Together after a long time
Mar. 13th, 2019 06:48 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Together after a long time
Rating: Giallo
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale, Slice of Life
Personaggi: Gathra (OC!Strega), Kilgore (OC!Sciamano)
Wordcount: 3131 (wordcounter)
Prompt: Meraviglia per il team Ahm-Gi per la Missione 2 della Settimana 5 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Legion".
Note: Het
La strega voltò il viso solo quando ai margini del suo campo visivo registrò un brusco movimento e ruotò di scatto il capo, in tempo per vedersi arrivare addosso un grosso lupo traslucido.
La creatura si mise sulle zampe posteriori e poggiò le anteriori sul suo grembo, guardandola in faccia con la lingua che pendeva fuori dalle fauci e la coda che si agitava senza posa.
La guerra alla Legione Infuocata sulle Isole Disperse era nel pieno del suo svolgimento. I demoni erano in ogni dove e in particolar modo nella regione di Suramar.
Il Forte Vilanima vomitava continuamente rinforzi demoniaci che aiutavano i soldati fedeli alla Gran Magistra Elisande a pattugliare le strade della capitale degli Shal'dorei e a reprimere qualsiasi tipo di insurrezione della popolazione, portata sull'orlo della disperazione dalla carenza costante di vino infuso con la magia del Pozzo Oscuro.
Il Chiaroveggente Kilgore comparve accanto al piccolo dispositivo di teletrasporto che si trovava su una terrazza fatiscente e ormai in rovina immediatamente sopra il rifugio nascosto degli esiliati ribelli guidati da Thalyssra, Shal'aran.
Nei mesi antecedenti, dopo essersi occupato di recuperare e riportare al sicuro a Dalaran quattro dei cinque Pilastri della Creazione dei Titani - garantendosi anche il favore e il sostegno delle popolazioni locali - lo sciamano si era recato a Suramar in risposta ad un messaggio d'aiuto recapitato magicamente all'Arcimago Khadgar da parte di Thalyssra stessa. Aveva offerto aiuto agli Avvizziti, guidato chi poteva essere salvato verso Shal'aran mentre in città aiutava coloro che erano rimasti per cercare di rovesciare Elisande e offrire provviste ai cittadini che erano quasi sul punto di avvizzire.
Erano stati mesi pieni di lavoro duro e talvolta ingrato che in quel giorno sarebbe finalmente stato ricompensato: ormai la ribellione contro la Gran Magistra aveva preso apertamente piede e Dama Liadrin e Tyrande Whisperwind avevano deciso di unirsi ai loro lontani "parenti" elfici nella battaglia per il futuro di Suramar.
Kilgore voleva essere presente mentre veniva allestito il campo base degli Elfi del Sangue alle porte della capitale, appena oltre lo scudo energetico che aveva protetto per molti secoli Suramar da incursioni esterne ma che adesso non era altro che un semplice ornamento.
Seduto in sella alla sua pantera di magma liquido e solido, l'Orco spronò la creatura verso il largo viale lastricato di pietre piccole, regolari ed incrinate dai secoli che conduceva all'ingresso principale della città Shal'dorei.
Oltrepassato un grande arco in rovina e sepolto sotto una vegetazione inclemente, dinanzi allo sguardo di Kilgore si presentò un doppio schieramento di forze: a sinistra della strada i Kaldorei stavano montando le loro piccole tende monoposto in drappeggi viola e decorate con piccole lune di brillante metallo argenteo; dall'altra parte invece i Sin'dorei stavano allestendo tende rosse e dorate. Treant e Costrutti facevano la ronda nei rispettivi accampamenti, onde evitare attacchi non solo dagli elfi della fazione opposta ma anche - e soprattutto - incursioni frontali dall'interno di Suramar stessa. In ambo gli schieramenti sventolavano drappi che recavano il simbolo delle due razze elfiche.
In coda all'intero assembramento si trovavano due file di balliste, ciascuna della foggia e delle colorazioni tipiche della popolazione d'appartenenza ma tutte quante rivolte verso il comune obiettivo: Suramar.
Kilgore in vita sua non aveva mai visto così tanti elfi riuniti insieme in un posto solo. Era un po' strano ma sperava di non doversi abituare troppo alla cosa. Confidava che ora che Tyrande e Liadrin avevano deciso di collaborare - o almeno di non massacrarsi a vicenda nel combattere a stretto contatto l'una con l'altra - la rivolta cittadina contro Elisande sarebbe terminata in fretta e lui con altri avventurieri di un certo calibro avrebbe potuto invadere la Rocca della Notte e fermare Gul'dan.
L'Orco rimase ad osservare la scena per diversi minuti; dopodiché mosse in avanti la sua cavalcatura per andare a porgere i suoi saluti all'Elfa del Sangue paladina a capo delle operazioni dalla parte dell'Orda.
La Signora del Fatuo Gathra uscì dal portale che collegava Dalaran alla Faglia Malosfregio in sella al suo Maldestriero e con la sua Vilguardia al fianco che agitava nervosamente la coda lunga e liscia e stringeva la presa sulle impugnature di un paio di affilate Mietimorte d'Arcanite. L'Orchessa strega poteva quasi capire la sua reazione: il portale si trovava all'ingresso delle Fogne di Dalaran, un posto che non solo era squallido quanto dovevano esserlo delle fogne di qualsiasi tipo ma che oltretutto era spesso e volentieri luogo di scontri aperti e senza quartiere tra Orda e Alleanza.
Non c'era nessun divertimento nell'inseguirsi e massacrarsi come topi sottoterra. Se avesse dovuto uccidere della feccia dell'Alleanza, l'avrebbe fatto a cielo aperto, in un luogo dove possibilmente altre vittime avrebbero potuto radunarsi per andare tutte assieme incontro al loro infausto destino.
«Usciamo da qui, Khilgorath» esclamò Gathra in tono apertamente disgustato, cavalcando verso la cima delle scale senza voltarsi indietro. Attorno alla sua testa volteggiava un teschio munito di corna e con un ornamento dorato che proteggeva la mandibola. Era circondato da un'aura verde acido che somigliava molto al vilfuoco e ogni tanto si produceva in deboli rumori, come se fosse stato un cranio vivente.
In effetti, era difficile che il Teschio dei Man'ari stesse per molto tempo in silenzio, persino con una proprietaria con un carattere difficile come era Gathra.
Una volta che furono fuori dalle fogne, l'Orchessa inspirò a fondo l'aria pulita di Dalaran ed un sogghigno le incurvò le labbra, mettendo in risalto la presenza delle piccole zanne ricurve verso l'alto alle due estremità della sua bocca.
Era arrivata in città solo alcune settimane prima dopo aver ripulito Draenor dalle ultime ridicole accozzaglie di Orchi che ancora si illudevano che l'Orda di Ferro potesse soverchiare lei e la sua Guarnigione e poter invadere Azeroth. Sicuramente era stata una parentesi divertente della sua vita: in qualità di alchimista, aveva potuto sperimentare i miscugli più assurdi direttamente su cavie viventi, senza doversi preoccupare delle eventuali morti a causa di effetti collaterali imprevisti. I Peoni di Ferro non sarebbero mancati a nessuno - probabilmente neanche all'esercito che servivano - e lei aveva così avuto modo di fare pratica e di approfondire i suoi studi riguardo la botanica della flora originaria di Draenor e delle sue interazioni con altri vari materiali sparsi per il pianeta.
Era stata un'esperienza piuttosto proficua sotto vari punti di vista; tuttavia, la sua priorità non era quella di affinare le sue doti come alchimista. Il suo obiettivo era quello di raggiungere il suo fidanzato Kilgore sulle Isole Disperse e potersi affiancare a lui nel massacro indiscriminato di ogni demone che si fosse posto sul loro cammino e che non avesse chinato la testa cornuta o tentacolata dinanzi a lei, offrendole di servirla fino alla morte ultima e definitiva.
Una volta giunta a Dalaran, era stata contattata dal Concilio della Mietitura Oscura, un gruppo di stregoni talmente idioti da pensare che fosse una buona idea evocare un demone superiore nelle fogne della città da usare come arma contro la Legione stessa.
Il piano si era rivelato un fallimento: il demone aveva preso il sopravvento su quel manipolo di mentecatti e lei si era ritrovata invischiata in una guerra aperta contro di lui per salvare il culo a stregoni di cui fino a quel momento non aveva mai nemmeno sentito il nome. Alla fine però il disastro e gli sforzi dell'Orchessa erano stati ripagati ampiamente: adesso brandiva un'arma di infinito potere con la quale era in grado di estrapolare potere dalle schiere demoniache che evocava ai suoi comandi e il Concilio della Mietitura Oscura si era riunito - o almeno così avevano fatto i pochi sopravvissuti allo scontro con il demone padrone della Faglia Malosfregio.
A Gathra non era servito poi molto tempo per riuscire a radunare i membri ancora dispersi della sua Enclave e farsi nominare ufficialmente "Signora del Fatuo", in concomitanza con le altre missioni sulle Isole Disperse che avevano lo scopo principale di mettersi in buona luce con le popolazioni locali.
Adesso nella città fluttuante erano riunite quattro delle cinque reliquie lasciate dai Titani su Azeroth. Gathra e la sua Enclave purtroppo non avevano potuto partecipare direttamente al loro recupero, come invece aveva sicuramente fatto il suo compagno; tuttavia, la strega era giunta al termine del suo percorso di preparazione in tempo per poter contribuire al recupero dell'ultima e più importante reliquia titanica: l'Occhio di Aman'thul.
Il Pilastro della Creazione mancante si trovava nel cuore della città di Suramar, nell'ancora inespugnata Rocca della Notte, la sede del potere degli Shal'dorei.
Aver guadagnato il titolo supremo tra gli stregoni significava che era pronta ad unirsi a Kilgore nella caccia alla Legione Infuocata. La prospettiva era per lei eccitante sotto molti punti di vista, non ultimo il fatto che erano trascorsi mesi dall'ultima volta che si erano visti.
Sperava che il suo sciamano sarebbe stato piacevolmente sorpreso di incontrarla e che avrebbero potuto vedersi molto più spesso di quanto non avessero potuto in passato. Anche se non l'avrebbe mai ammesso pubblicamente nemmeno con il diretto interessato, le mancava trascorrere del tempo insieme a lui.
La strega percorse cavalcando i pochi metri che la separavano da una delle innumerevoli cassette postali magiche che erano disseminate per tutta la città. Scese dalla sua cavalcatura, congedandola, quindi aprì la cassetta. All'interno per magia comparvero carta e penna, che l'Orchessa estrasse lesta, per poi appoggiare il foglio contro una parete vicina e cominciare a scarabocchiare velocemente un messaggio indirizzato a Kilgore.
Il Chiaroveggente si materializzò nella zona di teletrasporti gestita da Oculeth, all'interno di Shal'aran, e cacciò un sospiro stanco: Liadrin gli aveva chiesto di aiutarla a placare gli animi dei suoi soldati ed evitare che scherzi di pessimo gusto da entrambi i lati dell'accampamento portassero ad inutili scontri che non avrebbero fatto altro che indebolire le forze elfiche in campo, inficiando infine sul risultato della battaglia che li attendeva.
Kilgore era stato parecchio impegnato per alcune ore ma alla fine era riuscito nell’impresa. Non confidava nel fatto che Kaldorei e Sin’dorei ponessero una lunga tregua al loro antico conflitto; tuttavia, almeno per il momento lui era lontano e qualsiasi cosa avessero fatto non era più affar suo.
L’Orco avanzò verso il centro dell’antro sotterraneo, dove un albero luminescente dai rami pendenti cresceva lentamente, spandendo una tenue luce biancastra che rischiarava tutto il luogo. Camminò lungo la corona di pavimentazione rovinata dal tempo che correva lungo tutto il bordo della sala centrale e stava per imboccare il tunnel che portava all’uscita quando notò che la cassetta della posta brillava.
Qualcuno gli aveva inviato una lettera di qualche tipo. Era un fatto curioso: nessun membro della Gilda cui apparteneva pareva propenso a mantenere i contatti, men che mai a chiedere aiuto a lui. Per qualche motivo, gli sciamani non erano visti di buon occhio dai membri delle altre Enclavi, nonostante tra coloro che facevano parte del Circolo della Terra ci fossero figure di spicco come Thrall, Nobundo e l'ormai anziano Drek'thar.
Incuriosito dallo strano evento, Kilgore si avvicinò alla cassetta e ne aprì lo sportellino. All'interno c'era un foglietto di pergamena che era stato accuratamente ripiegato per nascondere il messaggio che recava. L'Orco lo prese, l'aprì e lesse: "Finalmente sono pronta per te. Vieni al Santuario di Windrunner a Dalaran. Adesso. Gathra".
Il Chiaroveggente sgranò gli occhi, stupito, rileggendo più e più volte quella breve serie di frasi scritte con palese fretta.
Era da un sacco di tempo che non sentiva la sua fidanzata. L'ultima volta che si erano visti, lei ancora bazzicava sulla Draenor "alternativa" a caccia degli Orchi rimasti dopo il tentativo di Garrosh Hellscream di riunire i clan in una nuova Orda per invadere di nuovo Azeroth. Dovevano essere passati dei mesi dal loro ultimo incontro, parecchi per giunta. Con la guerra alla Legione Infuocata, il ritorno dell'Incubo e l'imminente assalto alla Rocca della Notte, Kilgore aveva davvero perso la cognizione del tempo. Non aveva neppure avuto materialmente modo di pensare ad organizzare un incontro con la sua amata in mezzo a tutto quel caos, men che mai aveva potuto pensare a cosa stesse combinando.
Il fatto che gli avesse spedito un invito - o forse era meglio chiamarlo ordine? - perché la raggiungesse a Dalaran significava che adesso Gathra era in grado di unirsi alla prima linea per combattere la Legione.
«Una strega che evoca infinite schiere di demoni per combattere altre infinite schiere di demoni» si ritrovò a pensare accennando un sorriso «Ironico».
Ciononostante, non poteva negare di essere emozionato. Adesso che era stato messo dinanzi alla prospettiva di poter rivedere la sua Gathra semplicemente teletrasportandosi a Dalaran, doveva ammettere che gli mancava.
La loro riunione doveva essere un momento speciale. Non poteva permettere che fosse niente di meno dell'assoluta perfezione.
«Spero solo di trovarla di buon umore...» mormorò rivolto a sé stesso mentre estraeva da una delle sacche magiche che portava appese alla cintura una Pietra del Ritorno viola con inciso un simbolo rosa. Era una pietra particolare che aveva come unico punto d'arrivo del teletrasporto Dalaran.
«Devo sbrigarmi, non voglio farla arrabbiare facendola aspettare» e così dicendo fece partire l'incantesimo insito nel sasso che stringeva nella grande mano guantata.
Kilgore si materializzò all'interno del piccolo portico che collegava la piazza centrale di Dalaran - che altro non era che il quadrato composto dalle strade e dal grosso edificio che era stato costruito in tempi recentissimi in mezzo alla città - all'ormai parzialmente distrutta Terrazza di Krasus. In tutta fretta, l'Orco evocò la sua pantera di lava e balzò sulla sella con nonchalance, affrettandosi verso il Santuario in cui si trovava la base operativa dell'Orda.
Un breve declivio lastricato conduceva alla piccola piazza dotata di fontana al centro del Santuario di Windrunner.
Era proprio lì, seduta su una panchina nei pressi della fontana, che la sua partner lo stava aspettando. Indossava un’orribile accozzaglia di abiti di stoffa che non avevano in comune né il colore né tantomeno la fattura. In vita portava una lunga spada che emanava una visibile aura di energia verde e intorno alla sua testa si trovava un inquietante teschio di chiare origini demoniache.
Dietro la sua panchina si ergeva imponente una Vilguardia che brandiva due Mietimorte d’Arcanite gemelle senza alcun apparente sforzo.
Eccetto per l’abbigliamento di cattivo gusto - probabilmente lasciato senza trasmogrificazione per non dover spendere un patrimonio nel sistemarla ogni volta che trovava un nuovo pezzo di equipaggiamento - la sua Gathra era rimasta identica a come la ricordava lui. La sua cresta di capelli rossicci si ergeva impertinente al centro del suo cranio glabro e i suoi occhi magenta osservavano i dintorni con cipiglio vagamente irritato. L’anellino che pendeva dalle sue narici fremeva appena ad ogni suo respiro.
Pareva non essersi minimamente accorta dell’arrivo del suo Orco.
Il cuore di quest’ultimo si riempì di gioia nel posare lo sguardo su di lei. Fu come provare di nuovo l’emozione del loro primo incontro a Zeth’gor, nella Penisola del Fuoco Infernale. Qualsiasi commento potesse aver formulato mentalmente riguardo al suo vestiario eccentrico morì senza essere espresso.
Veloce come un fulmine, lo sciamano congedò la sua cavalcatura e si tramutò in Lupo Spettrale mentre si lanciava in corsa verso di lei.
La strega voltò il viso solo quando ai margini del suo campo visivo registrò un brusco movimento e ruotò di scatto il capo, in tempo per vedersi arrivare addosso un grosso lupo traslucido.
La creatura si mise sulle zampe posteriori e poggiò le anteriori sul suo grembo, guardandola in faccia con la lingua che pendeva fuori dalle fauci e la coda che si agitava senza posa.
Gathra non si aspettava che Kilgore si presentasse all’appuntamento in quella forma. Credeva di essere pronta a rivederlo, che avrebbe approfittato di quel momento per mettere bene in chiaro quanto avesse faticato per raggiungere quel traguardo e che lui avrebbe dovuto prostrarsi e ringraziarla di tutto l’impegno profuso perché potessero ricongiungersi. Di fatto, l’emozione pura e semplice, l’amore che solitamente riusciva a tenere nascosti dietro un atteggiamento duro e volutamente brusco, fecero breccia oltre la “facciata” che utilizzava sempre con il suo compagno, spazzando via ogni ostacolo sulla loro strada.
Posò tremando le mani sulle zampe del lupo ed un sorriso sbocciò sulle sue labbra mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
«Kilgore?» chiamò con voce incrinata ed esitante. Si vergognava di farsi vedere così debole persino dall’Orco con cui condivideva i momenti più intimi della sua vita. Odiava mostrare il lato tenero e affettuoso del suo carattere; tuttavia, aveva atteso quel momento così a lungo che le era impossibile reprimersi e ricomporsi, anche volendo.
Il lupo spirituale rimase a fissarla intensamente per qualche secondo, scodinzolando felice, poi l’incantesimo svanì. Dinanzi a lei si trovava ora il suo sciamano, in ginocchio sul pavimento e con le mani sistemate sotto le sue.
I suoi occhi azzurri erano limpidi come il cielo sereno e la sua espressione comunicava un amore così profondo che Gathra avrebbe potuto affogarci dentro.
Rimasero a guardarsi per minuti interminabili, in assoluto silenzio, assaporando solo la gioia e la meraviglia dell’essere di nuovo insieme. Nessuno dei due sentiva il bisogno di interrompere il momento: qualsiasi commento sarebbe stato inadeguato alla situazione.
Quando finalmente Gathra ruppe il silenzio, lo fece dopo essersi piegata in avanti per abbracciare forte Kilgore.
«Razza di stupido… mi hai fatta piangere!» brontolò contro la sua spalla.
Lo sciamano si sollevò pian piano, in maniera da non farla allungare troppo per stringerlo, quindi la cinse di rimando con tutta la delicatezza di cui era capace.
«Mi dispiace, padrona» mormorò con voce bassa «Vuole punirmi per questo?».
Era il loro gioco erotico privato che non si interrompeva mai. A lei piaceva dare ordini a destra e a manca e a lui non dispiaceva obbedirle ed esaudirla in ogni suo capriccio. Da sempre la loro relazione si era basata su quel semplice ordine gerarchico e Kilgore non intendeva darle l’impressione che avesse perso la cognizione della sua “posizione”.
Sentì Gathra ridere piano vicino al suo orecchio e poi percepì il suo pugno battere con moderata forza in mezzo alla sta schiena.
«Dovrei farlo… ma non qui» disse.
L’Orco strinse un poco la presa, per farle sentire il suo affetto.
«Allora… posso invitarti a pranzo? Voglio farti assaggiare qualche piatto nuovo che ho imparato qui… per cominciare a farmi perdonare» esclamò, separandosi da lei pian piano per guardarla in viso.
Era adorante e a Gathra era terribilmente mancato sentirsi al centro dell’attenzione. Era meraviglioso essere tornati insieme. Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così emozionante e bello riunirsi a Kilgore dopo alcuni mesi di lontananza, considerato che avevano passato degli anni senza sapere più niente l’uno dell’altra dopo la partenza dello sciamano per la Valle delle Prove.
La Signora del Fatuo sorrise con fare accondiscendente, accarezzando una guancia glabra del suo Orco.
«Ma certo, mio schiavetto. Vediamo che cosa hai imparato di nuovo» disse, alzandosi in piedi.
Si era ricomposta. Era tornata l’Orchessa dall’atteggiamento duro e perfido per cui Kilgore aveva perso la testa anni prima.
Il Chiaroveggente si alzò lesto per porgerle un braccio.
«Mi lasci fare strada, padrona» esclamò con trepidazione.
Gathra si aggrappò al suo enorme braccio rivestito di maglia con fare soddisfatto.
«Concesso» disse, per poi lasciarsi guidare verso la locanda de “La Belva Assetata”.
Rating: Giallo
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale, Slice of Life
Personaggi: Gathra (OC!Strega), Kilgore (OC!Sciamano)
Wordcount: 3131 (wordcounter)
Prompt: Meraviglia per il team Ahm-Gi per la Missione 2 della Settimana 5 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Legion".
Note: Het
La strega voltò il viso solo quando ai margini del suo campo visivo registrò un brusco movimento e ruotò di scatto il capo, in tempo per vedersi arrivare addosso un grosso lupo traslucido.
La creatura si mise sulle zampe posteriori e poggiò le anteriori sul suo grembo, guardandola in faccia con la lingua che pendeva fuori dalle fauci e la coda che si agitava senza posa.
La guerra alla Legione Infuocata sulle Isole Disperse era nel pieno del suo svolgimento. I demoni erano in ogni dove e in particolar modo nella regione di Suramar.
Il Forte Vilanima vomitava continuamente rinforzi demoniaci che aiutavano i soldati fedeli alla Gran Magistra Elisande a pattugliare le strade della capitale degli Shal'dorei e a reprimere qualsiasi tipo di insurrezione della popolazione, portata sull'orlo della disperazione dalla carenza costante di vino infuso con la magia del Pozzo Oscuro.
Il Chiaroveggente Kilgore comparve accanto al piccolo dispositivo di teletrasporto che si trovava su una terrazza fatiscente e ormai in rovina immediatamente sopra il rifugio nascosto degli esiliati ribelli guidati da Thalyssra, Shal'aran.
Nei mesi antecedenti, dopo essersi occupato di recuperare e riportare al sicuro a Dalaran quattro dei cinque Pilastri della Creazione dei Titani - garantendosi anche il favore e il sostegno delle popolazioni locali - lo sciamano si era recato a Suramar in risposta ad un messaggio d'aiuto recapitato magicamente all'Arcimago Khadgar da parte di Thalyssra stessa. Aveva offerto aiuto agli Avvizziti, guidato chi poteva essere salvato verso Shal'aran mentre in città aiutava coloro che erano rimasti per cercare di rovesciare Elisande e offrire provviste ai cittadini che erano quasi sul punto di avvizzire.
Erano stati mesi pieni di lavoro duro e talvolta ingrato che in quel giorno sarebbe finalmente stato ricompensato: ormai la ribellione contro la Gran Magistra aveva preso apertamente piede e Dama Liadrin e Tyrande Whisperwind avevano deciso di unirsi ai loro lontani "parenti" elfici nella battaglia per il futuro di Suramar.
Kilgore voleva essere presente mentre veniva allestito il campo base degli Elfi del Sangue alle porte della capitale, appena oltre lo scudo energetico che aveva protetto per molti secoli Suramar da incursioni esterne ma che adesso non era altro che un semplice ornamento.
Seduto in sella alla sua pantera di magma liquido e solido, l'Orco spronò la creatura verso il largo viale lastricato di pietre piccole, regolari ed incrinate dai secoli che conduceva all'ingresso principale della città Shal'dorei.
Oltrepassato un grande arco in rovina e sepolto sotto una vegetazione inclemente, dinanzi allo sguardo di Kilgore si presentò un doppio schieramento di forze: a sinistra della strada i Kaldorei stavano montando le loro piccole tende monoposto in drappeggi viola e decorate con piccole lune di brillante metallo argenteo; dall'altra parte invece i Sin'dorei stavano allestendo tende rosse e dorate. Treant e Costrutti facevano la ronda nei rispettivi accampamenti, onde evitare attacchi non solo dagli elfi della fazione opposta ma anche - e soprattutto - incursioni frontali dall'interno di Suramar stessa. In ambo gli schieramenti sventolavano drappi che recavano il simbolo delle due razze elfiche.
In coda all'intero assembramento si trovavano due file di balliste, ciascuna della foggia e delle colorazioni tipiche della popolazione d'appartenenza ma tutte quante rivolte verso il comune obiettivo: Suramar.
Kilgore in vita sua non aveva mai visto così tanti elfi riuniti insieme in un posto solo. Era un po' strano ma sperava di non doversi abituare troppo alla cosa. Confidava che ora che Tyrande e Liadrin avevano deciso di collaborare - o almeno di non massacrarsi a vicenda nel combattere a stretto contatto l'una con l'altra - la rivolta cittadina contro Elisande sarebbe terminata in fretta e lui con altri avventurieri di un certo calibro avrebbe potuto invadere la Rocca della Notte e fermare Gul'dan.
L'Orco rimase ad osservare la scena per diversi minuti; dopodiché mosse in avanti la sua cavalcatura per andare a porgere i suoi saluti all'Elfa del Sangue paladina a capo delle operazioni dalla parte dell'Orda.
La Signora del Fatuo Gathra uscì dal portale che collegava Dalaran alla Faglia Malosfregio in sella al suo Maldestriero e con la sua Vilguardia al fianco che agitava nervosamente la coda lunga e liscia e stringeva la presa sulle impugnature di un paio di affilate Mietimorte d'Arcanite. L'Orchessa strega poteva quasi capire la sua reazione: il portale si trovava all'ingresso delle Fogne di Dalaran, un posto che non solo era squallido quanto dovevano esserlo delle fogne di qualsiasi tipo ma che oltretutto era spesso e volentieri luogo di scontri aperti e senza quartiere tra Orda e Alleanza.
Non c'era nessun divertimento nell'inseguirsi e massacrarsi come topi sottoterra. Se avesse dovuto uccidere della feccia dell'Alleanza, l'avrebbe fatto a cielo aperto, in un luogo dove possibilmente altre vittime avrebbero potuto radunarsi per andare tutte assieme incontro al loro infausto destino.
«Usciamo da qui, Khilgorath» esclamò Gathra in tono apertamente disgustato, cavalcando verso la cima delle scale senza voltarsi indietro. Attorno alla sua testa volteggiava un teschio munito di corna e con un ornamento dorato che proteggeva la mandibola. Era circondato da un'aura verde acido che somigliava molto al vilfuoco e ogni tanto si produceva in deboli rumori, come se fosse stato un cranio vivente.
In effetti, era difficile che il Teschio dei Man'ari stesse per molto tempo in silenzio, persino con una proprietaria con un carattere difficile come era Gathra.
Una volta che furono fuori dalle fogne, l'Orchessa inspirò a fondo l'aria pulita di Dalaran ed un sogghigno le incurvò le labbra, mettendo in risalto la presenza delle piccole zanne ricurve verso l'alto alle due estremità della sua bocca.
Era arrivata in città solo alcune settimane prima dopo aver ripulito Draenor dalle ultime ridicole accozzaglie di Orchi che ancora si illudevano che l'Orda di Ferro potesse soverchiare lei e la sua Guarnigione e poter invadere Azeroth. Sicuramente era stata una parentesi divertente della sua vita: in qualità di alchimista, aveva potuto sperimentare i miscugli più assurdi direttamente su cavie viventi, senza doversi preoccupare delle eventuali morti a causa di effetti collaterali imprevisti. I Peoni di Ferro non sarebbero mancati a nessuno - probabilmente neanche all'esercito che servivano - e lei aveva così avuto modo di fare pratica e di approfondire i suoi studi riguardo la botanica della flora originaria di Draenor e delle sue interazioni con altri vari materiali sparsi per il pianeta.
Era stata un'esperienza piuttosto proficua sotto vari punti di vista; tuttavia, la sua priorità non era quella di affinare le sue doti come alchimista. Il suo obiettivo era quello di raggiungere il suo fidanzato Kilgore sulle Isole Disperse e potersi affiancare a lui nel massacro indiscriminato di ogni demone che si fosse posto sul loro cammino e che non avesse chinato la testa cornuta o tentacolata dinanzi a lei, offrendole di servirla fino alla morte ultima e definitiva.
Una volta giunta a Dalaran, era stata contattata dal Concilio della Mietitura Oscura, un gruppo di stregoni talmente idioti da pensare che fosse una buona idea evocare un demone superiore nelle fogne della città da usare come arma contro la Legione stessa.
Il piano si era rivelato un fallimento: il demone aveva preso il sopravvento su quel manipolo di mentecatti e lei si era ritrovata invischiata in una guerra aperta contro di lui per salvare il culo a stregoni di cui fino a quel momento non aveva mai nemmeno sentito il nome. Alla fine però il disastro e gli sforzi dell'Orchessa erano stati ripagati ampiamente: adesso brandiva un'arma di infinito potere con la quale era in grado di estrapolare potere dalle schiere demoniache che evocava ai suoi comandi e il Concilio della Mietitura Oscura si era riunito - o almeno così avevano fatto i pochi sopravvissuti allo scontro con il demone padrone della Faglia Malosfregio.
A Gathra non era servito poi molto tempo per riuscire a radunare i membri ancora dispersi della sua Enclave e farsi nominare ufficialmente "Signora del Fatuo", in concomitanza con le altre missioni sulle Isole Disperse che avevano lo scopo principale di mettersi in buona luce con le popolazioni locali.
Adesso nella città fluttuante erano riunite quattro delle cinque reliquie lasciate dai Titani su Azeroth. Gathra e la sua Enclave purtroppo non avevano potuto partecipare direttamente al loro recupero, come invece aveva sicuramente fatto il suo compagno; tuttavia, la strega era giunta al termine del suo percorso di preparazione in tempo per poter contribuire al recupero dell'ultima e più importante reliquia titanica: l'Occhio di Aman'thul.
Il Pilastro della Creazione mancante si trovava nel cuore della città di Suramar, nell'ancora inespugnata Rocca della Notte, la sede del potere degli Shal'dorei.
Aver guadagnato il titolo supremo tra gli stregoni significava che era pronta ad unirsi a Kilgore nella caccia alla Legione Infuocata. La prospettiva era per lei eccitante sotto molti punti di vista, non ultimo il fatto che erano trascorsi mesi dall'ultima volta che si erano visti.
Sperava che il suo sciamano sarebbe stato piacevolmente sorpreso di incontrarla e che avrebbero potuto vedersi molto più spesso di quanto non avessero potuto in passato. Anche se non l'avrebbe mai ammesso pubblicamente nemmeno con il diretto interessato, le mancava trascorrere del tempo insieme a lui.
La strega percorse cavalcando i pochi metri che la separavano da una delle innumerevoli cassette postali magiche che erano disseminate per tutta la città. Scese dalla sua cavalcatura, congedandola, quindi aprì la cassetta. All'interno per magia comparvero carta e penna, che l'Orchessa estrasse lesta, per poi appoggiare il foglio contro una parete vicina e cominciare a scarabocchiare velocemente un messaggio indirizzato a Kilgore.
Il Chiaroveggente si materializzò nella zona di teletrasporti gestita da Oculeth, all'interno di Shal'aran, e cacciò un sospiro stanco: Liadrin gli aveva chiesto di aiutarla a placare gli animi dei suoi soldati ed evitare che scherzi di pessimo gusto da entrambi i lati dell'accampamento portassero ad inutili scontri che non avrebbero fatto altro che indebolire le forze elfiche in campo, inficiando infine sul risultato della battaglia che li attendeva.
Kilgore era stato parecchio impegnato per alcune ore ma alla fine era riuscito nell’impresa. Non confidava nel fatto che Kaldorei e Sin’dorei ponessero una lunga tregua al loro antico conflitto; tuttavia, almeno per il momento lui era lontano e qualsiasi cosa avessero fatto non era più affar suo.
L’Orco avanzò verso il centro dell’antro sotterraneo, dove un albero luminescente dai rami pendenti cresceva lentamente, spandendo una tenue luce biancastra che rischiarava tutto il luogo. Camminò lungo la corona di pavimentazione rovinata dal tempo che correva lungo tutto il bordo della sala centrale e stava per imboccare il tunnel che portava all’uscita quando notò che la cassetta della posta brillava.
Qualcuno gli aveva inviato una lettera di qualche tipo. Era un fatto curioso: nessun membro della Gilda cui apparteneva pareva propenso a mantenere i contatti, men che mai a chiedere aiuto a lui. Per qualche motivo, gli sciamani non erano visti di buon occhio dai membri delle altre Enclavi, nonostante tra coloro che facevano parte del Circolo della Terra ci fossero figure di spicco come Thrall, Nobundo e l'ormai anziano Drek'thar.
Incuriosito dallo strano evento, Kilgore si avvicinò alla cassetta e ne aprì lo sportellino. All'interno c'era un foglietto di pergamena che era stato accuratamente ripiegato per nascondere il messaggio che recava. L'Orco lo prese, l'aprì e lesse: "Finalmente sono pronta per te. Vieni al Santuario di Windrunner a Dalaran. Adesso. Gathra".
Il Chiaroveggente sgranò gli occhi, stupito, rileggendo più e più volte quella breve serie di frasi scritte con palese fretta.
Era da un sacco di tempo che non sentiva la sua fidanzata. L'ultima volta che si erano visti, lei ancora bazzicava sulla Draenor "alternativa" a caccia degli Orchi rimasti dopo il tentativo di Garrosh Hellscream di riunire i clan in una nuova Orda per invadere di nuovo Azeroth. Dovevano essere passati dei mesi dal loro ultimo incontro, parecchi per giunta. Con la guerra alla Legione Infuocata, il ritorno dell'Incubo e l'imminente assalto alla Rocca della Notte, Kilgore aveva davvero perso la cognizione del tempo. Non aveva neppure avuto materialmente modo di pensare ad organizzare un incontro con la sua amata in mezzo a tutto quel caos, men che mai aveva potuto pensare a cosa stesse combinando.
Il fatto che gli avesse spedito un invito - o forse era meglio chiamarlo ordine? - perché la raggiungesse a Dalaran significava che adesso Gathra era in grado di unirsi alla prima linea per combattere la Legione.
«Una strega che evoca infinite schiere di demoni per combattere altre infinite schiere di demoni» si ritrovò a pensare accennando un sorriso «Ironico».
Ciononostante, non poteva negare di essere emozionato. Adesso che era stato messo dinanzi alla prospettiva di poter rivedere la sua Gathra semplicemente teletrasportandosi a Dalaran, doveva ammettere che gli mancava.
La loro riunione doveva essere un momento speciale. Non poteva permettere che fosse niente di meno dell'assoluta perfezione.
«Spero solo di trovarla di buon umore...» mormorò rivolto a sé stesso mentre estraeva da una delle sacche magiche che portava appese alla cintura una Pietra del Ritorno viola con inciso un simbolo rosa. Era una pietra particolare che aveva come unico punto d'arrivo del teletrasporto Dalaran.
«Devo sbrigarmi, non voglio farla arrabbiare facendola aspettare» e così dicendo fece partire l'incantesimo insito nel sasso che stringeva nella grande mano guantata.
Kilgore si materializzò all'interno del piccolo portico che collegava la piazza centrale di Dalaran - che altro non era che il quadrato composto dalle strade e dal grosso edificio che era stato costruito in tempi recentissimi in mezzo alla città - all'ormai parzialmente distrutta Terrazza di Krasus. In tutta fretta, l'Orco evocò la sua pantera di lava e balzò sulla sella con nonchalance, affrettandosi verso il Santuario in cui si trovava la base operativa dell'Orda.
Un breve declivio lastricato conduceva alla piccola piazza dotata di fontana al centro del Santuario di Windrunner.
Era proprio lì, seduta su una panchina nei pressi della fontana, che la sua partner lo stava aspettando. Indossava un’orribile accozzaglia di abiti di stoffa che non avevano in comune né il colore né tantomeno la fattura. In vita portava una lunga spada che emanava una visibile aura di energia verde e intorno alla sua testa si trovava un inquietante teschio di chiare origini demoniache.
Dietro la sua panchina si ergeva imponente una Vilguardia che brandiva due Mietimorte d’Arcanite gemelle senza alcun apparente sforzo.
Eccetto per l’abbigliamento di cattivo gusto - probabilmente lasciato senza trasmogrificazione per non dover spendere un patrimonio nel sistemarla ogni volta che trovava un nuovo pezzo di equipaggiamento - la sua Gathra era rimasta identica a come la ricordava lui. La sua cresta di capelli rossicci si ergeva impertinente al centro del suo cranio glabro e i suoi occhi magenta osservavano i dintorni con cipiglio vagamente irritato. L’anellino che pendeva dalle sue narici fremeva appena ad ogni suo respiro.
Pareva non essersi minimamente accorta dell’arrivo del suo Orco.
Il cuore di quest’ultimo si riempì di gioia nel posare lo sguardo su di lei. Fu come provare di nuovo l’emozione del loro primo incontro a Zeth’gor, nella Penisola del Fuoco Infernale. Qualsiasi commento potesse aver formulato mentalmente riguardo al suo vestiario eccentrico morì senza essere espresso.
Veloce come un fulmine, lo sciamano congedò la sua cavalcatura e si tramutò in Lupo Spettrale mentre si lanciava in corsa verso di lei.
La strega voltò il viso solo quando ai margini del suo campo visivo registrò un brusco movimento e ruotò di scatto il capo, in tempo per vedersi arrivare addosso un grosso lupo traslucido.
La creatura si mise sulle zampe posteriori e poggiò le anteriori sul suo grembo, guardandola in faccia con la lingua che pendeva fuori dalle fauci e la coda che si agitava senza posa.
Gathra non si aspettava che Kilgore si presentasse all’appuntamento in quella forma. Credeva di essere pronta a rivederlo, che avrebbe approfittato di quel momento per mettere bene in chiaro quanto avesse faticato per raggiungere quel traguardo e che lui avrebbe dovuto prostrarsi e ringraziarla di tutto l’impegno profuso perché potessero ricongiungersi. Di fatto, l’emozione pura e semplice, l’amore che solitamente riusciva a tenere nascosti dietro un atteggiamento duro e volutamente brusco, fecero breccia oltre la “facciata” che utilizzava sempre con il suo compagno, spazzando via ogni ostacolo sulla loro strada.
Posò tremando le mani sulle zampe del lupo ed un sorriso sbocciò sulle sue labbra mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
«Kilgore?» chiamò con voce incrinata ed esitante. Si vergognava di farsi vedere così debole persino dall’Orco con cui condivideva i momenti più intimi della sua vita. Odiava mostrare il lato tenero e affettuoso del suo carattere; tuttavia, aveva atteso quel momento così a lungo che le era impossibile reprimersi e ricomporsi, anche volendo.
Il lupo spirituale rimase a fissarla intensamente per qualche secondo, scodinzolando felice, poi l’incantesimo svanì. Dinanzi a lei si trovava ora il suo sciamano, in ginocchio sul pavimento e con le mani sistemate sotto le sue.
I suoi occhi azzurri erano limpidi come il cielo sereno e la sua espressione comunicava un amore così profondo che Gathra avrebbe potuto affogarci dentro.
Rimasero a guardarsi per minuti interminabili, in assoluto silenzio, assaporando solo la gioia e la meraviglia dell’essere di nuovo insieme. Nessuno dei due sentiva il bisogno di interrompere il momento: qualsiasi commento sarebbe stato inadeguato alla situazione.
Quando finalmente Gathra ruppe il silenzio, lo fece dopo essersi piegata in avanti per abbracciare forte Kilgore.
«Razza di stupido… mi hai fatta piangere!» brontolò contro la sua spalla.
Lo sciamano si sollevò pian piano, in maniera da non farla allungare troppo per stringerlo, quindi la cinse di rimando con tutta la delicatezza di cui era capace.
«Mi dispiace, padrona» mormorò con voce bassa «Vuole punirmi per questo?».
Era il loro gioco erotico privato che non si interrompeva mai. A lei piaceva dare ordini a destra e a manca e a lui non dispiaceva obbedirle ed esaudirla in ogni suo capriccio. Da sempre la loro relazione si era basata su quel semplice ordine gerarchico e Kilgore non intendeva darle l’impressione che avesse perso la cognizione della sua “posizione”.
Sentì Gathra ridere piano vicino al suo orecchio e poi percepì il suo pugno battere con moderata forza in mezzo alla sta schiena.
«Dovrei farlo… ma non qui» disse.
L’Orco strinse un poco la presa, per farle sentire il suo affetto.
«Allora… posso invitarti a pranzo? Voglio farti assaggiare qualche piatto nuovo che ho imparato qui… per cominciare a farmi perdonare» esclamò, separandosi da lei pian piano per guardarla in viso.
Era adorante e a Gathra era terribilmente mancato sentirsi al centro dell’attenzione. Era meraviglioso essere tornati insieme. Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così emozionante e bello riunirsi a Kilgore dopo alcuni mesi di lontananza, considerato che avevano passato degli anni senza sapere più niente l’uno dell’altra dopo la partenza dello sciamano per la Valle delle Prove.
La Signora del Fatuo sorrise con fare accondiscendente, accarezzando una guancia glabra del suo Orco.
«Ma certo, mio schiavetto. Vediamo che cosa hai imparato di nuovo» disse, alzandosi in piedi.
Si era ricomposta. Era tornata l’Orchessa dall’atteggiamento duro e perfido per cui Kilgore aveva perso la testa anni prima.
Il Chiaroveggente si alzò lesto per porgerle un braccio.
«Mi lasci fare strada, padrona» esclamò con trepidazione.
Gathra si aggrappò al suo enorme braccio rivestito di maglia con fare soddisfatto.
«Concesso» disse, per poi lasciarsi guidare verso la locanda de “La Belva Assetata”.