Per la scienza
Apr. 28th, 2017 02:56 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Per la scienza
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Slice of Life
Personaggi: Khadgar, Oculeth
Wordcount: 4789 (
fiumidiparole)
Prompt: Afrodisiaco, Contro la porta-finestra, In ufficio, Rischio di venire scoperti, Tappare la bocca per non far sentire per la challenge Uova di Prompt @ bestiedigitali
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Legion".
Note: Lemon, Yaoi
«Sono riuscito a trovare una miscela di Rosa Lucestellare con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth che non è ancora esplosa!» disse. Il suo entusiasmo era leggermente inquietante.
Oculeth lo guardò come se non fosse completamente certo riguardo la sua sanità mentale, poi pose la fatidica domanda: «È meraviglioso, sì… ma cosa fa?».
Khadgar si trovava nel suo “ufficio” della Cittadella Violacea a Dalaran già da diverse ore. Aveva lasciato gli altri del Concilio dei Sei al piano inferiore, ma probabilmente ognuno era andato ad attendere agli affari propri o - molto più probabile - a faccende inerenti l’ormai imminente assalto alla Rocca della Notte nel cuore di Suramar.
L’Arcimago era attualmente alle prese con degli esperimenti di natura magico-alchemica per cercare di trovare una maniera efficace di impiegare la Rosa Lucestellare - la pianta tipica della regione di Suramar - in combinazione con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth: residui polverosi di metalli, altre piante, carne, pesce e via dicendo. Le miscele erano praticamente infinite, ma Khadgar era riuscito ad eliminarne un buon numero a sue spese dirette: in più di un’occasione nel combinare una certa serie di reagenti aveva ottenuto miscugli altamente instabili che gli erano letteralmente esplosi in faccia o avevano rischiato di soffocarlo con le loro esalazioni tossiche. L’Arcimago non si sarebbe arreso facilmente. Non era sua abitudine e non avrebbe iniziato allora a farlo.
Voleva riuscire a trovare qualcosa che potesse utilizzare contro i Nobili Oscuri e i loro alleati demoniaci per restituire Suramar a Thalyssra e agli altri Esuli Oscuri, magari una pozione con cui drogare i demoni o indebolire la Vilmagia che sfruttavano tutti i loro nemici.
Dopo così tanti tentativi andati a vuoto o quasi finiti in tragedia per lui, Khadgar si sorprese quando riuscì ad ottenere una mistura nella sua ampolla di reazione che rimase inerte nel contenitore per più di due minuti. Niente bolle, niente fumo, niente odori particolari. Era un banalissimo liquido azzurro con tracce di brillantini dovute alle polveri che aveva mescolato con la Rosa Lucestellare e che evidentemente non si erano ben solubilizzate.
Khadgar rimase a contemplare la sua opera per qualche altro minuto, temendo che sue eventuali esultanze avrebbero potuto tradursi in una catastrofe tardiva e quindi nell’ennesimo fallimento. Di nuovo non accadde niente, non solo: il liquido continuò a rimanere innocuo e immobile.
Un sorriso si dipinse sul volto dell’Arcimago e gli occhi azzurri brillarono di entusiasmo a stento represso.
Frugò tra le altre carte che aveva sulla scrivania, freneticamente, rovesciando libri e pergamene e persino un calamaio che per sua fortuna era vuoto. Trovò il foglio su cui aveva annotato quell’ultima ricetta poco dopo, estrasse una lunghissima piuma coi colori del Kirin Tor e si affrettò a segnarsi che era tra tutte quelle che pareva più stabile. Una volta fatto ciò la sua attenzione si spostò verso altri tipi di incombenze.
Khadgar si piegò a studiare più da vicino il suo alambicco, lo sguardo sfavillante di curiosità.
«Ora vediamo un po’ cosa sei capace di fare...» esclamò a mezza voce, più a se stesso che ad altri, rivolgendosi ovviamente all’ampolla e al suo contenuto.
Si lasciò cadere quasi di peso sulla sedia più vicina, cacciando un sospiro stanco. Adesso che era arrivato ad una probabile conclusione del suo lavoro di ricerca si rese conto che avuto bisogno di rifocillarsi e magari di darsi una pulita e cambiarsi la tunica. Era ancora sporco delle macchie lasciate dalle precedenti esplosioni e i suoi capelli più che bianchi ora erano color cenere. Sentiva il viso pieno di fuliggine.
Decise di prendersi una breve pausa ed evocò del cibo - dei dolcetti per la precisione - e del tè per accompagnarlo. Se ne versò una tazza e poi prese un dolcetto dal piatto, addentandolo voracemente.
Si rilassò contro lo schienale e socchiuse gli occhi, crogiolandosi in quella piccola vittoria.
Fece sparire in fretta il primo dolcetto e si sporse a prenderne un altro quando il suo udito, avvezzo a percepire i rumori inerenti la magia, captò un lieve crepitio nell’aria alle sue spalle.
Spostò la sedia per vedere chi fosse l’ospite inatteso che osava violare così spudoratamente la sua privacy. Una parte di lui sperava che fosse Jaina, tornata dopo essersi avveduta che il ritorno dell’Orda a Dalaran fosse l’unica scelta sensata per avere una chance di farcela contro le forze della Legione.
Rimase in attesa col fiato sospeso e un dolcetto saldamente stretto tra i denti a fissare il punto in cui l’aria pareva pulsare per l’energia magica di chiunque stesse cercando di teletrasportarsi là dentro.
Rimase profondamente colpito quando si trovò dinanzi non la familiare figura minuta dell’Arcimaga Jaina Proudmoore bensì quella un poco più corpulenta ma decisamente più slanciata del Telemante Oculeth.
Da quando aveva consumato uno dei frutti dell’Arcan’dor che era stato fatto crescere a Shal’aran aveva un aspetto decisamente migliore, più sano e florido. Aveva persino recuperato dei vestiti da Elfo Scuro; infatti aveva un aspetto più intellettuale. Tra le braccia reggeva alcuni libri pieni zeppi di fogli infilati tra le pagine, nonché pergamene di note rilegate a mano.
Il Telemante rimase fermo dove si trovava per qualche istante, per ambientarsi un poco, poi si guardò intorno per accertarsi di essere giunto nel posto giusto. Fu così che si trovò davanti la scena di un Arcimago Khadgar - che a Suramar gli aveva dato l’idea di una persona seria seppur un poco eccentrica - seduto in una grossa sedia dallo schienale alto e rigido che lo fissava attonito con i suoi cristallini occhi azzurri sgranati trattenendo un dolcetto grosso poco più della sua bocca tra i denti e una tazza di tè fumante tra le mani.
In stridente contrasto con quella parodia di comportamento aristocratico c’erano le condizioni generali del suo aspetto. Sembrava che si fosse rotolato in un caminetto spento che non veniva pulito da mesi.
«Uhm… buon pomeriggio, Arcimago Khadgar…» salutò con goffa formalità Oculeth, non sapendo bene come comportarsi. Aveva decisamente scelto il momento sbagliato per recarsi da lui.
L’Umano si tolse il dolcetto dalla bocca e masticò vigorosamente.
«Telemante Oculeth!» esclamò di rimando una volta deglutito il boccone. Si alzò in piedi e posò la tazzina di tè sul tavolo, in mezzo ad alambicchi pieni di liquidi colorati, fogli più o meno scarabocchiati e ciotole contenenti i materiali più disparati, quindi andò verso il suo ospite.
«Salve, salve! Per favore, chiamami solo Khadgar. “Arcimago” mi fa sentire vecchio…» disse con voce gioviale, poi si interruppe brevemente e ridacchiò «E come puoi vedere da solo, non ne ho bisogno».
Oculeth accennò un sorriso.
«Allora tu chiamami soltanto Oculeth» replicò l’Elfo Scuro per contro, poi gli mostrò il fardello tra le sue braccia «Ti ho portato quegli appunti sulla Telemanzia di cui avevamo parlato a Suramar…».
Khadgar gli andò incontro e lo aiutò a scaricare i libri sulla sua scrivania. Per qualche strana ragione Oculeth gli pareva troppo poco prestante, fisicamente parlando. Sembrava fare una fatica enorme a trasportare quei pochi libri che aveva tra le braccia.
«Bene, grazie mille! Sono certo che mi saranno molto utili» disse l’Arcimago, appoggiando i volumi sul tavolo.
Oculeth lo raggiunse e fece altrettanto, poi iniziò ad esaminare gli alambicchi e il resto, mosso dalla naturale curiosità che animava tutti gli studiosi.
«Potrei rimanere ed aiutarti a leggerli o discuterli...» esclamò quasi per caso, lo sguardo impegnato ad analizzare gli ingredienti raccolti da Khadgar sul tavolo. Si soffermò solo quando notò la fine polvere azzurro brillante in uno dei contenitori. I suoi occhi si allargarono leggermente, come se avesse appena visto qualcosa di incredibile.
«Perché no? Sarebbe una bella conversazione da fare, ma adesso sono impegnato...» disse l’Arcimago, girandosi verso il suo ospite.
«Stai studiando la Rosa Lucestellare?» chiese Oculeth bruscamente, interrompendo il discorso.
«Le proprietà di quella pianta mi affascinano» rivelò Khadgar con un pizzico di entusiasmo. Si allungò e prese la sua preziosa ampolla per il lungo collo stretto, la sollevò e la portò dinanzi alla faccia del Telemante. Cautamente la agitò un poco, per smuoverne il contenuto. Il liquido continuò a rimanere inerte all’interno, riflettendo sui corpuscoli brillanti la luce diffusa in tutto l’ufficio del suo creatore.
«Sono riuscito a trovare una miscela di Rosa Lucestellare con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth che non è ancora esplosa!» disse. Il suo entusiasmo era leggermente inquietante.
Oculeth lo guardò come se non fosse completamente certo riguardo la sua sanità mentale, poi pose la fatidica domanda: «È meraviglioso, sì… ma cosa fa?».
La gioia di Khadgar si sgonfiò subito.
«Non lo so ancora...» sbuffò con tono affranto «Devo testarlo...».
Oculeth gli prese l’ampolla dalla mano e andò verso una finestra. Aprì un’anta e rovesciò un po' del liquido su una delle piante che si trovavano nei vasi sul davanzale.
Non accadde niente. La pianta rimase vitale e il fiore mantenne il suo bel colore porpora intenso.
Khadgar gli si avventò addosso con palese angoscia. Oculeth rischiò per un istante di finire fuori della finestra insieme all’alambicco che teneva in mano.
«Fermo! Cosa fai?! Lo vuoi buttare? Con tutta la fatica che ho...»
«Lo provavo sui tuoi fiori» lo interruppe il Telemante in tono pacato e perfettamente controllato.
Khadgar passò lo sguardo dai suoi vasi di fiori all’Elfo Scuro dinanzi a lui e poi rilassò la postura di colpo.
«Oh...» replicò banalmente, a disagio per la figura che aveva appena fatto. Non era certamente sua intenzione insinuare che Oculeth potesse essere talmente indegno di fiducia da buttare tutto quanto il suo lavoro dalla finestra.
«Ma non fa niente» puntualizzò Oculeth, stringendosi leggermente nelle spalle esili «Forse… deve essere ingerita» ponderò a voce alta.
Khadgar riconobbe il tono nella sua voce. Era quel tipico timbro che aveva sentito anche nella sua quando aveva deciso di sperimentare strategie e manufatti magici sui poveri avventurieri che avevano condotto su Draenor la campagna contro l’Orda di Ferro di Garrosh, rischiando in più di un’occasione di ucciderli.
Effettivamente era una cosa comprensibile: Oculeth era anche lui un uomo - o meglio un Elfo - cui piaceva fare esperimenti di magia. La sua curiosità era dello stesso stampo della sua.
Improvvisamente si ritrovò a condividere un po' del brivido per la sperimentazione di Oculeth.
Un sorriso molto simile ad un ghigno carico di aspettative si dipinse sul volto dell’Arcimago mentre esclamava: «Avevi in mente qualcosa di particolare?».
Il Telemante captò senza difficoltà il tono complice della domanda.
«Non pare essere una miscela velenosa…» fece un cenno verso i fiori alle sue spalle «Potremmo provare a vedere cosa succede bevendone un po'...».
La proposta colpì a fondo l’obiettivo: Khadgar non si sentiva così vivo e desideroso di provare cose nuove da moltissimo tempo. L’adrenalina gli scorreva a fiumi in corpo all’idea di utilizzare se stesso e Oculeth come cavie per il suo ritrovato. Gli avventurieri di Draenor erano sopravvissuti a cose ben peggiori, di certo una mistura pseudo-alchemica di fiori e altri ingredienti non velenosi non avrebbe potuto essere poi così pericolosa.
«Lo proviamo col tè» esclamò deciso l’Arcimago, tornando verso la scrivania. Evocò una seconda tazzina e la riempì di tè, quindi se ne servì altro per sé.
Andò a prendere anche un’altra sedia da un angolo della stanza e l’avvicinò al tavolo, quindi fece cenno ad Oculeth di accomodarsi.
L’Elfo Scuro si avvicinò e si sedette accanto a Khadgar, ruotando leggermente la sedia in maniera tale da guardarlo.
«Sicuro di volerlo fare?» domandò l’Umano «Non sei tenuto a farlo, visto che è il mio lavoro...».
L’Elfo Scuro scosse piano la testa.
«Sono curioso di partecipare a questo esperimento. Non ho mai prestato molta attenzione alle proprietà di flora e fauna di Suramar...» spiegò, sollevando l’ampolla e versando un poco del contenuto nella sua tazza e poi in quella di Khadgar.
Il colore ambrato del tè mutò leggermente, divenendo leggermente violaceo man mano che la miscela si spandeva nella bevanda.
Entrambi mescolarono per bene il tutto.
Khadgar non stava più nella pelle per la curiosità. Agitò il suo tè corretto rapidamente, poi mise da parte il cucchiaino e attese che anche Oculeth fosse pronto.
Una volta che ebbe fatto anche lui, i due presero le rispettive tazzine e si scambiarono un’occhiata d’intesa.
La tensione che aleggiava intorno a loro era palpabile. Sollevarono le fragili stoviglie e Khadgar esclamò: «Cin-cin!».
Brindarono e bevvero tutto d’un fiato. Per fortuna il volume di tè non era molto: il sapore era disgustoso. Khadgar riuscì a buttarlo giù per mero sforzo di volontà e una volta deglutito ebbe diversi conati di vomito che per sua fortuna non riuscirono a stimolargli il rigetto vero e proprio.
Anche Oculeth era disgustato, ma non lo manifestò in maniera così palese, nonostante gli sembrasse di aver appena ingoiato acqua sporca di terriccio, erba e sassi. Era nella sua natura cercare di rimanere il più composto possibile in qualunque situazione.
«Siamo ancora vivi» commentò il Telemante, osservando l’Arcimago che per togliersi l’orribile sapore dalla bocca si stava ingozzando di dolcetti.
«Non sta facendo nessun effetto… a parte lasciare un terribile sentore di terriccio in bocca» replicò stizzito Khadgar, prima di addentare un altro pasticcino. Non era mai stato così contento di essere in grado di evocare del cibo come in quel momento.
«Forse si deve aspettare un po'...» fece presente Oculeth.
L’altro sbuffò irritato.
«O forse è stato solo un ennesimo buco nell’acqua… ma senza esplosioni» brontolò, poi scosse il capo e si alzò in piedi «Hai ancora voglia di rimanere per quel famoso scambio di appunti?» chiese in tono amareggiato.
Oculeth poteva capire più di chiunque altro il sentimento di delusione e frustrazione che seguiva una sperimentazione fallimentare.
«Naturalmente» rispose il Telemante. Non aveva niente di meglio da fare a Suramar per il momento ed era certo che a Khadgar non potesse fare che bene avere un po' di compagnia finché il suo umore non fosse migliorato.
Con espressione cupa l'Arcimago andò a recuperare i suoi appunti sul teletrasporto nelle Isole Disperse e tornò al tavolo, quindi si misero all’opera.
Fu chiaro sin da subito che qualcosa non andava: Khadgar faceva un sacco di fatica a concentrarsi sul discorso, ma attribuì la cosa alla delusione profonda che aveva appena avuto, specialmente perché Oculeth non sembrava manifestare nessun “sintomo” simile al suo.
Dopo poco però alla scarsa concentrazione si accompagnò una calura crescente, e stavolta anche Oculeth diede chiaro segno di percepirla.
«Fa caldo, eh?» esclamò Khadgar con un sorrisetto tirato ed imbarazzato insieme.
«Non sono abituato a sentirmi così accaldato… il clima di Suramar è sempre stato piuttosto mite» ammise Oculeth, aprendosi il gilet e i primi bottoni della camicia sottostante.
Casualmente lo sguardo di Khadgar cadde sul breve scorcio del petto violaceo di Oculeth e l’Umano si ritrovò a chiedersi quanto potesse essere liscia al tatto la sua pelle.
Scosse con vigore la testa, imbarazzato dal tenore dei suoi pensieri, e scattò in piedi. L’Elfo Scuro lo guardò con cipiglio perplesso.
Ritrovandosi in piedi senza nessuna ragione apparente, l’Arcimago passò rapidamente in rassegna i dintorni alla ricerca di una scusa plausibile per il suo gesto.
«Ehm… a-apro un po' la finestra, okay?» disse, allontanandosi rapidamente verso la parete della stanza dotata di finestre.
Oculeth lo seguì con lo sguardo, rimanendo in silenzio.
Khadgar si sentiva come se fosse stato rinchiuso in una stanza piena d’acqua con Ragnaros in persona e non era una reazione per niente normale. Il suo abbigliamento non era così pesante.
Aprì la finestra e si affacciò per riprendersi un momento, ma l’aria fresca all’ombra della Cittadella Violacea di Dalaran non lo aiutò minimamente.
Si ritrasse e tornò al tavolo assieme al suo ospite, che si stava agitando nervosamente sulla sedia.
«Qualche problema?» domandò Khadgar, rimettendosi seduto. Nel farlo sobbalzò leggermente, assumendo un cipiglio imbarazzato e stupito insieme: non si era accorto di essersi eccitato fino ad allora, che sedendosi aveva tirato gli abiti in maniera da premere in particolare in quel punto. La sua erezione era oltretutto già grossa, più di quanto fosse mai stata prima di allora - o forse era semplicemente una sua impressione visto che c’era la concreta possibilità che Oculeth la notasse.
L’Elfo Scuro si servì altro tè e bevve guardando altrove, cosa che fece anche Khadgar, anche se con gestualità molto meno naturale.
La sua erezione iniziò a dargli un fastidio che cresceva di pari passo con la sua incapacità di rimanere fermo e seduto.
Dovette alzarsi di nuovo due volte e andare ad aprire altre finestre. Il suo disagio stava diventando sempre più forte, quasi eccessivo.
Oculeth dal canto suo dava segno di insofferenza nel rimanere seduto in maniera molto meno plateale. Continuava a bere febbrilmente tè.
La loro discussione riguardo i teletrasporti non proseguì molto in quelle condizioni: ciascuno di loro trovava sempre una qualche scusa per interrompere.
Erano trascorse appena un paio di ore e Khadgar era sul punto di esplodere. Era doloroso ignorare un’erezione come quella che aveva in quel momento. Desiderava così tanto potersene occupare, ma con Oculeth lì non poteva certamente farlo.
All’improvviso quest’ultimo si alzò in piedi e chiese: «Dove… si trova il bagno?».
L’Arcimago gli fece un cenno verso la porta con la mano.
«È in fondo al corridoio, sulla destra» gli indicò, poi lo seguì con gli occhi mentre si allontanava.
Non appena ebbe varcato la porta richiudendosela alle spalle, Khadgar scattò in piedi come se fosse una molla. Sollevò la tunica e calò le braghe sottostanti, quindi si afferrò il pene turgido con un moto di sollievo. Si abbandonò contro l’alto schienale della sua sedia, divaricando le gambe, e cominciò a masturbarsi di buona lena.
Adesso era assolutamente certo del fatto che la sua erezione fosse decisamente sovradimensionata rispetto al solito, ma non poteva farci granché.
Si chiese perché fosse arrivato ad un simile punto, a masturbarsi di nascosto con Oculeth nei paraggi. Che fosse invaghito a sua stessa insaputa del Telemante…? L’idea lo sfiorava per la prima volta.
Era talmente immerso nei suoi pensieri e nel piacere che si stava dando da non accorgersi neanche del fatto che il suo ospite era tornato.
«Oh…» commentò quest’ultimo a voce abbastanza alta da attirare l’attenzione di Khadgar, il quale si affrettò ad alzarsi per far calare di nuovo la tunica. Purtroppo per lui, le braghe calate erano ancora chiaramente visibili, così come vistoso era anche il profilo della sua erezione da sotto il tessuto.
«Oculeth…!» esclamò con aria colpevole, le guance letteralmente in fiamme per l’imbarazzo.
Non pensava che ci avrebbe messo così poco, non con tutto il tè che aveva bevuto.
Notò subito che nei pantaloni dell’Elfo Scuro, all’altezza del cavallo, si trovava un rigonfiamento non indifferente e che non poteva essere frainteso in alcuna maniera.
Prima di riuscire a controllarsi, l’Arcimago disse: «Anche tu sei duro!».
Il Telemante sobbalzò leggermente per la schiettezza delle sue parole. Non era abituato a modi simili. Gli Elfi Scuri erano una razza molto più… riservata rispetto a quelle più giovani, come quella di Khadgar.
Si guardarono reciprocamente e solo con alcuni secondi di ritardo l’Umano disse: «N-no, cioè…».
«È imbarazzante» disse subito dopo, grattandosi la testa «Non… riuscivo più a resistere così…».
«In effetti è fastidioso… sì» commentò Oculeth «Un effetto collaterale del tutto inatteso… e non è neanche il solo…».
Khadgar lo guardò per qualche istante, attonito, prima di riuscire a comprendere a fondo le sue parole. Sgranò gli occhi.
«La pozione!» esclamò, collegando solo allora gli strani “sintomi” che aveva avuto nelle ultime ore «Ha funzionato!» urlò subito dopo, euforico, saltellando sul posto con entusiasmo infantile.
Oculeth lo guardò perplesso, meravigliato dalla sua reazione. Khadgar se ne avvide, perché subito cercò di mitigare il suo atteggiamento.
«Ehm… cioè, sì… ovviamente ha funzionato, era l’unica miscela stabile…» si corresse.
«Ma ora abbiamo un problema» fece presente il Telemante. Era davvero un tipo eccentrico quel Khadgar.
Quest’ultimo gli rivolse sorprendentemente un sogghigno sghembo e l’espressione tipica di chi sapeva qualcosa che a lui sfuggiva.
«Fino ad un certo punto. Possiamo comunque occuparcene… sempre che tu voglia… insieme» esclamò a mo’ di spiegazione, dondolando leggermente sul posto. Sembrava stare facendo uno sforzo enorme per rimanere fermo dove si trovava.
Oculeth rimase dov’era, senza rispondere. Doveva ammettere che l’idea non lo aveva nemmeno sfiorato fino ad allora; tuttavia, non poteva negare che Khadgar fosse un Umano col quale si trovava molto in sintonia. Forse avrebbe potuto rivelarsi molto piacevole anche fare altre cose insieme; inoltre, era l’unico che sapeva esattamente cosa stesse provando in quel momento e di conseguenza di cosa avesse bisogno per sentirsi meglio.
«Sì» rispose semplicemente dopo qualche secondo. Bastò quell’unica parola ad annullare qualsiasi riserva da parte di Khadgar.
L’Arcimago sfilò le braghe ancora abbassate e marciò verso il Telemante, lo ghermì con entrambe le mani per i fianchi e lo attirò contro di sé. La vittima fece per gemere ma l’altro prontamente lo zittì con un bacio passionale e fervente, tale da togliere il fiato.
Khadgar lo ruotò sul posto e lo mise seduto su una delle due sedie, quindi si sedette a cavalcioni sopra di lui sfregandosi contro il suo inguine con urgenza e continuando a baciarlo.
Entrambi riuscivano a sentire alla perfezione la portata dell’erezione dell’altro ed anche la necessità di spogliarsi quanto prima. Stavano surriscaldandosi.
Oculeth mosse febbrilmente le mani lungo la schiena dell’Arcimago, scendendo verso il bordo della sua tunica, che cercò di alzare nonostante fosse incastrata sotto il posteriore del suo compagno. Dopo alcuni strattoni lasciò perdere e cercò piuttosto di alzarsi in piedi, nonostante fosse in chiaro svantaggio fisico. Fortunatamente l’Arcimago capì al volo le sue intenzioni, perché si alzò e lo trascinò in piedi afferrandolo per la camicia, continuando a baciarlo e muovendosi spingendolo verso un lato della stanza.
Le sue dita gli aprirono la camicia mentre si muovevano e l’Elfo Scuro gemette piano. Sentivano entrambi il fervente bisogno di muoversi oltre che di dare sfogo ai loro istinti sessuali.
Il Telemante si sfilò la camicia ormai completamente aperta e la lasciò cadere a terra insieme al suo panciotto smanicato.
Arretrarono rapidamente verso la parete e Khadgar intrappolò il suo ospite tra il suo corpo e la porta-finestra che dava sul suo stretto balcone.
Oculeth sfuggì al suo rinnovato assalto di baci e si chinò per prendere l’estremità inferiore della sua tunica e tirarla su con uno strattone. Sotto Khadgar era nudo, fatta eccezione ovviamente per le calzature.
L’Umano si svicolò dal fastidioso ingombro, lasciando l’indumento tra le mani del suo compagno. La sua erezione nuda pareva ancora più impressionante che non al tatto.
Khadgar sogghignò e si avvicinò nuovamente a Oculeth. Tolse di mezzo la metà inferiore dei suoi abiti, che ancora li intralciavano. Completamente nudi ad eccezione delle scarpe, Khadgar tornò ad incalzare con rinnovato vigore Oculeth. Si strofinarono con urgenza e poi l’Umano lo strinse e sollevò facendo perno sulla porta-finestra. Lo Shal’dorei si aggrappò con entrambe le gambe ai fianchi asciutti dell’Arcimago, trattenendosi sollevato ad un’altezza tale da riuscire a sentire la cima dell’erezione di quest’ultimo che gli premeva contro una chiappa.
«Posso entrare?» domandò Khadgar a fior di labbra a Oculeth. I loro visi erano così vicini che potevano sentire i respiri l’uno dell’altro sulla pelle.
«Mi pare inutile chiederlo a questo punto» soffiò il Telemante con tono impaziente, muovendosi per andare incontro alla sua erezione. Il vetro dietro la sua schiena era piacevolmente fresco e anche piuttosto scomodo a causa dell’intelaiatura a rete in rilievo della porta-finestra.
Khadgar utilizzò una delle mani per guidare la sua erezione all’interno dell’orifizio anale del suo partner. Cercò di essere delicato ma era impaziente tanto quanto Oculeth e finì con l’essere piuttosto brusco.
Lo Shal’dorei gemette rumorosamente, aggrappandosi ai capelli dell’Umano con presa forte, come se stesse cercando di strapparglieli.
L’altro cominciò a muoversi dentro di lui con movimenti rapidi. La porta-finestra cigolò leggermente sotto i colpi di bacino dell’Arcimago, ma resse al suo impeto crescente.
Il fondoschiena di Oculeth bruciava ad ogni affondo; ciononostante se la stava godendo parecchio. Gli sarebbe solamente piaciuto che Khadgar prestasse un po' di attenzioni anche alla sua erezione e non solo al suo culo. Cercò di fare da solo, infilando una mano tra i loro corpi e masturbandosi lentamente a causa della posizione decisamente scomoda.
Khadgar mugolava senza tregua, appagato dal suo continuo uscire e rientrare nel fondoschiena del suo partner. Gli stava piacendo enormemente, più di quanto avesse mai potuto immaginare e ne voleva sempre di più. Non si sarebbe mai fermato.
Stavano entrambi sudando e i loro gemiti riempivano la stanza altrimenti silenziosa.
Il Telemante riuscì contro ogni sua più rosea aspettativa a venire prima dell’altro, schizzando abbondantemente di sperma il suo torace nudo, eppure aveva ancora desiderio di appagare i suoi bassi istinti.
Khadgar era talmente teso e bramoso di arrivare all’orgasmo che stava quasi tremando. Doveva sfogarsi o temeva che sarebbe esploso.
Era ormai prossimo, lo sentiva, gli sarebbe occorso solo qualche altro affondo. Prese a mugolare con maggiore enfasi quando improvvisamente si udirono dei forti colpi alla porta.
I riflessi di Oculeth furono più pronti di quelli dell’Arcimago, che si ritrovò con la bocca provvidenzialmente tappata prima che riuscisse a farsi scoprire. Le grida accorate di frustrazione gli morirono in gola, soffocate da quella mano premuta con forza sulla metà inferiore della sua faccia. A dispetto delle apparenze, Oculeth aveva una non indifferente forza nelle braccia.
I colpi alla porta si ripeterono con più forza e urgenza e dall’altra parte si udì una voce maschile ovattata che esclamava: «Dannazione, Khadgar! Apri! Lo so che ci sei».
I due amanti si scambiarono un’occhiata complice. Il diretto interessato riconobbe la voce dell’Arcimago Vargoth e immediatamente si sfilò da Oculeth - nonostante ciò lo lasciasse frustrato e pienamente insoddisfatto - lasciandolo scendere.
Gli fece cenno di stare zitto mentre si allontanava da lui. Raccolse la tunica strada facendo e se la mise ignorando lo sperma che aveva addosso e che sicuramente l’avrebbe imbrattata. Nelle sue attuali condizioni avrebbe comunque dovuto lavarla.
Una volta indossata si teletrasportò alla porta, la quale fu vittima di un nuovo brusco assalto da parte del visitatore.
Khadgar si concesse solo un istante per guardare verso Oculeth - che si era acquattato e stava andando a nascondersi sotto il tavolo ricoperto da una lunga tovaglia del viola simbolo del Kirin Tor - prima di aprire e sporgersi per metà.
Si costrinse ad assumere un’espressione di naturale stupore e ricacciare indietro la rabbia per la spiacevole interruzione da parte di Vargoth.
«Arcimago Vargoth! Spero non siate latore di cattive notizie...» disse. A lui stesso risultava evidente quanto fosse forzato il suo tono di voce.
Vargoth a quanto sembrava non se ne era reso conto, perché proseguì comunicando il suo messaggio: «Meryl Felstorm sembra aver contratto una strana malattia. Ti aspetta insieme agli altri maghi alle Sale dei Guardiani».
Dal tono risultava palese che fosse scocciato dal fatto di fare il messaggero, ma Khadgar non vi diede troppo peso: poche erano le cose che incontravano l’approvazione di Vargoth.
La richiesta non poteva capitare in un momento meno indicato di quello.
«Mi recherò da Meryl non appena avrò terminato il mio… esperimento» rispose l’albino annuendo «Non ci vorrà molto».
Vargoth sbuffò pesantemente, poi scrollò le spalle e fece dietrofront per andarsene. Khadgar lo sentì distintamente borbottare: «Tutti questi esperimenti… bah… nemmeno fosse un Gnomo…!».
Khadgar scosse leggermente il capo e poi richiuse la porta, tornando verso il centro della stanza.
«Oculeth? Esci fuori…» chiamò, avvicinandosi al tavolo, ma non ottenne alcuna risposta. Si piegò a controllare sotto la tovaglia e scoprì con stupore che il Telemante non si trovava più là sotto.
«Eppure l’ho visto sgattaiolare qui...» mormorò tra sé Khadgar, rialzandosi e guardandosi intorno. Non c’erano altri posti in cui potesse essere andato a nascondersi.
«Oculeth?!» chiamò di nuovo, aggirando il tavolo lentamente. Di nuovo non ottenne risposta.
Corrugò le sopracciglia in un’espressione piuttosto contrariata mentre notava che gli abiti del suo ospite, proprio come lui, erano spariti.
L’Arcimago si accasciò sospirando pesantemente su una sedia e solo allora notò un foglietto scarabocchiato in fretta e furia appoggiato contro l’ampolla contenente il suo nuovo e portentoso afrodisiaco.
La grafia era quella del Telemante, ne era certo, e l’appunto recitava: “È stato bello sperimentare la tua nuova pozione insieme, spero che potremo svolgere altri test in futuro; almeno per il momento però dovremmo concentrarci sui nostri altri doveri. Oculeth - P.S: con il primo orgasmo l’effetto della pozione termina.”.
Ciò spiegava come aveva fatto lo Shal’dorei ad andarsene con tanta nonchalance mentre lui ancora fremeva di lussuria repressa e frustrazione. Almeno però aveva ammesso che la cosa gli era piaciuta, una confessione che non aveva lasciato indifferente l’Umano.
«Se solo Vargoth fosse arrivato pochi minuti più tardi…!» ringhiò irritato quest’ultimo, sbattendo un pugno sul tavolo con tanta forza da far tintinnare i suoi preziosi alambicchi.
Gli sarebbe piaciuto poter terminare l’effetto dell’afrodisiaco con Oculeth, e invece erano stati interrotti sul più bello. La sua rabbia cedette ben presto il passo alla rassegnazione: Khadgar non era il tipo di uomo che si lasciava facilmente sopraffare dall’ira.
Si sollevò la tunica per la seconda volta, sistemò meglio la postura e mestamente si accinse a terminare da solo ciò che lui e Oculeth avevano cominciato insieme.
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Slice of Life
Personaggi: Khadgar, Oculeth
Wordcount: 4789 (
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Prompt: Afrodisiaco, Contro la porta-finestra, In ufficio, Rischio di venire scoperti, Tappare la bocca per non far sentire per la challenge Uova di Prompt @ bestiedigitali
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Legion".
Note: Lemon, Yaoi
«Sono riuscito a trovare una miscela di Rosa Lucestellare con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth che non è ancora esplosa!» disse. Il suo entusiasmo era leggermente inquietante.
Oculeth lo guardò come se non fosse completamente certo riguardo la sua sanità mentale, poi pose la fatidica domanda: «È meraviglioso, sì… ma cosa fa?».
Khadgar si trovava nel suo “ufficio” della Cittadella Violacea a Dalaran già da diverse ore. Aveva lasciato gli altri del Concilio dei Sei al piano inferiore, ma probabilmente ognuno era andato ad attendere agli affari propri o - molto più probabile - a faccende inerenti l’ormai imminente assalto alla Rocca della Notte nel cuore di Suramar.
L’Arcimago era attualmente alle prese con degli esperimenti di natura magico-alchemica per cercare di trovare una maniera efficace di impiegare la Rosa Lucestellare - la pianta tipica della regione di Suramar - in combinazione con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth: residui polverosi di metalli, altre piante, carne, pesce e via dicendo. Le miscele erano praticamente infinite, ma Khadgar era riuscito ad eliminarne un buon numero a sue spese dirette: in più di un’occasione nel combinare una certa serie di reagenti aveva ottenuto miscugli altamente instabili che gli erano letteralmente esplosi in faccia o avevano rischiato di soffocarlo con le loro esalazioni tossiche. L’Arcimago non si sarebbe arreso facilmente. Non era sua abitudine e non avrebbe iniziato allora a farlo.
Voleva riuscire a trovare qualcosa che potesse utilizzare contro i Nobili Oscuri e i loro alleati demoniaci per restituire Suramar a Thalyssra e agli altri Esuli Oscuri, magari una pozione con cui drogare i demoni o indebolire la Vilmagia che sfruttavano tutti i loro nemici.
Dopo così tanti tentativi andati a vuoto o quasi finiti in tragedia per lui, Khadgar si sorprese quando riuscì ad ottenere una mistura nella sua ampolla di reazione che rimase inerte nel contenitore per più di due minuti. Niente bolle, niente fumo, niente odori particolari. Era un banalissimo liquido azzurro con tracce di brillantini dovute alle polveri che aveva mescolato con la Rosa Lucestellare e che evidentemente non si erano ben solubilizzate.
Khadgar rimase a contemplare la sua opera per qualche altro minuto, temendo che sue eventuali esultanze avrebbero potuto tradursi in una catastrofe tardiva e quindi nell’ennesimo fallimento. Di nuovo non accadde niente, non solo: il liquido continuò a rimanere innocuo e immobile.
Un sorriso si dipinse sul volto dell’Arcimago e gli occhi azzurri brillarono di entusiasmo a stento represso.
Frugò tra le altre carte che aveva sulla scrivania, freneticamente, rovesciando libri e pergamene e persino un calamaio che per sua fortuna era vuoto. Trovò il foglio su cui aveva annotato quell’ultima ricetta poco dopo, estrasse una lunghissima piuma coi colori del Kirin Tor e si affrettò a segnarsi che era tra tutte quelle che pareva più stabile. Una volta fatto ciò la sua attenzione si spostò verso altri tipi di incombenze.
Khadgar si piegò a studiare più da vicino il suo alambicco, lo sguardo sfavillante di curiosità.
«Ora vediamo un po’ cosa sei capace di fare...» esclamò a mezza voce, più a se stesso che ad altri, rivolgendosi ovviamente all’ampolla e al suo contenuto.
Si lasciò cadere quasi di peso sulla sedia più vicina, cacciando un sospiro stanco. Adesso che era arrivato ad una probabile conclusione del suo lavoro di ricerca si rese conto che avuto bisogno di rifocillarsi e magari di darsi una pulita e cambiarsi la tunica. Era ancora sporco delle macchie lasciate dalle precedenti esplosioni e i suoi capelli più che bianchi ora erano color cenere. Sentiva il viso pieno di fuliggine.
Decise di prendersi una breve pausa ed evocò del cibo - dei dolcetti per la precisione - e del tè per accompagnarlo. Se ne versò una tazza e poi prese un dolcetto dal piatto, addentandolo voracemente.
Si rilassò contro lo schienale e socchiuse gli occhi, crogiolandosi in quella piccola vittoria.
Fece sparire in fretta il primo dolcetto e si sporse a prenderne un altro quando il suo udito, avvezzo a percepire i rumori inerenti la magia, captò un lieve crepitio nell’aria alle sue spalle.
Spostò la sedia per vedere chi fosse l’ospite inatteso che osava violare così spudoratamente la sua privacy. Una parte di lui sperava che fosse Jaina, tornata dopo essersi avveduta che il ritorno dell’Orda a Dalaran fosse l’unica scelta sensata per avere una chance di farcela contro le forze della Legione.
Rimase in attesa col fiato sospeso e un dolcetto saldamente stretto tra i denti a fissare il punto in cui l’aria pareva pulsare per l’energia magica di chiunque stesse cercando di teletrasportarsi là dentro.
Rimase profondamente colpito quando si trovò dinanzi non la familiare figura minuta dell’Arcimaga Jaina Proudmoore bensì quella un poco più corpulenta ma decisamente più slanciata del Telemante Oculeth.
Da quando aveva consumato uno dei frutti dell’Arcan’dor che era stato fatto crescere a Shal’aran aveva un aspetto decisamente migliore, più sano e florido. Aveva persino recuperato dei vestiti da Elfo Scuro; infatti aveva un aspetto più intellettuale. Tra le braccia reggeva alcuni libri pieni zeppi di fogli infilati tra le pagine, nonché pergamene di note rilegate a mano.
Il Telemante rimase fermo dove si trovava per qualche istante, per ambientarsi un poco, poi si guardò intorno per accertarsi di essere giunto nel posto giusto. Fu così che si trovò davanti la scena di un Arcimago Khadgar - che a Suramar gli aveva dato l’idea di una persona seria seppur un poco eccentrica - seduto in una grossa sedia dallo schienale alto e rigido che lo fissava attonito con i suoi cristallini occhi azzurri sgranati trattenendo un dolcetto grosso poco più della sua bocca tra i denti e una tazza di tè fumante tra le mani.
In stridente contrasto con quella parodia di comportamento aristocratico c’erano le condizioni generali del suo aspetto. Sembrava che si fosse rotolato in un caminetto spento che non veniva pulito da mesi.
«Uhm… buon pomeriggio, Arcimago Khadgar…» salutò con goffa formalità Oculeth, non sapendo bene come comportarsi. Aveva decisamente scelto il momento sbagliato per recarsi da lui.
L’Umano si tolse il dolcetto dalla bocca e masticò vigorosamente.
«Telemante Oculeth!» esclamò di rimando una volta deglutito il boccone. Si alzò in piedi e posò la tazzina di tè sul tavolo, in mezzo ad alambicchi pieni di liquidi colorati, fogli più o meno scarabocchiati e ciotole contenenti i materiali più disparati, quindi andò verso il suo ospite.
«Salve, salve! Per favore, chiamami solo Khadgar. “Arcimago” mi fa sentire vecchio…» disse con voce gioviale, poi si interruppe brevemente e ridacchiò «E come puoi vedere da solo, non ne ho bisogno».
Oculeth accennò un sorriso.
«Allora tu chiamami soltanto Oculeth» replicò l’Elfo Scuro per contro, poi gli mostrò il fardello tra le sue braccia «Ti ho portato quegli appunti sulla Telemanzia di cui avevamo parlato a Suramar…».
Khadgar gli andò incontro e lo aiutò a scaricare i libri sulla sua scrivania. Per qualche strana ragione Oculeth gli pareva troppo poco prestante, fisicamente parlando. Sembrava fare una fatica enorme a trasportare quei pochi libri che aveva tra le braccia.
«Bene, grazie mille! Sono certo che mi saranno molto utili» disse l’Arcimago, appoggiando i volumi sul tavolo.
Oculeth lo raggiunse e fece altrettanto, poi iniziò ad esaminare gli alambicchi e il resto, mosso dalla naturale curiosità che animava tutti gli studiosi.
«Potrei rimanere ed aiutarti a leggerli o discuterli...» esclamò quasi per caso, lo sguardo impegnato ad analizzare gli ingredienti raccolti da Khadgar sul tavolo. Si soffermò solo quando notò la fine polvere azzurro brillante in uno dei contenitori. I suoi occhi si allargarono leggermente, come se avesse appena visto qualcosa di incredibile.
«Perché no? Sarebbe una bella conversazione da fare, ma adesso sono impegnato...» disse l’Arcimago, girandosi verso il suo ospite.
«Stai studiando la Rosa Lucestellare?» chiese Oculeth bruscamente, interrompendo il discorso.
«Le proprietà di quella pianta mi affascinano» rivelò Khadgar con un pizzico di entusiasmo. Si allungò e prese la sua preziosa ampolla per il lungo collo stretto, la sollevò e la portò dinanzi alla faccia del Telemante. Cautamente la agitò un poco, per smuoverne il contenuto. Il liquido continuò a rimanere inerte all’interno, riflettendo sui corpuscoli brillanti la luce diffusa in tutto l’ufficio del suo creatore.
«Sono riuscito a trovare una miscela di Rosa Lucestellare con altri reagenti provenienti da tutta Azeroth che non è ancora esplosa!» disse. Il suo entusiasmo era leggermente inquietante.
Oculeth lo guardò come se non fosse completamente certo riguardo la sua sanità mentale, poi pose la fatidica domanda: «È meraviglioso, sì… ma cosa fa?».
La gioia di Khadgar si sgonfiò subito.
«Non lo so ancora...» sbuffò con tono affranto «Devo testarlo...».
Oculeth gli prese l’ampolla dalla mano e andò verso una finestra. Aprì un’anta e rovesciò un po' del liquido su una delle piante che si trovavano nei vasi sul davanzale.
Non accadde niente. La pianta rimase vitale e il fiore mantenne il suo bel colore porpora intenso.
Khadgar gli si avventò addosso con palese angoscia. Oculeth rischiò per un istante di finire fuori della finestra insieme all’alambicco che teneva in mano.
«Fermo! Cosa fai?! Lo vuoi buttare? Con tutta la fatica che ho...»
«Lo provavo sui tuoi fiori» lo interruppe il Telemante in tono pacato e perfettamente controllato.
Khadgar passò lo sguardo dai suoi vasi di fiori all’Elfo Scuro dinanzi a lui e poi rilassò la postura di colpo.
«Oh...» replicò banalmente, a disagio per la figura che aveva appena fatto. Non era certamente sua intenzione insinuare che Oculeth potesse essere talmente indegno di fiducia da buttare tutto quanto il suo lavoro dalla finestra.
«Ma non fa niente» puntualizzò Oculeth, stringendosi leggermente nelle spalle esili «Forse… deve essere ingerita» ponderò a voce alta.
Khadgar riconobbe il tono nella sua voce. Era quel tipico timbro che aveva sentito anche nella sua quando aveva deciso di sperimentare strategie e manufatti magici sui poveri avventurieri che avevano condotto su Draenor la campagna contro l’Orda di Ferro di Garrosh, rischiando in più di un’occasione di ucciderli.
Effettivamente era una cosa comprensibile: Oculeth era anche lui un uomo - o meglio un Elfo - cui piaceva fare esperimenti di magia. La sua curiosità era dello stesso stampo della sua.
Improvvisamente si ritrovò a condividere un po' del brivido per la sperimentazione di Oculeth.
Un sorriso molto simile ad un ghigno carico di aspettative si dipinse sul volto dell’Arcimago mentre esclamava: «Avevi in mente qualcosa di particolare?».
Il Telemante captò senza difficoltà il tono complice della domanda.
«Non pare essere una miscela velenosa…» fece un cenno verso i fiori alle sue spalle «Potremmo provare a vedere cosa succede bevendone un po'...».
La proposta colpì a fondo l’obiettivo: Khadgar non si sentiva così vivo e desideroso di provare cose nuove da moltissimo tempo. L’adrenalina gli scorreva a fiumi in corpo all’idea di utilizzare se stesso e Oculeth come cavie per il suo ritrovato. Gli avventurieri di Draenor erano sopravvissuti a cose ben peggiori, di certo una mistura pseudo-alchemica di fiori e altri ingredienti non velenosi non avrebbe potuto essere poi così pericolosa.
«Lo proviamo col tè» esclamò deciso l’Arcimago, tornando verso la scrivania. Evocò una seconda tazzina e la riempì di tè, quindi se ne servì altro per sé.
Andò a prendere anche un’altra sedia da un angolo della stanza e l’avvicinò al tavolo, quindi fece cenno ad Oculeth di accomodarsi.
L’Elfo Scuro si avvicinò e si sedette accanto a Khadgar, ruotando leggermente la sedia in maniera tale da guardarlo.
«Sicuro di volerlo fare?» domandò l’Umano «Non sei tenuto a farlo, visto che è il mio lavoro...».
L’Elfo Scuro scosse piano la testa.
«Sono curioso di partecipare a questo esperimento. Non ho mai prestato molta attenzione alle proprietà di flora e fauna di Suramar...» spiegò, sollevando l’ampolla e versando un poco del contenuto nella sua tazza e poi in quella di Khadgar.
Il colore ambrato del tè mutò leggermente, divenendo leggermente violaceo man mano che la miscela si spandeva nella bevanda.
Entrambi mescolarono per bene il tutto.
Khadgar non stava più nella pelle per la curiosità. Agitò il suo tè corretto rapidamente, poi mise da parte il cucchiaino e attese che anche Oculeth fosse pronto.
Una volta che ebbe fatto anche lui, i due presero le rispettive tazzine e si scambiarono un’occhiata d’intesa.
La tensione che aleggiava intorno a loro era palpabile. Sollevarono le fragili stoviglie e Khadgar esclamò: «Cin-cin!».
Brindarono e bevvero tutto d’un fiato. Per fortuna il volume di tè non era molto: il sapore era disgustoso. Khadgar riuscì a buttarlo giù per mero sforzo di volontà e una volta deglutito ebbe diversi conati di vomito che per sua fortuna non riuscirono a stimolargli il rigetto vero e proprio.
Anche Oculeth era disgustato, ma non lo manifestò in maniera così palese, nonostante gli sembrasse di aver appena ingoiato acqua sporca di terriccio, erba e sassi. Era nella sua natura cercare di rimanere il più composto possibile in qualunque situazione.
«Siamo ancora vivi» commentò il Telemante, osservando l’Arcimago che per togliersi l’orribile sapore dalla bocca si stava ingozzando di dolcetti.
«Non sta facendo nessun effetto… a parte lasciare un terribile sentore di terriccio in bocca» replicò stizzito Khadgar, prima di addentare un altro pasticcino. Non era mai stato così contento di essere in grado di evocare del cibo come in quel momento.
«Forse si deve aspettare un po'...» fece presente Oculeth.
L’altro sbuffò irritato.
«O forse è stato solo un ennesimo buco nell’acqua… ma senza esplosioni» brontolò, poi scosse il capo e si alzò in piedi «Hai ancora voglia di rimanere per quel famoso scambio di appunti?» chiese in tono amareggiato.
Oculeth poteva capire più di chiunque altro il sentimento di delusione e frustrazione che seguiva una sperimentazione fallimentare.
«Naturalmente» rispose il Telemante. Non aveva niente di meglio da fare a Suramar per il momento ed era certo che a Khadgar non potesse fare che bene avere un po' di compagnia finché il suo umore non fosse migliorato.
Con espressione cupa l'Arcimago andò a recuperare i suoi appunti sul teletrasporto nelle Isole Disperse e tornò al tavolo, quindi si misero all’opera.
Fu chiaro sin da subito che qualcosa non andava: Khadgar faceva un sacco di fatica a concentrarsi sul discorso, ma attribuì la cosa alla delusione profonda che aveva appena avuto, specialmente perché Oculeth non sembrava manifestare nessun “sintomo” simile al suo.
Dopo poco però alla scarsa concentrazione si accompagnò una calura crescente, e stavolta anche Oculeth diede chiaro segno di percepirla.
«Fa caldo, eh?» esclamò Khadgar con un sorrisetto tirato ed imbarazzato insieme.
«Non sono abituato a sentirmi così accaldato… il clima di Suramar è sempre stato piuttosto mite» ammise Oculeth, aprendosi il gilet e i primi bottoni della camicia sottostante.
Casualmente lo sguardo di Khadgar cadde sul breve scorcio del petto violaceo di Oculeth e l’Umano si ritrovò a chiedersi quanto potesse essere liscia al tatto la sua pelle.
Scosse con vigore la testa, imbarazzato dal tenore dei suoi pensieri, e scattò in piedi. L’Elfo Scuro lo guardò con cipiglio perplesso.
Ritrovandosi in piedi senza nessuna ragione apparente, l’Arcimago passò rapidamente in rassegna i dintorni alla ricerca di una scusa plausibile per il suo gesto.
«Ehm… a-apro un po' la finestra, okay?» disse, allontanandosi rapidamente verso la parete della stanza dotata di finestre.
Oculeth lo seguì con lo sguardo, rimanendo in silenzio.
Khadgar si sentiva come se fosse stato rinchiuso in una stanza piena d’acqua con Ragnaros in persona e non era una reazione per niente normale. Il suo abbigliamento non era così pesante.
Aprì la finestra e si affacciò per riprendersi un momento, ma l’aria fresca all’ombra della Cittadella Violacea di Dalaran non lo aiutò minimamente.
Si ritrasse e tornò al tavolo assieme al suo ospite, che si stava agitando nervosamente sulla sedia.
«Qualche problema?» domandò Khadgar, rimettendosi seduto. Nel farlo sobbalzò leggermente, assumendo un cipiglio imbarazzato e stupito insieme: non si era accorto di essersi eccitato fino ad allora, che sedendosi aveva tirato gli abiti in maniera da premere in particolare in quel punto. La sua erezione era oltretutto già grossa, più di quanto fosse mai stata prima di allora - o forse era semplicemente una sua impressione visto che c’era la concreta possibilità che Oculeth la notasse.
L’Elfo Scuro si servì altro tè e bevve guardando altrove, cosa che fece anche Khadgar, anche se con gestualità molto meno naturale.
La sua erezione iniziò a dargli un fastidio che cresceva di pari passo con la sua incapacità di rimanere fermo e seduto.
Dovette alzarsi di nuovo due volte e andare ad aprire altre finestre. Il suo disagio stava diventando sempre più forte, quasi eccessivo.
Oculeth dal canto suo dava segno di insofferenza nel rimanere seduto in maniera molto meno plateale. Continuava a bere febbrilmente tè.
La loro discussione riguardo i teletrasporti non proseguì molto in quelle condizioni: ciascuno di loro trovava sempre una qualche scusa per interrompere.
Erano trascorse appena un paio di ore e Khadgar era sul punto di esplodere. Era doloroso ignorare un’erezione come quella che aveva in quel momento. Desiderava così tanto potersene occupare, ma con Oculeth lì non poteva certamente farlo.
All’improvviso quest’ultimo si alzò in piedi e chiese: «Dove… si trova il bagno?».
L’Arcimago gli fece un cenno verso la porta con la mano.
«È in fondo al corridoio, sulla destra» gli indicò, poi lo seguì con gli occhi mentre si allontanava.
Non appena ebbe varcato la porta richiudendosela alle spalle, Khadgar scattò in piedi come se fosse una molla. Sollevò la tunica e calò le braghe sottostanti, quindi si afferrò il pene turgido con un moto di sollievo. Si abbandonò contro l’alto schienale della sua sedia, divaricando le gambe, e cominciò a masturbarsi di buona lena.
Adesso era assolutamente certo del fatto che la sua erezione fosse decisamente sovradimensionata rispetto al solito, ma non poteva farci granché.
Si chiese perché fosse arrivato ad un simile punto, a masturbarsi di nascosto con Oculeth nei paraggi. Che fosse invaghito a sua stessa insaputa del Telemante…? L’idea lo sfiorava per la prima volta.
Era talmente immerso nei suoi pensieri e nel piacere che si stava dando da non accorgersi neanche del fatto che il suo ospite era tornato.
«Oh…» commentò quest’ultimo a voce abbastanza alta da attirare l’attenzione di Khadgar, il quale si affrettò ad alzarsi per far calare di nuovo la tunica. Purtroppo per lui, le braghe calate erano ancora chiaramente visibili, così come vistoso era anche il profilo della sua erezione da sotto il tessuto.
«Oculeth…!» esclamò con aria colpevole, le guance letteralmente in fiamme per l’imbarazzo.
Non pensava che ci avrebbe messo così poco, non con tutto il tè che aveva bevuto.
Notò subito che nei pantaloni dell’Elfo Scuro, all’altezza del cavallo, si trovava un rigonfiamento non indifferente e che non poteva essere frainteso in alcuna maniera.
Prima di riuscire a controllarsi, l’Arcimago disse: «Anche tu sei duro!».
Il Telemante sobbalzò leggermente per la schiettezza delle sue parole. Non era abituato a modi simili. Gli Elfi Scuri erano una razza molto più… riservata rispetto a quelle più giovani, come quella di Khadgar.
Si guardarono reciprocamente e solo con alcuni secondi di ritardo l’Umano disse: «N-no, cioè…».
«È imbarazzante» disse subito dopo, grattandosi la testa «Non… riuscivo più a resistere così…».
«In effetti è fastidioso… sì» commentò Oculeth «Un effetto collaterale del tutto inatteso… e non è neanche il solo…».
Khadgar lo guardò per qualche istante, attonito, prima di riuscire a comprendere a fondo le sue parole. Sgranò gli occhi.
«La pozione!» esclamò, collegando solo allora gli strani “sintomi” che aveva avuto nelle ultime ore «Ha funzionato!» urlò subito dopo, euforico, saltellando sul posto con entusiasmo infantile.
Oculeth lo guardò perplesso, meravigliato dalla sua reazione. Khadgar se ne avvide, perché subito cercò di mitigare il suo atteggiamento.
«Ehm… cioè, sì… ovviamente ha funzionato, era l’unica miscela stabile…» si corresse.
«Ma ora abbiamo un problema» fece presente il Telemante. Era davvero un tipo eccentrico quel Khadgar.
Quest’ultimo gli rivolse sorprendentemente un sogghigno sghembo e l’espressione tipica di chi sapeva qualcosa che a lui sfuggiva.
«Fino ad un certo punto. Possiamo comunque occuparcene… sempre che tu voglia… insieme» esclamò a mo’ di spiegazione, dondolando leggermente sul posto. Sembrava stare facendo uno sforzo enorme per rimanere fermo dove si trovava.
Oculeth rimase dov’era, senza rispondere. Doveva ammettere che l’idea non lo aveva nemmeno sfiorato fino ad allora; tuttavia, non poteva negare che Khadgar fosse un Umano col quale si trovava molto in sintonia. Forse avrebbe potuto rivelarsi molto piacevole anche fare altre cose insieme; inoltre, era l’unico che sapeva esattamente cosa stesse provando in quel momento e di conseguenza di cosa avesse bisogno per sentirsi meglio.
«Sì» rispose semplicemente dopo qualche secondo. Bastò quell’unica parola ad annullare qualsiasi riserva da parte di Khadgar.
L’Arcimago sfilò le braghe ancora abbassate e marciò verso il Telemante, lo ghermì con entrambe le mani per i fianchi e lo attirò contro di sé. La vittima fece per gemere ma l’altro prontamente lo zittì con un bacio passionale e fervente, tale da togliere il fiato.
Khadgar lo ruotò sul posto e lo mise seduto su una delle due sedie, quindi si sedette a cavalcioni sopra di lui sfregandosi contro il suo inguine con urgenza e continuando a baciarlo.
Entrambi riuscivano a sentire alla perfezione la portata dell’erezione dell’altro ed anche la necessità di spogliarsi quanto prima. Stavano surriscaldandosi.
Oculeth mosse febbrilmente le mani lungo la schiena dell’Arcimago, scendendo verso il bordo della sua tunica, che cercò di alzare nonostante fosse incastrata sotto il posteriore del suo compagno. Dopo alcuni strattoni lasciò perdere e cercò piuttosto di alzarsi in piedi, nonostante fosse in chiaro svantaggio fisico. Fortunatamente l’Arcimago capì al volo le sue intenzioni, perché si alzò e lo trascinò in piedi afferrandolo per la camicia, continuando a baciarlo e muovendosi spingendolo verso un lato della stanza.
Le sue dita gli aprirono la camicia mentre si muovevano e l’Elfo Scuro gemette piano. Sentivano entrambi il fervente bisogno di muoversi oltre che di dare sfogo ai loro istinti sessuali.
Il Telemante si sfilò la camicia ormai completamente aperta e la lasciò cadere a terra insieme al suo panciotto smanicato.
Arretrarono rapidamente verso la parete e Khadgar intrappolò il suo ospite tra il suo corpo e la porta-finestra che dava sul suo stretto balcone.
Oculeth sfuggì al suo rinnovato assalto di baci e si chinò per prendere l’estremità inferiore della sua tunica e tirarla su con uno strattone. Sotto Khadgar era nudo, fatta eccezione ovviamente per le calzature.
L’Umano si svicolò dal fastidioso ingombro, lasciando l’indumento tra le mani del suo compagno. La sua erezione nuda pareva ancora più impressionante che non al tatto.
Khadgar sogghignò e si avvicinò nuovamente a Oculeth. Tolse di mezzo la metà inferiore dei suoi abiti, che ancora li intralciavano. Completamente nudi ad eccezione delle scarpe, Khadgar tornò ad incalzare con rinnovato vigore Oculeth. Si strofinarono con urgenza e poi l’Umano lo strinse e sollevò facendo perno sulla porta-finestra. Lo Shal’dorei si aggrappò con entrambe le gambe ai fianchi asciutti dell’Arcimago, trattenendosi sollevato ad un’altezza tale da riuscire a sentire la cima dell’erezione di quest’ultimo che gli premeva contro una chiappa.
«Posso entrare?» domandò Khadgar a fior di labbra a Oculeth. I loro visi erano così vicini che potevano sentire i respiri l’uno dell’altro sulla pelle.
«Mi pare inutile chiederlo a questo punto» soffiò il Telemante con tono impaziente, muovendosi per andare incontro alla sua erezione. Il vetro dietro la sua schiena era piacevolmente fresco e anche piuttosto scomodo a causa dell’intelaiatura a rete in rilievo della porta-finestra.
Khadgar utilizzò una delle mani per guidare la sua erezione all’interno dell’orifizio anale del suo partner. Cercò di essere delicato ma era impaziente tanto quanto Oculeth e finì con l’essere piuttosto brusco.
Lo Shal’dorei gemette rumorosamente, aggrappandosi ai capelli dell’Umano con presa forte, come se stesse cercando di strapparglieli.
L’altro cominciò a muoversi dentro di lui con movimenti rapidi. La porta-finestra cigolò leggermente sotto i colpi di bacino dell’Arcimago, ma resse al suo impeto crescente.
Il fondoschiena di Oculeth bruciava ad ogni affondo; ciononostante se la stava godendo parecchio. Gli sarebbe solamente piaciuto che Khadgar prestasse un po' di attenzioni anche alla sua erezione e non solo al suo culo. Cercò di fare da solo, infilando una mano tra i loro corpi e masturbandosi lentamente a causa della posizione decisamente scomoda.
Khadgar mugolava senza tregua, appagato dal suo continuo uscire e rientrare nel fondoschiena del suo partner. Gli stava piacendo enormemente, più di quanto avesse mai potuto immaginare e ne voleva sempre di più. Non si sarebbe mai fermato.
Stavano entrambi sudando e i loro gemiti riempivano la stanza altrimenti silenziosa.
Il Telemante riuscì contro ogni sua più rosea aspettativa a venire prima dell’altro, schizzando abbondantemente di sperma il suo torace nudo, eppure aveva ancora desiderio di appagare i suoi bassi istinti.
Khadgar era talmente teso e bramoso di arrivare all’orgasmo che stava quasi tremando. Doveva sfogarsi o temeva che sarebbe esploso.
Era ormai prossimo, lo sentiva, gli sarebbe occorso solo qualche altro affondo. Prese a mugolare con maggiore enfasi quando improvvisamente si udirono dei forti colpi alla porta.
I riflessi di Oculeth furono più pronti di quelli dell’Arcimago, che si ritrovò con la bocca provvidenzialmente tappata prima che riuscisse a farsi scoprire. Le grida accorate di frustrazione gli morirono in gola, soffocate da quella mano premuta con forza sulla metà inferiore della sua faccia. A dispetto delle apparenze, Oculeth aveva una non indifferente forza nelle braccia.
I colpi alla porta si ripeterono con più forza e urgenza e dall’altra parte si udì una voce maschile ovattata che esclamava: «Dannazione, Khadgar! Apri! Lo so che ci sei».
I due amanti si scambiarono un’occhiata complice. Il diretto interessato riconobbe la voce dell’Arcimago Vargoth e immediatamente si sfilò da Oculeth - nonostante ciò lo lasciasse frustrato e pienamente insoddisfatto - lasciandolo scendere.
Gli fece cenno di stare zitto mentre si allontanava da lui. Raccolse la tunica strada facendo e se la mise ignorando lo sperma che aveva addosso e che sicuramente l’avrebbe imbrattata. Nelle sue attuali condizioni avrebbe comunque dovuto lavarla.
Una volta indossata si teletrasportò alla porta, la quale fu vittima di un nuovo brusco assalto da parte del visitatore.
Khadgar si concesse solo un istante per guardare verso Oculeth - che si era acquattato e stava andando a nascondersi sotto il tavolo ricoperto da una lunga tovaglia del viola simbolo del Kirin Tor - prima di aprire e sporgersi per metà.
Si costrinse ad assumere un’espressione di naturale stupore e ricacciare indietro la rabbia per la spiacevole interruzione da parte di Vargoth.
«Arcimago Vargoth! Spero non siate latore di cattive notizie...» disse. A lui stesso risultava evidente quanto fosse forzato il suo tono di voce.
Vargoth a quanto sembrava non se ne era reso conto, perché proseguì comunicando il suo messaggio: «Meryl Felstorm sembra aver contratto una strana malattia. Ti aspetta insieme agli altri maghi alle Sale dei Guardiani».
Dal tono risultava palese che fosse scocciato dal fatto di fare il messaggero, ma Khadgar non vi diede troppo peso: poche erano le cose che incontravano l’approvazione di Vargoth.
La richiesta non poteva capitare in un momento meno indicato di quello.
«Mi recherò da Meryl non appena avrò terminato il mio… esperimento» rispose l’albino annuendo «Non ci vorrà molto».
Vargoth sbuffò pesantemente, poi scrollò le spalle e fece dietrofront per andarsene. Khadgar lo sentì distintamente borbottare: «Tutti questi esperimenti… bah… nemmeno fosse un Gnomo…!».
Khadgar scosse leggermente il capo e poi richiuse la porta, tornando verso il centro della stanza.
«Oculeth? Esci fuori…» chiamò, avvicinandosi al tavolo, ma non ottenne alcuna risposta. Si piegò a controllare sotto la tovaglia e scoprì con stupore che il Telemante non si trovava più là sotto.
«Eppure l’ho visto sgattaiolare qui...» mormorò tra sé Khadgar, rialzandosi e guardandosi intorno. Non c’erano altri posti in cui potesse essere andato a nascondersi.
«Oculeth?!» chiamò di nuovo, aggirando il tavolo lentamente. Di nuovo non ottenne risposta.
Corrugò le sopracciglia in un’espressione piuttosto contrariata mentre notava che gli abiti del suo ospite, proprio come lui, erano spariti.
L’Arcimago si accasciò sospirando pesantemente su una sedia e solo allora notò un foglietto scarabocchiato in fretta e furia appoggiato contro l’ampolla contenente il suo nuovo e portentoso afrodisiaco.
La grafia era quella del Telemante, ne era certo, e l’appunto recitava: “È stato bello sperimentare la tua nuova pozione insieme, spero che potremo svolgere altri test in futuro; almeno per il momento però dovremmo concentrarci sui nostri altri doveri. Oculeth - P.S: con il primo orgasmo l’effetto della pozione termina.”.
Ciò spiegava come aveva fatto lo Shal’dorei ad andarsene con tanta nonchalance mentre lui ancora fremeva di lussuria repressa e frustrazione. Almeno però aveva ammesso che la cosa gli era piaciuta, una confessione che non aveva lasciato indifferente l’Umano.
«Se solo Vargoth fosse arrivato pochi minuti più tardi…!» ringhiò irritato quest’ultimo, sbattendo un pugno sul tavolo con tanta forza da far tintinnare i suoi preziosi alambicchi.
Gli sarebbe piaciuto poter terminare l’effetto dell’afrodisiaco con Oculeth, e invece erano stati interrotti sul più bello. La sua rabbia cedette ben presto il passo alla rassegnazione: Khadgar non era il tipo di uomo che si lasciava facilmente sopraffare dall’ira.
Si sollevò la tunica per la seconda volta, sistemò meglio la postura e mestamente si accinse a terminare da solo ciò che lui e Oculeth avevano cominciato insieme.