fiamma_drakon: (p0rn...?)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Incidenti di lavanderia
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Slice of life
Personaggi: Artù Pendragon, Ginevra, Merlino
Wordcount: 3700 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: 20 Clothes / 009 - Minigonna @ [livejournal.com profile] kinks_pervs
Note: Crossdressing, Lemon, Slash
«Cosa sarebbe questa, Merlino?! Una... gonna?!» ringhiò Artù, marciando verso di lui per sbattergliela sotto il naso.
«Ehm... sì! Oggi siete incredibilmente arguto!» esclamò l'altro.
«Merlino!».
Artù gli diede un colpo sulla spalla talmente forte da farlo barcollare.
«Ahio!» gemette Merlino.
«Che ci fa una gonna tra i miei vestiti? E perché è così piccola?!» tuonò il principe, fuori di sé.
«Non lo so!»
«Merlino!».


«Muoviti a lavarmi i vestiti, Merlino! Mi servono adesso!» esclamò il mago scimmiottando nella voce e nell'atteggiamento il suo padrone. Scosse le spalle, come per tornare in sé ed alzò gli occhi al cielo, palesando tutta la sua esasperazione. 
«Se ha tanta fretta perché non ne mette altri?! Avevo altre cose da fare ora!» sbottò poggiando la grossa cesta carica di abiti sporchi accanto ad una delle grandi tinozze nella lavanderia della cittadella. 
Era stata una fatica non da poco portare quell'ingombrante fardello dalle stanze di Artù fino a destinazione. 
Nell'atto di scaricare la cesta non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo e pensare a quanto la magia avrebbe alleggerito lo svolgimento di certe sue mansioni, se solo avesse potuto utilizzarla liberamente. Purtroppo però non era così e quindi doveva sopperire alle richieste del principe solo con l'utilizzo della sua forza fisica - che non era mai stata molta, in verità. 
Merlino si inginocchiò sul freddo pavimento in pietra, sfilò la giacca e rimboccò le maniche della maglia sottostante. 
L'idea di immergere gli avambracci nell'acqua gelida non lo attirava per niente ma doveva farlo. 
Estrasse il primo abito dalla cesta - una camicia bianca che puzzava di sudore - e la gettò in acqua. Ad essa aggiunse dell'essenza profumata per smacchiare e iniziò a strofinare. 
L'acqua era gelida proprio come il ragazzo si era aspettato. Rabbrividì leggermente ma si mise all'opera senza fiatare, strofinando con forza per eliminare le macchie di sudore. 
Era così preso dalla sua mansione da non accorgersi dell'ingresso di Gwen nella lavanderia. 
La ragazza trasportava agilmente sotto un braccio una cesta carica di abiti lunghi e sembrava avere fretta. 
Quando scorse Merlino nella penombra della sala, chino sulla tinozza, un sorriso le increspò le labbra. Era buffo e tenero al tempo stesso vederlo affaccendarsi tanto da mostrare apertamente i segni del duro impegno che ci stava mettendo nello strofinare energicamente i vestiti di Artù - dovevano essere suoi per forza, non ricordava d'aver mai visto una camicia del genere indosso a Merlino. 
Si mosse verso di lui, inginocchiandosi dinanzi alla tinozza vicino alla sua. 
«Buongiorno, Merlino» salutò cordialmente Gwen, estraendo il primo indumento da lavare e poggiandolo sul bordo del contenitore in legno «Già alle prese con le faccende di Artù...?» chiese. 
«Eh, già... per pranzo vuole assolutamente indossare proprio questi abiti... quindi devo sbrigarmi a lavarli e asciugarli...» spiegò il ragazzo, sbuffando in maniera piuttosto esplicativa «Anche tu sembri avere già parecchio lavoro da fare... dubito però che Lady Morgana abbia le stesse pretese di Artù riguardo ai vestiti da lavare...» soggiunse accennando col capo all'abito che pendeva per metà in acqua. 
Gwen passò lo sguardo rapidamente dal suo interlocutore al vestito e la sua espressione si fece imbarazzata. 
«Oh, no Merlino... questi non sono gli abiti di Lady Morgana... sono miei» spiegò. 
Dal suo cipiglio il ragazzo capì d'aver frainteso totalmente, rendendosi ridicolo agli occhi di lei per l'ennesima volta. 
«O-oh... scusami, io non volevo... ecco, credevo...» cercò di scusarsi, senza trovare nessuna valida giustificazione. 
«Tranquillo Merlino, ho capito» lo rassicurò Gwen, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi più gentili. 
Entrambi tornarono ad occuparsi delle loro faccende in silenzio; tuttavia, la situazione non rimase a lungo così: «Sei fortunata ad avere del tempo per poter lavare i tuoi abiti, Gwen. Se potesse, Artù mi impedirebbe anche di dormire ogni notte per attendere alle sue faccende». 
Merlino si sentiva a disagio circondato dal silenzio, specialmente dopo la figura barbina appena fatta; inoltre, Gwen era una piacevole compagnia con cui parlare mentre attendeva alla lavanda dei vestiti del principe. 
«Oggi sono piena d'impegni con Lady Morgana, è per questo che mi sono alzata presto per lavare i miei abiti. Non ho altro momento per farlo e ne ho un disperato bisogno...» spiegò Gwen, preferendo tenere per sé il fatto che quello che indossava era praticamente l'ultimo abito pulito che aveva a disposizione. 
Ultimamente era stata tanto assorbita dai suoi impegni come ancella di Morgana da perdere di vista le cose che aveva necessità di fare per sé stessa. 
«Oh...» commentò semplicemente Merlino, dispiaciuto «Allora perché non vai e lasci a me i tuoi vestiti? Posso lavarteli io» si offrì. 
Doveva comunque lavare quelli di Artù e gli ci sarebbe voluto un po', per cui che differenza avrebbe fatto per lui rimanere oltre ed occuparsi anche dei suoi? 
«Non serve, Merlino, davvero... posso fare da sola» rifiutò garbatamente Gwen. 
«Hai appena detto che hai la giornata piena d'impegni, no? Allora vai, tranquilla. Qui ci penso io». 
L'espressione cordiale di Merlino la convinse ad abbandonare ogni resistenza e lasciargli fare come credeva. Si fidava di lui e se le aveva detto di potercela fare allora doveva essere così, altrimenti perché offrirsi volontario...? 
Si alzò in piedi ed esclamò: «Oh, grazie Merlino. Grazie mille!», prima di girarsi ed imboccare l'uscita dalla lavanderia, lasciando il ragazzo al lavoro. 
 
Merlino sospirò rumorosamente una volta raggiunta la porta della camera di Artù. Era contento di essere riuscito a far tutto quanto nonostante il favore che aveva voluto fare a Gwen ed essere ancora in tempo per portare al suo signore i vestiti che tanto voleva mettere per il pranzo. 
Aveva già portato gli abiti della ragazza a casa sua dopo averli asciugati con un piccolo aiuto; pertanto Artù non sarebbe mai venuto a conoscenza di quel che aveva fatto. 
Colpì con un ginocchio il battente per annunciarsi e, sentendo la risposta positiva che gli venne dall'interno, si fece avanti dando una spallata all'uscio. 
«Finalmente, Merlino! Stavo per mandare una pattuglia a cercarti nella lavanderia!» lo canzonò Artù, girandosi a guardarlo dal lato opposto del letto. 
Aveva indosso solo un paio di pantaloni di pelle neri che gli fasciavano le gambe, i glutei e i fianchi senza lasciare niente all'immaginazione. 
«È quasi ora di pranzo! Quanto ti ci è voluto a lavare qualche camicia?!» lo rimproverò apertamente, osservandolo avvicinarsi al letto e poggiare la cesta ai piedi di esso. 
«Erano più di qualche camicia!» protestò il servo, battendosi indignato le mani sui fianchi «Ah! Bastava anche un "grazie Merlino"!» aggiunse dandogli le spalle. 
Era stanco del suo atteggiamento verso di lui e per fortuna Artù non somigliava a suo padre, altrimenti non avrebbe potuto neanche proferir parola. In tal caso sarebbe letteralmente esploso nel giro di pochi giorni. 
Si girò per controllare se ci fosse qualcosa da sistemare nella stanza, come succedeva praticamente sempre. 
Il principe gli scoccò un'occhiata mentre si chinava a prendere la camicia posata sulla cima del mucchio che occupava la cesta. 
La sollevò e fece per indossarla quando notò che c'era qualcosa di anomalo nascosto sotto l'indumento. Incuriosito, lo prese e lo sollevò con entrambe le mani per guardarlo meglio. 
«Merlino...» chiamò in tono di scetticismo e rimprovero insieme. 
Il moro si girò con uno stivale stretto in una mano chiedendosi cosa avesse da rimproverargli adesso. Non aveva fatto niente di male. 
Lo stivale gli sfuggì di mano per lo stupore quando vide cosa Artù stava osservando: era una versione rimpicciolita di quella che senza ombra di dubbio era stata una gonna abbastanza lunga. 
Merlino aprì e chiuse la bocca alcune volte, senza emettere nessun suono, imbarazzato: non si era affatto accorto che una delle gonne di Gwen si fosse ristretta né tantomeno che fosse finita nel cesto degli abiti di Artù. 
«A-ah, ecco...» esordì il mago, impacciato. 
«Cosa sarebbe questa, Merlino?! Una... gonna?!» ringhiò Artù, marciando verso di lui per sbattergliela sotto il naso. 
«Ehm... sì! Oggi siete incredibilmente arguto!» esclamò l'altro. 
«Merlino!». 
Artù gli diede un colpo sulla spalla talmente forte da farlo barcollare. 
«Ahio!» gemette Merlino. 
«Che ci fa una gonna tra i miei vestiti? E perché è così piccola?!» tuonò il principe, fuori di sé. 
«Non lo so!» 
«Merlino!». 
Il servo poteva distintamente percepire quanto vicino fosse al baratro dell'ira funesta di Artù. Più parlava e cercava di giustificarsi e più lo faceva infuriare. 
«Esigo una spiegazione!» asserì severo Artù. Sottintesa a quelle parole c'era una minaccia che Merlino non desiderava vedere messa in pratica. Aveva già una spalla dolorante e non voleva che altre parti del corpo finissero nello stesso modo. 
«Deve essere finita lì per sbaglio mentre sistemavo gli abiti puliti di Gwen...» si decise a spiegare «M-ma prima che lo chiediate, mi sono offerto di aiutarla con i suoi vestiti perché era oberata di impegni a corte» soggiunse per evitare che la sua situazione si aggravasse. 
Vide le guance del principe arrossire e non seppe dire se fosse per rabbia o per imbarazzo. 
«Hai lavato le vesti di Ginevra?!» ringhiò il biondo, gli occhi che ardevano di sentimento «E hai fatto questo?!». 
«Non è stato intenzionale!» si scusò il moro, stringendosi nelle spalle. 
«Ah! Non riesci mai a fare niente senza combinare guai, Merlino!» esclamò il principe «Adesso sai che fai? Vai da Ginevra a scusarti...» s'interruppe per riflettere sul seguito dell'asserzione e dare al tempo stesso più enfasi ad essa «... e ci andrai indossando questa». 
«Cosa avete detto?!» Merlino lo guardò stupito e scosse la testa «Non potete dire sul serio...». 
«Oh, invece sì. Questo è un ordine, Merlino» replicò Artù deciso, porgendogli la gonna. 
Merlino guardò senza la minima convinzione l'indumento, esitando a prenderlo dalla mano del principe, poi decise di farlo per non farlo arrabbiare di più. 
Suo malgrado si slacciò i calzoni ma li sostenne sui fianchi magri scoccando un'occhiata eloquente ad Artù, facendo un cenno per suggerirgli di voltare altrove la sua attenzione. 
«Andiamo! Ti vergogni davvero di togliere i calzoni quando ti ho già visto nudo almeno un milione di volte?!» lo sbeffeggiò il principe inarcando entrambe le sopracciglia, stupito. 
Le guance del moro si fecero porpora nel ricordare l'enorme quantità di occasioni nelle quali si erano ritrovati entrambi nudi in quella stessa camera. In nessun caso Merlino si era sentito a disagio come quella volta, neanche quando si era prestato a soddisfare il desiderio di Artù di consumare un rapporto sessuale con lui per la prima volta. 
«Questa è una cosa diversa!» protestò con fervore il servo «È-è imbarazzante mettere una gonna!». 
«Preferisci farti vedere nudo piuttosto che con una gonna?» chiese il principe. Esprimendo ad alta voce il quesito trovò a pensare che - almeno per quanto lo riguardava - essere nudo come un verme era di gran lunga preferibile all'umiliazione dell'indossare abiti da donna. 
«Be', sì!» esclamò Merlino stizzito «E ora se non vi dispiace... giratevi a guardare da un'altra parte!». 
«Ah... d'accordo, ma fai in fretta» acconsentì il biondo, dandogli finalmente le spalle. 
L'altro si affrettò a calare le braghe e sostituirle con la gonna ristretta; purtroppo però non fu veloce abbastanza: Artù si volse all'improvviso a sbirciare girando solo il capo, cogliendo proprio il momento in cui Merlino cercava di far entrare il suo pene nella stretta apertura dell'indumento. 
La scena durò veramente poco, appena una manciata di secondi, ma fu sufficiente ad accendere il desiderio del principe. 
Era da parecchio che teneva le mani a freno - e non solo quelle - e gli mancava sondare il corpo del suo servitore con l'accuratezza propria della circostanza, benché non avesse la minima intenzione di ammetterlo apertamente con Merlino. Se l'avesse fatto era sicuro che si sarebbe montato la testa. 
Artù cercò di resistere all'impulso avvalendosi delle sue capacità di autocontrollo; tuttavia, esse erano sempre state scarse ed in quel frangente più che mai ebbero una utilità pressoché nulla. La sola immagine della virilità di Merlino messa in evidenza dalle ristrette dimensioni della gonna fu sufficiente ad abbattere totalmente ogni tipo di resistenza. 
«Merlino...» chiamò girandosi verso di lui. 
Il moro non si allontanò né cercò di coprirsi. Evidentemente non reputava che quella gonna striminzita costituisse una qualche sorta di attrattiva per il principe. 
Artù rimase a bocca aperta a fissarlo: il rilievo in corrispondenza dei suoi attributi era più palese di quanto pensasse. 
«Cosa avete da guardare con quell'espressione?» domandò Merlino corrugando le sopracciglia «Lo so che non mi dona... ci mancherebbe!». 
«E invece ti sbagli, come al solito». 
Il principe lo corresse mentre annullava la distanza tra di loro. Gli cinse i fianchi e lo attirò contro il suo corpo con forza, strappandogli un gemito di dolore all'impatto. 
Il mago sgranò gli occhi avvertendo il profilo duro che premeva sulla sua coscia attraverso i pantaloni e capì subito che le intenzioni di Artù erano appena cambiate e che molto probabilmente la punizione che gli aveva prospettato era rimandata a più tardi - o addirittura annullata. 
«Dovete vestirvi, è quasi ora di pranzo» fece presente Merlino, cercando senza successo di liberarsi dalla presa del reale. 
Quest'ultimo calò sul suo collo, lo baciò e lo morse. 
«Hai detto bene, è quasi ora di pranzo...» Artù strinse le labbra e le incurvò in uno dei suoi sorrisi arroganti «Quello potrà pure aspettare... e di certo non posso presentarmi in queste condizioni dinanzi a mio padre» soggiunse. 
Il servo concordava pienamente con lui su quel punto. 
Prima che avesse modo di fare qualsiasi cosa avvertì la mano del principe infilarsi rudemente sotto la gonna e andare a stringergli lo scroto ed il pene flaccido. Sobbalzò per la sorpresa e cacciò un lieve gridolino che subito venne messo a tacere dal bacio irruento di Artù. 
Quest'ultimo iniziò a muovere la mano, massaggiandogli i testicoli mentre la lingua si faceva strada nella bocca del servo. Il calore del suo corpo era palpabile e talmente intenso da accendere anche l'ardore di Merlino. 
Con un mugolio di piacere rilassò le spalle e si aggrappò al torace del biondo cercando di divaricare le gambe più che poteva senza perdere l'equilibrio. 
Il problema rimase tale solo per pochi istanti: Artù lo sollevò da terra afferrandolo per le natiche con entrambe le mani e lo spostò sul letto, sul quale lo lasciò cadere all'indietro di peso. A quel punto salì a sua volta sul materasso, a cavallo delle gambe del suo servo, fino a sedersi poco sotto l'inguine. 
Merlino lanciò uno sbuffo che esprimeva dolore: Artù era pesante da sostenere, benché lui negasse testardamente di essere ingrassato ogni volta che lui glielo faceva velatamente notare. 
«Sire... potreste spostarvi da sopra di me? Siete... pesante...» domandò cercando di essere il più gentile possibile. 
Artù ignorò la richiesta completamente e si protese sul suo corpo, andando a congiungere nuovamente le labbra a quelle del moro. Nel farlo Merlino percepì distintamente la sua erezione strusciare sul suo inguine, eccitandolo. 
Peccato che la gonna striminzita che indossava lo costringesse più di quanto avessero mai fatto i suoi calzoni. 
Percorse con le mani i fianchi del principe, tentando di fargli capire che doveva allontanarsi così dato che non aveva la possibilità di parlare: Artù lo stava baciando con tale foga da impedirgli in ogni modo di staccarsi. Quando finalmente il servo riuscì a liberarsi dai baci e dalla lingua avventurosa del suo signore, boccheggiando chiese: «Potreste togliermi questa gonna?!». 
«Perché dovrei farlo, Merlino? Questa è la tua punizione...» asserì Artù in tono fermo. 
«D'accordo, allora vi suggerisco di scendere e lasciarmi andare prima che rimaniate deluso...». 
Merlino si puntellò sui gomiti e fissò dritto negli occhi il biondo, che gli restituì uno sguardo palesemente confuso. 
«Di cosa stai parlando?» volle sapere. Proprio non riusciva a capire dove l'altro volesse arrivare. 
«Questa gonna si è talmente ristretta che non riuscireste mai ad avvicinarvi al mio posteriore e non credo proprio che siate improvvisamente diventato incline alla sottomissione...» Merlino fece una pausa affinché il principe potesse recepire chiaramente il messaggio «In sostanza, con questa addosso non potrete farmi niente di tutto ciò che vi piace fare solitamente a letto». 
Quell'ultima affermazione punse sul vivo Artù, facendolo arrossire: per come aveva messo la frase, pareva quasi dipingerlo come chissà quale pervertito che si divertiva con i peggiori giochi erotici. 
«Su, spostatevi» dichiarò Merlino, dandogli qualche pacca leggera su una coscia a mo' di esortazione. 
Il reale sembrò riacquisire padronanza di se stesso, come se fosse appena uscito da una trance. Serrò le labbra e intrecciò le braccia sul petto. 
«Non ci penso nemmeno» dichiarò «Da quando prendo ordini da te?» soggiunse in tono più rabbioso. 
«Volete trattenermi qui a scambiarci sguardi languidi, mio signore? In tal caso presumo farete tardi per pranzo» ribatté senza il minimo timore Merlino, sorridendo con aria di sfida. 
Artù gli scoccò un'occhiataccia. Serrò la mascella - gesto che ormai Merlino aveva imparato a riconoscere come il segno di cedimento per eccellenza - e voltò il viso, inspirando rumorosamente col naso. 
Stava per averla vinta, era solo questione di pochi secondi. 
«Va bene, Merlino» esclamò il principe, scendendo da sopra di lui - con sommo sollievo di quest'ultimo - e posizionandosi al suo fianco. 
Gli afferrò senz'alcuna esitazione il lembo inferiore della gonna e gliela strappò letteralmente di dosso, lacerando il tessuto in maniera irreparabile e lasciando il suo servitore completamente nudo dalla vita in giù. 
«Adesso quel cencio non è più di alcun intralcio» asserì soddisfatto il biondo, un sorriso compiaciuto ad increspargli le labbra rosee. 
«C'era davvero bisogno di essere così brutale?» domandò Merlino roteando gli occhi «Era pur sempre un vestito di Gwen!». 
«Posso regalargliene altre dieci di gonne e molto più belle di quella» tagliò corto il suo partner «Non ti dava fastidio fino a poco fa? Smettila di lamentarti per tutto!» lo rimproverò. 
Merlino tacque e divaricò le gambe, flettendo le ginocchia e puntellandosi al meglio coi piedi sul copriletto. Si stava palesemente offrendo alle attenzioni di Artù, che pareva non aspettare altro. 
Andò a posizionarsi in fretta tra le sue gambe e ricoprì di saliva l'indice della mano destra, portandolo in basso alla ricerca dell'orifizio del moro. 
Quest'ultimo chiuse gli occhi e si preparò alla prima penetrazione, che fu stranamente dolce. La falange di Artù entrò piano, spingendosi in profondità senza forzare la muscolatura ancora stretta. 
Il suo servo rilasciò un profondo sospiro, come se si fosse appena liberato di un gran peso, e cercò di rilassarsi per permettere all'altro di farsi strada più in profondità. 
Ormai si era abituato a sufficienza a quell'iter, per cui non fu molto difficile farlo ed il suo partner poté arrivare ad affondare il dito fin quasi alla nocca. 
«Bene, Merlino... adesso ne metto due» informò mentre estraeva l'indice. 
Si pulì coi resti della gonna prima di lubrificare di nuovo le dita e tornare all'opera. 
Il moro stavolta avvertì un misto tra dolore e piacere invaderlo e non riuscì a trattenere un gemito mentre d'istinto inarcava lievemente la schiena. 
Le dita affondarono e poi si mossero, lentamente, separandosi per allargare il canale e prepararlo ad accogliere qualcosa di molto più grosso. 
Artù stava compiendo uno sforzo di volontà a dir poco immane per trattenersi dal liberare la sua erezione seduta stante e penetrarlo, ignorando il dolore che gli avrebbe causato. Sentire il calore e la pressione degli anelli muscolari più intimi del suo partner gli faceva desiderare ardentemente di percepire quelle stesse sensazioni con ben altre parti del suo corpo rispetto alle dita. 
Merlino non riusciva a reprimere i mugolii. Voleva farlo per non dare troppe soddisfazioni al suo signore; eppure non poteva tacere. Sentiva che in tal caso sarebbe esploso. 
Con entrambe le mani, tremando leggermente, si sollevò la maglia, scoprendo l'addome e i capezzoli duri e dritti come il suo pene. 
Non aveva la forza di supplicare il principe e per fortuna non gli servì farlo: vedendo uscire allo scoperto quelle piccole, rosate e turgide estremità, Artù si era prontamente chinato a titillarle con la lingua per poi succhiarle. 
Merlino temette di non farcela ad arrivare in fondo ai preliminari senza venire almeno una volta. 
«Andate avanti... non resisterò ancora a lungo» sussurrò con voce appena incrinata ma il biondo non gli diede ascolto, passando a stuzzicare il capezzolo più lontano da lui. 
Quel trattamento contribuì da un lato ad acuire i versi del suo servitore - vera e propria musica per le sue orecchie - e dall'altro a permettergli di addentrarsi ulteriormente nel suo corpo con le falangi, spingendosi molto in profondità incontrando pochissima resistenza. 
Merlino iniziava ad agitarsi. 
«M-mio signore...» gemette in tono implorante, sempre più vicino all'orgasmo. 
Artù decise che era arrivato il momento giusto per passare alla fase successiva. 
Tolse le dita e si calò i pantaloni, sfilandoli rapidamente. 
Completamente nudo, prese la sua erezione e la guidò verso l'orifizio di Merlino, penetrandolo lentamente. 
Il servitore gemette sgranando gli occhi, il fiato mozzato di colpo. 
Il pene turgido di Artù si aprì la strada nel suo corpo, premendo e allargando ulteriormente il canale per arrivare fino in profondità. 
Merlino sollevò le gambe e le appoggiò sulle solide spalle del principe in maniera da poter stare completamente adeso all'inguine di quest'ultimo. 
Le spinte arrivarono praticamente subito, forti e veloci. A quanto pareva il futuro re di Camelot aveva fretta di arrivare al sodo. 
Merlino cercò per l'ennesima volta di arginare le proprie urla ma con scarsi risultati. 
Il piacere si acuì fino a diventare insostenibile all'improvviso ed il mago di ritrovò a supplicare il suo signore perché spingesse con ancora più vigore, fino in fondo. 
Venne sospirando pesantemente, schizzando con il suo seme il suo stesso addome ed il copriletto. 
Si rilassò sul letto, improvvisamente esausto, e Artù venne nel giro di un paio di minuti. Come al solito lo fece nel suo posteriore, ignorando le migliaia di volte che Merlino gli aveva fatto notare quanto gli desse fastidio quando lo faceva. 
Quand'ebbe terminato estrasse il pene, ancora mezzo duro, e si lasciò cadere seduto all'indietro. 
«Mio signore...» boccheggiò quasi senza fiato. 
«Non avrai da lamentarti ancora?!» sbuffò sollevando al baldacchino gli occhi. 
«N-no...» Merlino deglutì cercando di riprendere a respirare normalmente «Solo... tra poco dovrete essere in sala da pranzo...» fece presente. 
Sulla faccia di Artù comparve un'espressione di puro sgomento: si era totalmente dimenticato del pranzo! 
«Merlino alzati subito! Forza! Devi prepararmi il bagno!» ordinò sbrigativo, levandosi dal letto con uno scatto agile. 
Il servitore si puntellò sui gomiti e goffamente si mise seduto. 
«Potete darmi un momento...?» chiese. 
«Avrai tempo dopo per riposarti! Forza alzati!» Artù raccolse i suoi calzoni e glieli lanciò «E rimetti quelli!». 
«Aaah... e va bene! Vi preparo subito il bagno» esclamò Merlino, costringendosi a rimettersi in piedi. 
Un sorrisetto gli increspò le labbra pensando di essere scampato ad una delle figuracce peggiori della sua vita alla corte di Camelot.

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Benvenuti nel mio journal personale, dove posto tutte le mie fiffi!
Qui troverete un po' di tutto sia per tipo di relazioni (het, yaoi e yuri) sia per rating (con prevalenza di lavori NSFW). Se ciò non vi aggrada, migrate tranquillamente verso siti a voi più gradevoli; in caso contrario, buona permanenza e buona lettura! ♥

I personaggi di cui scrivo non appartengono a me ma sono dei rispettivi proprietari - salvo gli originali, che sono di mia esclusiva proprietà.

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