fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Costanti imprescindibili
Rating: Verde
Genere: Generale
Personaggi: Bignè (OC!Nano)
Wordcount: 1350 ([community profile] fiumidiparole)
Prompt: Elfpunk per la Tearoom di Zelmira della Notte Bianca 26 @ Lande Di Fandom
Note: Gen, Modern!AU
Deciso a non farsi prendere dal panico nonostante tutto, il nano avanzò pian piano verso il fondo del corridoio, che non era abbastanza largo da farlo passare agevolmente.
In fondo c’era quella che pareva una stanza più grande.
«Elf?» chiamò con voce leggermente tremula «Se è uno scherzo… giuro che ti lascio senza dolci per una settimana!» brontolò tentando di apparire più saldo e risoluto quando di fatto non desiderava altro che rimpicciolirsi e svanire.


Bignè, sfinito dall’ennesima estenuante giornata, si trascinò fino alla minuscola camera da letto dell’appartamento in cui viveva da alcuni giorni a quella parte. Pur essendo un nano, aveva avuto la “sfortuna” di nascere gigante tra quelli della sua razza e la sua passione smodata per i dolci aveva fatto sì che oltre ad essere alto fosse anche molto largo.
Di profilo e abbassando leggermente la testa si infilò nella camera, si spogliò dei suoi vestiti e goffamente si mise a letto. Sospirò pesantemente, fissando il soffitto vuoto e bianco. Per la prima volta da quando era finito in quel mondo assurdo, caotico e chiassoso, si sentiva abbastanza sereno.
Tutto era cominciato qualche giorno prima, quando, entrando nel bagno della grande e famosa pasticceria che era riuscito a costruire con l’aiuto dei suoi compagni Elf e Ninf al limitare del Bosco di Topple, per qualche strano incantesimo o scherzo del destino si era ritrovato non nella confortevole toilette che conosceva così bene quanto piuttosto in un posto del tutto sconosciuto che profumava di vaniglia e cioccolata.
Perplesso dall’anonimo corridoio illuminato da strane candele senza cera appese al soffitto che aveva di fronte, Bignè si voltò istintivamente per cercare di tornare da dove era venuto ma oltre la porta che aveva appena attraversato non c’era la sua pasticceria, bensì un ripostiglio pieno di sacchetti di farina, scatole di uova ed altro.
Deciso a non farsi prendere dal panico nonostante tutto, il nano avanzò pian piano verso il fondo del corridoio, che non era abbastanza largo da farlo passare agevolmente.
In fondo c’era quella che pareva una stanza più grande.
«Elf?» chiamò con voce leggermente tremula «Se è uno scherzo… giuro che ti lascio senza dolci per una settimana!» brontolò tentando di apparire più saldo e risoluto quando di fatto non desiderava altro che rimpicciolirsi e svanire. Mai come in quel momento invidiava gli altri nani di Sassalonica per la loro tipica stazza ridotta.
Giunse in fondo al corridoio e si ritrovò in una stanza illuminata da una luce di un bianco accecante che veniva ulteriormente accresciuto dal rivestimento di quadrati lucidi e levigati dello stesso colore. Bignè dovette sbattere più volte le palpebre prima di riuscire ad identificare il posto. Si trattava di una cucina, o almeno così poteva dedurre dalla sua grande esperienza in fatto di cucine. C’erano banconi color crema stipati di ciotole e mestoli, una fila di mattarelli di varie dimensioni che pendeva da una sbarra di metallo appesa sopra uno strano arnese nero sul quale erano sistemate diverse grosse pentole e anche alcuni pentolini. In un angolo si trovava tutta un’ampia gamma di attrezzi che non aveva mai visto prima di allora ma che gli causavano una specie di “prurito artistico”, stuzzicando la sua innata e irrefrenabile curiosità.
«Elf?» chiamò ancora, mentre si avvicinava agli oggetti misteriosi «Se sei nascosto nei paraggi… farai bene ad uscire allo scoperto...».
Intanto si era reso conto che oltre a ciò che aveva attirato la sua curiosità c’erano anche attrezzi del suo mestiere per lui ancor più familiari dell’odore misto di vari tipi di crema che adesso permeava l’aria: stampi per pasticcini - decisamente colorati e morbidi per i suoi gusti ma comunque riconoscibili - e una sac‑à‑poche di un materiale a lui ignoto simile alla carta ma più ruvido al tatto infilata in un piedistallo rigido a forma di cono rovesciato nella cui base - rotonda e slargata - erano alloggiati un numero apparentemente infinito di beccucci di metallo.
Gli occhi di Bignè luccicarono sotto le sopracciglia cespugliose. Prese la sac‑à‑poche e cominciò ad inserirci i vari beccucci, esaminandoli uno per uno.
Era tutto preso dal suo esame quando una squillante voce maschile esclamò: «Signor Big! Signor Big!».
Bignè sobbalzò e lasciò cadere la sac‑à‑poche per lo spavento. Si girò a fronteggiare chiunque lo stesse chiamando con il nomignolo che gli aveva affettuosamente dato Elf e che soltanto Ninf oltre a lui era autorizzata ad utilizzare.
Da un’altra porta che si trovava all’estremità opposta della cucina rispetto al vano per cui era entrato si trovava un Umano di mezza età coi capelli neri e corti, una barbetta incolta sul mento che pareva ridicola se confrontata con la sua e gli occhi azzurri. Indossava una camicia e dei curiosi pantaloni stretti e di un tessuto blu di una tinta non uniforme.
Bignè rimase disorientato dal suo ingresso e non sapeva cosa dire o fare. Probabilmente era capitato in casa di qualcuno. Stava per spiegare il malinteso quando l’Umano parlò di nuovo e disse: «Signor Big, avete preparato i tortini al limone?».
La cosa che più lasciò perplesso il nano fu che quello sconosciuto non gli parlò in gulfingariano, bensì in alto elfico. Ringraziò silenziosamente il suo compagno per le lezioni che gli aveva dato riguardo la sua lingua madre nei mesi successivi all’apertura della loro pasticceria. Ma perché un Umano parlava con lui in alto elfico pretendendo che lo conoscesse?
«Io...» esordì Bignè, senza sapere davvero che dire. Era tutto così assurdo che non sapeva neanche da dove partire per spiegare cosa era accaduto.
L’Umano però non sembrava intenzionato a perdere altro tempo con le sue scuse: marciò verso di lui e lo afferrò per le braccia, scuotendolo.
«Signor Big, la prego! Li ha finiti i tortini al limone, vero?» lo stava letteralmente implorando «Il cliente di là è il più importante che abbiamo mai avuto da quando abbiamo aperto! Non possiamo deluderlo!».
Confusione, paura e panico erano le uniche emozioni che il nano era in grado di provare in quel momento. Non sapeva dove si trovava e non sapeva chi era l’Umano che lo stava stressando con tanta insistenza in una lingua che non era la sua; eppure, in mezzo al caos che regnava nella sua mente improvvisamente riuscì a prendere il sopravvento il pasticcere che era dentro di lui.
Non era più importante dove si trovava o con chi era. L’importante era che aveva un ordine da portare a termine in quella cucina e lo avrebbe fatto.
Afferrò per i fianchi l’Umano e fermò il suo incessante scuotimento.
«Di’ al cliente che torni tra due ore e avrà i suoi tortini al limone. Quanti ne servono?» disse col tono più serio possibile.
«Una ventina...» disse l’Umano.
«Bene, ora va’ di là e non tornare a disturbarmi finché non ho finito» gli intimò Bignè, spingendolo verso la porta da cui era uscito.
L’Umano rimase a guardarlo titubante per qualche secondo ancora prima di defilarsi, lasciando il nano fuori misura ad affrontare il suo tipo preferito di sfida.
Nonostante la mancanza di familiarità con l’ambiente, una cucina era pur sempre una cucina e in men che non si dica riuscì a tirar fuori ingredienti, ciotole e tutto l’occorrente. Si mise a lavorare alacremente, senza mai fermarsi un istante, spinto dalla passione e dall’adrenalina che lo pervadevano sempre quando si trattava di cucinare dolci, di qualsiasi natura essi fossero. Era rasserenante pensare che almeno le sue doti culinarie fossero ancora utili.
Allo scadere delle due fatidiche ore, l’Umano tornò in cucina in gran fretta, quasi di corsa, appena in tempo per assistere all’uscita dal forno di una enorme teglia piena di pasticcini a cupola fumanti e profumati di limone.
Bignè li posò sul bancone e si volse verso lo sconosciuto con un sorriso soddisfatto.
«Pronti, come promesso» disse con un certo orgoglio in alto elfico.
Lo sconosciuto saltellò sul posto e si affrettò a raggiungere il pasticcere.
«Ah, signor Big sembrano buonissimi! Incartiamoli prima che arrivi il nostro cliente!» disse entusiasta.
«D’accordo, ma sono ancora caldi, fai attenzione…!» lo rimproverò il nano bonariamente, aiutandolo nell’impresa.
Ripensando a quel primo incontro con Luigi - quello era il nome del giovane Umano - Bignè non poté fare a meno di domandarsi come se la stessero cavando Elf e Ninf nella loro pasticceria a Gulfingar. Luigi un po’ gli ricordava Elf per il modo che aveva di farlo sentire indispensabile e soprattutto apprezzato, ma non era il suo compagno.
L’ultimo pensiero del nano fu per il suo Elfo Scuro albino, che anche quella notte avrebbe dormito senza di lui a riscaldarlo e a fargli da materasso.

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