Prevenire è meglio che curare
Sep. 13th, 2017 09:47 am![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Prevenire è meglio che curare
Rating: Rosso
Genere: Fluff, Erotico, Slice of Life
Personaggi: Aggra, Durak, Thrall (Go'el)
Wordcount: 4389 (
fiumidiparole)
Timeline: Ambientata dopo l'espansione "Cataclysm".
Note: Het, Lemon, Vanilla Sex
Go’el emise un profondo sospiro colmo di amore e di tenerezza, sorridendo di fronte alle due persone che più erano importanti per lui nella vita in quel momento.
«Aveva solo fame…» Aggra alzò il viso ad incrociare il suo sguardo, incurvando le labbra dolcemente attorno alle zanne «Puoi tornare a dormire, non mi serve aiuto…».
Sua moglie era così incantevole mentre allattava Durak. Go’el si sentì riscaldare l’animo e non solo dinanzi a quello spettacolo. Non era la prima volta che accadeva, nonostante si peritasse un po' nel farglielo presente visto che stava facendo altro.
Aggra era in casa e stava cucinando il pranzo. L’odore delle verdure cotte si mescolava con quello della carne, suscitando brontolii decisamente poco trascurabili da parte dello stomaco di suo marito. Go’el era seduto davanti alla loro capanna e si stava occupando del loro bambino, Durak. Il piccolo era avvolto in un telo morbido e il faccino marrone faceva capolino insieme alle piccole braccia che il neonato agitava in aria.
Go’el lo teneva stretto a sé e lo cullava con l’amore che solo un padre può rivolgere al proprio figlio nonostante fosse chiaramente provato dalla paternità: gli occhi azzurri erano appesantiti da occhiaie per la mancanza di sonno e la sua espressione manifestava stanchezza. Ogni tanto si esibiva in poderosi sbadigli che gli lasciavano piccole lacrime ai lati degli occhi.
Durak stava rendendo difficile la vita a lui e ad Aggra. Durante la notte si svegliava e piangeva ogni poche ore per essere allattato o cambiato e i due facevano a turno ad alzarsi per l’una o l’altra faccenda. Go’el non immaginava che potesse essere così impegnativo e deleterio prendersi cura di un bambino, però la gioia di vederlo sorridere e giocare tra le sue braccia compensava ampiamente i suoi sacrifici.
L’Orco stava cominciando ad abbioccarsi col figlioletto in braccio quando improvvisamente sentì qualcosa aggrapparsi con forza ad una delle sue lunghe trecce di capelli e tirare. Essendo questi attaccati prevalentemente all’altezza delle basette - dove la pelle era più sensibile a certe sollecitazioni - Go’el sobbalzò di scatto con un vigoroso: «Ahio!».
Adesso era completamente sveglio - di nuovo - e la sua attenzione si spostò al fagottino che teneva tra le braccia: Durak rideva mentre strattonava i capelli di suo padre con una manina. Aveva una presa sorprendentemente forte per essere così piccolo e anche gli strattoni che dava non erano da meno.
«Durak! Non puoi giocare con quella-ahi!» lo sciamano gli sottrasse dalla manina la treccia il più in fretta possibile e poi sollevò il pargolo con entrambe le mani «Su, piccolo mio, da bravo… tra poco tornerà la mamma».
Durak allungò le mani verso la folta barba del padre e non essendo in grado di raggiungere né quella né il suo giocattolo preferito, fece l’unica cosa che gli rimaneva per ottenere quel che voleva: scoppiò a piangere a pieni polmoni.
Go’el sbiancò in viso vedendolo dimenarsi e frignare così forte: la mancanza di sonno lo rendeva vulnerabile ai rumori troppi forti.
«No, no! Ti prego non piangere, Durak… non di nuovo. Avanti, su… fai il bravo».
Thrall lo fece dondolare e cercò di fargli delle smorfie buffe per farlo ridere, ma senza successo. Alla fine, sconfitto, prese una delle sue trecce e gliela agitò davanti.
«Guarda che c’è! La treccia di papà!» esclamò, la testa che gli martellava per i pianti del figlio «Prendila e giocaci, mh? Guarda come dondola».
Gli fece oscillare il ciuffo finale sul visetto e Durak l’afferrò prontamente. Smise di piangere e scoppiò a ridere mentre lo stringeva e cominciava ad agitare la manina, tirandolo.
«P-piano! Fai piano, Durak…!» lo supplicò Go’el. Emise un gemito rassegnato mentre il suo pargoletto rideva come un matto tormentandogli i capelli e cercò di posizionarlo in maniera da lasciargli abbastanza capelli da non tirarglieli più così tanto.
Aggra li osservava dalla finestrella della cucina, sorridendo intenerita di fronte alla goffa difficoltà di Go’el nell’interagire col loro figlio. Neanche lei aveva esperienza nel prendersi cura dei bambini, ma lui aveva un che di tenero e impacciato nel farlo che sembrava farle riscoprire di nuovo perché si era innamorata di lui e lo aveva scelto come suo compagno per la vita.
Improvvisamente udì al di sopra dei versetti di Durak il brontolio inconfondibile della pancia di Go’el. Sorrise e si sporse dalla finestra.
«Il pranzo è quasi pronto! Se vuoi portare Durak dentro intanto...» esclamò a voce alta.
Suo marito sobbalzò leggermente, colto alla sprovvista dal suo richiamo, e si volse verso di lei. I suoi occhi azzurri tradivano il suo entusiasmo all’idea dell’imminente pasto.
«Davvero? Allora arrivo!» disse, alzandosi prontamente in piedi e tornando in casa con Durak ancora stoicamente appeso alla sua treccia.
Rientrò in casa e Aggra gli andò incontro per prendere il bambino dalle sue braccia.
«Piano… si è messo a giocare coi miei capelli...» le fece notare l’Orco, nella speranza che non glieli tirasse anche lei.
L’Orchessa rise mentre cautamente strappava via Durak dal suo nuovo giocattolo. Stavolta il piccolo non esplose in un pianto disperato: si appoggiò al petto morbido della madre, tirando leggermente la sua tunica sul seno con la manina.
Aggra lo cullò distrattamente guardando suo marito che si riappropriava con sollievo della sua treccia.
«Forse dovresti prendere in considerazione l’idea di tagliare i capelli, amore mio...» suggerì sua moglie con un leggero tono scherzoso «Così Durak non potrebbe più “tenerti in pugno”» aggiunse, prendendo una delle trecce di Go’el e strofinandogli sul naso il ciuffetto all’estremità.
L’Orco starnutì e scosse il capo per farle mollare la presa.
«Anche tu hai i capelli lunghi» le fece notare lui «Perché non li tagli anche te?».
Aggra scosse la testa quasi completamente rasata, facendo oscillare la lunga coda di capelli castani che si trovava sulla sommità del capo.
«Perché i miei sono fuori portata… ma tu sei l’Orco più peloso che abbia mai visto» replicò in tono ilare.
«Credevo che ti piacessero i miei capelli» brontolò Go’el, imbarazzato: effettivamente tra gli Orchi che aveva incontrato in vita sua, solo Grommash Hellscream poteva essere paragonato a lui in quanto a lunghezza dei capelli. A lui non dava particolarmente fastidio la sua folta chioma, però doveva ammettere che non era proprio il massimo della praticità con Durak.
«Io non ho nessun problema coi tuoi capelli, cuore mio» Aggra gli accarezzò una guancia partendo dallo zigomo e poi scendendo fino al margine della mandibola, ricoperto di un fitto strato di barba «Dico solo che potrebbe essere difficile riuscire a tenerli così lunghi con Durak d’intorno...» aggiunse, grattandogli il mento.
Go’el emise un lieve verso roco di apprezzamento con la gola, prima che il suo stomaco protestasse ulteriormente, riportando entrambi alla realtà.
«D’accordo, qualcuno qui ha fame… e per una volta non si tratta di Durak» e Aggra rise, allontanandosi in direzione della stanza del neonato «Puoi andare a tavola intanto».
Imbarazzato, suo marito la precedette a tavola e si sedette al suo solito posto. L’aroma di cibo era davvero forte adesso, tale da fargli venire l’acquolina in bocca. Era difficile resistere percependo quel gradevole profumo nell’aria, ma non voleva mangiare senza la sua compagna. Era scortese, specialmente considerato che era lei ad aver cucinato e che forse lei ancor più di lui aveva bisogno di rimettersi in forze, visto che ancora allattava il loro figlioletto.
Si mise a giocherellare con una delle sue trecce, ponderando sul suggerimento datogli da Aggra. Forse non aveva tutti i torti: sarebbe stato molto più pratico tenerli corti e avrebbe anche eliminato il problema di doverli pettinare e riannodare ogni volta che si lavava.
«Eccomi!» Aggra si materializzò alle spalle di Go’el all’improvviso e l’Orco si affrettò a lasciar cadere la sua treccia prima che venisse visto «Deve essersi stancato parecchio a giocare coi tuoi capelli. Si è addormentato» aggiunse l’Orchessa. Stava ovviamente parlando di Durak.
Go’el tirò un lievissimo sospiro di sollievo.
«Possiamo mangiare con calma dunque?» chiese con una punta di speranza nella voce.
Aggra portò in tavola il pranzo - un’abbondante portata singola di spessi filetti di carne circondati da fette di pomodoro ricoperte di polvere gialla - e gli diede una lieve gomitata nel braccio.
«Go’el! Sei davvero senza cuore!» brontolò.
«Non voglio dire che non voglia bene a Durak, solo che… uff, ci impone degli orari orribili...» cercò di spiegarsi l’Orco «Anche se cerchi di non darlo a vedere, è chiaro che sei sfinita pure te...» soggiunse, servendo un bel filetto nel piatto della sua partner.
«Di certo non fa bene a nessuno dei due fare le ore piccole» rispose Aggra «Ma non dirmi che per questo sei arrabbiato con tuo figlio...».
«No, no! Non lo penserai davvero?!» esclamò oltraggiato Go’el, prendendo anche per sé un bel filetto, avendo cura di evitare i pomodori.
Sua moglie notò la cosa, perché si affrettò a rimproverarlo: «Sono pomodori e patate condite con origano. Mangiali, forza».
«Mi basta la carne» replicò precipitosamente l’Orco, prima di tagliarsi un boccone e infilarselo in bocca. La carne era cotta come piaceva a lui, morbida e saporita. Era una deliziosa consolazione per le lunghe ore che aveva trascorso sveglio a badare a Durak durante la notte.
«Non puoi mangiare solo carne» lo rimbeccò l’Orchessa, infilzando con la forchetta diverse fette di pomodoro e portandole di fronte alla bocca di suo marito.
Quest’ultimo fece una smorfia e cercò di allontanarsi ma Aggra si fece valere e gli permette la forchetta sulle labbra.
«Vuoi fare il bambino anche te? Non sei un po' troppo grande?» lo prese bonariamente in giro la sua compagna, ridacchiando «Su, apri la bocca!».
Go’el fece una specie di smorfia e aprì leggermente le labbra, consentendo ad Aggra di imboccarlo. Masticò malvolentieri e poi inghiottì.
«Allora? Non dirmi che sono cattivi...» fece l’Orchessa, lanciandogli un’occhiata d’ammonimento.
«Uhm…» emise un verso con la bocca ancora piena, poi si servì da solo di altri pomodori. Ne infilzò con la forchetta alcuni e poi prese un altro pezzetto di carne e li mangiò insieme.
«Immagino che sia un sì» disse l’Orchessa, sorridendo soddisfatta.
Mangiarono il pranzo serenamente per la prima volta dopo parecchi giorni. Erano felici di poter avere un poco di tempo da dedicare a loro stessi. Purtroppo però quel momento non era destinato a durare a lungo: mentre i due sonnecchiavano sul loro giaciglio, sazi e sfiniti, il pianto di Durak si levò assordante come sempre.
Aggra scattò seduta come se si fosse accorta di essersi stesa su un letto di spine, gli occhi spalancati ancora gonfi di sonno. Aveva una mano premuta sull’addome nudo di suo marito, che russava piano accanto a lei.
«Il bambino...» esclamò con voce impastata. Appoggiandosi a Go’el si issò in piedi traballando leggermente per la rapidità del movimento e si diresse verso la porta della stanza.
Alle sue spalle, con un grugnito di sofferenza, il suo compagno si ridestò scontento dal suo sonno accarezzandosi la pancia dolorante. Si mise lentamente seduto, sbadigliando, e la prima cosa che sentì fu il pianto del figlio. Non trovando Aggra al suo fianco, immaginò che fosse andata lei, il che significava che lui poteva riposarsi ancora un po’; tuttavia, si sentiva in colpa a lasciarla da sola ad occuparsi di Durak. Era più forte di lui, si sentiva in dovere di darle una mano nonostante starsene lì sul giaciglio fosse così bello e rilassante.
Si mise seduto e poi carponi, alzandosi in piedi una volta fuori del giaciglio e dirigendosi verso la stanza di Durak. Sbadigliò diverse volte ma non per questo si decise a tornare indietro.
All’improvviso mentre stava per affacciarsi alla porta, il pargolo smise di piangere.
«Aggra…? Hai bisogno di una mano?» chiese l’Orco, manifestandosi nel vano della porta. Parlava piano, come se temesse di disturbare.
Sua moglie si trovava seduta vicino alla culla di Durak. Aveva la tunica slacciata e il piccolo era tra le sue braccia, con la bocca attaccata ad uno dei suoi capezzoli nudi. Lei era splendida e nei suoi occhi ambrati leggeva tutto il suo amore per suo figlio.
Go’el emise un profondo sospiro colmo di amore e di tenerezza, sorridendo di fronte alle due persone che più erano importanti per lui nella vita in quel momento.
«Aveva solo fame…» Aggra alzò il viso ad incrociare il suo sguardo, incurvando le labbra dolcemente attorno alle zanne «Puoi tornare a dormire, non mi serve aiuto…».
Sua moglie era così incantevole mentre allattava Durak. Go’el si sentì riscaldare l’animo e non solo dinanzi a quello spettacolo. Non era la prima volta che accadeva, nonostante si peritasse un po' nel farglielo presente visto che stava facendo altro.
Rimase a fissarla finché non finì di dare il latte a Durak, quindi le si avvicinò per prendere il pargolo e cullarlo mentre si addormentava, ormai sazio. Aggra si risistemò la tunica, spiando il compagno in silenzio. A dispetto della stanchezza, si comportava da bravo padre.
Dopo che ebbe rimboccato le copertine a Durak, Go’el si volse verso la sua compagna e la fissò con cipiglio leggermente imbarazzato pensando a ciò che voleva chiederle.
«Ehm, Aggra… hai ancora del latte… lì?» chiese, abbassando leggermente il tono di voce man mano che parlava. Era palesemente a disagio.
La sua partner rimase momentaneamente stupita dalla sua richiesta, ma solo perché l’aveva colta alla sprovvista. Ovviamente, Go’el fraintese lo sguardo che gli rivolse.
«Io speravo… ecco… che potessi...» l’Orco scosse piano il capo, contrito «Oh, non importa… sarai stanca immagino...».
«Ho capito, cuore mio» gli disse in tono dolce lei, annullando la breve distanza tra di loro. Gli accarezzò con una mano la guancia, teneramente e con fare leggermente consolatorio, strappandogli un lieve gemito di apprezzamento.
«Direi che posso farlo… Durak mi ha prosciugata solo da un lato...» aggiunse «In effetti è fastidioso essere ancora carica di latte solo da un lato...».
L’Orchessa ammiccò al marito prima di baciarlo, appoggiandosi contro il suo largo petto muscoloso.
Go’el riprese coraggio per quel gesto spavaldo e affettuoso e si raddrizzò, ricambiando prontamente il suo bacio e stringendola tra le braccia con amore. Non solo, la sollevò anche da terra per riportarla nella loro camera.
«Oh, Go’el!» esclamò Aggra sorpresa, aggrappandosi forte al suo collo e alle sue spalle quando si sentì sollevare improvvisamente.
«Non gridare, sveglierai Durak…!» la rimproverò divertito lui mentre la riportava nella loro camera da letto.
Aggra ridacchiò fingendosi offesa.
«E allora dovrai zittirmi...» disse, accostandosi al suo viso.
Go’el la baciò di nuovo mentre varcava la porta della loro stanza e poi la depositò sul loro giaciglio.
Si liberò dei vestiti in fretta e sua moglie fece altrettanto, lanciando la sua tunica contro una parete. I suoi seni erano così gonfi rispetto al solito, rotondi e molto più morbidi, da esercitare un richiamo eccezionalmente forte sull’Orco. Quest’ultimo salì carponi sul giaciglio e si portò sopra sua moglie. La baciò ancora e l’accarezzò. Aggra d’altro canto lo spinse prontamente disteso di fianco a sé e invertì la posizione, salendo a cavalcioni del suo compagno. Si sporse verso il basso, sopra la sua faccia, e gli offrì uno dei suoi seni.
«Non avevi detto di voler assaggiare?» domandò a bassa voce.
Go’el si sollevò leggermente, attaccandosi al seno della sua compagna. Si assicurò di non morderle il capezzolo né di sfregarle la pelle con le zanne laterali più lunghe: sapeva che era particolarmente delicata e sensibile in quei punti del corpo durante quel periodo e non voleva farle inutilmente del male.
Non appena stuzzicò con le labbra e la lingua la cima turgida del capezzolo, da esso fuoriuscì copiosamente il latte. Era tiepido e gustoso, molto più di quanto fosse il latte normale, ed era anche un poco più liquido. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta che Go’el si era azzardato a chiederle di poter succhiare il latte, visto il ritmo con cui Durak inizialmente doveva essere allattato. Adesso che era passato un poco di tempo dalla sua nascita, Aggra non doveva dargli da bere così di frequente, per cui aveva voluto tentare. Ora come ora, era contento di averlo fatto.
Sua moglie gli premette il seno contro la bocca, mugolando lievemente ed agitandosi col bacino su di lui, il quale percepì un familiare calore alle parti basse. Ad Aggra a quanto sembrava piaceva molto essere stimolata sul capezzolo. L’Orco immaginò che fosse anch’essa una conseguenza dell’aumentata sensibilità e decise che ne avrebbe un poco approfittato: con una mano andò a stringerle leggermente il capezzolo rimasto fino ad allora ignorato, sperando di darle ulteriore piacere.
I gemiti di Aggra confermarono la sua teoria in men che non si dica; non solo, spinsero anche l’Orchessa a dimenarsi sopra di lui con maggiore enfasi e schiacciargli ulteriormente il seno contro la bocca. Go’el si sentì avvampare di desiderio per lei e trattenersi cominciò a divenire davvero complicato. Dopo pochi minuti divenne una condizione insostenibile: lasciò perdere il capezzolo cui non era attaccato con le labbra e spinse la mano - di nuovo libera - verso il basso, alla ricerca del punto preferito di Aggra.
In breve si ritrovò con le dita bagnate e la cosa gli piacque, specialmente quando finalmente riuscì ad appoggiare il polpastrello umido dell’indice proprio sulla cima del clitoride dell’Orchessa. Strofinando con garbo, riuscì a farla gemere ancor di più.
«Non… riesco a darti il latte se… se cominci a fare così» protestò blandamente la diretta interessata, ansimando pesantemente.
Il suo compagno sorrise leggermente a contatto col suo seno, gli occhi azzurri accesi di una luce calda e affettuosa. Si staccò dal suo petto e dal capezzolo un poco di latte gli schizzò in faccia, ma erano le ultime gocce. A quel punto si produsse in un rutto sommesso e mormorò: «Buonissimo, come le altre volte…».
Le mise entrambe le mani sui fianchi e la guidò fino a metterla distesa sul materasso; dopodiché fu lui a raddrizzarsi e mettersi carponi tra le sue gambe, sporgendosi sopra di lei per baciarla. Nel frattempo stava lavorando con la mano il suo pene per renderlo un poco più turgido, delle dimensioni adatte ad un amplesso.
Aggra lo baciò con trasporto, lieta di poter di nuovo avere un briciolo di intimità con il suo compagno. Quest’ultimo dopo poco iniziò a strofinarle la punta dura e grossa dell’erezione contro l’ingresso alla sua vagina. La femmina lo lasciò fare per un poco, continuando a baciarlo con fervore, salvo poi allontanarlo con un gesto brusco che lo colse alla sprovvista.
«Ti ho fatto male?» chiese Go’el, preoccupato dalla violenza con cui si era sottratta a lui.
«No ma… non voglio che tu entri» replicò a mezza voce l’Orchessa, indicando verso l’inguine del suo partner.
Quest’ultimo la guardò con espressione sbalordita e imbarazzata insieme.
«Ehm… io avevo capito… pensavo che tu volessi fare…» il suo viso si fece molto più colorito «Posso… sapere perché non vuoi? Sembravi molto entusiasta fino a poco fa...».
Dal suo tono di voce si capiva quanto fosse deluso dal suo improvviso rifiuto.
Aggra si raddrizzò e lo guardò dritto negli occhi con assoluta serietà.
«Scherzi? Se facciamo sesso e tu mi vieni dentro come ti piace così tanto fare, esce un fratellino o una sorellina a Durak prima ancora che tu te ne renda conto» spiegò in tono secco «Vuoi davvero stare sveglio la notte per badare a due pargoli insieme?».
Buona parte del naturale colorito di Go’el svanì dal suo viso nell’apprendere quella notizia. Immediatamente la sua espressione si caricò di terrore mentre si immaginava impegnato a cambiare il pannolino a due bebé strillanti nel pieno della notte. Era già difficile riuscire ad occuparsi dei suoi impegni come sciamano con un bambino, figurarsi con due!
«N-no! Ho capito, ho capito!» esclamò Go’el, mettendosi seduto sul giaciglio con espressione colpevole «Non lo sapevo… scusa...».
Abbassò lo sguardo sulla sua erezione, che svettava ignorata tra le sue cosce muscolose, mordendosi il labbro inferiore con aria tormentata.
«Uff… quindi dovrò tornare a fare da solo… come durante la gravidanza...» borbottò depresso. Era davvero triste doversi masturbare pur avendo una moglie splendida e non più incinta nei dintorni.
Fece per alzarsi, quando l’Orchessa gli bloccò con un piede la caviglia per attirare la sua attenzione.
«C'è una maniera per farlo comunque, anche se non penso ti piacerà» e Aggra ridacchiò.
Go’el la guardò con espressione stupita e curiosa insieme: «Non penso ci sia niente di peggio che dovermi masturbare perché non possiamo arrivare in fondo...».
Aggra lo fissò intensamente prima di spiegare: «Potremmo risolvere insieme… se decidessi di mettere il preservativo».
L’Orco la fissò per qualche istante, inarcando le sopracciglia, senza dire niente per un bel po'; infine proruppe in un: «Che cosa?! Spero sia uno scherzo!».
«Ti avevo detto che non ti sarebbe piaciuta la mia soluzione» gli fece notare sua moglie.
«Per forza! Quei cosi sono così scomodi… e stretti!» brontolò Go’el.
«In realtà è perché non li sai mettere» lo prese bonariamente in giro l’Orchessa «Quelle poche volte che li hai usati te l’ho dovuto sempre mettere io!».
«Non c'è bisogno di metterli. Danno solo fastidio! E rovinano l’intimità del momento» protestò vivacemente Go’el.
«Sì? E avere due figli… o persino di più… cui badare nel cuore della notte e in mezzo ai rituali cosa pensi che faccia?» ribatté a tono la sua compagna «Questo è il “prezzo” che impongo. Se non ti sta bene, puoi andare tranquillamente a sfogare i tuoi bassi istinti nella latrina».
Il suo tono di voce era duro. Era inamovibile, come una roccia, perciò a suo marito non rimaneva molto spazio per tentare di giungere ad un qualche accordo. Di nuovo rimase in silenzio per un po’, poi curvò le spalle - e per la prima volta agli occhi di Aggra apparve come un qualsiasi altro Orco - e borbottò: «… prendo il preservativo...».
Era il tono di voce di chi era appena uscito sconfitto e rassegnato da un acceso scontro verbale. Aggra si ritrovò stranamente compiaciuta dal risultato che aveva ottenuto e si protese ad accarezzargli una coscia mentre lui si allontanava in direzione del baule dove riponevano i loro oggetti privati. Il suo scopo era fargli capire che apprezzava il suo sacrificio.
Lo vide chinarsi e frugare all’interno del contenitore per un po’, mettendo in mostra il deretano decisamente tonico e allettante.
«Li hai trovati?» domandò Aggra, vedendo che continuava ad ispezionare il baule senza successo.
«Ero sicuro di aver messo da parte quelli avanz… ah! Eccoli… dannati aggeggi!».
L’Orco si raddrizzò e si mise a lavorare sul preservativo continuando a dare le spalle a sua moglie, la quale non vedeva l’ora di poter procedere.
«Hai fatto? Vuoi una mano?» chiese impaziente, portandosi carponi verso il bordo del giaciglio.
Go’el si girò per metà, facendosi vedere mentre tentava di incastrare il sottile sacchettino traslucido intorno alla sua erezione ormai mezza flaccida.
«Ce la faccio...» sbuffò mentre con le dita tentava di infilarsi sotto il bordo per tirarlo meglio su, verso la radice del pene - che era entrato solo per metà.
«A me non sembra...» lo prese in giro Aggra, raggiungendolo. Gli spostò le mani e si mise al lavoro lei stessa, riuscendo in breve laddove il suo compagno pareva non esserne in grado.
«Ecco fatto. Niente di così difficile» esclamò al termine dell’incarico, allungandosi a baciare Go’el prima di tornare sul giaciglio «Allora? Continuiamo o no?».
«Mi ero dimenticato quanto fosse orribile indossarlo...» commentò l’Orco, muovendosi per raggiungerla.
Si sdraiò accanto a lei, accarezzandola dolcemente mentre quest’ultima gli saliva a cavalcioni sopra.
«Vediamo di far fruttare il tuo “sacrificio”...» disse, spostandosi in maniera che la sua vagina fosse proprio sopra il suo pene, pronta ad essere penetrata.
Il suo partner la aiutò nello spostamento e si premurò di muovere il suo pene per metterlo nella direzione e all’angolo migliori per la penetrazione. Riusciva a sentire le sue labbra schiudersi attorno al suo glande protetto, quando all’improvviso un rumore di passi proveniente dalla stanza accanto spezzò la trepidante sensualità del momento.
I sandali sbatterono contro la pietra rapidamente e in breve l’intruso si manifestò sulla porta della loro camera da letto.
«Aggra! Thrall! Dovete venire, presto! Il rituale sta...».
L’inatteso ospite era un Orco di mezza età che ansimava leggermente per la fretta con cui era andato a portare loro il messaggio, ed era ben noto ad entrambi: si trattava dell’ex gladiatore Rehgar Earthfury.
Aggra e Thrall subito si voltarono verso di lui, colti così alla sprovvista da non riuscire nemmeno a spostarsi tempestivamente e fingere di stare dormendo.
Vedendoli in quella posizione, Rehgar si bloccò ed esclamò un semplice: «Ops...».
Quell’unico verso riuscì a spezzare la specie di trance in cui la coppia di Orchi era entrata.
«Rehgar!» gemette in tono di protesta Go’el «Perché diavolo non bussi prima di entrare?!».
«Non credevo che… queste cose si fanno di notte!» brontolò a sua difesa Rehgar.
«C’eravamo quasi, maledetto pervertito!» sbraitò Aggra fuori di sé, coprendosi i seni con un arto.
Sollevò il braccio libero verso l’alto e poi chiuse il pugno con violenza.
Oltre il suo fianco, Go’el vide Rehgar emettere un grugnito agonizzante e portarsi entrambe le mani tra le gambe, come a proteggere gli attributi. Un momento dopo cadde all’indietro di peso, continuando ad emettere versi decisamente sofferenti, lasciando così visibile lo sperone di roccia con l’estremità modellata a forma di pugno che fino ad un attimo prima era nascosto sotto i suoi gambali. Visto che era sicuro che non ci fosse mai stato, immaginò che fosse stato creato in un impeto di rabbia di sua moglie.
«Ho capito… vado via subito...» mormorò con voce stridula Rehgar, strisciando oltre la portata visiva dell’uscio. In lontananza lo sentirono imprecare in maniera piuttosto colorita.
Aggra sbuffò rumorosamente, ancora arrabbiata.
«Dobbiamo trovare qualcosa di meglio di una tenda da mettere all’ingresso della capanna. Evidentemente il concetto di privacy non esiste per certe persone!» ringhiò stizzita «Dove eravamo rimasti?» domandò poi, cercando di addolcire il tono di voce.
«Ehm… forse dovremmo rimandare… e andare a vedere che sta succedendo fuori...» le fece presente suo marito, tentando di non suonare troppo duro o autoritario. Non aveva intenzione di ritrovarsi con i testicoli maciullati da una stalattite dalla forma artistica.
Sua moglie lo fulminò con un’occhiataccia, al che Go’el rincarò la sua precedente affermazione con un: «Potrebbe essere urgente...».
L’Orchessa smontò bruscamente da lui e sospirò.
«Andiamo a controllare, tanto ormai anche volendo l’atmosfera è rovinata» brontolò, andando a riprendere la sua tunica «Ma stanotte andiamo fino in fondo. E rimetterai il preservativo da solo, chiaro? Non è possibile che un Orco della tua età non sia capace a prendere certe precauzioni di sua iniziativa...».
Go’el annuì senza alcuna esitazione, non certo per entusiasmo all’idea di essersi sottoposto inutilmente a quel genere di tortura e di doverla pure ripetere più tardi né tantomeno perché desiderava perdere altre preziose ore di sonno oltre a quelle che Durak già gli sottraeva. In quel momento aveva solo paura della furia che Aggra avrebbe potuto sfogare su di lui se solo si fosse azzardato a contraddirla.
Deathwing era quasi una compagnia piacevole se messo a confronto con Aggra quand’era sessualmente insoddisfatta.
Rating: Rosso
Genere: Fluff, Erotico, Slice of Life
Personaggi: Aggra, Durak, Thrall (Go'el)
Wordcount: 4389 (
![[community profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/community.png)
Timeline: Ambientata dopo l'espansione "Cataclysm".
Note: Het, Lemon, Vanilla Sex
Go’el emise un profondo sospiro colmo di amore e di tenerezza, sorridendo di fronte alle due persone che più erano importanti per lui nella vita in quel momento.
«Aveva solo fame…» Aggra alzò il viso ad incrociare il suo sguardo, incurvando le labbra dolcemente attorno alle zanne «Puoi tornare a dormire, non mi serve aiuto…».
Sua moglie era così incantevole mentre allattava Durak. Go’el si sentì riscaldare l’animo e non solo dinanzi a quello spettacolo. Non era la prima volta che accadeva, nonostante si peritasse un po' nel farglielo presente visto che stava facendo altro.
Aggra era in casa e stava cucinando il pranzo. L’odore delle verdure cotte si mescolava con quello della carne, suscitando brontolii decisamente poco trascurabili da parte dello stomaco di suo marito. Go’el era seduto davanti alla loro capanna e si stava occupando del loro bambino, Durak. Il piccolo era avvolto in un telo morbido e il faccino marrone faceva capolino insieme alle piccole braccia che il neonato agitava in aria.
Go’el lo teneva stretto a sé e lo cullava con l’amore che solo un padre può rivolgere al proprio figlio nonostante fosse chiaramente provato dalla paternità: gli occhi azzurri erano appesantiti da occhiaie per la mancanza di sonno e la sua espressione manifestava stanchezza. Ogni tanto si esibiva in poderosi sbadigli che gli lasciavano piccole lacrime ai lati degli occhi.
Durak stava rendendo difficile la vita a lui e ad Aggra. Durante la notte si svegliava e piangeva ogni poche ore per essere allattato o cambiato e i due facevano a turno ad alzarsi per l’una o l’altra faccenda. Go’el non immaginava che potesse essere così impegnativo e deleterio prendersi cura di un bambino, però la gioia di vederlo sorridere e giocare tra le sue braccia compensava ampiamente i suoi sacrifici.
L’Orco stava cominciando ad abbioccarsi col figlioletto in braccio quando improvvisamente sentì qualcosa aggrapparsi con forza ad una delle sue lunghe trecce di capelli e tirare. Essendo questi attaccati prevalentemente all’altezza delle basette - dove la pelle era più sensibile a certe sollecitazioni - Go’el sobbalzò di scatto con un vigoroso: «Ahio!».
Adesso era completamente sveglio - di nuovo - e la sua attenzione si spostò al fagottino che teneva tra le braccia: Durak rideva mentre strattonava i capelli di suo padre con una manina. Aveva una presa sorprendentemente forte per essere così piccolo e anche gli strattoni che dava non erano da meno.
«Durak! Non puoi giocare con quella-ahi!» lo sciamano gli sottrasse dalla manina la treccia il più in fretta possibile e poi sollevò il pargolo con entrambe le mani «Su, piccolo mio, da bravo… tra poco tornerà la mamma».
Durak allungò le mani verso la folta barba del padre e non essendo in grado di raggiungere né quella né il suo giocattolo preferito, fece l’unica cosa che gli rimaneva per ottenere quel che voleva: scoppiò a piangere a pieni polmoni.
Go’el sbiancò in viso vedendolo dimenarsi e frignare così forte: la mancanza di sonno lo rendeva vulnerabile ai rumori troppi forti.
«No, no! Ti prego non piangere, Durak… non di nuovo. Avanti, su… fai il bravo».
Thrall lo fece dondolare e cercò di fargli delle smorfie buffe per farlo ridere, ma senza successo. Alla fine, sconfitto, prese una delle sue trecce e gliela agitò davanti.
«Guarda che c’è! La treccia di papà!» esclamò, la testa che gli martellava per i pianti del figlio «Prendila e giocaci, mh? Guarda come dondola».
Gli fece oscillare il ciuffo finale sul visetto e Durak l’afferrò prontamente. Smise di piangere e scoppiò a ridere mentre lo stringeva e cominciava ad agitare la manina, tirandolo.
«P-piano! Fai piano, Durak…!» lo supplicò Go’el. Emise un gemito rassegnato mentre il suo pargoletto rideva come un matto tormentandogli i capelli e cercò di posizionarlo in maniera da lasciargli abbastanza capelli da non tirarglieli più così tanto.
Aggra li osservava dalla finestrella della cucina, sorridendo intenerita di fronte alla goffa difficoltà di Go’el nell’interagire col loro figlio. Neanche lei aveva esperienza nel prendersi cura dei bambini, ma lui aveva un che di tenero e impacciato nel farlo che sembrava farle riscoprire di nuovo perché si era innamorata di lui e lo aveva scelto come suo compagno per la vita.
Improvvisamente udì al di sopra dei versetti di Durak il brontolio inconfondibile della pancia di Go’el. Sorrise e si sporse dalla finestra.
«Il pranzo è quasi pronto! Se vuoi portare Durak dentro intanto...» esclamò a voce alta.
Suo marito sobbalzò leggermente, colto alla sprovvista dal suo richiamo, e si volse verso di lei. I suoi occhi azzurri tradivano il suo entusiasmo all’idea dell’imminente pasto.
«Davvero? Allora arrivo!» disse, alzandosi prontamente in piedi e tornando in casa con Durak ancora stoicamente appeso alla sua treccia.
Rientrò in casa e Aggra gli andò incontro per prendere il bambino dalle sue braccia.
«Piano… si è messo a giocare coi miei capelli...» le fece notare l’Orco, nella speranza che non glieli tirasse anche lei.
L’Orchessa rise mentre cautamente strappava via Durak dal suo nuovo giocattolo. Stavolta il piccolo non esplose in un pianto disperato: si appoggiò al petto morbido della madre, tirando leggermente la sua tunica sul seno con la manina.
Aggra lo cullò distrattamente guardando suo marito che si riappropriava con sollievo della sua treccia.
«Forse dovresti prendere in considerazione l’idea di tagliare i capelli, amore mio...» suggerì sua moglie con un leggero tono scherzoso «Così Durak non potrebbe più “tenerti in pugno”» aggiunse, prendendo una delle trecce di Go’el e strofinandogli sul naso il ciuffetto all’estremità.
L’Orco starnutì e scosse il capo per farle mollare la presa.
«Anche tu hai i capelli lunghi» le fece notare lui «Perché non li tagli anche te?».
Aggra scosse la testa quasi completamente rasata, facendo oscillare la lunga coda di capelli castani che si trovava sulla sommità del capo.
«Perché i miei sono fuori portata… ma tu sei l’Orco più peloso che abbia mai visto» replicò in tono ilare.
«Credevo che ti piacessero i miei capelli» brontolò Go’el, imbarazzato: effettivamente tra gli Orchi che aveva incontrato in vita sua, solo Grommash Hellscream poteva essere paragonato a lui in quanto a lunghezza dei capelli. A lui non dava particolarmente fastidio la sua folta chioma, però doveva ammettere che non era proprio il massimo della praticità con Durak.
«Io non ho nessun problema coi tuoi capelli, cuore mio» Aggra gli accarezzò una guancia partendo dallo zigomo e poi scendendo fino al margine della mandibola, ricoperto di un fitto strato di barba «Dico solo che potrebbe essere difficile riuscire a tenerli così lunghi con Durak d’intorno...» aggiunse, grattandogli il mento.
Go’el emise un lieve verso roco di apprezzamento con la gola, prima che il suo stomaco protestasse ulteriormente, riportando entrambi alla realtà.
«D’accordo, qualcuno qui ha fame… e per una volta non si tratta di Durak» e Aggra rise, allontanandosi in direzione della stanza del neonato «Puoi andare a tavola intanto».
Imbarazzato, suo marito la precedette a tavola e si sedette al suo solito posto. L’aroma di cibo era davvero forte adesso, tale da fargli venire l’acquolina in bocca. Era difficile resistere percependo quel gradevole profumo nell’aria, ma non voleva mangiare senza la sua compagna. Era scortese, specialmente considerato che era lei ad aver cucinato e che forse lei ancor più di lui aveva bisogno di rimettersi in forze, visto che ancora allattava il loro figlioletto.
Si mise a giocherellare con una delle sue trecce, ponderando sul suggerimento datogli da Aggra. Forse non aveva tutti i torti: sarebbe stato molto più pratico tenerli corti e avrebbe anche eliminato il problema di doverli pettinare e riannodare ogni volta che si lavava.
«Eccomi!» Aggra si materializzò alle spalle di Go’el all’improvviso e l’Orco si affrettò a lasciar cadere la sua treccia prima che venisse visto «Deve essersi stancato parecchio a giocare coi tuoi capelli. Si è addormentato» aggiunse l’Orchessa. Stava ovviamente parlando di Durak.
Go’el tirò un lievissimo sospiro di sollievo.
«Possiamo mangiare con calma dunque?» chiese con una punta di speranza nella voce.
Aggra portò in tavola il pranzo - un’abbondante portata singola di spessi filetti di carne circondati da fette di pomodoro ricoperte di polvere gialla - e gli diede una lieve gomitata nel braccio.
«Go’el! Sei davvero senza cuore!» brontolò.
«Non voglio dire che non voglia bene a Durak, solo che… uff, ci impone degli orari orribili...» cercò di spiegarsi l’Orco «Anche se cerchi di non darlo a vedere, è chiaro che sei sfinita pure te...» soggiunse, servendo un bel filetto nel piatto della sua partner.
«Di certo non fa bene a nessuno dei due fare le ore piccole» rispose Aggra «Ma non dirmi che per questo sei arrabbiato con tuo figlio...».
«No, no! Non lo penserai davvero?!» esclamò oltraggiato Go’el, prendendo anche per sé un bel filetto, avendo cura di evitare i pomodori.
Sua moglie notò la cosa, perché si affrettò a rimproverarlo: «Sono pomodori e patate condite con origano. Mangiali, forza».
«Mi basta la carne» replicò precipitosamente l’Orco, prima di tagliarsi un boccone e infilarselo in bocca. La carne era cotta come piaceva a lui, morbida e saporita. Era una deliziosa consolazione per le lunghe ore che aveva trascorso sveglio a badare a Durak durante la notte.
«Non puoi mangiare solo carne» lo rimbeccò l’Orchessa, infilzando con la forchetta diverse fette di pomodoro e portandole di fronte alla bocca di suo marito.
Quest’ultimo fece una smorfia e cercò di allontanarsi ma Aggra si fece valere e gli permette la forchetta sulle labbra.
«Vuoi fare il bambino anche te? Non sei un po' troppo grande?» lo prese bonariamente in giro la sua compagna, ridacchiando «Su, apri la bocca!».
Go’el fece una specie di smorfia e aprì leggermente le labbra, consentendo ad Aggra di imboccarlo. Masticò malvolentieri e poi inghiottì.
«Allora? Non dirmi che sono cattivi...» fece l’Orchessa, lanciandogli un’occhiata d’ammonimento.
«Uhm…» emise un verso con la bocca ancora piena, poi si servì da solo di altri pomodori. Ne infilzò con la forchetta alcuni e poi prese un altro pezzetto di carne e li mangiò insieme.
«Immagino che sia un sì» disse l’Orchessa, sorridendo soddisfatta.
Mangiarono il pranzo serenamente per la prima volta dopo parecchi giorni. Erano felici di poter avere un poco di tempo da dedicare a loro stessi. Purtroppo però quel momento non era destinato a durare a lungo: mentre i due sonnecchiavano sul loro giaciglio, sazi e sfiniti, il pianto di Durak si levò assordante come sempre.
Aggra scattò seduta come se si fosse accorta di essersi stesa su un letto di spine, gli occhi spalancati ancora gonfi di sonno. Aveva una mano premuta sull’addome nudo di suo marito, che russava piano accanto a lei.
«Il bambino...» esclamò con voce impastata. Appoggiandosi a Go’el si issò in piedi traballando leggermente per la rapidità del movimento e si diresse verso la porta della stanza.
Alle sue spalle, con un grugnito di sofferenza, il suo compagno si ridestò scontento dal suo sonno accarezzandosi la pancia dolorante. Si mise lentamente seduto, sbadigliando, e la prima cosa che sentì fu il pianto del figlio. Non trovando Aggra al suo fianco, immaginò che fosse andata lei, il che significava che lui poteva riposarsi ancora un po’; tuttavia, si sentiva in colpa a lasciarla da sola ad occuparsi di Durak. Era più forte di lui, si sentiva in dovere di darle una mano nonostante starsene lì sul giaciglio fosse così bello e rilassante.
Si mise seduto e poi carponi, alzandosi in piedi una volta fuori del giaciglio e dirigendosi verso la stanza di Durak. Sbadigliò diverse volte ma non per questo si decise a tornare indietro.
All’improvviso mentre stava per affacciarsi alla porta, il pargolo smise di piangere.
«Aggra…? Hai bisogno di una mano?» chiese l’Orco, manifestandosi nel vano della porta. Parlava piano, come se temesse di disturbare.
Sua moglie si trovava seduta vicino alla culla di Durak. Aveva la tunica slacciata e il piccolo era tra le sue braccia, con la bocca attaccata ad uno dei suoi capezzoli nudi. Lei era splendida e nei suoi occhi ambrati leggeva tutto il suo amore per suo figlio.
Go’el emise un profondo sospiro colmo di amore e di tenerezza, sorridendo di fronte alle due persone che più erano importanti per lui nella vita in quel momento.
«Aveva solo fame…» Aggra alzò il viso ad incrociare il suo sguardo, incurvando le labbra dolcemente attorno alle zanne «Puoi tornare a dormire, non mi serve aiuto…».
Sua moglie era così incantevole mentre allattava Durak. Go’el si sentì riscaldare l’animo e non solo dinanzi a quello spettacolo. Non era la prima volta che accadeva, nonostante si peritasse un po' nel farglielo presente visto che stava facendo altro.
Rimase a fissarla finché non finì di dare il latte a Durak, quindi le si avvicinò per prendere il pargolo e cullarlo mentre si addormentava, ormai sazio. Aggra si risistemò la tunica, spiando il compagno in silenzio. A dispetto della stanchezza, si comportava da bravo padre.
Dopo che ebbe rimboccato le copertine a Durak, Go’el si volse verso la sua compagna e la fissò con cipiglio leggermente imbarazzato pensando a ciò che voleva chiederle.
«Ehm, Aggra… hai ancora del latte… lì?» chiese, abbassando leggermente il tono di voce man mano che parlava. Era palesemente a disagio.
La sua partner rimase momentaneamente stupita dalla sua richiesta, ma solo perché l’aveva colta alla sprovvista. Ovviamente, Go’el fraintese lo sguardo che gli rivolse.
«Io speravo… ecco… che potessi...» l’Orco scosse piano il capo, contrito «Oh, non importa… sarai stanca immagino...».
«Ho capito, cuore mio» gli disse in tono dolce lei, annullando la breve distanza tra di loro. Gli accarezzò con una mano la guancia, teneramente e con fare leggermente consolatorio, strappandogli un lieve gemito di apprezzamento.
«Direi che posso farlo… Durak mi ha prosciugata solo da un lato...» aggiunse «In effetti è fastidioso essere ancora carica di latte solo da un lato...».
L’Orchessa ammiccò al marito prima di baciarlo, appoggiandosi contro il suo largo petto muscoloso.
Go’el riprese coraggio per quel gesto spavaldo e affettuoso e si raddrizzò, ricambiando prontamente il suo bacio e stringendola tra le braccia con amore. Non solo, la sollevò anche da terra per riportarla nella loro camera.
«Oh, Go’el!» esclamò Aggra sorpresa, aggrappandosi forte al suo collo e alle sue spalle quando si sentì sollevare improvvisamente.
«Non gridare, sveglierai Durak…!» la rimproverò divertito lui mentre la riportava nella loro camera da letto.
Aggra ridacchiò fingendosi offesa.
«E allora dovrai zittirmi...» disse, accostandosi al suo viso.
Go’el la baciò di nuovo mentre varcava la porta della loro stanza e poi la depositò sul loro giaciglio.
Si liberò dei vestiti in fretta e sua moglie fece altrettanto, lanciando la sua tunica contro una parete. I suoi seni erano così gonfi rispetto al solito, rotondi e molto più morbidi, da esercitare un richiamo eccezionalmente forte sull’Orco. Quest’ultimo salì carponi sul giaciglio e si portò sopra sua moglie. La baciò ancora e l’accarezzò. Aggra d’altro canto lo spinse prontamente disteso di fianco a sé e invertì la posizione, salendo a cavalcioni del suo compagno. Si sporse verso il basso, sopra la sua faccia, e gli offrì uno dei suoi seni.
«Non avevi detto di voler assaggiare?» domandò a bassa voce.
Go’el si sollevò leggermente, attaccandosi al seno della sua compagna. Si assicurò di non morderle il capezzolo né di sfregarle la pelle con le zanne laterali più lunghe: sapeva che era particolarmente delicata e sensibile in quei punti del corpo durante quel periodo e non voleva farle inutilmente del male.
Non appena stuzzicò con le labbra e la lingua la cima turgida del capezzolo, da esso fuoriuscì copiosamente il latte. Era tiepido e gustoso, molto più di quanto fosse il latte normale, ed era anche un poco più liquido. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta che Go’el si era azzardato a chiederle di poter succhiare il latte, visto il ritmo con cui Durak inizialmente doveva essere allattato. Adesso che era passato un poco di tempo dalla sua nascita, Aggra non doveva dargli da bere così di frequente, per cui aveva voluto tentare. Ora come ora, era contento di averlo fatto.
Sua moglie gli premette il seno contro la bocca, mugolando lievemente ed agitandosi col bacino su di lui, il quale percepì un familiare calore alle parti basse. Ad Aggra a quanto sembrava piaceva molto essere stimolata sul capezzolo. L’Orco immaginò che fosse anch’essa una conseguenza dell’aumentata sensibilità e decise che ne avrebbe un poco approfittato: con una mano andò a stringerle leggermente il capezzolo rimasto fino ad allora ignorato, sperando di darle ulteriore piacere.
I gemiti di Aggra confermarono la sua teoria in men che non si dica; non solo, spinsero anche l’Orchessa a dimenarsi sopra di lui con maggiore enfasi e schiacciargli ulteriormente il seno contro la bocca. Go’el si sentì avvampare di desiderio per lei e trattenersi cominciò a divenire davvero complicato. Dopo pochi minuti divenne una condizione insostenibile: lasciò perdere il capezzolo cui non era attaccato con le labbra e spinse la mano - di nuovo libera - verso il basso, alla ricerca del punto preferito di Aggra.
In breve si ritrovò con le dita bagnate e la cosa gli piacque, specialmente quando finalmente riuscì ad appoggiare il polpastrello umido dell’indice proprio sulla cima del clitoride dell’Orchessa. Strofinando con garbo, riuscì a farla gemere ancor di più.
«Non… riesco a darti il latte se… se cominci a fare così» protestò blandamente la diretta interessata, ansimando pesantemente.
Il suo compagno sorrise leggermente a contatto col suo seno, gli occhi azzurri accesi di una luce calda e affettuosa. Si staccò dal suo petto e dal capezzolo un poco di latte gli schizzò in faccia, ma erano le ultime gocce. A quel punto si produsse in un rutto sommesso e mormorò: «Buonissimo, come le altre volte…».
Le mise entrambe le mani sui fianchi e la guidò fino a metterla distesa sul materasso; dopodiché fu lui a raddrizzarsi e mettersi carponi tra le sue gambe, sporgendosi sopra di lei per baciarla. Nel frattempo stava lavorando con la mano il suo pene per renderlo un poco più turgido, delle dimensioni adatte ad un amplesso.
Aggra lo baciò con trasporto, lieta di poter di nuovo avere un briciolo di intimità con il suo compagno. Quest’ultimo dopo poco iniziò a strofinarle la punta dura e grossa dell’erezione contro l’ingresso alla sua vagina. La femmina lo lasciò fare per un poco, continuando a baciarlo con fervore, salvo poi allontanarlo con un gesto brusco che lo colse alla sprovvista.
«Ti ho fatto male?» chiese Go’el, preoccupato dalla violenza con cui si era sottratta a lui.
«No ma… non voglio che tu entri» replicò a mezza voce l’Orchessa, indicando verso l’inguine del suo partner.
Quest’ultimo la guardò con espressione sbalordita e imbarazzata insieme.
«Ehm… io avevo capito… pensavo che tu volessi fare…» il suo viso si fece molto più colorito «Posso… sapere perché non vuoi? Sembravi molto entusiasta fino a poco fa...».
Dal suo tono di voce si capiva quanto fosse deluso dal suo improvviso rifiuto.
Aggra si raddrizzò e lo guardò dritto negli occhi con assoluta serietà.
«Scherzi? Se facciamo sesso e tu mi vieni dentro come ti piace così tanto fare, esce un fratellino o una sorellina a Durak prima ancora che tu te ne renda conto» spiegò in tono secco «Vuoi davvero stare sveglio la notte per badare a due pargoli insieme?».
Buona parte del naturale colorito di Go’el svanì dal suo viso nell’apprendere quella notizia. Immediatamente la sua espressione si caricò di terrore mentre si immaginava impegnato a cambiare il pannolino a due bebé strillanti nel pieno della notte. Era già difficile riuscire ad occuparsi dei suoi impegni come sciamano con un bambino, figurarsi con due!
«N-no! Ho capito, ho capito!» esclamò Go’el, mettendosi seduto sul giaciglio con espressione colpevole «Non lo sapevo… scusa...».
Abbassò lo sguardo sulla sua erezione, che svettava ignorata tra le sue cosce muscolose, mordendosi il labbro inferiore con aria tormentata.
«Uff… quindi dovrò tornare a fare da solo… come durante la gravidanza...» borbottò depresso. Era davvero triste doversi masturbare pur avendo una moglie splendida e non più incinta nei dintorni.
Fece per alzarsi, quando l’Orchessa gli bloccò con un piede la caviglia per attirare la sua attenzione.
«C'è una maniera per farlo comunque, anche se non penso ti piacerà» e Aggra ridacchiò.
Go’el la guardò con espressione stupita e curiosa insieme: «Non penso ci sia niente di peggio che dovermi masturbare perché non possiamo arrivare in fondo...».
Aggra lo fissò intensamente prima di spiegare: «Potremmo risolvere insieme… se decidessi di mettere il preservativo».
L’Orco la fissò per qualche istante, inarcando le sopracciglia, senza dire niente per un bel po'; infine proruppe in un: «Che cosa?! Spero sia uno scherzo!».
«Ti avevo detto che non ti sarebbe piaciuta la mia soluzione» gli fece notare sua moglie.
«Per forza! Quei cosi sono così scomodi… e stretti!» brontolò Go’el.
«In realtà è perché non li sai mettere» lo prese bonariamente in giro l’Orchessa «Quelle poche volte che li hai usati te l’ho dovuto sempre mettere io!».
«Non c'è bisogno di metterli. Danno solo fastidio! E rovinano l’intimità del momento» protestò vivacemente Go’el.
«Sì? E avere due figli… o persino di più… cui badare nel cuore della notte e in mezzo ai rituali cosa pensi che faccia?» ribatté a tono la sua compagna «Questo è il “prezzo” che impongo. Se non ti sta bene, puoi andare tranquillamente a sfogare i tuoi bassi istinti nella latrina».
Il suo tono di voce era duro. Era inamovibile, come una roccia, perciò a suo marito non rimaneva molto spazio per tentare di giungere ad un qualche accordo. Di nuovo rimase in silenzio per un po’, poi curvò le spalle - e per la prima volta agli occhi di Aggra apparve come un qualsiasi altro Orco - e borbottò: «… prendo il preservativo...».
Era il tono di voce di chi era appena uscito sconfitto e rassegnato da un acceso scontro verbale. Aggra si ritrovò stranamente compiaciuta dal risultato che aveva ottenuto e si protese ad accarezzargli una coscia mentre lui si allontanava in direzione del baule dove riponevano i loro oggetti privati. Il suo scopo era fargli capire che apprezzava il suo sacrificio.
Lo vide chinarsi e frugare all’interno del contenitore per un po’, mettendo in mostra il deretano decisamente tonico e allettante.
«Li hai trovati?» domandò Aggra, vedendo che continuava ad ispezionare il baule senza successo.
«Ero sicuro di aver messo da parte quelli avanz… ah! Eccoli… dannati aggeggi!».
L’Orco si raddrizzò e si mise a lavorare sul preservativo continuando a dare le spalle a sua moglie, la quale non vedeva l’ora di poter procedere.
«Hai fatto? Vuoi una mano?» chiese impaziente, portandosi carponi verso il bordo del giaciglio.
Go’el si girò per metà, facendosi vedere mentre tentava di incastrare il sottile sacchettino traslucido intorno alla sua erezione ormai mezza flaccida.
«Ce la faccio...» sbuffò mentre con le dita tentava di infilarsi sotto il bordo per tirarlo meglio su, verso la radice del pene - che era entrato solo per metà.
«A me non sembra...» lo prese in giro Aggra, raggiungendolo. Gli spostò le mani e si mise al lavoro lei stessa, riuscendo in breve laddove il suo compagno pareva non esserne in grado.
«Ecco fatto. Niente di così difficile» esclamò al termine dell’incarico, allungandosi a baciare Go’el prima di tornare sul giaciglio «Allora? Continuiamo o no?».
«Mi ero dimenticato quanto fosse orribile indossarlo...» commentò l’Orco, muovendosi per raggiungerla.
Si sdraiò accanto a lei, accarezzandola dolcemente mentre quest’ultima gli saliva a cavalcioni sopra.
«Vediamo di far fruttare il tuo “sacrificio”...» disse, spostandosi in maniera che la sua vagina fosse proprio sopra il suo pene, pronta ad essere penetrata.
Il suo partner la aiutò nello spostamento e si premurò di muovere il suo pene per metterlo nella direzione e all’angolo migliori per la penetrazione. Riusciva a sentire le sue labbra schiudersi attorno al suo glande protetto, quando all’improvviso un rumore di passi proveniente dalla stanza accanto spezzò la trepidante sensualità del momento.
I sandali sbatterono contro la pietra rapidamente e in breve l’intruso si manifestò sulla porta della loro camera da letto.
«Aggra! Thrall! Dovete venire, presto! Il rituale sta...».
L’inatteso ospite era un Orco di mezza età che ansimava leggermente per la fretta con cui era andato a portare loro il messaggio, ed era ben noto ad entrambi: si trattava dell’ex gladiatore Rehgar Earthfury.
Aggra e Thrall subito si voltarono verso di lui, colti così alla sprovvista da non riuscire nemmeno a spostarsi tempestivamente e fingere di stare dormendo.
Vedendoli in quella posizione, Rehgar si bloccò ed esclamò un semplice: «Ops...».
Quell’unico verso riuscì a spezzare la specie di trance in cui la coppia di Orchi era entrata.
«Rehgar!» gemette in tono di protesta Go’el «Perché diavolo non bussi prima di entrare?!».
«Non credevo che… queste cose si fanno di notte!» brontolò a sua difesa Rehgar.
«C’eravamo quasi, maledetto pervertito!» sbraitò Aggra fuori di sé, coprendosi i seni con un arto.
Sollevò il braccio libero verso l’alto e poi chiuse il pugno con violenza.
Oltre il suo fianco, Go’el vide Rehgar emettere un grugnito agonizzante e portarsi entrambe le mani tra le gambe, come a proteggere gli attributi. Un momento dopo cadde all’indietro di peso, continuando ad emettere versi decisamente sofferenti, lasciando così visibile lo sperone di roccia con l’estremità modellata a forma di pugno che fino ad un attimo prima era nascosto sotto i suoi gambali. Visto che era sicuro che non ci fosse mai stato, immaginò che fosse stato creato in un impeto di rabbia di sua moglie.
«Ho capito… vado via subito...» mormorò con voce stridula Rehgar, strisciando oltre la portata visiva dell’uscio. In lontananza lo sentirono imprecare in maniera piuttosto colorita.
Aggra sbuffò rumorosamente, ancora arrabbiata.
«Dobbiamo trovare qualcosa di meglio di una tenda da mettere all’ingresso della capanna. Evidentemente il concetto di privacy non esiste per certe persone!» ringhiò stizzita «Dove eravamo rimasti?» domandò poi, cercando di addolcire il tono di voce.
«Ehm… forse dovremmo rimandare… e andare a vedere che sta succedendo fuori...» le fece presente suo marito, tentando di non suonare troppo duro o autoritario. Non aveva intenzione di ritrovarsi con i testicoli maciullati da una stalattite dalla forma artistica.
Sua moglie lo fulminò con un’occhiataccia, al che Go’el rincarò la sua precedente affermazione con un: «Potrebbe essere urgente...».
L’Orchessa smontò bruscamente da lui e sospirò.
«Andiamo a controllare, tanto ormai anche volendo l’atmosfera è rovinata» brontolò, andando a riprendere la sua tunica «Ma stanotte andiamo fino in fondo. E rimetterai il preservativo da solo, chiaro? Non è possibile che un Orco della tua età non sia capace a prendere certe precauzioni di sua iniziativa...».
Go’el annuì senza alcuna esitazione, non certo per entusiasmo all’idea di essersi sottoposto inutilmente a quel genere di tortura e di doverla pure ripetere più tardi né tantomeno perché desiderava perdere altre preziose ore di sonno oltre a quelle che Durak già gli sottraeva. In quel momento aveva solo paura della furia che Aggra avrebbe potuto sfogare su di lui se solo si fosse azzardato a contraddirla.
Deathwing era quasi una compagnia piacevole se messo a confronto con Aggra quand’era sessualmente insoddisfatta.