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Titolo: Di problemi importanti e atteggiamenti che non aiutano
Rating: Arancione
Genere: Generale
Personaggi: Dante, Vergil
Wordcount: 2001 (
fiumidiparole)
Prompt: #75 - Esattamente 2001 parole per la Maritombola #6 @
maridichallenge
Note: Creature della Notte!AU, Dante e Vergil non sono fratelli, Shonen-ai. Seguito di questa.
A Dante non era mai importato granché del suo branco; tuttavia, per poter vivere in pace nella foresta doveva farne parte, altrimenti avrebbe vissuto nella costante ombra dei conflitti per il territorio. Se non fosse stato per quelli avrebbe vissuto come un solitario senza alcun problema, facendo cosa più gli aggradava senza doverne rendere conto a nessuno.
«E adesso che faccio?» si chiese in un moto d'esasperazione.
Dante si aggirava per il minuscolo soggiorno della sua piccola casetta nel cuore della foresta, gli occhi azzurri iniettati di rabbia e le labbra tirate in una smorfia d'ira che lasciava scoperta la sua dentatura talmente bianca da essere innaturale.
Come al solito era mezzo nudo, incurante del freddo pungente che dopo il calar del sole si impadroniva di casa sua. Il fuoco scoppiettava nel camino, illuminando la stanza di una traballante luce giallo-arancio.
L'albino era appena stato visitato dal capo del branco di licantropi di cui faceva parte e che era andato da lui per riferirgli di alcune questioni riguardanti la sua vita sentimentale che non erano ben viste dai suoi compagni.
Dante cacciò un profondo sospiro mentre si pettinava all'indietro i capelli e tirò un calcio al tavolinetto tra il divano ed il camino.
«Maledizione...!» ringhiò a denti stretti «Come hanno fatto a scoprirmi, quegli impiccioni del cazzo...!» si sfogò, lasciandosi cadere di peso al centro del divano.
Sospirò di nuovo lasciandosi andare contro lo schienale del mobile.
Il capo del suo branco era andato a chiedergli se le voci che gli erano giunte in merito ad una sua relazione sentimentale con un vampiro erano vere. Lui gli aveva ovviamente mentito; ciononostante il capo lo aveva minacciato che se avesse scoperto che quelle voci erano in realtà fondate l'avrebbe esiliato dal branco senza possibilità di reintegro.
A Dante non era mai importato granché del suo branco; tuttavia, per poter vivere in pace nella foresta doveva farne parte, altrimenti avrebbe vissuto nella costante ombra dei conflitti per il territorio. Se non fosse stato per quelli avrebbe vissuto come un solitario senza alcun problema, facendo cosa più gli aggradava senza doverne rendere conto a nessuno.
«E adesso che faccio?» si chiese in un moto d'esasperazione.
Doveva riuscire a sviare i sospetti dei suoi compagni in qualche maniera.
«Forse se non vedo per un po' Vergil...» rifletté accavallando le gambe ed alzando lo sguardo a fissare il soffitto.
Era un'idea plausibile, specialmente considerata la possibilità concreta che i suoi compagni potessero percepire l'odore del suo partner su di lui ogni volta che si incrociavano nella foresta anche solo per sbaglio - eventualità non poi così remota come poteva immaginare.
Dante si alzò in piedi di nuovo e riprese a camminare su e giù.
«Dev'essere così che se ne sono accorti... nessuno sa come arrivare qui...» rifletté mentre tornava verso il divano «Menomale che giusto prima che il capo arrivasse mi sono lavato...».
L'albino calciò il tavolino una seconda volta, incapace di trattenere la propria frustrazione: «Dannazione, ci mancavano solo loro! Proprio ora che sono riuscito ad ottenere il culo da Vergil...».
Ancora non riusciva a credere di essere riuscito a convincere quel cadavere semovente dell'inutilità delle sue questioni riguardo il fare l'amore tra appartenenti a razze diverse. Era senz'altro una vittoria personale di grande importanza.
La loro prima volta era stata a dir poco eccezionale, tanto che da quella volta Vergil si era trasformato in una creatura molto più passionale di quanto si potesse credere possibile. Adesso quasi ogni notte, dopo che Dante aveva cenato, si faceva deliberatamente avanti e facevano sesso fino quasi all'alba.
Al licantropo non dispiaceva affatto come atteggiamento - anzi, gli piaceva da impazzire - tuttavia capitava nel momento meno indicato possibile.
Il suo stomaco emise un rombo cupo ma ben udibile ed il ragazzo si portò una mano all'addome emettendo un verso di stizza.
«Forse stasera è meglio andare a caccia...» propose a voce alta a se stesso.
Se non avesse incontrato Vergil lui non avrebbe potuto lasciargli addosso il suo inconfondibile odore. Era un piano assolutamente perfetto. L'unica pecca era il fatto che avrebbe dovuto mantenere le distanze a lungo.
Si risolse di uscire e andare a cercarsi da solo la cena, spiegando a Vergil il motivo della sua scelta in un secondo momento.
Si avviò verso la porta di casa a passo deciso; tuttavia, quando l'aprì si trovò davanti nientemeno che il suo vampiro.
Quella notte aveva deciso di indossare un completo blu piuttosto elegante composto di giacca e pantaloni aderenti. Al di sotto portava una camicia bianca dal colletto alto e rigido e quello che aveva tutta l'aria di essere un panciotto argentato a doppio petto. Sulle spalle portava un lungo mantello nero sostenuto da una sottile catenella d'oro.
In mano reggeva il solito grosso contenitore di pietra e dallo sguardo sembrava impaziente.
«Stavi uscendo?» esclamò in tono inquisitorio, inarcando un sopracciglio.
Dante, colto in contropiede dal suo improvviso arrivo, non riuscì ad inventarsi alcuna scusa plausibile.
«Andavo a caccia...» disse.
«Quando sai che sto arrivando a portarti la cena?» domandò Vergil con una punta di incredulità nella voce.
«Avevo voglia di carne» spiegò Dante.
L'altro rise.
«Ma se non l'hai mai mangiata da quando ci siamo incontrati per la prima volta...!» esclamò in tono divertito.
Il licantropo strinse i denti constatando come il suo compagno lo conoscesse bene.
«Perché stavi uscendo?» volle sapere Vergil, avanzando nella stanza mentre l'altro arretrava di un passo. Era stato un gesto istintivo, dettato dal ricordo della minaccia del suo capobranco.
Il suo comportamento era oltremodo bizzarro: Dante non era il tipo da ritrarsi quando era lui a volersi avvicinare - anzi, in genere non gli pareva vero di balzargli addosso e limonare selvaggiamente. Da quando avevano fatto sesso per la prima volta era pure diventato più incline agli atti audaci che Vergil aveva sempre evitato.
«Ecco io...» Dante cercò una qualche giustificazione sensata senza riuscire a trovarne alcuna. Continuò ad arretrare fino a che non urtò con le gambe il bracciolo del divano.
Perse l'equilibrio e cadde all'indietro, le gambe che pendevano a mezz'aria senza toccare il pavimento. A quel punto Vergil ne approfittò per placcarlo ed impedirgli di scappare ancora. Semplicemente, gli saltò addosso, piazzandosi seduto a cavallo del suo cinto pelvico.
La gelida mano del vampiro andò a serrarsi con presa salda attorno al suo collo e i suoi occhi azzurri si caricarono di una rabbia chiaramente percepibile anche se tenuta doverosamente sotto controllo.
«Rispondimi» ordinò Vergil in tono solenne «E stavolta voglio la verità».
Dante non cercò nemmeno di opporre resistenza: sapeva che sarebbero finiti con l'ingaggiare un'epica lotta all'ultimo sangue che si sarebbe conclusa con un nulla di fatto: entrambi erano troppo forti per sopraffarsi a vicenda.
Il licantropo valutò per alcuni istanti i pro e i contro dell'inventarsi una nuova scusa, consapevole che non sarebbe mai riuscito a renderla veramente credibile.
Stava per pronunciarsi quando il suo stomaco tornò a farsi sentire con un gorgoglio piuttosto forte.
Il rumore fu accolto da un silenzio pressoché assoluto e da uno sguardo attonito rivolto da Vergil a Dante che comunicava i suoi pensieri molto meglio di qualsiasi frase.
Il lupo mannaro si puntellò sui gomiti e propose: «Posso raccontare mentre ceno? Sto morendo di fame...!».
«L'avevo intuito...» fece Vergil per contro «Va bene» acconsentì mentre smontava dal suo bacino per permettergli di raddrizzarsi.
«Quindi in sostanza sei stato minacciato dal tuo capobranco per causa mia...» riepilogò Vergil in ultimo «E vuoi che teniamo le distanze per un po'...» concluse.
Dante masticò un grosso boccone di pizza e lo deglutì rumorosamente.
«Esatto» dichiarò agitando ciò che restava della fetta di pizza che teneva in mano «Non voglio essere cacciato dal branco e non voglio avere problemi per il territorio...».
Il vampiro si portò una mano al mento con aria riflessiva mentre Dante strappava volgarmente un altro morso di pizza.
«Se hanno capito che stai con un vampiro solo dall'odore ti consiglio di lavarti più spesso...» commentò sarcastico.
«Io mi lavo!» ribatté irritato Dante con la bocca piena.
Vergil aggrottò le sopracciglia in un'espressione di disgusto.
«Almeno abbi la decenza di parlare mentre non mastichi...».
Il lupo mannaro arrossì per il rimprovero. Strappò un'altra fetta dalla enorme pizza posata sul tavolinetto e l'addentò vorace.
«È meglio se te ne vai...» disse con una punta di rabbia nella voce.
«Così puoi finire di ingozzarti senza nessuno spettatore...?» lo prese per i fondelli Vergil, inarcando le sopracciglia in un'espressione di puro e semplice divertimento.
Se fosse stato qualcun altro Dante l'avrebbe sicuramente fatto a pezzettini; tuttavia, sapeva quello che stava chiedendo al suo partner ed il fatto che stesse sfogando un po' della sua frustrazione prendendolo per il culo - ovviamente non in modo letterale - era più che comprensibile.
Vergil accavallò le gambe raddrizzando la schiena.
«Non penso proprio che me ne andrò. Ho fatto troppa strada per andarmene a mani vuote...» lo sguardo del vampiro brillò di lussuria.
Era ovvio che rispondesse così. Adesso che Vergil aveva finalmente capito che fare sesso con un licantropo non lo avrebbe ucciso - come del resto quasi tutto ciò che c'era in quel mondo - era scontato che cogliessero ogni buona occasione che si presentava loro per farsi una scopata.
Dante apprezzava immensamente l'interesse sessuale manifestato dal vampiro; tuttavia, non era il frangente migliore per abbandonarsi a certi piaceri.
Con un sospiro profondo e rassegnato il lupo mannaro esclamò: «E invece stavolta dovrai tornarci. Sto già rischiando tanto facendoti rimanere semplicemente qui, stasera...».
Vergil tirò le labbra in una smorfia di rabbia. Lanciò un'occhiata di traverso alla finestra stringendo le palpebre in un’espressione minacciosa.
«Se solo sento il tanfo di uno dei tuoi... amici...» s'interruppe per dare maggiore enfasi all'ultima parola e alla seguente «... lo squarto vivo e distruggo il suo cadavere».
Dalla sua espressione sembrava seriamente intenzionato ad attuare la minaccia, come se avesse colto in flagrante uno del suo branco mentre li spiava dalla finestra.
«Anche se mi piacerebbe da matti vedere fino a che punto ti spingeresti per avermi...» Dante sorrise compiaciuto prima di concedersi un altro boccone di pizza; dopodiché masticò rapidamente e riprese: «Non puoi farlo».
«E perché?» fece Vergil, serrando un pugno «Non c'è il minimo rischio che una manica di cani troppo cresciuti riesca ad uccidermi...».
«Non è quello il motivo» Dante scosse la testa «Se fai una mezza strage del branco, non solo gli farai capire che stai con me davvero... ma i superstiti mi cacceranno comunque!».
Vergil non avrebbe mai detto che Dante potesse essere intelligente, almeno fino a quella sera. In quel frangente stava dando prova di avere dei neuroni funzionanti sotto quella chioma albina.
«Quindi vuoi davvero che non ci vediamo per chissà quanto?!» domandò incredulo il vampiro.
Istintivamente si portò vicino al suo partner e gli accarezzò l'interno della coscia sinistra con la mano, risalendo verso il cavallo dei suoi pantaloni.
Dante deglutì a vuoto sotto un contatto così piacevole e delicato e percepì il proprio ardore risvegliarsi in lui con la forza di una vera e propria esplosione. Dovette appellarsi a tutto il suo autocontrollo per impedirsi di ricambiare il gesto.
Vergil schiuse le labbra in un sorrisetto lascivo mentre con la punta dei polpastrelli pallidi accarezzava la cucitura sotto la zip.
«Avanti, non dirmi che non sei minimamente tentato...» gli sussurrò mentre si pungolava con la punta di un canino il labbro inferiore.
Dante era assai allettato, molto più di quanto il suo corpo desse a vedere. Avrebbe voluto baciarlo e rotolarsi con lui sul pavimento mentre gli strappava letteralmente di dosso quei vestiti da damerino d'altri tempi.
Resistendo all'impulso selvaggio che lo stava sopraffacendo, Dante prese le distanze dal suo compagno.
«Non posso» dichiarò con un sospiro.
Riprese a mangiare curandosi di tenere gli occhi bassi per non incrociare in alcun modo la figura del suo partner. Sperava che così capisse finalmente che quella era la sua decisione definitiva e smettesse di tormentarlo inutilmente.
Quest'ultimo rimase ad osservarlo per diversi minuti, senza batter ciglio né fare alcun altro movimento che lo potesse differenziare da un qualsivoglia cadavere. Aspettava e soprattutto sperava che gli desse un qualche segnale; tuttavia le sue aspettative furono deluse in pieno.
A sorpresa Vergil scattò in piedi e con un ringhio gutturale rivolto al padrone di casa si avviò verso la porta a passo pesante.
«Non aspettarti che venga solo per portarti la cena!» esclamò con la mano ancorata alla maniglia «Fammi sapere quando avrai intenzione di affrontare il tuo branco da vero lupo!».
Uscì sbattendo forte la porta dietro di sé, lasciando Dante ammutolito e perplesso, oltre che ferito nell'orgoglio: gli aveva appena dato del codardo.
«Si vede che è un vampiro...» commentò tra sé addentando con rabbia la pizza.
«Troverò il modo di fartela pagare, Dante...! Troverò la maniera più dolorosa possibile per farmi desiderare... e a quel punto vedrai...!» si promise Vergil, desideroso di vendicarsi per le sue avance respinte.
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Personaggi: Dante, Vergil
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Prompt: #75 - Esattamente 2001 parole per la Maritombola #6 @
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Note: Creature della Notte!AU, Dante e Vergil non sono fratelli, Shonen-ai. Seguito di questa.
A Dante non era mai importato granché del suo branco; tuttavia, per poter vivere in pace nella foresta doveva farne parte, altrimenti avrebbe vissuto nella costante ombra dei conflitti per il territorio. Se non fosse stato per quelli avrebbe vissuto come un solitario senza alcun problema, facendo cosa più gli aggradava senza doverne rendere conto a nessuno.
«E adesso che faccio?» si chiese in un moto d'esasperazione.
Dante si aggirava per il minuscolo soggiorno della sua piccola casetta nel cuore della foresta, gli occhi azzurri iniettati di rabbia e le labbra tirate in una smorfia d'ira che lasciava scoperta la sua dentatura talmente bianca da essere innaturale.
Come al solito era mezzo nudo, incurante del freddo pungente che dopo il calar del sole si impadroniva di casa sua. Il fuoco scoppiettava nel camino, illuminando la stanza di una traballante luce giallo-arancio.
L'albino era appena stato visitato dal capo del branco di licantropi di cui faceva parte e che era andato da lui per riferirgli di alcune questioni riguardanti la sua vita sentimentale che non erano ben viste dai suoi compagni.
Dante cacciò un profondo sospiro mentre si pettinava all'indietro i capelli e tirò un calcio al tavolinetto tra il divano ed il camino.
«Maledizione...!» ringhiò a denti stretti «Come hanno fatto a scoprirmi, quegli impiccioni del cazzo...!» si sfogò, lasciandosi cadere di peso al centro del divano.
Sospirò di nuovo lasciandosi andare contro lo schienale del mobile.
Il capo del suo branco era andato a chiedergli se le voci che gli erano giunte in merito ad una sua relazione sentimentale con un vampiro erano vere. Lui gli aveva ovviamente mentito; ciononostante il capo lo aveva minacciato che se avesse scoperto che quelle voci erano in realtà fondate l'avrebbe esiliato dal branco senza possibilità di reintegro.
A Dante non era mai importato granché del suo branco; tuttavia, per poter vivere in pace nella foresta doveva farne parte, altrimenti avrebbe vissuto nella costante ombra dei conflitti per il territorio. Se non fosse stato per quelli avrebbe vissuto come un solitario senza alcun problema, facendo cosa più gli aggradava senza doverne rendere conto a nessuno.
«E adesso che faccio?» si chiese in un moto d'esasperazione.
Doveva riuscire a sviare i sospetti dei suoi compagni in qualche maniera.
«Forse se non vedo per un po' Vergil...» rifletté accavallando le gambe ed alzando lo sguardo a fissare il soffitto.
Era un'idea plausibile, specialmente considerata la possibilità concreta che i suoi compagni potessero percepire l'odore del suo partner su di lui ogni volta che si incrociavano nella foresta anche solo per sbaglio - eventualità non poi così remota come poteva immaginare.
Dante si alzò in piedi di nuovo e riprese a camminare su e giù.
«Dev'essere così che se ne sono accorti... nessuno sa come arrivare qui...» rifletté mentre tornava verso il divano «Menomale che giusto prima che il capo arrivasse mi sono lavato...».
L'albino calciò il tavolino una seconda volta, incapace di trattenere la propria frustrazione: «Dannazione, ci mancavano solo loro! Proprio ora che sono riuscito ad ottenere il culo da Vergil...».
Ancora non riusciva a credere di essere riuscito a convincere quel cadavere semovente dell'inutilità delle sue questioni riguardo il fare l'amore tra appartenenti a razze diverse. Era senz'altro una vittoria personale di grande importanza.
La loro prima volta era stata a dir poco eccezionale, tanto che da quella volta Vergil si era trasformato in una creatura molto più passionale di quanto si potesse credere possibile. Adesso quasi ogni notte, dopo che Dante aveva cenato, si faceva deliberatamente avanti e facevano sesso fino quasi all'alba.
Al licantropo non dispiaceva affatto come atteggiamento - anzi, gli piaceva da impazzire - tuttavia capitava nel momento meno indicato possibile.
Il suo stomaco emise un rombo cupo ma ben udibile ed il ragazzo si portò una mano all'addome emettendo un verso di stizza.
«Forse stasera è meglio andare a caccia...» propose a voce alta a se stesso.
Se non avesse incontrato Vergil lui non avrebbe potuto lasciargli addosso il suo inconfondibile odore. Era un piano assolutamente perfetto. L'unica pecca era il fatto che avrebbe dovuto mantenere le distanze a lungo.
Si risolse di uscire e andare a cercarsi da solo la cena, spiegando a Vergil il motivo della sua scelta in un secondo momento.
Si avviò verso la porta di casa a passo deciso; tuttavia, quando l'aprì si trovò davanti nientemeno che il suo vampiro.
Quella notte aveva deciso di indossare un completo blu piuttosto elegante composto di giacca e pantaloni aderenti. Al di sotto portava una camicia bianca dal colletto alto e rigido e quello che aveva tutta l'aria di essere un panciotto argentato a doppio petto. Sulle spalle portava un lungo mantello nero sostenuto da una sottile catenella d'oro.
In mano reggeva il solito grosso contenitore di pietra e dallo sguardo sembrava impaziente.
«Stavi uscendo?» esclamò in tono inquisitorio, inarcando un sopracciglio.
Dante, colto in contropiede dal suo improvviso arrivo, non riuscì ad inventarsi alcuna scusa plausibile.
«Andavo a caccia...» disse.
«Quando sai che sto arrivando a portarti la cena?» domandò Vergil con una punta di incredulità nella voce.
«Avevo voglia di carne» spiegò Dante.
L'altro rise.
«Ma se non l'hai mai mangiata da quando ci siamo incontrati per la prima volta...!» esclamò in tono divertito.
Il licantropo strinse i denti constatando come il suo compagno lo conoscesse bene.
«Perché stavi uscendo?» volle sapere Vergil, avanzando nella stanza mentre l'altro arretrava di un passo. Era stato un gesto istintivo, dettato dal ricordo della minaccia del suo capobranco.
Il suo comportamento era oltremodo bizzarro: Dante non era il tipo da ritrarsi quando era lui a volersi avvicinare - anzi, in genere non gli pareva vero di balzargli addosso e limonare selvaggiamente. Da quando avevano fatto sesso per la prima volta era pure diventato più incline agli atti audaci che Vergil aveva sempre evitato.
«Ecco io...» Dante cercò una qualche giustificazione sensata senza riuscire a trovarne alcuna. Continuò ad arretrare fino a che non urtò con le gambe il bracciolo del divano.
Perse l'equilibrio e cadde all'indietro, le gambe che pendevano a mezz'aria senza toccare il pavimento. A quel punto Vergil ne approfittò per placcarlo ed impedirgli di scappare ancora. Semplicemente, gli saltò addosso, piazzandosi seduto a cavallo del suo cinto pelvico.
La gelida mano del vampiro andò a serrarsi con presa salda attorno al suo collo e i suoi occhi azzurri si caricarono di una rabbia chiaramente percepibile anche se tenuta doverosamente sotto controllo.
«Rispondimi» ordinò Vergil in tono solenne «E stavolta voglio la verità».
Dante non cercò nemmeno di opporre resistenza: sapeva che sarebbero finiti con l'ingaggiare un'epica lotta all'ultimo sangue che si sarebbe conclusa con un nulla di fatto: entrambi erano troppo forti per sopraffarsi a vicenda.
Il licantropo valutò per alcuni istanti i pro e i contro dell'inventarsi una nuova scusa, consapevole che non sarebbe mai riuscito a renderla veramente credibile.
Stava per pronunciarsi quando il suo stomaco tornò a farsi sentire con un gorgoglio piuttosto forte.
Il rumore fu accolto da un silenzio pressoché assoluto e da uno sguardo attonito rivolto da Vergil a Dante che comunicava i suoi pensieri molto meglio di qualsiasi frase.
Il lupo mannaro si puntellò sui gomiti e propose: «Posso raccontare mentre ceno? Sto morendo di fame...!».
«L'avevo intuito...» fece Vergil per contro «Va bene» acconsentì mentre smontava dal suo bacino per permettergli di raddrizzarsi.
«Quindi in sostanza sei stato minacciato dal tuo capobranco per causa mia...» riepilogò Vergil in ultimo «E vuoi che teniamo le distanze per un po'...» concluse.
Dante masticò un grosso boccone di pizza e lo deglutì rumorosamente.
«Esatto» dichiarò agitando ciò che restava della fetta di pizza che teneva in mano «Non voglio essere cacciato dal branco e non voglio avere problemi per il territorio...».
Il vampiro si portò una mano al mento con aria riflessiva mentre Dante strappava volgarmente un altro morso di pizza.
«Se hanno capito che stai con un vampiro solo dall'odore ti consiglio di lavarti più spesso...» commentò sarcastico.
«Io mi lavo!» ribatté irritato Dante con la bocca piena.
Vergil aggrottò le sopracciglia in un'espressione di disgusto.
«Almeno abbi la decenza di parlare mentre non mastichi...».
Il lupo mannaro arrossì per il rimprovero. Strappò un'altra fetta dalla enorme pizza posata sul tavolinetto e l'addentò vorace.
«È meglio se te ne vai...» disse con una punta di rabbia nella voce.
«Così puoi finire di ingozzarti senza nessuno spettatore...?» lo prese per i fondelli Vergil, inarcando le sopracciglia in un'espressione di puro e semplice divertimento.
Se fosse stato qualcun altro Dante l'avrebbe sicuramente fatto a pezzettini; tuttavia, sapeva quello che stava chiedendo al suo partner ed il fatto che stesse sfogando un po' della sua frustrazione prendendolo per il culo - ovviamente non in modo letterale - era più che comprensibile.
Vergil accavallò le gambe raddrizzando la schiena.
«Non penso proprio che me ne andrò. Ho fatto troppa strada per andarmene a mani vuote...» lo sguardo del vampiro brillò di lussuria.
Era ovvio che rispondesse così. Adesso che Vergil aveva finalmente capito che fare sesso con un licantropo non lo avrebbe ucciso - come del resto quasi tutto ciò che c'era in quel mondo - era scontato che cogliessero ogni buona occasione che si presentava loro per farsi una scopata.
Dante apprezzava immensamente l'interesse sessuale manifestato dal vampiro; tuttavia, non era il frangente migliore per abbandonarsi a certi piaceri.
Con un sospiro profondo e rassegnato il lupo mannaro esclamò: «E invece stavolta dovrai tornarci. Sto già rischiando tanto facendoti rimanere semplicemente qui, stasera...».
Vergil tirò le labbra in una smorfia di rabbia. Lanciò un'occhiata di traverso alla finestra stringendo le palpebre in un’espressione minacciosa.
«Se solo sento il tanfo di uno dei tuoi... amici...» s'interruppe per dare maggiore enfasi all'ultima parola e alla seguente «... lo squarto vivo e distruggo il suo cadavere».
Dalla sua espressione sembrava seriamente intenzionato ad attuare la minaccia, come se avesse colto in flagrante uno del suo branco mentre li spiava dalla finestra.
«Anche se mi piacerebbe da matti vedere fino a che punto ti spingeresti per avermi...» Dante sorrise compiaciuto prima di concedersi un altro boccone di pizza; dopodiché masticò rapidamente e riprese: «Non puoi farlo».
«E perché?» fece Vergil, serrando un pugno «Non c'è il minimo rischio che una manica di cani troppo cresciuti riesca ad uccidermi...».
«Non è quello il motivo» Dante scosse la testa «Se fai una mezza strage del branco, non solo gli farai capire che stai con me davvero... ma i superstiti mi cacceranno comunque!».
Vergil non avrebbe mai detto che Dante potesse essere intelligente, almeno fino a quella sera. In quel frangente stava dando prova di avere dei neuroni funzionanti sotto quella chioma albina.
«Quindi vuoi davvero che non ci vediamo per chissà quanto?!» domandò incredulo il vampiro.
Istintivamente si portò vicino al suo partner e gli accarezzò l'interno della coscia sinistra con la mano, risalendo verso il cavallo dei suoi pantaloni.
Dante deglutì a vuoto sotto un contatto così piacevole e delicato e percepì il proprio ardore risvegliarsi in lui con la forza di una vera e propria esplosione. Dovette appellarsi a tutto il suo autocontrollo per impedirsi di ricambiare il gesto.
Vergil schiuse le labbra in un sorrisetto lascivo mentre con la punta dei polpastrelli pallidi accarezzava la cucitura sotto la zip.
«Avanti, non dirmi che non sei minimamente tentato...» gli sussurrò mentre si pungolava con la punta di un canino il labbro inferiore.
Dante era assai allettato, molto più di quanto il suo corpo desse a vedere. Avrebbe voluto baciarlo e rotolarsi con lui sul pavimento mentre gli strappava letteralmente di dosso quei vestiti da damerino d'altri tempi.
Resistendo all'impulso selvaggio che lo stava sopraffacendo, Dante prese le distanze dal suo compagno.
«Non posso» dichiarò con un sospiro.
Riprese a mangiare curandosi di tenere gli occhi bassi per non incrociare in alcun modo la figura del suo partner. Sperava che così capisse finalmente che quella era la sua decisione definitiva e smettesse di tormentarlo inutilmente.
Quest'ultimo rimase ad osservarlo per diversi minuti, senza batter ciglio né fare alcun altro movimento che lo potesse differenziare da un qualsivoglia cadavere. Aspettava e soprattutto sperava che gli desse un qualche segnale; tuttavia le sue aspettative furono deluse in pieno.
A sorpresa Vergil scattò in piedi e con un ringhio gutturale rivolto al padrone di casa si avviò verso la porta a passo pesante.
«Non aspettarti che venga solo per portarti la cena!» esclamò con la mano ancorata alla maniglia «Fammi sapere quando avrai intenzione di affrontare il tuo branco da vero lupo!».
Uscì sbattendo forte la porta dietro di sé, lasciando Dante ammutolito e perplesso, oltre che ferito nell'orgoglio: gli aveva appena dato del codardo.
«Si vede che è un vampiro...» commentò tra sé addentando con rabbia la pizza.
«Troverò il modo di fartela pagare, Dante...! Troverò la maniera più dolorosa possibile per farmi desiderare... e a quel punto vedrai...!» si promise Vergil, desideroso di vendicarsi per le sue avance respinte.