Videogame addict
Jun. 2nd, 2011 12:16 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Videogame addict
Rating: Verde
Genere: Comico, Fluff, Slice of life
Personaggi: Young!Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 1121 (
fiumidiparole)
Prompt: Hard & Soft / 018. Videogame @
casti_puri
«America?».
Inghilterra aprì la porta del soggiorno, sbirciando all'interno, in cerca del fratellino. La sua espressione passò dall'incuriosito al contrariato all’istante nell’attimo stesso in cui realizzò che lui era là dentro.
«Sei ancora lì?!»
«Eh?».
«America?».
Inghilterra aprì la porta del soggiorno, sbirciando all'interno, in cerca del fratellino. La sua espressione passò dall'incuriosito al contrariato all’istante nell’attimo stesso in cui realizzò che lui era là dentro.
«Sei ancora lì?!»
«Eh?».
Arthur entrò nella stanza buia quasi a passo di marcia. Il soggiorno era immerso in un'oscurità assoluta violata solamente dalla luce proveniente dallo schermo della tv.
«America...!» lo rimproverò un'altra volta l'inglese, superando il divano, in modo da inquadrare la figura che stava beatamente distesa sul tappeto, la quale neppure si degnò di rivolgergli lo sguardo.
Alfred, steso su un fianco, la testa appoggiata su un cuscino, fissava lo schermo con il suo joystick in mano, le dita che passavano ossessivamente da un pulsante all'altro e gli occhi pieni di sovreccitazione.
Aveva già indosso il pigiama, o quel che da pigiama doveva fargli - ossia una felpa pesante ed un paio di pantaloni comodi - ciononostante non sembrava minimamente intenzionato ad andare a dormire.
Inghilterra si piegò su di lui, spazientito, e gli tirò un orecchio.
«Ahiiiii!» esclamò con voce acuta, tirandosi un po' su, appoggiando il peso del corpo su un braccio «Inghilterra mi fai maleee!».
«Forse così mi ascolterai!» sbottò l'altro con evidente irritazione, poi proseguì: «È più di mezzanotte. Smettila di giocare con quell'aggeggio e vai a dormire!».
L’inglese calcò con tono di sprezzo il riferimento all’oggetto delle morbose attenzioni del minore.
«È un videogame, non un aggeggio!» lo corresse quest’ultimo.
«È la stessa cosa» lo liquidò in fretta Inghilterra.
Il ragazzo si volse verso il più grande con un'espressione supplicante.
«Ma è sabato...! Non posso stare alzato ancora un po’?! Devo finire il livello!».
Lo sguardo che aveva in viso era così tenero che per un momento Arthur fu tentato di dargliela vinta, poi però tornò irremovibile.
«No, hai giocato con quel videogame» s’interruppe, affinché la particolare inflessione data all’ultima parola assumesse un effetto di scherno «... per tutto il giorno. Adesso vai a dormire!» ribadì, strappandogli di mano il joystick.
«Ehi! Dai, per favore, ancora un pochino! Poi vado a dormire, prometto!».
Era il suo fratellino ed Inghilterra ci teneva a far sì che dormisse il giusto e rimanesse in salute. Per questo continuò: «No, vai ora. Coraggio!».
Alfred mise su un delizioso broncio molto infantile, mentre di malavoglia si alzava dalla sua postazione e si avviava verso la porta.
«Buonanotte» augurò l'inglese.
«Mmh... 'notte».
«È per il suo bene...» si disse Inghilterra, soddisfatto, voltandosi a guardare lo schermo «... e adesso spegniamo questo coso...».
Provò a premere qualche tasto a caso del joystick, osservando le azioni corrispondenti nello schermo, senza riuscire a trovare il modo di spegnerlo. In compenso, cominciò ad interessarsi al gioco: si sedette sul cuscino e cominciò a giocare, gli occhi incollati alle figure che si muovevano nella tv. Era sempre più coinvolto dal videogame, tanto da non curarsi né delle ore che passavano né della stanchezza che avanzava.
Semplicemente, continuava imperterrito a fare quel che fino ad un momento prima rimproverava al piccolo Alfred.
«Inghilterra...!».
America era arrivato in cucina sbadigliando e stropicciandosi gli occhi, aspettandosi di trovare già pronto qualcosa per colazione, visto che il suo fratellone solitamente si svegliava prima di lui.
Si sorprese invece di non sentirsi rivolgere nessun "buongiorno. Dormito bene?" e di trovare piuttosto la cucina completamente vuota.
Alfred sbatté le palpebre, perplesso e incuriosito.
«Inghilterra?» chiamò, guardandosi intorno. Si aspettava di vederlo sbucare da qualche angolo nascosto per cercare di spaventarlo, ma si sorprese di constatare che effettivamente lui non era lì.
Uscì e si diresse verso la sua camera.
«Inghilterra...?» domandò a voce un po' più alta, sbirciando all'interno.
Il letto era ancora sfatto e i vestiti che Arthur indossava tutti i giorni erano appoggiati sulla spalliera della sedia davanti alla scrivania, il che era strano: che lui ricordasse, non aveva mai visto il suo fratellone in pigiama di prima mattina.
Chissà dov'era finito...
Comunque non aveva intenzione di arrendersi: da qualche parte doveva pur essere. Se fosse uscito, di certo lo avrebbe avvertito.
Nel passare davanti al soggiorno, udì il rumore della tv accesa, fatto che lo convinse ad entrare.
In un primo momento la sua attenzione si concentrò sulla televisione, sul cui schermo ancora erano proiettate le immagini del suo videogame, poi fu catturata dal basso respirare che proveniva dall'altra parte del divano.
Si avvicinò, cauto, sporgendosi oltre lo schienale.
«Inghilterra...?!» chiamò, alzando un poco il tono di voce per la sorpresa.
Arthur era steso su un fianco sul pavimento, leggermente rannicchiato, il capo abbandonato sul cuscino che stringeva con un braccio, mentre nell’altra mano teneva ben saldo il joystick che la notte avanti aveva strappato dalle mani di America.
Quest’ultimo gli si avvicinò e si inginocchiò accanto a lui, scuotendolo per una spalla con forza, chiamandolo più volte.
Solo dopo un paio di scosse, finalmente l’inglese aprì gli occhi e si alzò puntellandosi sui gomiti.
«America...?» biascicò, fissando il ragazzo.
Aveva voglia di dormire ancora: si sentiva letteralmente a pezzi.
«Perché sei rimasto a dormire qui? E perché hai quelle ombre nere sotto gli occhi?».
«Occhiaie...» si rispose in silenzio Arthur, sfiorandosi sotto le palpebre.
Era rimasto alzato molto oltre la mezzanotte e non sapeva a che ore fosse crollato addormentato, ma a giudicare da come si sentiva doveva aver dormito a malapena quattro ore.
«E perché hai il mio joystick in mano?».
America continuava a chiedere, curioso, ed Inghilterra non aveva voglia di rispondere.
«Per favore, lasciami dormire...» mormorò in modo infantile, ricadendo sul cuscino.
«Ma è mattina! Ci voglio stare io alla tv!» protestò Alfred, cercando di togliergli di mano il joystick - cosa che non richiese particolari sforzi, perché l’inglese non aveva la forza materiale per mettersi a discutere o fare resistenza.
Semplicemente, si alzò e si avviò verso la porta come un morto vivente, desideroso solamente di andarsene in camera sua e dormire ancora, mentre il più giovane occupava il posto davanti allo schermo della tv.
«Inghilterra!» chiamò ancora una volta quest’ultimo.
L’inglese si arrestò sulla soglia, aggrappandosi allo stipite per evitare di cadere.
«Sì...? Che cosa c’è?» domandò stancamente, voltandosi indietro.
«Me la prepari la colazione?»
«Più tardi... okay?» mormorò, andandosene.
Quando arrivò in camera sua, si lasciò cadere sul suo letto e si raggomitolò sotto le coperte, affondando piacevolmente il capo nel cuscino soffice, mandando un debole sospiro beato.
«Dannato videogame...» mormorò, pieno di risentimento, socchiudendo gli occhi, lasciando che la stanchezza lo sopraffacesse un’altra volta «... non dovevo lasciarmi trascinare. Non sono America...».
In effetti, rispetto a lui il piccolo americano aveva una resistenza ed una padronanza maggiore di tutto ciò che rientrasse nella categoria “tecnologia”.
Tutte quelle ore passate a giocare a lui avevano fatto venire mal di testa - oltre a rubargli preziose ore di sonno.
In quel momento una vocina proveniente da qualche remoto angolo del suo cervello lo ammonì dicendo che un gentiluomo non doveva passare troppo tempo dormendo, ma lui la ignorò: per una volta soltanto poteva fare un’eccezione, altrimenti non sarebbe riuscito a sopravvivere alla giornata.
«Ora che ci penso... avrei potuto provare a spegnerlo staccando la spina...» si disse, l’attimo prima di cadere nuovamente addormentato.
Rating: Verde
Genere: Comico, Fluff, Slice of life
Personaggi: Young!Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 1121 (
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Prompt: Hard & Soft / 018. Videogame @
![[livejournal.com profile]](https://www.dreamwidth.org/img/external/lj-community.gif)
«America?».
Inghilterra aprì la porta del soggiorno, sbirciando all'interno, in cerca del fratellino. La sua espressione passò dall'incuriosito al contrariato all’istante nell’attimo stesso in cui realizzò che lui era là dentro.
«Sei ancora lì?!»
«Eh?».
«America?».
Inghilterra aprì la porta del soggiorno, sbirciando all'interno, in cerca del fratellino. La sua espressione passò dall'incuriosito al contrariato all’istante nell’attimo stesso in cui realizzò che lui era là dentro.
«Sei ancora lì?!»
«Eh?».
Arthur entrò nella stanza buia quasi a passo di marcia. Il soggiorno era immerso in un'oscurità assoluta violata solamente dalla luce proveniente dallo schermo della tv.
«America...!» lo rimproverò un'altra volta l'inglese, superando il divano, in modo da inquadrare la figura che stava beatamente distesa sul tappeto, la quale neppure si degnò di rivolgergli lo sguardo.
Alfred, steso su un fianco, la testa appoggiata su un cuscino, fissava lo schermo con il suo joystick in mano, le dita che passavano ossessivamente da un pulsante all'altro e gli occhi pieni di sovreccitazione.
Aveva già indosso il pigiama, o quel che da pigiama doveva fargli - ossia una felpa pesante ed un paio di pantaloni comodi - ciononostante non sembrava minimamente intenzionato ad andare a dormire.
Inghilterra si piegò su di lui, spazientito, e gli tirò un orecchio.
«Ahiiiii!» esclamò con voce acuta, tirandosi un po' su, appoggiando il peso del corpo su un braccio «Inghilterra mi fai maleee!».
«Forse così mi ascolterai!» sbottò l'altro con evidente irritazione, poi proseguì: «È più di mezzanotte. Smettila di giocare con quell'aggeggio e vai a dormire!».
L’inglese calcò con tono di sprezzo il riferimento all’oggetto delle morbose attenzioni del minore.
«È un videogame, non un aggeggio!» lo corresse quest’ultimo.
«È la stessa cosa» lo liquidò in fretta Inghilterra.
Il ragazzo si volse verso il più grande con un'espressione supplicante.
«Ma è sabato...! Non posso stare alzato ancora un po’?! Devo finire il livello!».
Lo sguardo che aveva in viso era così tenero che per un momento Arthur fu tentato di dargliela vinta, poi però tornò irremovibile.
«No, hai giocato con quel videogame» s’interruppe, affinché la particolare inflessione data all’ultima parola assumesse un effetto di scherno «... per tutto il giorno. Adesso vai a dormire!» ribadì, strappandogli di mano il joystick.
«Ehi! Dai, per favore, ancora un pochino! Poi vado a dormire, prometto!».
Era il suo fratellino ed Inghilterra ci teneva a far sì che dormisse il giusto e rimanesse in salute. Per questo continuò: «No, vai ora. Coraggio!».
Alfred mise su un delizioso broncio molto infantile, mentre di malavoglia si alzava dalla sua postazione e si avviava verso la porta.
«Buonanotte» augurò l'inglese.
«Mmh... 'notte».
«È per il suo bene...» si disse Inghilterra, soddisfatto, voltandosi a guardare lo schermo «... e adesso spegniamo questo coso...».
Provò a premere qualche tasto a caso del joystick, osservando le azioni corrispondenti nello schermo, senza riuscire a trovare il modo di spegnerlo. In compenso, cominciò ad interessarsi al gioco: si sedette sul cuscino e cominciò a giocare, gli occhi incollati alle figure che si muovevano nella tv. Era sempre più coinvolto dal videogame, tanto da non curarsi né delle ore che passavano né della stanchezza che avanzava.
Semplicemente, continuava imperterrito a fare quel che fino ad un momento prima rimproverava al piccolo Alfred.
«Inghilterra...!».
America era arrivato in cucina sbadigliando e stropicciandosi gli occhi, aspettandosi di trovare già pronto qualcosa per colazione, visto che il suo fratellone solitamente si svegliava prima di lui.
Si sorprese invece di non sentirsi rivolgere nessun "buongiorno. Dormito bene?" e di trovare piuttosto la cucina completamente vuota.
Alfred sbatté le palpebre, perplesso e incuriosito.
«Inghilterra?» chiamò, guardandosi intorno. Si aspettava di vederlo sbucare da qualche angolo nascosto per cercare di spaventarlo, ma si sorprese di constatare che effettivamente lui non era lì.
Uscì e si diresse verso la sua camera.
«Inghilterra...?» domandò a voce un po' più alta, sbirciando all'interno.
Il letto era ancora sfatto e i vestiti che Arthur indossava tutti i giorni erano appoggiati sulla spalliera della sedia davanti alla scrivania, il che era strano: che lui ricordasse, non aveva mai visto il suo fratellone in pigiama di prima mattina.
Chissà dov'era finito...
Comunque non aveva intenzione di arrendersi: da qualche parte doveva pur essere. Se fosse uscito, di certo lo avrebbe avvertito.
Nel passare davanti al soggiorno, udì il rumore della tv accesa, fatto che lo convinse ad entrare.
In un primo momento la sua attenzione si concentrò sulla televisione, sul cui schermo ancora erano proiettate le immagini del suo videogame, poi fu catturata dal basso respirare che proveniva dall'altra parte del divano.
Si avvicinò, cauto, sporgendosi oltre lo schienale.
«Inghilterra...?!» chiamò, alzando un poco il tono di voce per la sorpresa.
Arthur era steso su un fianco sul pavimento, leggermente rannicchiato, il capo abbandonato sul cuscino che stringeva con un braccio, mentre nell’altra mano teneva ben saldo il joystick che la notte avanti aveva strappato dalle mani di America.
Quest’ultimo gli si avvicinò e si inginocchiò accanto a lui, scuotendolo per una spalla con forza, chiamandolo più volte.
Solo dopo un paio di scosse, finalmente l’inglese aprì gli occhi e si alzò puntellandosi sui gomiti.
«America...?» biascicò, fissando il ragazzo.
Aveva voglia di dormire ancora: si sentiva letteralmente a pezzi.
«Perché sei rimasto a dormire qui? E perché hai quelle ombre nere sotto gli occhi?».
«Occhiaie...» si rispose in silenzio Arthur, sfiorandosi sotto le palpebre.
Era rimasto alzato molto oltre la mezzanotte e non sapeva a che ore fosse crollato addormentato, ma a giudicare da come si sentiva doveva aver dormito a malapena quattro ore.
«E perché hai il mio joystick in mano?».
America continuava a chiedere, curioso, ed Inghilterra non aveva voglia di rispondere.
«Per favore, lasciami dormire...» mormorò in modo infantile, ricadendo sul cuscino.
«Ma è mattina! Ci voglio stare io alla tv!» protestò Alfred, cercando di togliergli di mano il joystick - cosa che non richiese particolari sforzi, perché l’inglese non aveva la forza materiale per mettersi a discutere o fare resistenza.
Semplicemente, si alzò e si avviò verso la porta come un morto vivente, desideroso solamente di andarsene in camera sua e dormire ancora, mentre il più giovane occupava il posto davanti allo schermo della tv.
«Inghilterra!» chiamò ancora una volta quest’ultimo.
L’inglese si arrestò sulla soglia, aggrappandosi allo stipite per evitare di cadere.
«Sì...? Che cosa c’è?» domandò stancamente, voltandosi indietro.
«Me la prepari la colazione?»
«Più tardi... okay?» mormorò, andandosene.
Quando arrivò in camera sua, si lasciò cadere sul suo letto e si raggomitolò sotto le coperte, affondando piacevolmente il capo nel cuscino soffice, mandando un debole sospiro beato.
«Dannato videogame...» mormorò, pieno di risentimento, socchiudendo gli occhi, lasciando che la stanchezza lo sopraffacesse un’altra volta «... non dovevo lasciarmi trascinare. Non sono America...».
In effetti, rispetto a lui il piccolo americano aveva una resistenza ed una padronanza maggiore di tutto ciò che rientrasse nella categoria “tecnologia”.
Tutte quelle ore passate a giocare a lui avevano fatto venire mal di testa - oltre a rubargli preziose ore di sonno.
In quel momento una vocina proveniente da qualche remoto angolo del suo cervello lo ammonì dicendo che un gentiluomo non doveva passare troppo tempo dormendo, ma lui la ignorò: per una volta soltanto poteva fare un’eccezione, altrimenti non sarebbe riuscito a sopravvivere alla giornata.
«Ora che ci penso... avrei potuto provare a spegnerlo staccando la spina...» si disse, l’attimo prima di cadere nuovamente addormentato.