Del resto, lui non era mica sua madre Olivia, che aveva modi molto più garbati. Gaius era diretto e, ahimé, non molto attento alla sensibilità del figlio.
«Te lo meriteresti».
Gerome era evidentemente ferito dal fatto che il suo partner avesse cercato di tradirlo con una ragazza di nuovo e sperava - anzi, si illudeva, come molte altre volte in passato - che una strigliata da parte di suo padre avrebbe potuto farlo rigare finalmente dritto.
«Ti prego... fammi passare la notte con te...!» gli chiese Ìñigo.
Il cavaliere di viverne lo squadrò per qualche momento, indeciso sul da farsi; infine sulla sua rabbia prevalse decisamente la pena nel vederlo ridotto in quello stato.
«D'accordo» dichiarò Gerome «Vieni dentro».
«Grazie, Gerome!».
Ìñigo lo seguì all'interno della tenda, fermandosi appena oltre la soglia in attesa di istruzioni che il suo compagno non tardò a fornirgli: «Siediti sulla branda, io ti cerco del ghiaccio...».
L'ospite ubbidì senza dire niente, osservando il padrone della tenda mentre si muoveva tra le sue cose, ispezionandole in cerca del ghiaccio.
Ìñigo non poté fare a meno di rimanere affascinato dal profilo snello e slanciato del suo corpo, dalla sua schiena dritta e dal suo viso dai tratti sottili e delicati seppur mascolini.
Al ragazzo piaceva corteggiare le ragazze pur essendo senza alcuna speranza in virtù della sua ampia fama di dongiovanni; tuttavia, le donne non riuscivano a suscitare in lui il genuino e profondo interesse di carattere sessuale che invece gli provocava la vista e la compagnia di Gerome.
Quest'ultimo riuscì dopo alcuni minuti a trovare ciò che cercava e tornò verso Ìñigo trasportando in mano un panno umido.
«Ora anche se ti fa male sta' fermo» ordinò spiccio. Era stanco e non aveva intenzione di assisterlo se ciò comportava doversi sorbire altri spettacoli pietosi come la lagna che l'aveva svegliato.
«O-okay, però tu fai pia-AHIA!».
Ìñigo cacciò un grido quando il tessuto ghiacciato gli venne posato sullo zigomo gonfio. Nonostante Gerome fosse stato attento a posarglielo delicatamente sulla pelle, il dolore che provò fu tale che altre lacrime si affacciarono alle estremità dei suoi occhi.
Il ragazzo cercò di ricacciarle indietro ma a niente valsero i suoi tentativi poiché Gerome cominciò a premere il ghiaccio sul suo occhio.
«N-no, fermo...!» protestò con la voce di chi era sul punto di scoppiare di nuovo a piangere «Mi fai male! Non premereee...!».
Gerome sospirò esasperato e rimosse il ghiaccio: la sola prospettiva di sentirlo piangere ancora era intollerabile per lui.
«Spero che la tua voglia di lagnarti stasera sia solo temporanea...» borbottò irritato, prendendogli il viso da sotto il mento e sollevandolo.
Posò il ghiaccio da parte e con la mano libera gli tastò lo zigomo gonfio, risalendo ad accarezzare il lato dell'occhio e poi la palpebra. Ìñigo digrignò i denti in una smorfia ridicola nel tentativo - stavolta andato a buon fine - di soffrire in silenzio durante l'ispezione.
Gerome premette a lungo sulle zone all'intorno dell'occhio, mettendo a dura prova la già fragile resistenza del ragazzo; infine si chinò talmente vicino al viso di Ìñigo da farlo arrossire.
«Non c'è niente da fare, il ghiaccio ti potrà solo dare del sollievo temporaneo: ti sta già diventando la pelle livida...» constatò, prendendo di nuovo il panno in cui aveva avvolto il ghiaccio e porgendoglielo «Se non ti piace come lo tengo, fallo da solo. Domani però dovrai andare a cercare una pomata...».
L'ospite accettò il ghiaccio e se lo posò sul viso molto piano, premendolo solo per lo stretto indispensabile affinché non cadesse.
«Va bene...» disse, sdraiandosi sulla branda.
Il gesto non sfuggì al proprietario della tenda, che si era voltato un momento a controllare che non avesse della pomata in giro.
«Che intenzioni hai? Scendi di lì...!» sbottò immediatamente.
«Ma voglio stare con te stanotte, te l'ho detto...! E tu mi hai detto che ti andava bene!» gli fece presente Ìñigo in tono capriccioso. In quel particolare frangente, disteso com'era su un fianco con un occhio coperto e l'espressione sofferente, pareva proprio un bambino che si rifugiava dal fratello più grande in cerca di protezione e sostegno.
Un vago cenno di rossore accese le guance di Gerome. Per un momento aveva avuto l'istinto di abbracciare quello stupido frignone, ma solo per un attimo. Nonostante per la maggior parte del tempo la sua indole infantile gli desse sui nervi, in fondo sentiva di essere anche attratto da quel lato del suo carattere, se non altro perché questo gli dava un valido pretesto per continuare ad allenarsi, così da poterlo proteggere.
«Ti ho detto che avresti potuto dormire qui, ma non ti ho promesso la branda» spiegò Gerome.
«Eeeh? Vuoi farmi dormire a terra?!» esclamò Ìñigo.
«La branda per due persone è stretta...» fornì come unica spiegazione l'altro «Su, scendi...».
«No» rispose irremovibile l'ospite, facendosi semplicemente da parte.
Gerome fu tentato di trascinarlo giù con le sue stesse mani, però poi il suo lato più tenero gli impose di lasciarlo dov'era. Del resto, era pur sempre ferito.
Si ridistese sulla branda, dandogli le spalle.
«'Notte...» augurò prima di chiudere gli occhi.
Subito avvertì un braccio di Ìñigo superargli il fianco e cingerlo, tenendolo stretto a sé.
«Ehm... Gerome?»
«... che altro c'è?».
Il cavaliere di viverne si stava alterando.
«Puoi girarti?» gli chiese il compagno.
L'altro lo esaudì subito solo per potersi poi coricare di nuovo in pace.
Si ritrovò a fissare il viso di Ìñigo direttamente e in maniera molto ravvicinata. L'unico occhio scoperto sembrava quasi brillare di luce propria esprimendo un puro e semplice sentimento di amore.
Sotto quell'espressione Gerome non poté fare a meno di arrossire.
Il ferito gli sorrise ed allungò il collo nella sua direzione.
Il bacio fu improvviso ma sereno, niente a che vedere con l'irruenza di certi altri baci che si erano scambiati in passato, al colmo della passione. Quel contatto struggente ma intenso risvegliò i desideri che Gerome nutriva nei confronti di Ìñigo in quanto suo partner.
Per quanto cercasse di ricostruire il muro impenetrabile che l'aveva protetto da tutto prima di ritornare indietro nel tempo per liberare Minerva, Ìñigo riusciva sempre a trovare quella breccia sottile che riusciva a mandarlo di nuovo in frantumi.
La sua mano accarezzò il fianco del compagno con delicatezza mentre il suo corpo mezzo nudo si avvicinava a quello di Ìñigo ancora completamente vestito.
«Possiamo, Gerome? Non lo facciamo da tanto...» gli sussurrò Ìñigo sulle labbra, sollevandosi seduto.
«D'accordo... tanto ormai siamo svegli» acconsentì, con sommo piacere del suo partner «Però sta' attento a quell'occhio...».
«Okay...» disse Ìñigo sorridendogli mentre si accingeva a spogliarsi.
Fecero l'amore per ore, mugolando piano e scambiandosi moltissimi baci colmi di tenerezza. Gerome faceva attenzione alla contusione del suo partner così come quest'ultimo cercava di non esporre troppo il viso.
Il loro fu un rapporto carico di affetto che si protrasse per il resto della notte e che li lasciò ambedue soddisfatti ma esausti, tant'è che all'alba caddero addormentati come sassi, abbracciati insieme nella branda come non succedeva da tempo.