fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: A mali estremi, estremi rimedi
Rating: Rosso
Genere: Demenziale, Erotico
Personaggi: Seer Liwatha, Thrall, Vol'jin
Wordcount: 7530 ([community profile] fiumidiparole)
Timeline: Ambientata durante Vanilla!WoW.
Note: Blowjob, Het, Lactation Kink, Lemon
«È già ora di pranzo?!» gemette colto da un momento di panico «Come ho fatto a dormire così tanto?! Di solito mi sveglio presto…!».
«Non hai detto di aver fatto tardi per questi?» Eitrigg si era spostato vicino alla scrivania e aveva preso un pacco di pergamene.
Thrall stava cercando di sistemarsi i capelli disperatamente.
«Ah... giusto» liquidò la questione in fretta «Va bene, ora sono sveglio e devo prepararmi. Vai pure e di’ a tutti che arriverò tra poco, per favore».
«Cairne e suo figlio sono già arrivati. Li faccio sistemare nella Valle della Forza con gli altri cittadini mentre aspettano?» domandò Eitrigg.
Thrall lo guardò con aria incredula.
«S-sono già qui? Sì, sì! Falli sistemare in città… oh, per gli Antenati, devo sbrigarmi!».


Orgrimmar era in fermento come non accadeva da molto tempo. Vol’jin si era abituato a bazzicare per le strade della città in costante sviluppo e osservare Orchi, Troll, Non Morti e Tauren che attendevano alle loro faccende quotidiane in una routine serena e confortante. Adesso i cittadini erano tutti intenti a contribuire ai preparativi per la festa che si sarebbe tenuta l’indomani nella capitale, indetta dal Capoguerra Thrall in persona.
Benché Vol’jin avesse chiesto delucidazioni in merito a quella sua decisione al diretto interessato, l’Orco non gli aveva fornito di fatto alcuna vera motivazione. La festa ci sarebbe stata semplicemente per intrattenere e rallegrare i cittadini di Orgrimmar e per qualsiasi ospite dell’Orda avesse raggiunto in tempo la città.
«Nun teniamo nemmeno na piazza vera dove riunire tutti…» brontolò tra sé il capo dei Lanciascura mentre attraversava lo spiazzo principale della città, subito oltre il cancello anteriore - che altro non era che un punto di snodo per gli svariati sentieri acciottolati che portavano nel resto della città.
Qui molti Peoni - sorvegliati a vista dai Grunt - erano al lavoro per costruire rozzi tavoli di legno per il pranzo dell’indomani.
Vol’jin superò la zona di lavoro in silenzio, passando del tutto inosservato. Del resto, essere un Cacciatore dell’Ombra era anche questo. Imboccò la strada che aggirava le due torri centrali e si diresse verso Varcolargo: non aveva ancora voglia di tornare al Mastio Grommash. Durante la sua passeggiata vide altri cittadini di Orgrimmar e i negozianti di varie attività affaccendarsi per preparare la città alla festa. Sembravano tutti contenti per l’evento, ma Vol’jin era più avvezzo che mai a cogliere il malcontento che serpeggiava silente al di sotto delle apparenze e non gli fu molto difficile riuscire a cogliere stralci di conversazioni di alcuni Orchi che avevano di che lamentarsi nei riguardi di Thrall.
Per il Troll ovviamente non era una novità: difficilmente un capo e i suoi metodi sarebbero risultati ben graditi a tutto il popolo, e vista la frequenza con cui usciva a passeggiare per Orgrimmar era naturale che fosse incappato in certi discorsi, specialmente visto il suo naturale talento a passare inosservato. Persino Thrall stesso era al corrente della presenza in città di una piccola percentuale di popolazione che gli era in certa misura ostile, anche se non sembrava preoccuparsene più di tanto.
Quel che dava da pensare davvero a Vol’jin era il tenore di certi discorsi: buona parte di coloro che aveva sentito lamentarsi del Capoguerra non protestavano per la sua politica di comando - pur essendo gli Orchi una razza piuttosto guerrafondaia avere un po’ di pace non era cosa che disdegnassero così tanto - quanto piuttosto per il suo modo di essere. In effetti, Thrall aveva ben poco dei tipici atteggiamenti da Orco, cominciando dalla sua postura completamente eretta e arrivando fino al suo palesemente superiore grado di istruzione, passando per la “buona educazione” che gli avevano inculcato gli Umani fin da bambino e che non aveva mai smesso di mettere in pratica.
Quel tipo di critiche erano quelle delle quali Vol’jin non riusciva a parlare con Thrall, semplicemente perché pensava che discuterne non sarebbe servito a cambiare le cose. Piuttosto sarebbe stato più utile un intervento drastico che mettesse davvero il Capoguerra di fronte a quella “spaccatura” tra i suoi simili e lui; tuttavia - e almeno per questo era identico a tutti gli altri Orchi - Thrall era di una testardaggine impareggiabile, per cui anche essere messo semplicemente dinanzi alla cosa non era una garanzia che si sarebbe impegnato a sanare le sue mancanze in tal senso.
Eppure, col passare del tempo, Vol’jin aveva sentito sempre più diffusamente quel tipo di lamentela tra i cittadini di Orgrimmar. Di recente non sentiva parlare quasi di altro tra i sussurri che le malelingue e i guerrafondai più accaniti si scambiavano nella Spelonca delle Ombre o nelle locande. Probabilmente sarebbe stato solo questione di tempo prima che qualcuno proponesse una ribellione e la pace che Thrall aveva portato nell’Orda andasse in frantumi come vetro.
Era contento di essere al corrente dell’umore generale del popolo, però lo sarebbe stato ancora di più se fosse stato per lui possibile usare le sue informazioni per migliorare la situazione prima che degenerasse.
«Ma che posso fare? Chella capa dura di Thrall nun vorrà sentire ragione...» rifletté tra sé mentre attraversava l’enorme cancello sorvegliato da Grunt che portava al Mastio Grommash, la sede del comando di Thrall.
Le guardie gli rivolsero appena un cenno di saluto col capo, ma Vol’jin era troppo impegnato a pensare per badare a certe piccolezze.
«Tengo ‘o dovere d’agire. ‘O Capoguerra deve diventare nu vero Orco… ma tengo bisogno di un’idea buona assai per trasformarlo accussì tanto, forse di nu miracolo vero e proprio» continuò a ponderare il Troll.
Non essendo lui stesso un Orco, non aveva idea di cosa servisse per essere riconosciuto effettivamente come uno di loro.
Il capo dei Lanciascura entrò nel Mastio Grommash salendo lentamente le scale e si fermò nell’ingresso, una piccola stanza circolare dove si trovavano alcuni istruttori e guardie. Tra i primi si annoveravano sostanzialmente gli istruttori per gli sciamani in erba, che in quel momento erano seduti in cerchio in un angolo ed erano intenti a bere e mangiare.
Tra di loro c’era anche un’Orchessa, tale Kardris Dreamseeker - Vol’jin aveva preso familiarità con quasi tutti gli abitanti del Mastio, per praticità - che in quel preciso frangente stava bevendo qualcosa da un grosso boccale di peltro. Insieme a lei si trovavano due Troll - un maschio e una femmina - e anche un massiccio Tauren dal pelo scuro.
Vol’jin rimase fermo poco oltre l’ingresso del Mastio Grommash senza neanche accorgersene, fissando intensamente Kardris. Stava cercando di capire cosa fosse a renderla una vera Orchessa. Forse l’espressione arcigna? La pelle di un verde particolarmente brillante?
La sciamana non si era accorta di essere osservata e si comportava con estrema naturalezza. Quando abbassò il boccale si asciugò la bocca col dorso nudo della mano e si esibì in un rozzo e prolungato rutto che suscitò l’approvazione e l’ilarità dei suoi colleghi.
Il breve spettacolo diede di che pensare al Cacciatore dell’Ombra: che lui ricordasse, non aveva mai visto Thrall comportarsi con tanta spontaneità. Era sempre così composto, così pacato, così… educato. Che fosse quello ciò che gli mancava agli occhi degli altri Orchi? Non era abbastanza rozzo?
Forse era la soluzione al problema che lo tormentava, per quanto in apparenza risultasse stupida e banale. Non era niente di specifico su cui lavorare, però era pur sempre un inizio: avrebbe dovuto trovare la maniera di far diventare Thrall più rozzo, e visto che con le buone difficilmente avrebbe ottenuto dei risultati, era ovvio che doveva trovare delle vie traverse per riuscirci.
Per sua fortuna lui era un Troll ed era piuttosto pratico di rituali e intrugli vudù. Doveva esserci senz’altro qualche cosa che facesse al caso suo.
«Posso farcela! Tengo tempo a sufficienza per preparare chello che serve» ponderò risoluto e rinvigorito dal piano che stava sbocciando nella sua mente. Senza indugiare ulteriormente, fece dietrofront e tornò in città alla ricerca degli ingredienti necessari.

L’indomani mattina praticamente all’alba, il capo dei Lanciascura era già sveglio. Di solito tendeva a dormire poco, ma quel giorno in particolare la sua “sveglia biologica” impostata ad un’ora improponibile per i più gli risultò più utile che mai.
Vol’jin aveva lavorato per tutta la giornata al suo piano per salvaguardare la reputazione di Thrall. Si era recato presso numerosi negozi di Orgrimmar - specialmente all’interno della poco raccomandabile Spelonca delle Ombre - ed aveva messo insieme erbe, spezie ed altro seguendo minuziosamente i dettami dei riti vudù che si tramandavano gli alchimisti della sua tribù. Alla fine era riuscito a creare una polvere di una preoccupante varietà di colori che era sicuro avrebbe funzionato. Tutto ciò che doveva fare era assicurarsi che Thrall la ingerisse in qualche maniera e il suo ritrovato avrebbe fatto il resto da solo.
Mai come allora era stato contento di essere tra quelli più vicini al Capoguerra: in virtù della sua posizione sapeva per certo che alla festa Thrall non avrebbe mangiato lo stesso cibo degli altri cittadini, preparato dai locandieri di Orgrimmar, bensì il pranzo cucinato dal suo cuoco personale. Poteva sembrare una mancanza di rispetto, ma era una misura precauzionale presa per evitare che il Capoguerra fosse avvelenato.
Ironia della sorte, sarebbe stata proprio quella forma di protezione a consentire a Vol’jin di “correggere” soltanto il cibo che avrebbe mangiato Thrall, riservando a lui solo gli effetti della sua mistura. Seppur innocua per la sua salute, era comunque un’adulterazione del cibo del Capoguerra.
Il Troll scivolò fuori dal suo alloggio nel Mastio Grommash - situato ai piani superiori, vicino a quello di Thrall - e si avventurò nell’edificio silenziosamente. I Kor’kron che avevano fatto la guardia tutta la notte stavano dando il cambio a quelli che li avrebbero sostituiti per la mattina, per cui Vol’jin passò del tutto inosservato mentre si dirigeva verso i recessi sotterranei del Mastio, adibiti a cucina. Annesse alla sala principale - usata per la preparazione vera e propria del cibo - c’erano diverse dispense e una addirittura una cella frigorifera mantenuta magicamente. Nessuno che avesse fatto visita a quella parte del Mastio Grommash avrebbe potuto dire che il Capoguerra rischiava di morire di fame.
Già dalla tromba delle scale Vol’jin percepì distintamente l’aroma di cibo e sperò di non essere arrivato troppo tardi per mettere in atto il suo piano. Era impreparato all’eventualità che le pietanze fossero già in fase avanzata di preparazione.
Il Troll si nascose dietro lo stipite e rimase in ascolto per qualche momento: dall’interno sentì provenire lo scalpiccio di diversi piedi, poi dopo un poco udì anche una inconfondibile voce maschile e Goblin intimare ordini a diverse persone.
A quanto sembrava il cuoco personale di Thrall aveva impiegato l’intera squadra per il pranzo di quel giorno. Vol’jin abbozzò un sorrisetto divertito pensando alla mole di cibo che gli avrebbero messo davanti e alle proteste che il suo amico avrebbe imbastito più tardi contro il Goblin. In più di un’occasione si era lamentato persino con lui dell’eccessivo zelo del cuoco quando si trattava di ricevimenti importanti o feste.
Nonostante tutto, continuava a tenere il Goblin a lavorare lì e lui continuava a propinargli banchetti esagerati ogni qualvolta se ne presentava l’occasione. Doveva avere qualche capacità davvero particolare perché l’Orco non lo cacciasse via a calci per insubordinazione.
A lui era capitato di assaggiare qualcosa cucinato da lui. L’aveva trovato buono, ma niente di particolarmente eclatante.
Vol’jin si mosse rapidamente. Benché fosse un Troll - e quindi fosse alto più di due metri - e con una vistosissima cresta di capelli rosso vivo, sgusciò sotto uno dei tavoli ingombri di piatti in preparazione senza che neanche un Goblin riuscisse a notare la sua presenza. Forse i Loa lo stavano aiutando, dando silenziosamente il loro supporto alla sua causa. Forte di tale idea, il capo dei Lanciascura si fece strada strisciando sotto i tavoli fino a raggiungere quello nell’angolo più lontano della cucina, sul quale erano sistemati diversi contenitori di spezie.
A Thrall piaceva il cibo saporito e le spezie erano una delle cose che non mancavano mai nei suoi piatti, soprattutto la paprika. L’Orco impazziva letteralmente per l’aroma intenso ed il sapore forte della paprika. A Vol’jin disgustava proprio perché era troppo carico.
Appurato che i Goblin fossero tutti concentrati sui loro incarichi, l’intruso sgattaiolò fuori dal suo nascondiglio. Estrasse da un sacchettino appeso alla cintura un flaconcino del tutto identico a quello che conteneva la paprika - nel quale aveva messo la sua polvere magica - e lo scambiò, facendo scivolare nel sacchetto quello contenente la spezia.
Thrall non si sarebbe accorto di niente: si era premurato di aggiungere alla sua mistura anche un po’ di paprika.
Sogghignò con soddisfazione per la riuscita della prima parte della sua strategia, quindi tornò al riparo e attese che si liberasse la via per uscire dalla cucina.

«Thrall! Stai ancora dormendo?!».
Il Capoguerra udì dei colpi contro la porta della sta stanza. Mezzo addormentato alzò il capo dal cuscino, mugugnò qualcosa di incomprensibile e cercò di leccarsi via la striscia di saliva che gli cadeva sul mento dal lato della bocca. Tornò a dormire, russando rumorosamente.
Da fuori arrivarono altri colpi ma l’Orco stavolta li ignorò completamente.
La porta venne improvvisamente spalancata con un colpo secco e mandata a sbattere contro la parete retrostante e un vecchio Orco con la pelle scura e i capelli bianchi si fece avanti con aria irritata.
Thrall sobbalzò e si mise seduto girandosi per metà. Aveva i lunghi capelli neri sciolti e arruffati sulle spalle massicce e nude. La barba era ancora intrecciata ai due lati della faccia. Gli occhi erano gonfi di sonno e aveva una scia di saliva sul mento.
Il letto era un disastro, come se avesse fatto la guerra sotto le coperte.
Il Capoguerra aggrottò le sopracciglia, fissando la porta.
«Eitrigg…? Che ci fai qui…?» borbottò confuso «Se... sei qui per… le scartoffie...» s’interruppe e sbadigliò vistosamente, accennando con il capo alla scrivania in lontananza. Ciò detto tornò a dormire.
Eitrigg esalò un sospiro esasperato.
«Ci vorrebbe Drek’thar in certi momenti...» esclamò, avvicinandosi al letto del giovane Capoguerra.
Quest’ultimo si era disteso di nuovo prono e i capelli gli coprivano per intero la testa.
Eitrigg gli afferrò la coperta e la tirò giù, scoprendo Thrall fino ai piedi, facendolo girare di nuovo.
«Eitrigg… fammi dormire, per leggere quei documenti sono rimasto in piedi fino a tardi...» bofonchiò Thrall.
«Hai idea di che ore sono? La festa che hai organizzato sta per cominciare!» rispose Eitrigg.
Per qualche istante il Capoguerra rimase sdraiato supino, immobile, poi scattò seduto come una molla e fissò Eitrigg con aria allarmata.
«La festa! Mi ero dimen…! No, quanto manca?!» esclamò, balzando giù dal materasso.
«Non molto. I cittadini sono già riuniti davanti alla banca e i locandieri stanno finendo di preparare le portate per il pranzo» lo informò l’anziano Orco. Era suo dovere in quanto consigliere del Capoguerra tenerlo informato.
Thrall cercò di lisciarsi i capelli a mano, ma la situazione era troppo disperata perché ci riuscisse senza un pettine.
«È già ora di pranzo?!» gemette colto da un momento di panico «Come ho fatto a dormire così tanto?! Di solito mi sveglio presto…!».
«Non hai detto di aver fatto tardi per questi?» Eitrigg si era spostato vicino alla scrivania e aveva preso un pacco di pergamene.
Thrall stava cercando di sistemarsi i capelli disperatamente.
«Ah.. giusto» liquidò la questione in fretta «Va bene, ora sono sveglio e devo prepararmi. Vai pure e di’ a tutti che arriverò tra poco, per favore».
«Cairne e suo figlio sono già arrivato. Li faccio sistemare nella Valle della Forza con gli altri cittadini mentre aspettano?» domandò Eitrigg.
Thrall lo guardò con aria incredula.
«S-sono già qui? Sì, sì! Falli sistemare in città… oh, per gli Antenati, devo sbrigarmi!».
Il suo consigliere accennò un sorrisetto mentre replicava: «Sistemati e raggiungici». Poi se ne andò.
Thrall cercò di disciplinare i lunghi capelli ancora arruffati per poterli legare dietro la testa come al solito. Ci mise più di quanto gli sarebbe piaciuto e alla fine dovette indossare l’armatura “ereditata” da Orgrim di gran fretta per timore di fare troppo tardi. Ringraziò la sua previdenza per averla lucidata il giorno prima, senza aspettare l’ultimo momento, altrimenti a quel punto sarebbe stato impossibile riuscire a farcela e sarebbe dovuto andare a presenziare alla festa con l’armatura sporca.
Appena fu vestito uscì dalla sua stanza a passo svelto, quasi investendo i due Kor’kron che erano di guardia subito fuori. Si precipitò fuori dal Mastio Grommash e poi imboccò il sentiero che portava alla Valle della Forza seguito da alcuni Kor’kron che l’avevano pazientemente aspettato davanti all’ingresso del Mastio.
Arrivato a destinazione si rese conto che effettivamente mancava soltanto lui: i cittadini di Orgrimmar - che sembravano molti di più rispetto all’ultima volta che si erano riuniti tutti lì - erano già sistemati presso gli innumerevoli tavoli che erano stati montati e sistemati dinanzi al cancello principale della città appositamente per quell’occasione.
L’odore di cibo era talmente forte che Thrall si rese conto solo allora di essere digiuno dalla cena del giorno avanti, un quantitativo di ore decisamente alto per gli standard di qualunque Orco; tuttavia, vista l’abbondanza del banchetto che vedeva già predisposto al suo tavolo forse era meglio così.
Cairne e suo figlio Baine sedevano al tavolo immediatamente accanto al suo insieme a Vol’jin. I tre andavano particolarmente d’accordo e il Troll pareva aver preso in simpatia il giovane Bloodhoof.
Avrebbe volentieri condiviso con loro il banchetto che la sua squadra di cuochi Goblin aveva preparato e che - per l’ennesima volta - sembrava più adatto a sfamare una riunione di capi piuttosto che una singola persona. A dissuaderlo dal proposito era l’ormai radicata abitudine alimentare del Capoguerra che prevedeva di mangiare solamente carne che per il resto dell’Orda - ad eccezione forse dei soli Reietti - era da considerarsi bruciata e ormai da buttare.
La sola idea di mangiare della carne praticamente cruda lo ripugnava, cosa che invece piaceva molto a Cairne, Vol’jin e il resto degli abitanti di Orgrimmar.
Vedendolo arrivare dalla folla si levò un vero e proprio boato. Avrebbe dovuto essere abituato a simili dimostrazioni di entusiasmo, eppure non lo era. Si sentiva ancora piuttosto a disagio nel fare apparizioni in pubblico come quella. Era anche per questo che spesso e volentieri organizzava simili eventi, per poter prendere meglio confidenza con il suo ruolo di guida del popolo al di fuori di un campo di battaglia.
Cercando di celare al meglio delle sue possibilità il suo imbarazzo si avvicinò al suo tavolo e si fermò di fianco al suo scranno, alzando un pugno verso il cielo in segno di saluto. In molti lo imitarono.
Fatto ciò, Thrall prese fiato e cominciò a parlare.
Vol’jin ascoltava a malapena il breve discorso di saluto del Capoguerra. Era molto più interessato a vedere se il suo piano sarebbe andato in porto oppure no. Sperava vivamente che i Goblin avessero abbondato con le spezie, almeno quel giorno.
Cairne, vicino a lui, ridacchiò sommessamente, attirando la sua attenzione.
«Pecché ridi?» chiese incuriosito il Troll.
L’anziano Tauren fece un lieve cenno col capo verso Thrall prima di spiegare: «La sua voce vibra. È emozionato».
Vol’jin cercò di concentrarsi sulle parole dell’Orco e percepì effettivamente un lieve tremolio nel suo timbro vocale. Unito alla sua postura alquanto rigida, lasciava chiaramente presupporre quale fosse il suo stato d’animo.
«Tiene ancora timore di parlare in pubblico» commentò a bassa voce il capo dei Lanciascura «Si abituerà».
«Immagino che questo tipo di occasioni siano un modo per superare questo suo bizzarro timore» ponderò Cairne.
Il discorso terminò in quel momento e il Tauren e il Troll si unirono agli applausi mentre il pranzo aveva finalmente inizio.
Gli abitanti di Orgrimmar iniziarono a banchettare chiassosamente, sbattendo stoviglie e boccali. La maggior parte si serviva e mangiava usando le mani. Solo in pochi utilizzavano le posate, e tra questi c’era ovviamente Thrall.
Non appena ebbe finito di parlare, si sedette e si dedicò più che volentieri al suo pranzo, improvvisamente conscio di quanto appetito avesse. L’odore di carne arrostita e di paprika era delizioso, tanto da indurlo ad avventarsi sul primo grosso filetto di unticcio che gli capitò a portata.
Si versò da bere della birra, tanta da riempire il suo boccale, e ne bevve un bel sorso dopo aver ingurgitato un primo grosso boccone. Cercò di mantenere l’autocontrollo, costringendosi a mangiare bocconi proporzionati nonostante interiormente desiderasse strappare pezzi di carne talmente grossi da rischiare di soffocare.
Non era un comportamento che poteva permettersi di adottare: lui era il Capoguerra e in quanto tale doveva essere una guida e un esempio per il suo popolo.
Nonostante l’autoimposto contegno, fece sparire rapidamente parecchia carne e molta birra. Ad un certo punto dovette fermarsi, avvertendo una crescente e fastidiosa sensazione di gonfiore addominale. Non capiva come poteva sentirsi già pieno se di fatto sentiva di avere ancora appetito.
Si riempì di nuovo il boccale e lo svuotò tutto in due sorsi, bevendo piuttosto piano: forse qualche pezzo di carne gli era rimasto un po' indigesto.
Si appoggiò contro lo schienale dello scranno e respirò piano, portandosi una mano all’addome rivestito del metallo dell'armatura. Sperava che così facendo il fastidio sparisse, ed in effetti accadde qualcosa che lo fece sentire meglio, ma solo in quel senso: d’un tratto sentì risalirgli su per la gola una bolla d’aria che non riuscì a reprimere. Fuoriuscì in forma di un enorme rutto che fece cadere un silenzio inquietante.
Vol’jin si sforzò di non scoppiare a ridere vistosamente: la faccia di tutti, attoniti a fissarlo, era davvero buffa. Persino Cairne era ridicolo.
Thrall si abbandonò con sollievo palese contro lo schienale, anche se la sua espressione scioccata e imbarazzata rendeva chiaro quanto l’incidente l’avesse messo in imbarazzo. La sua faccia si era colorita parecchio e si tappò la bocca con la mano, costernato. Non gli era mai successo di non riuscire a controllare certe emissioni corporee tutt’altro che eleganti. Non era da lui coprirsi di ridicolo in quel modo.
Dopo poco tornarono tutti a mangiare e Thrall lo fece mestamente, ingurgitando pezzetti di carne più piccoli e bevendo solo piccoli sorsi di birra.
Vol’jin continuò ad osservarlo di soppiatto, curioso di vedere cosa avrebbe fatto in seguito.
La stessa sensazione si ripresentò a Thrall dopo un poco, ma stavolta l’Orco era preparato: ricacciò indietro l’aria molesta e ci buttò dietro un lungo sorso di birra. Le smorfie sulla sua faccia per lo sforzo di contenersi non passarono inosservate al tavolo di Vol’jin, il più vicino di tutti.
«Padre, il Capoguerra non si sente bene?» domandò sommessamente Baine. Era quasi un uomo ormai, forte e massiccio come lo era stato il padre in gioventù.
«Non so, figlio mio. Questo spiegherebbe il suo strano ritardo» ponderò Cairne prima di strappare un morso ad una grossa coscia di zevra.
«Nun penso sia malato» intervenne Vol’jin.
Il tentativo di Thrall di trattenere l’aria dentro di lui - con sommo dispiacere del suo povero stomaco - fallì completamente e l’Orco si ritrovò a ruttare di nuovo, forte e a lungo.
Ancora una volta cadde il silenzio a sottolineare la sua emissione e Thrall si sentì avvampare di calore in faccia: non era così che voleva mettersi al centro dell’attenzione!
Smise di mangiare, temendo che fosse l’eccesso di cibo a causargli tutto ciò, ma subito dopo si produsse in una vergognosa serie di brevi rutti che fecero a pezzi quel poco di dignità che ancora gli rimaneva.
Disperato, riprese a mangiare. Stavolta se ne infischiò delle buone maniere e si ingozzò di cibo sperando di far tacere quella terribile ribellione del suo stesso corpo, o quantomeno di avere tregue più lunghe tra l’uno e l’altro per escogitare un rimedio di qualche tipo.
«Forse sta male sul serio...» Cairne riprese a ponderare piano.
Si alzò in piedi e raggiunse il Capoguerra, chinandosi vicino a lui e battendogli qualche lieve pacca sulla schiena, come per confortarlo.
«Amico mio, forse non ti senti così bene come ti sembra...» gli disse.
L’Orco era ormai sazio e mangiava solo spinto dalla forza di volontà. Più che altro, beveva molta birra, anche se non sembrava placare la sua sintomatologia.
Sentendosi picchiare sulla schiena, si raddrizzò appoggiandosi con un sospiro allo schienale e afferrò per un braccio Cairne.
«Non mi sento male, io...» s’interruppe bruscamente con un’altra smorfia e poi ruttò in faccia al Tauren con tale forza da far muovere la sua treccia di barba sotto il mento e addirittura la folta chioma grigia. Al termine si accasciò contro la sedia e borbottò: «Mi dispiace… non volevo...».
Da quella distanza si vedeva benissimo quanto fosse paonazzo per la vergogna.
L’anziano Tauren si allontanò facendo un blando gesto di noncuranza con la mano e tornò a sedersi.
«Padre…! Vi ha mancato di rispetto!» brontolò Baine stizzito, scoccando un’occhiataccia al Capoguerra.
«Sciocchezze, figliolo! È chiaro che non riesce a trattenersi!» lo redarguì Cairne «È così imbarazzato che tra un po' diventerà rosso come un peperone».
Thrall non sapeva più che fare per cercare di smetterla con quel pietoso spettacolo di se stesso, così smise di provarci. Ormai la sua reputazione era finita, perché continuare a fare inutili tentativi di recuperarne i cocci?
Si abbandonò alla più grezza esibizione pubblica della sua vita, ancora peggiore dei massacri che veniva costretto a compiere per Blackmoore al Forte Durnholde negli anni della schiavitù. Almeno in quei momenti si esibiva come schiavo-gladiatore per sua propria scelta.
Satollo com’era, si accasciò sullo scranno e lasciò che la fastidiosa aria nello stomaco uscisse come più le aggradava. Se non altro i partecipanti alla festa - che per lui si era trasformata in un incubo vero e proprio - avevano smesso di fare silenzio ogni volta che ruttava. Adesso serpeggiavano mormorii tra di loro, cosa che a Thrall non piaceva per niente; tuttavia, non poteva farci niente.
All’improvviso dopo l’ennesimo rutto dalla folla si levò un’ovazione. Tutti alzarono i boccali e brindarono, tracannando birra. A seguito si udì un discordante concerto di rutti che lasciò Thrall basito.
Alla sua successiva emissione di gas molesto la scena si ripeté, come se tutti approvassero quel suo strano modo di comportarsi. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Di solito stavano tutti zitti ad ascoltarlo e lo acclamavano solo all’arrivo e alla sua uscita di scena.
Vol’jin era soddisfatto del risultato ottenuto, anche se evidentemente Thrall aveva bisogno di un ulteriore incentivo per realizzare l’obiettivo finale del Troll. Fortunatamente, in quel preciso momento il Capoguerra decise che ne aveva avuto abbastanza e si alzò con l’intento di andarsene, ma barcollò pericolosamente.
Vol’jin si alzò lesto e andò a sostenerlo, scortandolo verso il Mastio Grommash.
«Posso camminare da solo, Vol’jin...» brontolò Thrall con aria depressa.
«Sei ubriaco, cumpà» replicò l’altro, percependo la zaffata di birra del suo alito quando parlò.
«Non sono ubriaco…!» protestò il Capoguerra, ruttando un’ennesima volta «… non del tutto, almeno».
Sbuffò stizzito e disse: «È stato un disastro...».
«Pecché dici accussì? Ti hanno acclamato» rispose Vol’jin.
«È stato penoso… che razza di Orco non è capace di trattenersi dal ruttare di fronte a tutti?» si lamentò Thrall.
Era esattamente il tipo di discorso che il suo amico voleva affrontare.
«Nu vero Orco» rispose sinceramente quest’ultimo «Nun ho maje visto nu Orco trattenersi per ‘o pudore suo… tranne te. Forse è per chello che ti hanno acclamato accussì, pecché hai fatto chello che tutti gli Orchi fanno senza vergogna».
Thrall accennò un sorrisetto grato verso l’amico, prima di esibirsi nell’ennesimo rutto.
«M-ma ora basta… oh, come faccio a farli smettere…?» gemette esasperato.
Vol’jin era stato previdente e aveva pensato anche a questo tipo di evenienza.
«Tu vai nella stanza tua. Ci penso io a portarti ‘a soluzione giusta» gli disse Vol’jin, spingendolo su per i pochi gradini che portavano all’ingresso del Mastio Grommash.
Thrall si girò verso di lui.
«Grazie Vol'jin, sei un amic-oh…!» l’ultima parola terminò in un altro rutto poderoso.
Il Troll gli sorrise con fare rassicurante e si allontanò in direzione di Varcolargo.

Thrall si era rinchiuso nella sua camera da letto. Si era tolto l’armatura e si era messo sotto le coperte - che qualcuno aveva avuto la buona volontà di sistemare dopo che lui era uscito.
«Forse avrei fatto meglio a rimanere a dormire...» sospirò affranto il Capoguerra. Più pensava a ciò che era accaduto in città e più si vergognava: era sempre stato facile per lui contenere certi istinti spontanei e reazioni corporali del tutto naturali. Non gli piaceva fare certe cose in pubblico, lo reputava una mancanza di rispetto. Perché non era riuscito a fare come tutte le altre volte quel giorno?
«Davanti a così tanta gente per giunta…!» gemette affranto, nascondendosi la faccia tra le mani. Dovette rialzare la testa quasi subito per emettere un altro rutto.
«Oooh...» bofonchiò in tono lamentoso, abbandonandosi contro il cuscino. Si appoggiò una mano sul ventre e l’accarezzò, come se così facendo potesse riuscire a migliorare la situazione.
Ruttò ancora, a dimostrazione di quanto il suo “rimedio” fosse inefficace.
Thrall continuò a ruttare senza riuscire a imporsi di smetterla, ma almeno là dentro non aveva da temere niente visto che era da solo. Cominciò allora a riflettere su ciò che gli aveva detto Vol’jin mentre lo accompagnava al Mastio Grommash e alle acclamazioni della gente poco prima che decidesse di andarsene.
Forse il suo amico non aveva tutti i torti: a dispetto del suo crescente disagio, in quel momento aveva sentito un contatto e un calore da parte degli altri membri dell’Orda che non aveva mai sentito in altre occasioni. Che gli altri Orchi si sentissero più vicini a lui se si comportava come loro anche per “dettagli” di tutti i giorni come quello...?
Sembrava una cosa stupida a pensarci, eppure poteva essere. Thrall non voleva essere visto da tutti come un “intruso” che aveva preso il comando dell’Orda solo perché Orgrim Doomhammer glielo aveva ceduto. Voleva essere accettato nella comunità degli Orchi e che lo vedessero effettivamente come uno di loro. Certamente il fatto che fosse stato cresciuto ed educato da un Umano non lo aiutava ad integrarsi: bastava vedere come aveva reagito al suo insolito e improvviso problema di eruttazione. A ben pensarci, un Orco normale non se ne sarebbe curato minimamente.
«Potrei provare… ad essere un po’ meno… “controllato”» ponderò tra sé e sé. Per quanto gli scocciasse ammetterlo, gli erano piaciute le ovazioni finali. Avrebbe dovuto lavorare parecchio per smontare una vita di educazione che remava contro la sua stessa natura e parallelamente su come fare per non risultare eccessivo, però era sicuro che con l’aiuto di Eitrigg e degli altri Orchi della vecchia generazione ce l’avrebbe fatta… tranne per la carne. Quella avrebbe continuato a mangiarla cotta.
Si ritrovò a ridacchiare da solo al pensiero di Eitrigg che cercava di forzarlo a mangiare una bistecca praticamente cruda.
In quel momento udì bussare alla porta e la familiare voce di Vol’jin che dall’altro lato esclamava: «Cumpà, sono io».
Thrall lasciò uscire altra aria prima di alzarsi dal letto e dire: «Entra pure!». Aveva indosso solo la biancheria - un paio di vecchi boxer sdruciti e che gli andavano leggermente stretti - ma visto che Vol’jin era un maschio come lui ed era per giunta uno dei suoi amici più stretti non provava vergogna di farsi vedere così.
Quello che non aveva calcolato era che il Troll avrebbe potuto portare con sé una terza persona, come di fatto accadde. L’Orco si ritrovò a fissare a bocca aperta l’amico e la Tauren che entrò dietro di lui. Quest’ultima aveva il pelo nero-grigio lucido e capelli scuri lunghi raccolti ai lati del viso in due lunghe trecce non molto diverse da quelle che aveva lui per raccogliere i peli delle basette. Indossava una gonna lunga marrone rifinita in blu ed un reggiseno degli stessi colori che sembrava esplodere nel tentativo di contenere le sue prorompenti e morbide forme. Thrall era meravigliato dalla bellezza della femmina e dovette trascorrere un certo lasso di tempo prima che si rendesse conto di stare fissandola un po’ troppo morbosamente.
Scosse il capo, ritornando padrone di sé, e la prima cosa che fece fu cercare di coprirsi alla meglio le pudenda con le mani.
«Ehm… salve. Vol’jin, perché questa Tauren è…?» l’Orco s’interruppe ed emise un altro potente rutto proprio di fronte alla sconosciuta «Ermh… mi spiace» aggiunse in tono contrito.
La Tauren sbatté le palpebre e rise, rivolgendosi poi al Troll: «Avevi ragione… gli serve davvero una mano».
All’espressione interrogativa del Capoguerra il capo dei Lanciascura spiegò: «Chesta è Seer Liwatha, na sacerdotessa amica mia. Ti aiuterà a farti smettere di ruttare».
Thrall arrossì leggermente.
«Una sacerdotessa? A-allora sono malato davvero?» chiese, preoccupato. Che Cairne avesse avuto ragione a preoccuparsi per la sua salute…?
Seer rise di nuovo e scosse il capo.
«Non è niente di grave, Capoguerra. Può capitare di avere un po’ d’aria nello stomaco mangiando certe erbe aromatiche...» spiegò la Tauren. Vol’jin rimase impassibile al suo fianco, la maschera dell’innocenza. Era un bugiardo perfetto.
«Mi hanno avvelenato?!» chiese Thrall allibito. Non era in salvo nemmeno facendo preparare i suoi pasti da cuochi controllati - o forse erano stati proprio loro a giocargli quel brutto scherzo?
«No, nient’affatto. A volte capita che vengano raccolte insieme alle solite erbe aromatiche anche altre che hanno degli effetti un po’ meno piacevoli» spiegò semplicemente «Ma fortunatamente per neutralizzare gli effetti c’è un rimedio semplice» e ridacchiò di nuovo.
L’inflessione quasi civettuola della sua risatina non piacque molto a Thrall, il quale pose a Vol’jin la fatidica domanda: «Cosa dovrei fare?».
Il Troll si prese un momento prima di rispondere, creando un po’ di suspense; infine disse: «Devi bere del latte fresco appena munto… e neanche poco».
Improvvisamente l’Orco intuì il perché delle continue risatine della Tauren e deglutì rumorosamente, arretrando di mezzo passo.
«N-non posso farlo…!» esclamò scuotendo la testa «Mi spiace, signorina».
«Oh, ma io lo faccio volentieri» Seer avanzò verso il Capoguerra lentamente, ancheggiando «Non devi preoccuparti, dicono che il mio latte sia delizioso!».
Thrall avvampò letteralmente, continuando ad arretrare lentamente.
«Non lo metto in dubbio ma… davvero non...» ruttò ancora, ma stavolta se ne curò poco, troppo impegnato a farsi da parte.
«Andiamo, cumpà! Nun essere timido, Seer è felice di aiutarti...» cercò di convincerlo Vol’jin «O potresti continuare a ruttare per un bel pezzo!».
Thrall deglutì di nuovo: l’idea di essere costretto a ruttare senza potersi controllare per chissà quanto non gli piaceva per niente, al punto da farlo cedere all’offerta della Tauren.
«D’accordo...» si arrese, fermandosi appena prima di sbattere contro il fondo del letto «Ehm… vuoi un secchio? O basta un boccale…?».
Vol’jin sghignazzò rumorosamente. L’Orco fece per interpellarlo in merito al motivo, ma la sacerdotessa intervenne prima: «Non funziona così con noi, sai?».
«Come sarebbe a dire? E allora il tuo latte…?» Thrall passò confuso lo sguardo da Liwatha a Vol’jin, il quale finalmente si decise a dire: «Le femmine Tauren producono latte anche durante un amplesso».
Ciò detto, si ritirò verso la porta.
«A-amplesso?!» l’Orco divenne talmente caldo in faccia che temette di esplodere da un momento all’altro «Non possiamo fare…!».
«Divertitevi!» lo interruppe il Troll prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle senza aspettare ulteriore risposta.
«Vol’jin, aspetta! Non mi lasciare qui cos-» Thrall fece per fuggire verso la porta ma la Tauren, dimostrando di possedere una forza incredibile per una sacerdotessa, lo bloccò stringendolo tra le braccia e spingendogli la testa tra i prosperosi seni.
«Non ti preoccupare, ci penso io a prendermi cura di te e del tuo… disturbo» Seer parlò in tono dolce vicino all’orecchio del Capoguerra, come se fosse un bambino di cui prendersi cura.
Quest’ultimo annaspò tra le sue tette enormi e morbide per la mancanza d’aria, cercando di divincolarsi dalla sua stretta. Quando finalmente ci riuscì - dopo diversi tentativi - arretrò per prendere fiato e finì con l’inciampare sul letto, cadendoci sopra a peso morto.
Seer ridacchiò e si accinse a spogliarsi. La prima cosa che tolse, ovviamente, fu il reggiseno. Se ne disfò con apparente sollievo, e a Thrall non occorse molto a capire il motivo: le sue tette libere sembravano ancora più enormi nonostante col reggiseno apparissero molto più sode. Doveva starci davvero stretta in quell’indumento.
I capezzoli erano circondati da larghe areole grigio chiaro e parevano piuttosto sensibili a giudicare da come stavano eretti.
«Devo confessarti che trovo gli Orchi e i Troll molto più attraenti dei maschi della mia specie...» mormorò la Tauren, facendo scivolare dai fianchi la gonna. A quanto pareva sotto non portava nessun indumento intimo.
«Sono lusingato, Seer… ma io non posso fare sesso con te» cercò di spiegarle Thrall.
«E perché no? Il Capoguerra ha forse una compagna?» domandò in tono malizioso l’altra.
«N-no! Non c’è nessuna...» ammise l’Orco.
«E allora non c’è nessun problema!» Liwatha salì carponi sul letto, accarezzandogli il pene attraverso la stoffa usurata dei boxer «E non credo che a lui dispiaceranno un po’ di attenzioni».
Quelle carezze delicate gli strapparono un debole gemito di piacere che terminò in un ennesimo rutto. Seer inaspettatamente gli rivolse un sorriso malizioso.
«Non te l’ho detto prima perché non volevo intimorirti… ma a me piacciono molto le tue… emissioni» commentò la Tauren «Le trovo molto eccitanti».
Thrall sgranò gli occhi e sorrise con aria colpevole.
«O-oh… davvero?» chiese, incredulo. Non pensava che qualcuno potesse trovare piacevole ascoltare certe cose.
«Lascia che te lo mostri» disse Seer.
Inserì le dita nell’elastico dei suoi boxer e glieli abbassò per poi sfilarglieli. Li lanciò via e si sistemò in ginocchio tra le sue gambe.
Thrall emise un grugnito ed un sospiro quando sentì la sua bocca chiudersi attorno al suo pene e la sua lingua iniziare a muoversi sulla lunghezza di esso per poi andare a concentrarsi sul glande.
Istintivamente si rilassò contro il materasso e socchiuse gli occhi, beato. Era da molto che non si concedeva un rapporto sessuale, non essendo lui il tipo che si portava a letto ogni femmina che incontrava. In realtà le donne con cui si era intrattenuto si potevano contare sulle dita di una mano ed erano state tutte persone che aveva visto più di una volta. Quella sera però aveva intenzione di fare un’eccezione, solo per la condizione particolare in cui si trovava.
La sensazione di gonfiore addominale c’era ancora e Thrall stavolta non si peritò affatto a ruttare al massimo delle sue possibilità. Visto che non aveva modo di impedire alla sua aria molesta di uscire, poteva sfruttarla per fare piacere alla sua partner.
Quest’ultima parve apprezzare parecchio, tanto che infilò la lingua al di sotto della pelle in eccesso che copriva il glande di Thrall, ricoprendo di abbondante saliva ogni centimetro a cui arrivava.
L’Orco gemette e ruttò ancora, più a lungo e più forte, quasi con sollievo.
Le attenzioni della sacerdotessa servirono al loro scopo: in men che non si dica il pene di Thrall fu turgido e dritto, pronto per la parte migliore del rapporto.
L’Orco era in estasi e talmente rilassato che non si sarebbe più mosso da lì. Per sua fortuna, Seer aveva molta più voglia di lui di agire.
«Credo di essere già bagnata abbastanza da prenderti dentro...» esclamò, posizionandosi a cavalcioni sopra di lui. Si strofinò sul suo inguine pieno di peluria riccia e nera, rilasciando su di essa un sottile strato di umori appiccicosi.
Thrall mugugnò e la fece felice un’ennesima volta; dopodiché la Tauren scese leggermente per posizionarsi sopra la sua erezione. L’Orco si distrasse dal piacere per quel tanto necessario a trattenere dritta la sua erezione mentre Seer si sedeva sopra di essa, muovendosi col bacino fino a che non riuscì a farla entrare nella sua vagina.
«Ooooh… è così grosso…!» sospirò beata, lasciandosi scivolare lentamente in basso per includere tutta la sua erezione in lei.
La sua vagina era bagnata, scivolosa e calda, molto piacevole. A Thrall piaceva moltissimo e a Seer ancora più che a lui.
«O-oh!» mugolò «Sì, era da così tanto che non facevo sesso…!» gemette la Tauren.
Thrall ruttò ancora.
«Allora… dov’è il mio latte?» domandò lui in tono ilare.
Liwatha si afferrò le tette e le sollevò leggermente, chinandosi su di lui per avvicinarle alla sua bocca. Le solleticò un po' con le mani, tastandole, e poi le strinse. Il latte schizzò fuori a fiotti e Thrall spalancò la bocca per accoglierlo. Era particolarmente liquido, più del latte normale, ed era più saporito. Dopo il primo assaggio l’Orco si sporse verso i grossi seni della Tauren e si attaccò a turno a ciascuno dei due, succhiando avidamente.
La sacerdotessa iniziò a mugugnare con passione mentre si agitava sopra il Capoguerra con sempre maggiore foga, vinta dal piacere.
Certamente una Tauren che gli ballava più o meno letteralmente sullo stomaco con tutto quel che Thrall aveva ingurgitato a pranzo non era molto salutare; tuttavia, nella sua peculiare condizione ciò non si tramutò in un attacco di nausea, bensì in una maggiore eruttazione.
Thrall dovette fermarsi dal tracannare latte più volte di quante gli sarebbe piaciuto e alla fine le continue interruzioni spinsero Liwatha a schiacciargli in bocca la cima di entrambe le tette contemporaneamente perché se ne occupasse definitivamente. Alla prima avida succhiata da parte del Capoguerra, lei venne copiosamente, schizzando non soltanto umori dalla vagina ma anche una esorbitante quantità di latte dalle tette. Thrall si ritrovò con la bocca piena di latte e dovette affrettarsi a inghiottirlo prima che il liquido lo soffocasse.
Le violente contrazioni della vagina di Seer gli diedero piacere ulteriore rispetto a quell’inondazione di latte e l’Orco si agitò sotto di lei per spingersi nel suo corpo, godersi le strette attorno all’erezione e venire a sua volta poco dopo. Schizzò a fondo dentro la sua partner, che gemette un accorato: «Sì, così…!».
Il latte non accennava a smettere di uscire e Thrall non aveva voglia di fermarsi, per cui non appena possibile riprese a muoversi insieme alla sacerdotessa.

Fu Vol’jin ad imporsi su Eitrigg per andare di persona a chiamare il Capoguerra per la cena. Anch’essa si sarebbe tenuta in piazza, prima dello spettacolo pirotecnico dei Goblin, per cui Thrall doveva smetterla di fare il bambino offeso e uscire dalla sua camera. Eitrigg era talmente determinato che il Troll dovette giurargli che l’avrebbe fatto uscire dal Mastio Grommash anche a costo di trascinarlo giù dal letto rinchiuso nelle coperte.
Vol’jin bussò timidamente alla porta delle stanze private del Capoguerra e attese per qualche istante. Non udendo risposta, decise di entrare comunque.
Aprì leggermente l’uscio e scivolò dentro, richiudendoselo alle spalle, quindi si voltò verso il letto. Lo spettacolo che si trovò dinanzi lo colse completamente impreparato: sopra le coperte giacevano Seer e Thrall, entrambi nudi e addormentati. La Tauren era distesa prona sopra l’Orco, le gambe divaricate abbastanza da consentire al Troll di vedere che aveva ancora dentro il pene del suo partner. Spostandosi leggermente di lato, il nuovo venuto poté anche notare che Thrall si era addormentato con una tetta nella bocca mezza aperta e sporca di latte. A giudicare dalle buone condizioni del materasso erano stati piuttosto discreti.
Vol’jin si accostò dal fondo del letto e scosse entrambi.
«Sveglia, picciotti! È ora di cena!» esclamò a voce abbastanza alta.
Dopo qualche istante i due si mossero. Seer si mise seduta a cavallo del bacino di Thrall e quest’ultimo si puntellò sui gomiti, scoccando un’occhiata confusa all’amico.
«Cosa…?» domandò con voce strascicata.
«Devi tornare alla Valle della Forza per cena. Eitrigg nun tiene molta pazienza, ha detto che se nun ci riuscivo io ti ci trascinava lui fuori… con le maniere cattive» spiegò meglio il capo dei Lanciascura, parlando abbastanza lentamente da sperare di riuscire a farsi capire.
Thrall per sua fortuna cominciava già a carburare.
«Ora di cena? È… passato già tutto il pomeriggio?!» domandò, lanciando un’occhiata rapida alla sua compagna.
Quest’ultima si alzò lentamente dal letto e scese, staccandosi dal suo fallo. Nel rimettersi in piedi cominciò a gocciolare sperma dalla vagina, macchiando il pavimento. Era una vera fortuna che a Thrall piacesse l’arredamento spartano, altrimenti qualcuno si sarebbe accorto senz’altro delle copiose macchie su un tappeto.
Liwatha ridacchiò senza alcun imbarazzo della cosa mentre si accingeva a rivestirsi, facendo l’occhiolino al Capoguerra.
«Mi hai riempita per bene… spero che il mio “ripieno” ti sia piaciuto altrettanto» esclamò.
Thrall si sedette, affrettandosi a pulire la bocca ancora sporca di bianco, poi le rivolse un sorriso grato.
«Era delizioso ed è anche servito al suo scopo. Non mi sento più la pancia gonfia» disse, e pareva decisamente sollevato per questo «Grazie».
«È stato il più bel servizio da moltissimo tempo! Ora mi sento molto più leggera!» sospirò facendo un cenno ai seni, che adesso parevano sì molto formosi, ma di una taglia un po’ più normale.
Non appena fu di nuovo completamente vestita, Seer salutò il Capoguerra e se ne andò promettendo di non fare parola con nessuno di quanto accaduto e garantendo la sua piena disponibilità per un secondo giro nel caso in cui si fosse presentato il bisogno.
Rimasti completamente da soli, Thrall si rivolse a Vol’jin: «Grazie, non avrei saputo come fare per sistemare la cosa senza il tuo aiuto».
Il Troll fece un blando cenno con la mano.
«Nun ci pensare, cumpà. Sono contento assai di essere stato utile» esclamò con assoluta nonchalance, come se fosse innocente davvero «Mo’ vedi di vestirti alla svelta, prima che Eitrigg si arrabbi. Dice che tutti mo’ sono ansiosi di vedere di nuovo ‘o Capoguerra loro».
«Davvero?» chiese Thrall, sbalordito «Spero non voglia rimproverarmi per quello che è successo oggi».
«Io nun credo ciò. Parlava di... na buona impressione assai che hai fatto sugli Orchi di Orgrimmar» replicò Vol’jin scrollando le spalle.
L’Orco sorrise mentre si affrettava a rimettere l’armatura. Non voleva di certo vedere Eitrigg arrabbiarsi.
«Bene… nonostante tutto, sono contento di questo» ammise.
Vol’jin gli diede una pacca sulla grossa spalla verde e dritta. Alla fine il suo piano almeno in parte era riuscito. Adesso doveva solo sperare che Thrall avesse tratto i giusti insegnamenti da quell’esperienza.
«Anche io, cumpà. Anche io».

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