Rarità dei boschi
Apr. 10th, 2016 02:17 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Rarità dei boschi
Rating: Rosso
Genere: Demenziale, Erotico, Generale
Personaggi: Draka, Durotan, Ninfa
Wordcount: 3695 (
fiumidiparole)
Prompt: Ninfa (almeno 2000 parole) per la challenge Equinozio di Primavera @
bestiedigitali
Note: Blowjob, Cunnilingus, Het, Lemon, Threesome, What if?
All'improvviso la barriera di frondosi arbusti s'interruppe per lasciare nuovamente spazio al prato nudo e semplice.
Durotan represse un ruggito di gioia ma accelerò per poter riguadagnare terreno sul coniglio.
Schizzò fuori dal sottobosco rapidamente e si arrestò con altrettanta celerità, quasi cadendo nell'impeto del gesto nel vedere che il coniglio era andato a rifugiarsi in grembo ad un'altra creatura.
Un rigoglioso bosco colorato e pieno di vita si stagliava dinanzi a Durotan e Draka. I due orchi si tenevano teneramente per mano e portavano allacciate sulla schiena le lance che avevano loro permesso di procacciarsi il cibo durante il viaggio fino a quel luogo.
Lui stava osservando il fitto sottobosco, domandandosi se fosse il caso di aprirsi la strada falciando gli arbusti o cercare di passare in pertugi naturali per evitare di spaventare e mettere in fuga la fauna locale; lei era invece presa dallo spettacolo rappresentato dalle chiome degli alberi spruzzate di colore laddove crescevano i fiori, dagli aromi che aleggiavano nell'aria e dal canto degli uccellini.
Non era una visione frequente nel luogo da dove proveniva e dove il loro clan viveva; pertanto le risultava particolarmente gradevole.
«Spero che la nostra preda non si faccia cacciare troppo a lungo. Ho nostalgia di casa» commentò Durotan quasi per caso, avanzando per primo.
«Non vorrai arrenderti proprio ora che siamo così vicini» esclamò Draka per contro.
«Nient'affatto!» si affrettò a negare suo marito, scuotendo la testa per rafforzare il diniego «Sono solo poco abituato a tutta questa vegetazione ad intralciare la caccia».
La sua compagna rise.
«Allora speriamo che la nostra preda non decida di scappare acquattandosi tra i cespugli» commentò.
Durotan mise su quanto di più simile ci fosse per un orco ad un broncio ed emise un basso grugnito mentre si dava da fare per aprirsi un varco nella vegetazione con il solo aiuto delle braccia muscolose.
Draka rimase qualche passo dietro di lui, osservandolo in quella palese esibizione di virilità e forza, abbozzando un sorriso: era stato suo marito a proporle quella battuta di caccia per il primo anno trascorso dal loro matrimonio. Voleva cacciare un rarissimo esemplare di coniglio dalla pelliccia rosa e dotato di corno. Draka aveva solamente sentito nominare quegli animali durante la sua adolescenza, quando ancora ne esistevano esemplari in quantità.
Lui voleva cacciarne uno e utilizzarne la pelliccia per crearle un accessorio da donarle. Era stato un pensiero molto tenero, specialmente perché aveva voluto che fosse una caccia di coppia, proprio come quella tradizionale del corteggiamento.
Durotan sapeva che si sarebbe arrabbiata se avesse osato trattarla come una debole femmina brava solo ad occuparsi della capanna e di eventuali figli.
Quando il suo compagno ebbe creato un primo pertugio gli si accostò per aiutarlo nell'impresa. La sua corporatura più esile rispetto a quella di lui le permetteva di sgusciare agilmente nelle falle della vegetazione e spianare la strada al passaggio dell'altro.
Quest'ultimo al contrario avanzava goffamente, incespicando di quando in quando in rami bassi o radici sopraelevate che gli sfuggivano alla vista.
I cespugli rimasero una fitta ed intricata muraglia verde per parecchio tempo, prima di abbassarsi e diradarsi per lasciare spazio ad un prato rigoglioso cinto d'alberi verdeggianti e grosse piante rampicanti piene di fiori dai colori sgargianti. Gli animali camminavano pigri per la radura, brucando l'erba o fermandosi vicini alle macchie di sole che riuscivano a penetrare i rami superiori.
Draka era meravigliata e Durotan si stava già guardando intorno alla ricerca del coniglio.
I suoi occhi blu sondarono il limitare della radura in cerca di un colore innaturale da quelle parti. Stava iniziando a temere che avrebbe dovuto ricacciarsi nel fitto dei cespugli quando un fruscio a pochi metri da lui attirò la sua attenzione.
Lo vide: un grosso e paffuto coniglio ricoperto da una lunga e morbida pelliccia rosa balzò poco oltre il margine sicuro del fogliame. Un corno di un bianco opalescente, rigato in una singola spirale fino alla punta, cresceva al centro della sua fronte. Nel musetto vispo due occhi rossi brillavano come braci incandescenti, dando all'animale un aspetto un po' inquietante e pericoloso.
Durotan impugnò la lancia e si mise all'inseguimento del coniglio senza comunicare niente a Draka. L'esultanza per l'aver trovato con tanta facilità il suo bersaglio gli fece dimenticare temporaneamente la sua compagna, la quale si era leggermente allontanata nella direzione opposta per osservare un gruppetto di cerbiatti che saltellavano allegri poco più in là.
Il coniglio si rese conto in fretta dell'orco che gli stava correndo incontro e si rituffò nella vegetazione da cui era appena sbucato.
Durotan però non si fece scrupoli stavolta e prese a spezzare rami e foglie che gli intralciavano la via. Non aveva intenzione di perdere di vista la sua preda.
Il rumoroso fruscio che provocò nell'uscire dalla radura attirò l'attenzione di Draka.
Quest'ultima, temendo che si trattasse di un grosso animale feroce, estrasse rapidamente la lancia, impugnandola con atteggiamento aggressivo prima di voltarsi.
Si guardò intorno perplessa quando si ritrovò a fissare lo stesso spazio erboso di poco prima tranne per la mancanza di un orco dalla stazza robusta e la pelle marrone decisamente poco mimetizzabile in tutto quel verde.
Abbassò la lancia e chiamò: «Durotan? Durotan!».
Al suo grido numerose creaturine scapparono terrorizzate ma suo marito non si manifestò.
«Durotan, spero che questo non sia uno scherzo, perché è di pessimo gusto!» esclamò a voce più alta ancora, in modo tale da poter essere bene udita qualora lui si trovasse nei paraggi.
Di nuovo non le giunse risposta.
Grugnì amareggiata prima di immergersi nei cespugli alla sua ricerca, la lancia ancora saldamente stretta tra le mani.
Durotan non sapeva dove stava andando a finire. Non riusciva ad orientarsi in quel bosco immenso. Sapeva solo che era ancora sulle tracce del raro coniglio dal manto rosa: spesso lo vedeva apparire nelle macchie di prato lasciate esposte tra un cespuglio e un altro.
Sembrava quasi saltellare da un buco ad un altro, come se volesse essere seguito. Come se lo stesse attirando da qualche parte.
L'orco allontanò il pensiero: era solo un dannato coniglio, per di più quasi all'orlo dell'estinzione! Se fossero stati creature tanto intelligenti senz'altro non avrebbero fatto quella fine.
Non era possibile che lo stesse attirando in una trappola.
All'improvviso la barriera di frondosi arbusti s'interruppe per lasciare nuovamente spazio al prato nudo e semplice.
Durotan represse un ruggito di gioia ma accelerò per poter riguadagnare terreno sul coniglio.
Schizzò fuori dal sottobosco rapidamente e si arrestò con altrettanta celerità, quasi cadendo nell'impeto del gesto nel vedere che il coniglio era andato a rifugiarsi in grembo ad un'altra creatura.
Durotan non aveva mai visto un essere simile: era di corporatura minuta ed esile, completamente nuda. Le zampe erano arcuate all'indietro e ricoperte di folta peluria color muschio e provviste di spessi zoccoli al posto dei piedi.
Il torace era nudo, grigio biancastro spruzzato di macchioline dello stesso verde del suo pelo. Piccoli seni rotondi sporgevano dal petto, i capezzoli piccoli e rigidi.
I capelli erano lisci e lunghi, verdi anch'essi, e tra di essi spuntavano piccole corna ritorte all'indietro di un nero profondo.
Il viso era affusolato, dai lineamenti delicati, gli occhi obliqui e ferini con le pupille verticali. Il naso era piccolo e le labbra sottili, corrugate in un'espressione rabbiosa.
Una coda esile con un folto ciuffo di pelo all'estremità frustava l'aria, dando un'ulteriore manifestazione della sua rabbia.
Le braccia sottili abbracciavano la bestiola e le mani accarezzavano il folto pelo con delicatezza.
Durotan era leggermente in soggezione dinanzi a quella scena. Non voleva far del male ad una creaturina in apparenza così fragile; tuttavia si sarebbe trovato costretto se si fosse rifiutata di consegnargli il coniglio.
La sua controparte non era nella sua stessa condizione: si alzò in piedi tenendo saldamente stretto il coniglio, e puntò gli occhi in quelli dell'orco.
«Ti stavo aspettando, cacciatore» annunciò.
La voce - indubbiamente femminile - era molto più ferma e forte di quanto si sarebbe potuto immaginare a prima vista.
Durotan parve riprendersi dall'iniziale shock. Raddrizzò le spalle con atteggiamento orgoglioso e replicò: «Esatto, io sono un cacciatore. E quella è la mia preda».
Nello sguardo dell'esserino balenò un lampo d'ostilità che venne subito rimpiazzato da un tipo di sguardo completamente diverso.
Sollevò il mento con arroganza e rispose: «Io sono la ninfa guardiana di questo bosco e qui tu sei la mia preda».
Prima che Durotan potesse dire o fare niente, avvertì qualcosa crescere e avvinghiarsi alle sue gambe. Gemette nel vedere spesse radici perforare la terra e manifestarsi in superficie, allungandosi attorno ai suoi polpacci e ingoiare pian piano le cosce.
Cercò di divincolarsi ma non ci riuscì. Le radici presero anche le mani, impedendogli anche di tentare la fuga.
La ninfa con calma lasciò scappare il coniglio - e l'orco masticò un'imprecazione vedendolo andarsene, in barba a tutti i suoi sforzi di catturarlo - e poi andò verso di lui, allungandosi per osservarlo meglio.
Durotan si ritrovò a subire con imbarazzo quell'esame: i polpastrelli morbidi e minuscoli gli accarezzarono le braccia e il torace, rimossero la pelliccia di lupo per sbirciare le possenti spalle. Poi la sua curiosità si fece più peccaminosa e la sua manina scese all'altezza dei corti pantaloni di pelle grezza che indossava.
Accarezzò il tessuto, poi andò al margine frastagliato dell'indumento e vi inserì sotto la mano.
Durotan emise un verso di protesta ed ebbe un fremito sentendosi toccare in un punto così sensibile e intimo al tempo stesso.
«Ehi! Giù le mani!» ringhiò cercando di divincolarsi.
La ninfa ignorò l'ammonimento e con la mano libera gli afferrò la spessa cinta, togliendola.
«N-no, ferma! Che stai facendo?!» Durotan iniziava ad essere preoccupato per le sue intenzioni.
La creatura dei boschi estrasse piccoli artigli ricurvi dalla cima delle falangi e li usò per tagliare il suo indumento, rimuovendolo e gettandolo sul prato.
L'orco avvertì la vergogna crescere in lui e manifestarsi come rossore sul suo viso. Se avesse avuto le mani libere avrebbe potuto quantomeno coprirsi.
Le radici si mossero all'improvviso, strappandogli un grugnito di sorpresa. Adesso non era più in piedi ma disteso a terra supino e le propaggini spuntarono in altri punti della terra per aggrapparsi meglio alle sue braccia, tenendole ancorate e aperte ai due lati del suo corpo.
La ninfa si avvicinò di nuovo e stavolta si sedette a cavallo del suo addome, fissandolo con cipiglio malizioso.
Scese lentamente verso il basso e quando arrivò a sfregare l'apertura delle gambe contro il suo inguine, Durotan avvertì non più peluria ma una zona nuda e convessa che entrava in contatto con il profilo del suo pene.
Adesso le sue intenzioni gli erano completamente chiare.
I suoi tentativi di liberarsi crebbero in intensità e ferocia.
«Lasciami andare piccola pervertita!» esclamò irritato, causando una risata divertita nella diretta interessata.
«Questo è il mio territorio e si fa quel che voglio io... e il tuo corpo enorme è così interessante...».
Era assurdo. Stava per essere violentato da quell'esserino insignificante.
Se qualcuno gli avesse detto che sarebbe stato stuprato da una ninfa dei boschi prima di partire, sarebbe semplicemente scoppiato a ridere e avrebbe risposto che lui, Durotan, capo del clan dei Lupi Bianchi, non si sarebbe fatto toccare da nessuno senza il suo permesso.
Adesso invece non sapeva che diavolo fare per fermarla. Chiuse istintivamente gli occhi, desideroso quantomeno di non vedere ciò che aveva intenzione di fargli.
All'improvviso percepì il leggero peso della ninfa venirgli strappato dal corpo e con un moto di immenso sollievo aprì gli occhi.
Il sangue gli si gelò nelle vene quando vide chi era stato ad alleggerirlo di quel fardello.
«D-Draka!» riuscì a dire nel panico improvviso.
Sua moglie si stagliava sopra di lui, i piedi ancorati tra le sue gambe, la lancia stretta in una mano e la ninfa nell'altra, trattenuta a mezz'aria per le corna.
Lo sguardo di Draka era il più minaccioso e cupo che avesse mai visto e tremò al pensiero che potesse sfogare tutta quella rabbia su di lui.
«Quel... "corpo interessante" è mio. E nessuno può violarlo eccetto la sottoscritta» rimproverò con voce minacciosa e aggressiva, sollevando la lancia.
La ninfa raccolse le gambe e le affibbiò una poderosa scalciata con gli zoccoli nello stomaco, facendole mollare la presa e arretrare allo stesso tempo.
L'arma le cadde di mano ma non se ne curò: la guardiana del bosco le si avventò contro estraendo gli artigli e lei dovette parare un poderoso affondo col braccio. Le unghie affondarono nella sua spalla, tagliando il legaccio che le assicurava il mantello attorno al collo.
Draka non si bardava mai molto per la caccia. Non c'erano bestie così pericolose da richiedere l'armatura.
Indossava un corpetto ed un paio di pantaloni corti che le facilitavano i movimenti.
Dopo quel primo attacco fu la volta dell'orchessa di sferrare il contrattacco.
Durotan rimase ad osservare la scena con un misto di stupore ed eccitazione crescente: vedere sua moglie che duellava era sempre uno spettacolo che gradiva molto e che rinnovava in lui la convinzione che avesse scelto la migliore femmina del suo clan. Vederla combattere a mani nude contro un'altra femmina era, se possibile, ancor più eccitante, specialmente considerato che si stavano malmenando per lui.
Le unghie della ninfa stavano aprendo tagli profondi nel corpetto di Draka, che dopo un po' finì col cedere completamente all'infuriare dello scontro.
Durotan sgranò gli occhi dinanzi al prorompere delle sue forme attraverso il tessuto strappato fino alla completa libertà.
Anche i pantaloni andarono incontro allo stesso triste fato; cosicché le due si ritrovarono a lottare completamente nude.
Il sangue di Durotan iniziò a ribollire e defluirgli dalle membra per andare a concentrarsi in un unico punto, poco al di sotto del suo ventre.
Era mortalmente imbarazzato ma la reazione era fisiologica e spontanea di fronte a quelle due femmine agguerrite che lottavano nude per lui.
Draka abbatté l'avversaria sul terreno con vigore, sbattendole la faccia sul prato.
Il colpo la stordì quel tanto sufficiente a farle perdere il controllo sulle radici che lo trattenevano saldamente al suolo.
Durotan se ne accorse immediatamente e ne approfittò senza esitazioni, liberandosi celermente.
Si alzò in piedi di scatto e si mosse rapidamente verso le due contendenti.
La ninfa lo vide e subito gli balzò addosso, aggrappandosi ad un lungo braccio ed inerpicandosi fino alla spalla.
Voleva provocare la sua nemica e farle commettere un passo falso che la portasse in una situazione di vantaggio.
Draka emise un ruggito di rabbia e caricò a testa bassa il marito.
La sua compagna lo colpì in mezzo al torace con le spalle, mozzandogli il fiato in gola.
La ninfa balzò via agilmente prima che l'orco barcollasse e perdesse l'equilibrio per l'impeto dell'aggressione, atterrando accucciata poco distante. Draka si raddrizzò e scosse il capo, inginocchiata tra le gambe divaricate del suo partner.
Fu solo in quella posizione che si rese conto del problema dell'orco.
«Durotan!» esclamò indignata, scoccandogli un'occhiata accusatoria.
«Non l'ho fatto di proposito! Siete entrambe nude!» si difese lui, puntellandosi sui gomiti per guardarla in viso.
La ninfa si accostò leggermente per controllare la situazione, attirata da quelle proteste.
La vista acuta colse immediatamente il profilo rigido e turgido che s'innalzava dritto dall'inguine dell'orco.
Nei suoi occhi brillò una scintilla d'interesse primordiale, qualcosa che l'attirava inesorabilmente verso di lui.
Doveva provare. Sentiva il richiamo della natura dentro di lei e non poteva opporvisi: dopotutto, era piena primavera e per la sua specie era il periodo dell'accoppiamento.
«Ti basta vedere una femmina nuda per accendere i tuoi istinti?!» ringhiò Draka rabbiosamente.
Sembrava volerlo mordere.
«Ma eravate in due e vi stavate azzuffando...»
«Durotan!».
D'accordo, era stata una cosa sbagliata da dire. L'orco stava cercando di appellarsi ad ogni sua risorsa per trovare la maniera giusta di scusarsi quando vide la ninfa balzare di nuovo su di lui, stavolta rivolgendo verso la sua faccia la coda e chinandosi tra le sue gambe.
Durotan gemette senza potersi trattenere quando avvertì la fresca ed umida lingua che gli abbracciava l'erezione, passandola in rassegna da cima a fondo prima che poderosi risucchi gli strappassero una serie decisamente poco virile di gridolini di piacere.
Cercò di placare l'affanno ma si ritrovò solo a scuotere il bacino in risposta ai risucchi.
Draka era livida in volto e per fortuna fuori dalla visuale del marito, che altrimenti avrebbe senz'altro percepito i suoi intenti omicidi.
Vedendo come Durotan stava spudoratamente godendo delle attenzioni sessuali che quella ninfetta stava riservando alla sua erezione, Draka si sentì in dovere di farle capire chi era la migliore delle due.
Era una questione di orgoglio personale.
Si levò in piedi e aggirò la ninfa, andando a sedersi sulla faccia di Durotan con le gambe aperte.
Lui la guardò confuso e spaventato insieme dal cipiglio furioso sul suo viso.
Con molta urgenza la sua partner si posizionò sulla sua bocca in maniera tale che potesse facilmente penetrarle le labbra.
L'impeto del gesto lasciò Durotan senza fiato per qualche istante.
«Come ti permetti di godere delle attenzioni di quella sgualdrina?!» ruggì Draka, forzandolo ad affondare la metà inferiore del viso tra le carnose pieghe cutanee nascoste tra le sue cosce.
L'orco aveva goduto di quel nettare un incredibile numero di volte nel corso di quell'anno di matrimonio. Percependo il calore del suo corpo gli venne spontaneo estrarre la lingua e cominciare a leccare vigorosamente, fermandosi solo sporadicamente per riprendere fiato. Era difficile respirare col peso di Draka su collo e viso, anche se la sua cura nel rasare la peluria pubica in eccesso gli consentiva di rinnovare facilmente l'aria nei polmoni.
Durotan era avvezzo a quel genere di lavoretti e sapeva bene dove andare a toccare.
Al primo stimolo piacevole la sua compagna inarcò la schiena all'indietro e liberò un gemito roco.
Gli umori iniziarono a bagnarla, viscosi e caldi, e Durotan li inghiottì con piacere, mugolando soddisfatto e socchiudendo le palpebre in un'espressione vagamente ebete ed estatica.
Draka, tra un gemito accorato e l'altro, sogghignò compiaciuta: nessuna ninfetta in calore poteva competere con lei quando si trattava di suo marito. Solo lei era veramente in grado di appagarlo e quella bestiolina dei boschi presto l'avrebbe capito.
Sotto il suo sguardo vide Durotan sgranare gli occhi ed emettere un grugnito roco e poderoso, il respiro di colpo più affannoso.
Il corpo dell'orco iniziò ad agitarsi sotto di lei, rendendola così partecipe del suo gradimento per quanto riguardava il lavoretto della ninfa.
Draka ululò il suo risentimento con ferocia, levandosi e sedendosi al contrario.
Durotan si ritrovò quasi soffocato dal suo fondoschiena premuto sul ponte del naso mentre la sua apertura rimaneva totalmente accessibile.
L'orchessa afferrò per le zampe la ninfa e la ribaltò di lato, strappandola dall'erezione bagnata di saliva del suo compagno.
La creaturina però non si arrese e tornò subito all'attacco, piazzandosi poco sotto l'erezione dell'orco.
Prese il pene con la manina e lo guidò tra le sue gambe, sotto il pelo fino alla sua apertura, umidiccia e calda.
Draka digrignò i denti e le afferrò i capelli, tirandoli.
«Gelosa?» sputò la ninfa con cattiveria.
Gemette con voce acuta mentre si penetrava con quell'erezione enorme e calda, pulsante di desiderio quasi quanto lo era lei.
Fu una sensazione meravigliosa quella che le serpeggiò dentro, facendola addirittura gridare.
Durotan mugugnò sotto Draka e riprese a leccare e agitarsi col bacino come in preda a spasmi.
Le due femmine smisero di litigare e si unirono ai suoi versi gutturali a voce un po' più acuta.
La ninfa venne per prima, schiacciando il suo esile corpicino su quello molto più largo e poderoso dell'orco.
Si strofinò per bene su di lui prima di esclamare: «Ho appena marchiato il tuo maschio».
Draka la afferrò per le corna e fece per disarcionarla ma arrivò prima il suo orgasmo e le sue intenzioni cambiarono: utilizzò l'appiglio per potersi muovere sulla faccia di Durotan e farsi leccare bene e in profondità. Voleva che ingurgitasse tutto quanto, fino all'ultima vischiosa goccia.
«Anch'io ho marchiato mio marito» sogghignò, strattonando per le corna la ninfa.
Quest'ultima ringhiò e scalciò ma il dolore divenne talmente forte che non riuscì a reagire e Draka la sbatté a terra con foga tale da lasciarla tramortita.
Durotan emise un gutturale verso d'insoddisfazione sentendo le piacevoli sollecitazioni alla sua erezione svanire di colpo.
Afferrò Draka per le cosce e la sollevò di peso, facendola gridare.
Lui inspirò finalmente a fondo, libero.
«Stavo per venire!» sbottò frustrato prima di masticare un'imprecazione.
«Non hai bisogno di altre per farlo. Ci penso io».
Così dicendo cambiò posizione, andando a sistemarsi sul suo inguine. Guidò la sua erezione in sé, facilitata anche dagli umori della sua nemica.
Iniziarono a dibattersi vigorosamente, entrambi, in sincronia perfetta. Durotan era impaziente e Draka sembrava ansiosa di dargli quel che voleva.
L'orco ansimò pesantemente poco prima dell'orgasmo e la sua compagna si levò in tempo per non essere riempita dal suo seme.
Durotan venne copiosamente, fremendo per il sollievo, schizzandosi le cosce.
Quand'ebbe finito giacque respirando affannosamente e la sua compagna gli si fece dappresso, inginocchiandosi al suo fianco.
«Ce ne dobbiamo andare prima che quella ninfa si riprenda. Non ho intenzione di vederti di nuovo tra le sue grinfie, chiaro?!» esclamò, afferrandolo per un braccio e cercando di tirarlo su.
Durotan si mise seduto e lanciò un'occhiata alla ninfa.
«Mi spiace che sia finita così...» borbottò a disagio.
Draka sospirò e gli batté una pacca amorevole sulla spalla.
«Ne riparleremo a casa» rispose, lasciando trapelare una minaccia velata nel tono. A quanto pareva la sua rabbia si sarebbe ugualmente abbattuta su di lui. Non aveva possibilità di scappare.
Annuì semplicemente e si alzò in piedi.
«Dove è finita la mia pelliccia?» chiese.
«Io ho bisogno del mantello: non posso certo affrontare il viaggio di ritorno così!» ribatté Draka, lanciando un'occhiata al suo corpo nudo.
«Non è poi così male...» commentò il suo compagno, studiandola con uno sguardo rapido da capo a piedi.
Draka lo fulminò con gli occhi.
«Non hai già visto abbastanza per oggi?» ringhiò, andando a raccogliere il suo mantello e gettandoselo sulle spalle.
Prese anche la pelliccia di suo marito, caduta poco lontano, si volse e gliela lanciò.
Durotan l'afferrò al volo e se la mise a coprire il bassoventre.
«Adesso mi avrebbe fatto comodo aver scuoiato quel dannato coniglio rosa!» sbottò stizzito, avviandosi per primo verso il varco che aveva lasciato arrivando lì.
Tutto quel che avevano passato per trovare quella bestia ed ecco cosa ci avevano guadagnato: una lotta fatta di violenza e sesso contro uno spirito dei boschi.
Dietro di lui, Draka non poté reprimere un sorriso immaginandosi Durotan con un paio di braghe rosa.
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All'improvviso la barriera di frondosi arbusti s'interruppe per lasciare nuovamente spazio al prato nudo e semplice.
Durotan represse un ruggito di gioia ma accelerò per poter riguadagnare terreno sul coniglio.
Schizzò fuori dal sottobosco rapidamente e si arrestò con altrettanta celerità, quasi cadendo nell'impeto del gesto nel vedere che il coniglio era andato a rifugiarsi in grembo ad un'altra creatura.
Un rigoglioso bosco colorato e pieno di vita si stagliava dinanzi a Durotan e Draka. I due orchi si tenevano teneramente per mano e portavano allacciate sulla schiena le lance che avevano loro permesso di procacciarsi il cibo durante il viaggio fino a quel luogo.
Lui stava osservando il fitto sottobosco, domandandosi se fosse il caso di aprirsi la strada falciando gli arbusti o cercare di passare in pertugi naturali per evitare di spaventare e mettere in fuga la fauna locale; lei era invece presa dallo spettacolo rappresentato dalle chiome degli alberi spruzzate di colore laddove crescevano i fiori, dagli aromi che aleggiavano nell'aria e dal canto degli uccellini.
Non era una visione frequente nel luogo da dove proveniva e dove il loro clan viveva; pertanto le risultava particolarmente gradevole.
«Spero che la nostra preda non si faccia cacciare troppo a lungo. Ho nostalgia di casa» commentò Durotan quasi per caso, avanzando per primo.
«Non vorrai arrenderti proprio ora che siamo così vicini» esclamò Draka per contro.
«Nient'affatto!» si affrettò a negare suo marito, scuotendo la testa per rafforzare il diniego «Sono solo poco abituato a tutta questa vegetazione ad intralciare la caccia».
La sua compagna rise.
«Allora speriamo che la nostra preda non decida di scappare acquattandosi tra i cespugli» commentò.
Durotan mise su quanto di più simile ci fosse per un orco ad un broncio ed emise un basso grugnito mentre si dava da fare per aprirsi un varco nella vegetazione con il solo aiuto delle braccia muscolose.
Draka rimase qualche passo dietro di lui, osservandolo in quella palese esibizione di virilità e forza, abbozzando un sorriso: era stato suo marito a proporle quella battuta di caccia per il primo anno trascorso dal loro matrimonio. Voleva cacciare un rarissimo esemplare di coniglio dalla pelliccia rosa e dotato di corno. Draka aveva solamente sentito nominare quegli animali durante la sua adolescenza, quando ancora ne esistevano esemplari in quantità.
Lui voleva cacciarne uno e utilizzarne la pelliccia per crearle un accessorio da donarle. Era stato un pensiero molto tenero, specialmente perché aveva voluto che fosse una caccia di coppia, proprio come quella tradizionale del corteggiamento.
Durotan sapeva che si sarebbe arrabbiata se avesse osato trattarla come una debole femmina brava solo ad occuparsi della capanna e di eventuali figli.
Quando il suo compagno ebbe creato un primo pertugio gli si accostò per aiutarlo nell'impresa. La sua corporatura più esile rispetto a quella di lui le permetteva di sgusciare agilmente nelle falle della vegetazione e spianare la strada al passaggio dell'altro.
Quest'ultimo al contrario avanzava goffamente, incespicando di quando in quando in rami bassi o radici sopraelevate che gli sfuggivano alla vista.
I cespugli rimasero una fitta ed intricata muraglia verde per parecchio tempo, prima di abbassarsi e diradarsi per lasciare spazio ad un prato rigoglioso cinto d'alberi verdeggianti e grosse piante rampicanti piene di fiori dai colori sgargianti. Gli animali camminavano pigri per la radura, brucando l'erba o fermandosi vicini alle macchie di sole che riuscivano a penetrare i rami superiori.
Draka era meravigliata e Durotan si stava già guardando intorno alla ricerca del coniglio.
I suoi occhi blu sondarono il limitare della radura in cerca di un colore innaturale da quelle parti. Stava iniziando a temere che avrebbe dovuto ricacciarsi nel fitto dei cespugli quando un fruscio a pochi metri da lui attirò la sua attenzione.
Lo vide: un grosso e paffuto coniglio ricoperto da una lunga e morbida pelliccia rosa balzò poco oltre il margine sicuro del fogliame. Un corno di un bianco opalescente, rigato in una singola spirale fino alla punta, cresceva al centro della sua fronte. Nel musetto vispo due occhi rossi brillavano come braci incandescenti, dando all'animale un aspetto un po' inquietante e pericoloso.
Durotan impugnò la lancia e si mise all'inseguimento del coniglio senza comunicare niente a Draka. L'esultanza per l'aver trovato con tanta facilità il suo bersaglio gli fece dimenticare temporaneamente la sua compagna, la quale si era leggermente allontanata nella direzione opposta per osservare un gruppetto di cerbiatti che saltellavano allegri poco più in là.
Il coniglio si rese conto in fretta dell'orco che gli stava correndo incontro e si rituffò nella vegetazione da cui era appena sbucato.
Durotan però non si fece scrupoli stavolta e prese a spezzare rami e foglie che gli intralciavano la via. Non aveva intenzione di perdere di vista la sua preda.
Il rumoroso fruscio che provocò nell'uscire dalla radura attirò l'attenzione di Draka.
Quest'ultima, temendo che si trattasse di un grosso animale feroce, estrasse rapidamente la lancia, impugnandola con atteggiamento aggressivo prima di voltarsi.
Si guardò intorno perplessa quando si ritrovò a fissare lo stesso spazio erboso di poco prima tranne per la mancanza di un orco dalla stazza robusta e la pelle marrone decisamente poco mimetizzabile in tutto quel verde.
Abbassò la lancia e chiamò: «Durotan? Durotan!».
Al suo grido numerose creaturine scapparono terrorizzate ma suo marito non si manifestò.
«Durotan, spero che questo non sia uno scherzo, perché è di pessimo gusto!» esclamò a voce più alta ancora, in modo tale da poter essere bene udita qualora lui si trovasse nei paraggi.
Di nuovo non le giunse risposta.
Grugnì amareggiata prima di immergersi nei cespugli alla sua ricerca, la lancia ancora saldamente stretta tra le mani.
Durotan non sapeva dove stava andando a finire. Non riusciva ad orientarsi in quel bosco immenso. Sapeva solo che era ancora sulle tracce del raro coniglio dal manto rosa: spesso lo vedeva apparire nelle macchie di prato lasciate esposte tra un cespuglio e un altro.
Sembrava quasi saltellare da un buco ad un altro, come se volesse essere seguito. Come se lo stesse attirando da qualche parte.
L'orco allontanò il pensiero: era solo un dannato coniglio, per di più quasi all'orlo dell'estinzione! Se fossero stati creature tanto intelligenti senz'altro non avrebbero fatto quella fine.
Non era possibile che lo stesse attirando in una trappola.
All'improvviso la barriera di frondosi arbusti s'interruppe per lasciare nuovamente spazio al prato nudo e semplice.
Durotan represse un ruggito di gioia ma accelerò per poter riguadagnare terreno sul coniglio.
Schizzò fuori dal sottobosco rapidamente e si arrestò con altrettanta celerità, quasi cadendo nell'impeto del gesto nel vedere che il coniglio era andato a rifugiarsi in grembo ad un'altra creatura.
Durotan non aveva mai visto un essere simile: era di corporatura minuta ed esile, completamente nuda. Le zampe erano arcuate all'indietro e ricoperte di folta peluria color muschio e provviste di spessi zoccoli al posto dei piedi.
Il torace era nudo, grigio biancastro spruzzato di macchioline dello stesso verde del suo pelo. Piccoli seni rotondi sporgevano dal petto, i capezzoli piccoli e rigidi.
I capelli erano lisci e lunghi, verdi anch'essi, e tra di essi spuntavano piccole corna ritorte all'indietro di un nero profondo.
Il viso era affusolato, dai lineamenti delicati, gli occhi obliqui e ferini con le pupille verticali. Il naso era piccolo e le labbra sottili, corrugate in un'espressione rabbiosa.
Una coda esile con un folto ciuffo di pelo all'estremità frustava l'aria, dando un'ulteriore manifestazione della sua rabbia.
Le braccia sottili abbracciavano la bestiola e le mani accarezzavano il folto pelo con delicatezza.
Durotan era leggermente in soggezione dinanzi a quella scena. Non voleva far del male ad una creaturina in apparenza così fragile; tuttavia si sarebbe trovato costretto se si fosse rifiutata di consegnargli il coniglio.
La sua controparte non era nella sua stessa condizione: si alzò in piedi tenendo saldamente stretto il coniglio, e puntò gli occhi in quelli dell'orco.
«Ti stavo aspettando, cacciatore» annunciò.
La voce - indubbiamente femminile - era molto più ferma e forte di quanto si sarebbe potuto immaginare a prima vista.
Durotan parve riprendersi dall'iniziale shock. Raddrizzò le spalle con atteggiamento orgoglioso e replicò: «Esatto, io sono un cacciatore. E quella è la mia preda».
Nello sguardo dell'esserino balenò un lampo d'ostilità che venne subito rimpiazzato da un tipo di sguardo completamente diverso.
Sollevò il mento con arroganza e rispose: «Io sono la ninfa guardiana di questo bosco e qui tu sei la mia preda».
Prima che Durotan potesse dire o fare niente, avvertì qualcosa crescere e avvinghiarsi alle sue gambe. Gemette nel vedere spesse radici perforare la terra e manifestarsi in superficie, allungandosi attorno ai suoi polpacci e ingoiare pian piano le cosce.
Cercò di divincolarsi ma non ci riuscì. Le radici presero anche le mani, impedendogli anche di tentare la fuga.
La ninfa con calma lasciò scappare il coniglio - e l'orco masticò un'imprecazione vedendolo andarsene, in barba a tutti i suoi sforzi di catturarlo - e poi andò verso di lui, allungandosi per osservarlo meglio.
Durotan si ritrovò a subire con imbarazzo quell'esame: i polpastrelli morbidi e minuscoli gli accarezzarono le braccia e il torace, rimossero la pelliccia di lupo per sbirciare le possenti spalle. Poi la sua curiosità si fece più peccaminosa e la sua manina scese all'altezza dei corti pantaloni di pelle grezza che indossava.
Accarezzò il tessuto, poi andò al margine frastagliato dell'indumento e vi inserì sotto la mano.
Durotan emise un verso di protesta ed ebbe un fremito sentendosi toccare in un punto così sensibile e intimo al tempo stesso.
«Ehi! Giù le mani!» ringhiò cercando di divincolarsi.
La ninfa ignorò l'ammonimento e con la mano libera gli afferrò la spessa cinta, togliendola.
«N-no, ferma! Che stai facendo?!» Durotan iniziava ad essere preoccupato per le sue intenzioni.
La creatura dei boschi estrasse piccoli artigli ricurvi dalla cima delle falangi e li usò per tagliare il suo indumento, rimuovendolo e gettandolo sul prato.
L'orco avvertì la vergogna crescere in lui e manifestarsi come rossore sul suo viso. Se avesse avuto le mani libere avrebbe potuto quantomeno coprirsi.
Le radici si mossero all'improvviso, strappandogli un grugnito di sorpresa. Adesso non era più in piedi ma disteso a terra supino e le propaggini spuntarono in altri punti della terra per aggrapparsi meglio alle sue braccia, tenendole ancorate e aperte ai due lati del suo corpo.
La ninfa si avvicinò di nuovo e stavolta si sedette a cavallo del suo addome, fissandolo con cipiglio malizioso.
Scese lentamente verso il basso e quando arrivò a sfregare l'apertura delle gambe contro il suo inguine, Durotan avvertì non più peluria ma una zona nuda e convessa che entrava in contatto con il profilo del suo pene.
Adesso le sue intenzioni gli erano completamente chiare.
I suoi tentativi di liberarsi crebbero in intensità e ferocia.
«Lasciami andare piccola pervertita!» esclamò irritato, causando una risata divertita nella diretta interessata.
«Questo è il mio territorio e si fa quel che voglio io... e il tuo corpo enorme è così interessante...».
Era assurdo. Stava per essere violentato da quell'esserino insignificante.
Se qualcuno gli avesse detto che sarebbe stato stuprato da una ninfa dei boschi prima di partire, sarebbe semplicemente scoppiato a ridere e avrebbe risposto che lui, Durotan, capo del clan dei Lupi Bianchi, non si sarebbe fatto toccare da nessuno senza il suo permesso.
Adesso invece non sapeva che diavolo fare per fermarla. Chiuse istintivamente gli occhi, desideroso quantomeno di non vedere ciò che aveva intenzione di fargli.
All'improvviso percepì il leggero peso della ninfa venirgli strappato dal corpo e con un moto di immenso sollievo aprì gli occhi.
Il sangue gli si gelò nelle vene quando vide chi era stato ad alleggerirlo di quel fardello.
«D-Draka!» riuscì a dire nel panico improvviso.
Sua moglie si stagliava sopra di lui, i piedi ancorati tra le sue gambe, la lancia stretta in una mano e la ninfa nell'altra, trattenuta a mezz'aria per le corna.
Lo sguardo di Draka era il più minaccioso e cupo che avesse mai visto e tremò al pensiero che potesse sfogare tutta quella rabbia su di lui.
«Quel... "corpo interessante" è mio. E nessuno può violarlo eccetto la sottoscritta» rimproverò con voce minacciosa e aggressiva, sollevando la lancia.
La ninfa raccolse le gambe e le affibbiò una poderosa scalciata con gli zoccoli nello stomaco, facendole mollare la presa e arretrare allo stesso tempo.
L'arma le cadde di mano ma non se ne curò: la guardiana del bosco le si avventò contro estraendo gli artigli e lei dovette parare un poderoso affondo col braccio. Le unghie affondarono nella sua spalla, tagliando il legaccio che le assicurava il mantello attorno al collo.
Draka non si bardava mai molto per la caccia. Non c'erano bestie così pericolose da richiedere l'armatura.
Indossava un corpetto ed un paio di pantaloni corti che le facilitavano i movimenti.
Dopo quel primo attacco fu la volta dell'orchessa di sferrare il contrattacco.
Durotan rimase ad osservare la scena con un misto di stupore ed eccitazione crescente: vedere sua moglie che duellava era sempre uno spettacolo che gradiva molto e che rinnovava in lui la convinzione che avesse scelto la migliore femmina del suo clan. Vederla combattere a mani nude contro un'altra femmina era, se possibile, ancor più eccitante, specialmente considerato che si stavano malmenando per lui.
Le unghie della ninfa stavano aprendo tagli profondi nel corpetto di Draka, che dopo un po' finì col cedere completamente all'infuriare dello scontro.
Durotan sgranò gli occhi dinanzi al prorompere delle sue forme attraverso il tessuto strappato fino alla completa libertà.
Anche i pantaloni andarono incontro allo stesso triste fato; cosicché le due si ritrovarono a lottare completamente nude.
Il sangue di Durotan iniziò a ribollire e defluirgli dalle membra per andare a concentrarsi in un unico punto, poco al di sotto del suo ventre.
Era mortalmente imbarazzato ma la reazione era fisiologica e spontanea di fronte a quelle due femmine agguerrite che lottavano nude per lui.
Draka abbatté l'avversaria sul terreno con vigore, sbattendole la faccia sul prato.
Il colpo la stordì quel tanto sufficiente a farle perdere il controllo sulle radici che lo trattenevano saldamente al suolo.
Durotan se ne accorse immediatamente e ne approfittò senza esitazioni, liberandosi celermente.
Si alzò in piedi di scatto e si mosse rapidamente verso le due contendenti.
La ninfa lo vide e subito gli balzò addosso, aggrappandosi ad un lungo braccio ed inerpicandosi fino alla spalla.
Voleva provocare la sua nemica e farle commettere un passo falso che la portasse in una situazione di vantaggio.
Draka emise un ruggito di rabbia e caricò a testa bassa il marito.
La sua compagna lo colpì in mezzo al torace con le spalle, mozzandogli il fiato in gola.
La ninfa balzò via agilmente prima che l'orco barcollasse e perdesse l'equilibrio per l'impeto dell'aggressione, atterrando accucciata poco distante. Draka si raddrizzò e scosse il capo, inginocchiata tra le gambe divaricate del suo partner.
Fu solo in quella posizione che si rese conto del problema dell'orco.
«Durotan!» esclamò indignata, scoccandogli un'occhiata accusatoria.
«Non l'ho fatto di proposito! Siete entrambe nude!» si difese lui, puntellandosi sui gomiti per guardarla in viso.
La ninfa si accostò leggermente per controllare la situazione, attirata da quelle proteste.
La vista acuta colse immediatamente il profilo rigido e turgido che s'innalzava dritto dall'inguine dell'orco.
Nei suoi occhi brillò una scintilla d'interesse primordiale, qualcosa che l'attirava inesorabilmente verso di lui.
Doveva provare. Sentiva il richiamo della natura dentro di lei e non poteva opporvisi: dopotutto, era piena primavera e per la sua specie era il periodo dell'accoppiamento.
«Ti basta vedere una femmina nuda per accendere i tuoi istinti?!» ringhiò Draka rabbiosamente.
Sembrava volerlo mordere.
«Ma eravate in due e vi stavate azzuffando...»
«Durotan!».
D'accordo, era stata una cosa sbagliata da dire. L'orco stava cercando di appellarsi ad ogni sua risorsa per trovare la maniera giusta di scusarsi quando vide la ninfa balzare di nuovo su di lui, stavolta rivolgendo verso la sua faccia la coda e chinandosi tra le sue gambe.
Durotan gemette senza potersi trattenere quando avvertì la fresca ed umida lingua che gli abbracciava l'erezione, passandola in rassegna da cima a fondo prima che poderosi risucchi gli strappassero una serie decisamente poco virile di gridolini di piacere.
Cercò di placare l'affanno ma si ritrovò solo a scuotere il bacino in risposta ai risucchi.
Draka era livida in volto e per fortuna fuori dalla visuale del marito, che altrimenti avrebbe senz'altro percepito i suoi intenti omicidi.
Vedendo come Durotan stava spudoratamente godendo delle attenzioni sessuali che quella ninfetta stava riservando alla sua erezione, Draka si sentì in dovere di farle capire chi era la migliore delle due.
Era una questione di orgoglio personale.
Si levò in piedi e aggirò la ninfa, andando a sedersi sulla faccia di Durotan con le gambe aperte.
Lui la guardò confuso e spaventato insieme dal cipiglio furioso sul suo viso.
Con molta urgenza la sua partner si posizionò sulla sua bocca in maniera tale che potesse facilmente penetrarle le labbra.
L'impeto del gesto lasciò Durotan senza fiato per qualche istante.
«Come ti permetti di godere delle attenzioni di quella sgualdrina?!» ruggì Draka, forzandolo ad affondare la metà inferiore del viso tra le carnose pieghe cutanee nascoste tra le sue cosce.
L'orco aveva goduto di quel nettare un incredibile numero di volte nel corso di quell'anno di matrimonio. Percependo il calore del suo corpo gli venne spontaneo estrarre la lingua e cominciare a leccare vigorosamente, fermandosi solo sporadicamente per riprendere fiato. Era difficile respirare col peso di Draka su collo e viso, anche se la sua cura nel rasare la peluria pubica in eccesso gli consentiva di rinnovare facilmente l'aria nei polmoni.
Durotan era avvezzo a quel genere di lavoretti e sapeva bene dove andare a toccare.
Al primo stimolo piacevole la sua compagna inarcò la schiena all'indietro e liberò un gemito roco.
Gli umori iniziarono a bagnarla, viscosi e caldi, e Durotan li inghiottì con piacere, mugolando soddisfatto e socchiudendo le palpebre in un'espressione vagamente ebete ed estatica.
Draka, tra un gemito accorato e l'altro, sogghignò compiaciuta: nessuna ninfetta in calore poteva competere con lei quando si trattava di suo marito. Solo lei era veramente in grado di appagarlo e quella bestiolina dei boschi presto l'avrebbe capito.
Sotto il suo sguardo vide Durotan sgranare gli occhi ed emettere un grugnito roco e poderoso, il respiro di colpo più affannoso.
Il corpo dell'orco iniziò ad agitarsi sotto di lei, rendendola così partecipe del suo gradimento per quanto riguardava il lavoretto della ninfa.
Draka ululò il suo risentimento con ferocia, levandosi e sedendosi al contrario.
Durotan si ritrovò quasi soffocato dal suo fondoschiena premuto sul ponte del naso mentre la sua apertura rimaneva totalmente accessibile.
L'orchessa afferrò per le zampe la ninfa e la ribaltò di lato, strappandola dall'erezione bagnata di saliva del suo compagno.
La creaturina però non si arrese e tornò subito all'attacco, piazzandosi poco sotto l'erezione dell'orco.
Prese il pene con la manina e lo guidò tra le sue gambe, sotto il pelo fino alla sua apertura, umidiccia e calda.
Draka digrignò i denti e le afferrò i capelli, tirandoli.
«Gelosa?» sputò la ninfa con cattiveria.
Gemette con voce acuta mentre si penetrava con quell'erezione enorme e calda, pulsante di desiderio quasi quanto lo era lei.
Fu una sensazione meravigliosa quella che le serpeggiò dentro, facendola addirittura gridare.
Durotan mugugnò sotto Draka e riprese a leccare e agitarsi col bacino come in preda a spasmi.
Le due femmine smisero di litigare e si unirono ai suoi versi gutturali a voce un po' più acuta.
La ninfa venne per prima, schiacciando il suo esile corpicino su quello molto più largo e poderoso dell'orco.
Si strofinò per bene su di lui prima di esclamare: «Ho appena marchiato il tuo maschio».
Draka la afferrò per le corna e fece per disarcionarla ma arrivò prima il suo orgasmo e le sue intenzioni cambiarono: utilizzò l'appiglio per potersi muovere sulla faccia di Durotan e farsi leccare bene e in profondità. Voleva che ingurgitasse tutto quanto, fino all'ultima vischiosa goccia.
«Anch'io ho marchiato mio marito» sogghignò, strattonando per le corna la ninfa.
Quest'ultima ringhiò e scalciò ma il dolore divenne talmente forte che non riuscì a reagire e Draka la sbatté a terra con foga tale da lasciarla tramortita.
Durotan emise un gutturale verso d'insoddisfazione sentendo le piacevoli sollecitazioni alla sua erezione svanire di colpo.
Afferrò Draka per le cosce e la sollevò di peso, facendola gridare.
Lui inspirò finalmente a fondo, libero.
«Stavo per venire!» sbottò frustrato prima di masticare un'imprecazione.
«Non hai bisogno di altre per farlo. Ci penso io».
Così dicendo cambiò posizione, andando a sistemarsi sul suo inguine. Guidò la sua erezione in sé, facilitata anche dagli umori della sua nemica.
Iniziarono a dibattersi vigorosamente, entrambi, in sincronia perfetta. Durotan era impaziente e Draka sembrava ansiosa di dargli quel che voleva.
L'orco ansimò pesantemente poco prima dell'orgasmo e la sua compagna si levò in tempo per non essere riempita dal suo seme.
Durotan venne copiosamente, fremendo per il sollievo, schizzandosi le cosce.
Quand'ebbe finito giacque respirando affannosamente e la sua compagna gli si fece dappresso, inginocchiandosi al suo fianco.
«Ce ne dobbiamo andare prima che quella ninfa si riprenda. Non ho intenzione di vederti di nuovo tra le sue grinfie, chiaro?!» esclamò, afferrandolo per un braccio e cercando di tirarlo su.
Durotan si mise seduto e lanciò un'occhiata alla ninfa.
«Mi spiace che sia finita così...» borbottò a disagio.
Draka sospirò e gli batté una pacca amorevole sulla spalla.
«Ne riparleremo a casa» rispose, lasciando trapelare una minaccia velata nel tono. A quanto pareva la sua rabbia si sarebbe ugualmente abbattuta su di lui. Non aveva possibilità di scappare.
Annuì semplicemente e si alzò in piedi.
«Dove è finita la mia pelliccia?» chiese.
«Io ho bisogno del mantello: non posso certo affrontare il viaggio di ritorno così!» ribatté Draka, lanciando un'occhiata al suo corpo nudo.
«Non è poi così male...» commentò il suo compagno, studiandola con uno sguardo rapido da capo a piedi.
Draka lo fulminò con gli occhi.
«Non hai già visto abbastanza per oggi?» ringhiò, andando a raccogliere il suo mantello e gettandoselo sulle spalle.
Prese anche la pelliccia di suo marito, caduta poco lontano, si volse e gliela lanciò.
Durotan l'afferrò al volo e se la mise a coprire il bassoventre.
«Adesso mi avrebbe fatto comodo aver scuoiato quel dannato coniglio rosa!» sbottò stizzito, avviandosi per primo verso il varco che aveva lasciato arrivando lì.
Tutto quel che avevano passato per trovare quella bestia ed ecco cosa ci avevano guadagnato: una lotta fatta di violenza e sesso contro uno spirito dei boschi.
Dietro di lui, Draka non poté reprimere un sorriso immaginandosi Durotan con un paio di braghe rosa.