fiamma_drakon: (Bayonetta)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Il caldo fa passare l'appetito... più o meno
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Slice of life
Personaggi: Dante/Nero
Wordcount: 2217 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Note: Age difference, Blowjob, Incest, Lemon, Threesome, Yaoi
«C-che stai cercando di fare?!» esclamò a voce alta e leggermente incrinata per la sorpresa e l'imbarazzo.
«Cosa ti sembra che stia facendo?!» gli ripropose la domanda l'altro, rosso in viso.
Chiuse un momento gli occhi, inspirò profondamente e disse: «Su... di' "aaah"...».
Nel pronunciare quella frase ridicola non riuscì a non mettere su un broncio impacciato e tenero.
Sporse maggiormente la forchetta verso il viso del più grande fino a poggiargli le punte sulle labbra.


Dante studiò la confezione di noodles aperta nella sua mano sinistra con una smorfia a deformargli le labbra. Il brodo era diventato tiepido e i noodles all'interno si erano abbastanza raffreddati. 
Nella mano destra impugnava la forchetta ma non sembrava molto propenso ad utilizzarla. 
«No, non ce la faccio» sbuffò alla fine, posando la scatola sulla scrivania dinanzi a lui. 
«Digiunare non ti farà sopportare meglio il caldo, sai?» commentò Nero deglutendo una grossa porzione di spaghettini. 
Abbassò la sua confezione - già mezza vuota - per dedicare tutta la sua attenzione al più grande. 
Il ragazzo era seduto in mutande a gambe incrociate su un lato della scrivania e stava mangiando con gusto. A dispetto della calura estiva continuava ad avere l'appetito di sempre, se non di più. 
Dante alzò gli occhi fino ad incrociare i suoi. 
«Questo caldo mi ha fatto perdere l'appetito!» spiegò facendo spallucce «È così grave se per una volta non mangio?». 
L'altro scosse la testa. 
«No, purché sia davvero una volta» replicò calcando con particolare forza sulle ultime due parole mentre rabbuiava lo sguardo. 
Infilzò altri noodles e se li portò alla bocca, li masticò e li inghiottì, il tutto senza staccare dal suo interlocutore gli occhi neanche per un istante. 
Dante si addossò all'alto schienale della sua sedia, sentendosi sondato da quel cipiglio cupo come se cercasse di scavare nella sua anima. 
«Non hai toccato cibo neanche oggi a pranzo, non puoi continuare a saltare i pasti!» lo riprese con fervore «Avanti, fai uno sforzo... non è da te non toccare cibo». 
Il maggiore sentì il viso surriscaldarsi mentre domandava: «Che cosa vorresti insinuare?!». 
Nero sollevò entrambe le mani in segno di resa. 
«Oh, niente!» disse «Solo che non è da te digiunare». 
Dante deviò lo sguardo e, stranamente, tacque. 
Nero riprese a mangiare ma si fermò di nuovo poco dopo, dato che aveva terminato gli spaghettini. Tracannò d'un fiato il brodino e poi mise da parte la confezione ormai vuota, pulendosi rozzamente la bocca col dorso della mano. 
Passò lo sguardo dal compagno, che ancora si ostinava a tenere lontani gli occhi dai suoi, alla sua cena abbandonata sulla scrivania, intatta. 
Anche lui soffriva per l'afa estiva che aumentava giorno dopo giorno ed un po' riusciva a capire il fatto che non avesse voglia di fare niente, incluso mangiare; tuttavia, non poteva permettere che andasse a dormire a stomaco vuoto. 
Se non mangiava niente si sarebbe ritrovato presto anche senza le poche energie che aveva adesso. 
Determinato a far sì che Dante mangiasse, prese la sua scatola di noodles ed impugnò saldamente la forchetta, utilizzandola per pescare un po' di spaghettini. 
«Che sarebbe quello sguardo sconsolato?!» Nero si sporse verso di lui, cercando di attirare la sua attenzione. 
Ancora non credeva a quello che stava per fare e a pensarci bene si sentiva a disagio. 
Dante inarcò un sopracciglio e levò gli occhi. 
Si trovò con la forchetta puntata contro il viso a così poca distanza che non poté che addossarsi completamente contro lo schienale per evitare il contatto. 
«C-che stai cercando di fare?!» esclamò a voce alta e leggermente incrinata per la sorpresa e l'imbarazzo. 
«Cosa ti sembra che stia facendo?!» gli ripropose la domanda l'altro, rosso in viso. 
Chiuse un momento gli occhi, inspirò profondamente e disse: «Su... di' "aaah"...». 
Nel pronunciare quella frase ridicola non riuscì a non mettere su un broncio impacciato e tenero. 
Sporse maggiormente la forchetta verso il viso del più grande fino a poggiargli le punte sulle labbra. 
Dante avvertì una stranissima sensazione scuoterlo dentro, fin nelle viscere, al vedere l'espressione dipinta sul suo viso. 
Era un misto di tenerezza e improvviso, urgente bisogno di assecondarlo. 
Aprì la bocca di scatto, arrossendo fino alle orecchie mentre Nero lo imboccava. 
Il tempo parve rallentare ed entrambi poterono percepire distintamente l'atmosfera intima e romantica che vibrava nell'aria. 
Dante risucchiò gli spaghetti e li spezzò di netto con i denti, masticando piano e deglutendo altrettanto lentamente, studiando il suo partner mentre pescava un'altra porzione dal brodo, stavolta un po' più grande. 
Lo imboccò ancora. Anche se si sentiva profondamente in imbarazzo, come se fosse una mamma troppo premurosa col figlio, gli piaceva vedere come il più grande gli obbedisse, a dispetto dell'enorme differenza di età. In una coppia normale sarebbe stato il più grande a prendersi cura del più piccolo, non il contrario. 
Il padrone di casa mangiò tutto senza opporre la minima resistenza, cogliendo un po' di sorpresa l'altro: visto quanto aveva dovuto insistere perché cominciasse a mangiare aveva creduto che sarebbe stata un'impresa anche invogliarlo ad assecondarlo. Mai si sarebbe aspettato una simile collaborazione. 
Quando Dante arrivò all'ultimo boccone, masticando gli spaghetti ne lasciò una piccola estremità fuori e questa, anziché cadere, rimase appoggiata poco sopra all'angolo della bocca. 
Vedendolo, Nero non riuscì a non ridere. 
«Che cosa c'è adesso...?» domandò burbero Dante, guardandolo con cipiglio curioso e leggermente indignato, come se l'avesse appena preso spudoratamente per i fondelli. 
«Hai un pezzetto di spaghetto sulla bocca...» rispose il ragazzo continuando a ridacchiare. 
Sul volto del più grande comparve una smorfia di goffo imbarazzo. 
«A-ah... dove?» chiese, leccandosi le labbra alla ricerca del frammento colpevole di quella deplorevole figura. 
Nero si sporse verso di lui senza pensarci su neppure un secondo, estraendo la lingua per leccargli via dal viso il residuo di cibo. 
Dante gli andò incontro come attratto da una calamita. Sperava che oltre a togliergli il pezzetto di spaghetto gli avrebbe anche concesso almeno un rapido bacio. 
«Cosa state facendo voi due?!». 
L'esclamazione colse alla sprovvista entrambi, convinti di essere ancora soli. 
Dante si ritrasse per riflesso e Nero si sbilanciò in avanti, finendo con l'andargli addosso. 
Allo scontro tra i due corpi la sedia del più grande non riuscì a mantenersi salda a terra e si rovesciò all'indietro, trascinandoli con sé. 
Dante assorbì l'impatto col pavimento con la schiena e allo stesso tempo attutì la rovinosa e scomposta caduta del suo partner con il suo robusto ed ampio petto. 
Un grugnito di dolore gli sfuggì dalle labbra mentre Nero impattava col viso contro la base del suo collo, mozzandogli il fiato. 
«Ahio...!» si lamentò il ragazzo, cercando di sollevarsi ma senza alcun successo: nella posizione in cui si trovava non riusciva a raddrizzarsi facendo perno sulle gambe. 
Era praticamente sdraiato sopra Dante con la schiena inarcata dolorosamente all'indietro e la testa più in basso del bacino. Le gambe erano aggrovigliate a quelle del suo compagno e non sembrava cosa da poco liberarsi. 
Anche Dante cercò di issarsi ma riuscì solamente a causare altro dolore al più giovane, il quale per contro gli calò un pugno piuttosto vigoroso sulla spalla. 
«Smettila di dimenarti, idiota!» ringhiò. 
«Siete ridicoli...». 
La stessa voce maschile che li aveva interrotti poco prima si fece nuovamente sentire e stavolta l'uomo era molto più vicino. 
Nero riuscì a vederne l'ombra sul pavimento e Dante, che tra i due era l'unico in grado di vedere nella direzione del sopravvenuto, girò la testa ed esclamò: «C'era bisogno di entrare di soppiatto, Vergil?!». 
«Io non sono entrato di soppiatto» asserì inarcando un sopracciglio con aria scocciata «Sono entrato come sempre». 
«Non avevi detto che avresti mangiato fuori per cena?!» ribatté Nero, agitandosi per cercare ancora una volta di riacquisire un briciolo di equilibrio. 
«Ho già mangiato» rispose mentre esaminava con attenzione il fondoschiena del ragazzo che si dimenava sotto i suoi occhi. 
Lo spettacolo non lo lasciò affatto indifferente, specialmente considerando che il più giovane era in mutande e che nella caduta l'elastico gli era sceso un po', rivelando in parte la linea che gli divideva le natiche. 
Era uscito per andare a cercare del refrigerio altrove e già che c'era era rimasto a cenare fuori, certo che dovunque avrebbe mangiato meglio che in agenzia, ma adesso un po' se ne pentiva visto quello che si era perso. 
Afferrò Nero per i fianchi e lo aiutò senza alcun problema a rialzarsi. 
«Potevate aspettare prima di mettervi a fare questi giochini...» commentò. 
«Non stavamo facendo niente!» si difese Nero prontamente, divincolandosi dalla mano che l'altro gli teneva appoggiata sulla spalla. 
«Volevi partecipare anche te?» intervenne Dante. Ora che era libero dal fardello del più giovane poté togliersi dalla sedia ed alzarsi in piedi. 
Camminò lentamente fino a fermarsi dirimpetto a suo fratello, fissandolo negli occhi come per sondare quali fossero i suoi pensieri e le sue intenzioni. 
Nero corrugò le sopracciglia, studiandoli entrambi senza capire: perché Dante lo stava inducendo a credere che stessero facendo chissà cosa in sua assenza...? 
Lo sguardo di Vergil s'incupì ed una vena iniziò a pulsare nella sua tempia, appena visibile a chi non sapesse che genere di manifestazioni desse quand'era arrabbiato. 
Nero si allarmò e cercò di correre ai ripari: «Vergil non dargli ascolto, non stavamo facendo niente! L'ho solo costretto a mangiare perché voleva digiunare ancora!». 
Il suo interlocutore si volse a guardarlo con gli occhi incendiati d'ira. 
«Lo stavi costringendo...?! Davvero? A me non sembrava che gli dispiacesse!» ringhiò dando una spinta al più giovane. 
Dante lo prese per le spalle e lo girò di nuovo verso se stesso. Prima che avesse il tempo di fare una qualsiasi cosa si sporse a baciarlo, spingendolo allo stesso tempo lontano da Nero. 
Quest'ultimo rimase a fissarli attonito: Dante stava cercando di calmarlo, o meglio, cercava di incanalare in maniera più proficua per entrambi la sua rabbia. 
Strinse il gemello tra le braccia con forza e mise una gamba tra le sue, costringendolo a divaricarle. 
Vergil era stato colto in contropiede dal fervore del fratello e rimase momentaneamente succube del suo impeto. 
Lo strofinio tra la coscia di Dante e il cavallo dei suoi pantaloni gli strappò un gemito che venne soffocato dal bacio. 
Sentendolo gemere, Nero non riuscì a resistere all'impulso di unirsi: sentire quei versi lo eccitava. 
Aggirò i due e andò a posizionarsi alle spalle di Vergil, strusciando l'inguine tra le sue natiche. Allo stesso tempo allungò le mani a stringere la fibbia della sua cintura, aprendola. 
Le sue labbra gli accarezzarono il lato del collo, salendo pian piano verso la pelle dietro l'orecchio, più sensibile. 
Dante si occupò della leggera camicia di lino che il gemello indossava, aprendola e sfilandogliela senza incontrare alcun ostacolo. 
«Lasciatemi...!» esclamò Vergil non appena poté parlare. 
Nero gli abbassò i pantaloni per tutta risposta. 
«Perché vuoi smettere se ti sta piacendo così tanto?» indagò il ragazzo, umettandosi un paio di dita ed inserendogliele nel fondoschiena con delicatezza. 
L'altro digrignò i denti e chiuse gli occhi mentre veniva penetrato e le dita iniziavano ad agitarsi nel suo sfintere per allargare la muscolatura per adesso ancora ben stretta. 
«Non eri arrabbiato per essere stato lasciato fuori dai nostri giochini...?» gli sussurrò Dante scendendo lungo il suo petto, ricoprendogli di baci il centro dello sterno «Adesso dovresti essere felice: sei al centro delle nostre attenzioni». 
Scese ancora più in basso, al di sotto dell'ombelico, andando a leccare la sua erezione. 
I mugolii di Vergil si fecero di colpo molto più intensi e struggenti. 
Nero lo preparò a dovere, prendendosi tutto il tempo necessario nonostante ardesse del desiderio di sbatterselo. 
Dante, d'altro canto, si stava dilettando in un pompino piuttosto vigoroso. Succhiava avido ed ogni tanto elargiva qualche lappata al glande scoperto di suo fratello, osando anche tentare qualche brevissima incursione nel piccolo orifizio all'apice. 
Le gambe della vittima si fecero improvvisamente molli e se non fosse stato per la presa salda dei suoi due compagni sarebbe crollato a terra come un sacco di patate. 
Il suo viso si era fatto paonazzo di colpo e ansimava in maniera pesante. Stava godendo in modo indecente, se ne rendeva conto, ma non riusciva a darsi un briciolo di contegno. 
Quando Nero lo penetrò con la sua erezione, calda e ben turgida, non riuscì a reprimere un gridolino piuttosto frivolo. 
Dopo poche spinte ben assestate raggiunse l'orgasmo ed eiaculò in bocca a Dante. 
Quest'ultimo inghiottì tutto lo sperma, succhiando con ancor più foga perché venisse a dovere, fino in fondo. 
Percepì i muscoli di suo fratello rilassarsi non appena ebbe smesso di espellere tutto il seme ed allora lo strinse forte perché non cadesse, afferrandogli entrambe le natiche e stringendo. 
Così facendo allargò leggermente il suo orifizio anale, concedendo a Nero un ulteriore seppur leggero margine di penetrazione. 
Quel piccolo accorgimento aiutò il ragazzo ad arrivare all'orgasmo un po' più in fretta. Ovviamente riversò il suo liquido seminale nel fondoschiena di Vergil, che s'inarcò e gemette piano, ormai a corto di voce e fiato. 
Rimasero fermi tutti e tre per qualche momento, aspettando che l'impeto che li aveva colti per un momento si affievolisse, poi Nero uscì dal corpo di Vergil e Dante smise di succhiargli il pene, liberandolo al contempo dalla sua stretta. 
Senza più nessun tipo di supporto, la vittima non poté che crollare a terra esausta ed ansimante. 
«Ora sarai... contento...» boccheggiò Nero, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio sul respiro per calmarlo. Batté una leggera pacca sulla spalla di Vergil per fargli capire che stava parlando con lui. 
«Non volevo... arrivare a questo!» protestò. 
«Come sarebbe a dire "no"...?! Ma se non facevi che lamentarti dei nostri giochini...» s'intromise Dante. 
Suo fratello gli scoccò un'occhiataccia e mormorò una breve imprecazione, ma non aveva la forza necessaria per continuare a discutere. 
Dante lo guardò con arroganza e sorrise con aria trionfante e soddisfatta.

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