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Titolo: The Shadows Showdown
Rating: Verde
Genere: Generale, Slice of Life
Personaggi: Kagé (OC!Ladro)
Wordcount: 2228 (wordcounter)
Prompt: Oscurità per il team Ahm-Gi per la Missione 2 della Settimana 2 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Legion".
Note: Gen
Il Sin’dorei smontò dal corvo con un agile balzo, congedandolo allo stesso tempo, quindi osservò l’ingresso alla caverna che aveva di fronte.
«Bene, ultima tappa finalmente» mormorò rivolto a se stesso mentre estraeva da una delle sacche magiche che portava appese alla cintura una mappa «Comincia a diventare noioso… ma niente è mai abbastanza per ottenere un altro pezzo da collezione…!» soggiunse subito dopo, riponendo la pergamena.


I cieli sopra il villaggio di Corno Celeste ad Alto Monte, solitamente solcati soltanto dalle possenti aquile addestrate dai Tauren capeggiati da Lasan, furono improvvisamente macchiati da un’ombra nera che da Totem del Fulmine sfrecciò rapida sulle capanne, dirigendosi verso i prati in cui i Corno Celeste solevano celebrare i riti funebri dei loro morti. Nessuno dei grossi guerrieri assisi sulle loro cavalcature alate parve accorgersi dell’intruso, proseguendo il proprio giro di pattuglia aerea per accertarsi che nessun demone osasse attaccare il villaggio.
Lo spiazzo erboso adiacente a Corno Celeste era stato in tempi recenti invaso da una tribù di coboldi, alcuni dei quali passeggiavano sotto il sole portando sulla testa grossi mozziconi di candela accesi. Non attaccavano nessuno se non erano esplicitamente provocati, fatto che li riduceva all’essere più che altro una seccatura per i Tauren, che dovevano liberarsene ogni qualvolta dovevano officiare una cerimonia di qualche tipo.
L’ombra si adagiò a pochi metri di lontananza dall’imboccatura di una caverna aperta nel fianco della montagna e che pareva addentrarsi nelle profondità buie della stessa. Di guardia c’era una coppia di coboldi armati di mazze di legno che parevano molto più irascibili e pericolosi dei loro simili a zonzo per il prato.
L’ombra prese improvvisamente forma. Un velo di tenebra simile a nebbia si diradò di colpo, rivelando un enorme corvo sul cui dorso sedeva un Elfo del Sangue. Come il suo destriero, il Sin’dorei possedeva una lunga chioma di fluenti capelli neri come la pece, elegantemente raccolto in una coda alta dietro la testa. Indossava un’armatura di cuoio scura che recava sul petto un motivo simile ad un pipistrello, lo stesso animale che era intarsiato sui paraspalle nell’atto di proteggere con bramosia con le proprie ali una polla di liquido rosso - probabilmente sangue. I pantaloni erano aderenti e decorati allo stesso modo della parte superiore, con fregi che ricordavano delle ali di pipistrello che decorrevano lungo tutto il fianco delle sue lunghe e snelle gambe. Al termine c’era un paio di stivali abbinati. A completare l’opera, un paio di pugnali gemelli pendevano dai due lati della sua cintura.
“Lama dell'Ombra” non era un titolo che Kagé si era guadagnato per finta. Se era stato nominato capo dell’Enclave dei Ladri presso Dalaran, il suo aspetto doveva essere consono non solo al suo ruolo ma anche alle sue abilità.
Il Sin’dorei smontò dal corvo con un agile balzo, congedandolo allo stesso tempo, quindi osservò l’ingresso alla caverna che aveva di fronte.
«Bene, ultima tappa finalmente» mormorò rivolto a se stesso mentre estraeva da una delle sacche magiche che portava appese alla cintura una mappa «Comincia a diventare noioso… ma niente è mai abbastanza per ottenere un altro pezzo da collezione…!» soggiunse subito dopo, riponendo la pergamena.
Non c’era sicuramente personalità più adatta per un ladro di quella del cosiddetto “accumulatore seriale”: ogni cosa che potesse essere messa in qualche modo in mostra, per Kagé era un obiettivo più che valido. Potevano essere mascotte o cavalcature, rari pezzi di equipaggiamento o cimeli archeologici, per lui non c’era alcuna distinzione. Al momento, il suo obiettivo era quello di riuscire ad ottenere dai Rifornimenti dei Tauren di Alto Monte una rarissima cavalcatura d’alce caratterizzata dall’avere le stesse corna dei Tauren nativi della regione. Era un pezzo unico e sfoggiarla avrebbe messo in chiaro con chiunque l’avesse incrociato in futuro che aveva raggiunto con i Tauren di Alto Monte il più alto grado di reputazione.
L’Elfo del Sangue sfoderò i pugnali e assunse una posizione d’attacco mentre le ombre lo abbracciavano, portandolo in modalità furtiva. Una volta pronto, si avviò con passo leggero verso l’ingresso della caverna, puntando dritto al passaggio tra i due coboldi guardiani. Non aveva intenzione di perdere tempo liberandosi il cammino fino al suo obiettivo e l’essere un ladro lo agevolava in tal senso in maniera quasi ridicola: passò in mezzo alle guardie senza che queste nemmeno si accorgessero della sua presenza.
Un sogghigno beffardo si dipinse sul viso di Kagé mentre si fermava un attimo a guardare i due coboldi che continuavano a fissare in lontananza per proteggere la loro casa dagli aggressori. Era davvero una bella sensazione e per un momento il Sin’dorei lasciò che lo pervadesse, dandogli la carica necessaria a terminare in fretta la sua missione. A quel punto proseguì rapido all’interno.
Percorse il tortuoso corridoio in cui si trovava fino a fermarsi all’ingresso di una sala più ampia, nella quale era stata scavata una specie di salita a chiocciola verso una serie di grotte sopraelevate. Lungo le pareti rotondeggianti e la cupola erano fissati numerosi sostegni contenenti torce in legno e candele, il tutto rigorosamente acceso. La luce che riempiva l’ambiente era tale che per un istante Kagé temette che riuscisse a dissipare la sua furtività come fosse niente più che semplice fumo, rendendolo un facile bersaglio per i coboldi più vicini - ne contava non meno di cinque al livello inferiore, dove si trovava lui, e altri ancora che si muovevano su e giù lungo la salita.
Il suo bersaglio però non era lì in basso ma più in alto, in una piccola alcova ricavata nella parete di roccia. Lo sapeva con certezza: non era la prima volta che andava a dargli la caccia e non sarebbe stata probabilmente neppure l’ultima. Un nemico del genere non era facile da abbattere in maniera definitiva, il che tornava tutto a suo vantaggio per aumentare il suo prestigio agli occhi della Gran Capotribù Mayla Highmountain.
Il ladro sgattaiolò attraverso la sala per andare dritto verso il fondo della salita. I suoi piedi non producevano rumore alcuno mentre passava rapido sui ciottoli sparsi sul pavimento pianeggiante e i coboldi di nuovo ignorarono totalmente la sua presenza, anche quelli vicino ai quali Kagé si trovò per forza di cose a passare.
Risalì verso la parte alta della caverna, mantenendosi vicino alla parete, pronto ad infilarsi nell’alcova del suo bersaglio.
Quando i suoi occhi brillanti di verde vile si posarono sulla sua destinazione, non poté fare a meno di sibilare un'imprecazione che fece voltare verso di lui un coboldo di passaggio, anche se la creatura non si degnò di indagare oltre visto che ai suoi occhi non appariva che ci fosse nessuno vicino a lui.
Kagé si spostò come misura preventiva, tenendo di doversi fermare a far fuori il poveretto per colpa di una stupida disattenzione da parte sua. A farlo quasi scoprire era stata la sua reazione al vedere che c’era un coboldo messo appositamente di guardia al suo bersaglio che non avrebbe potuto in alcun modo aggirare o ignorare. Il pertugio non era abbastanza largo da concedergli particolari manovre, neanche considerata la sua figura longilinea e snella.
L’Elfo del Sangue procedette rapido fino all’ostacolo e dalle ombre in cui era avvolto lo sovrastò - cosa piuttosto semplice vista la differenza d’altezza tra le loro razze - e gli abbatté rapido un colpo sul cranio con il fondo stondato dell’impugnatura di uno dei suoi pugnali. Il coboldo rimase in piedi sul posto, stordito, fissando il vuoto davanti a sé con espressione vacua. In quello stato non avrebbe dato fastidio a lui e non avrebbe nemmeno chiamato aiuto, permettendo così a Kagé di svolgere in pace la missione per cui si era disturbato ad andare fin laggiù.
Una volta messa fuori combattimento la "guardia", il Sin'dorei si volse ad osservare l'alcova, abbandonando il suo stato furtivo. A vederlo da fuori, fu come se un velo fosse caduto dal suo corpo, materializzandolo dal nulla.
I suoi occhi verdi, scintillanti e privi di pupille si soffermarono a studiare per un momento il piccolo semicerchio che occupava una buona metà del modesto spazio squadrato in cui si trovava, costituito da cinque candele unite tra di loro da una semplice linea di sassolini. Oltre il piccolo ed insignificante "recinto" di mozziconi di cera si trovava un angolo completamente in ombra. Sarebbe stato quasi normale se non fosse stato per la densità della tenebra, che pareva quasi comporre un qualcosa di solido che la luce non era in grado né di penetrare né tantomeno di dissipare.
«Perfetto... finiamola in fretta...» mormorò Kagé con un lieve sospiro, mentre procedeva a spegnere le quattro candele.
Una volta che ebbe soffiato via la fiammella dalla cima dell'ultima miccia, nell'antro scese l'oscurità e l'Elfo del Sangue tornò furtivo, pronto a sferrare il suo attacco.
Nell'istante in cui il suo corpo svaniva alla vista, quello del suo obiettivo cominciava a brillare di una inquietante luce violetta che ne tracciava il profilo. Si trattava di un ammasso di oscurità di forma umanoide, con un paio di lunghe braccia dalle mani artigliate, una testa appena abbozzata e priva di lineamenti definiti e il torso. La metà inferiore non esisteva: dai fianchi in giù il "corpo" della creatura si restringeva, diventando filiforme e terminando in una specie di punta che emanava un sottile strato di nebbiolina nera.
Per anni gli avventurieri in tutta Azeroth si erano domandati perché i coboldi tenessero così tanto alle candele sempre accese che portavano perennemente con loro e adesso l'arcano era rivelato: ciò che quelle stupide creaturine avevano sempre cercato di tenere lontano da loro era la manifestazione dell'Oscurità Divorante.
Quella specie di elementale del Vuoto non si era accorto di Kagé. Nessuno avrebbe potuto individuarlo in furtività, neanche l'incarnazione della tenebra stessa.
Il ladro serrò la presa sulle sue armi, le famigerate Zanne del Divoratore, e attese un istante, l'attimo in cui l'adrenalina per l'imminente combattimento cominciava ad entrare in circolo, acuendo notevolmente i suoi sensi. Solo allora diede il via all'attacco, materializzandosi alle spalle dell'Oscurità Divorante e colpendola nella schiena con entrambe le sue armi, rivelando così la sua presenza e tornando al contempo visibile.
Pur apparendo come uno spirito, in realtà le lame di Kagé si conficcarono in quella massa oscura come se fosse stato un corpo normale. Era una cosa viva e reale come lo era lui.
Purtroppo l'effetto sorpresa svanì col primo colpo, per cui l'Elfo del Sangue si ritrovò a fronteggiare a viso aperto l'Oscurità Divorante con le spalle contro le pareti dell'alcova. Non era esattamente quella che poteva essere definita una bella situazione; ciononostante, la Lama dell'Ombra era pienamente consapevole delle proprie abilità e sapeva di essere in grado di spuntarla nello scontro.
Utilizzò ogni trucco che un ladro del suo calibro aveva a disposizione: abilità coi pugnali, capacità di evasione e continue imboscate alle spalle. I trucchi per sopravvivere erano molti e di molte tipologie. Quello preferito da Kagé era attaccare senza tregua per ammazzare il bersaglio prima che lui potesse fare altrettanto. Semplice e lineare.
Nel mentre che il Sin'dorei si esibiva in una leggiadra e letale danza attorno all'Oscurità Divorante, schivando e colpendo ad un ritmo serrato, le sue lunghe e sensibili orecchie captarono del rumore di armi e ferraglia che sbatteva in lontananza. Per essere precisi, più che "in lontananza" pareva essere un'eco che si avvicinava, e anche rapidamente.
«Era l'ora...!» commentò tra sé e sé un secondo prima che nella caverna esplodesse una cacofonia assordante, deleteria per il suo udito delicato ma anche sinonimo di riuscita certa dell'impresa.
Colpi di arma da fuoco, ruggiti e rumore di armi pesanti provenienti dal basso fecero intuire a Kagé l'arrivo di altri avventurieri a caccia dell'Oscurità Divorante. Non dovette attendere molto prima che qualcuno giungesse in suo "aiuto": dopo appena pochi secondi vide un arpione conficcarsi nella spalla del suo avversario e subito dopo un Nano sopraggiunse al suo fianco, armato di lancia e accompagnato da una pantera nera grossa quasi più di lui. Subito dopo arrivò anche un paladino Draenei e un druido in forma di Orsogufo, per cui non avrebbe saputo dire a che razza appartenesse.
L'Alleanza giunse in tempo per approfittare del lavoro già avviato dell'Orda: Kagé era riuscito a danneggiare abbastanza il suo nemico e i nuovi arrivati contribuirono solamente a mandarlo a morire più rapidamente. Se non altro risparmiarono al ladro di rischiare la propria vita dovendosi occupare da solo di tenere a bada gli incantesimi e le abilità dell'aberrazione.
L'Oscurità Divorante morì esalando un rantolo agghiacciante, dissolvendosi per lasciare a terra un singolo cumulo di polvere nerastra, quindi i membri dell'Alleanza se ne andarono chiassosamente come erano entrati, lasciando Kagé di nuovo solo.
Quest'ultimo prese dalla cintura una piccola ampolla rossa, la stappò e ne tracannò il contenuto per accelerare il recupero fisico a seguito dello scontro, quindi si allontanò per sporgersi a guardare oltre il margine libero della salita: i coboldi al piano inferiore giacevano tutti morti a terra, vicino all'ingresso.
«Che mancanza di buongusto persino nel fare stragi» commentò a mezza voce in tono sdegnato, riponendo le Zanne del Divoratore, poi scrollò le spalle «Almeno non dovrò fare alcuna fatica per uscire da qui».
E così dicendo balzò nel vuoto, percorrendo quattro metri circa d'altezza per atterrare sulla nuda roccia senza alcun danno, come se avesse semplicemente sceso un gradino di scale. Le Zanne del Divoratore avevano il potere di annullare qualsiasi danno avrebbe incassato cadendo, indipendentemente dall'altezza del salto. Per un ladro era un elemento di grande valore, che permetteva di compiere alcune prodezze senza rimetterci.
Con portamento fiero ed elegante, l'Elfo del Sangue si diresse verso l'uscita dalla caverna, ansioso di tornare a Totem del Fulmine per riscuotere la sua ricompensa.
Sperava con tutto il cuore che fosse la volta buona che i Rifornimenti dai Tauren di Alto Monte gli regalassero la cavalcatura che tanto ardentemente bramava.

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