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Titolo: Guai allo Zocalo
Rating: Verde
Genere: Comico, Slice of Life
Personaggi: Peone
Wordcount: 2162 (wordcounter)
Prompt: In fuga per il team Ahm-Gi per la Missione 1 della Settimana 5 del COW-T #9 @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Battle for Azeroth".
Note: Het implied
Con modo di fare goffo e impacciato - del tutto fuori luogo per uno della sua razza - si avvicinò ad una Troll che stava riponendo sotto il piano della sua bancarella diverse cassette di legno, la maggior parte delle quali erano ormai vuote.
«Io chiede scusa per ora… tu ha ancora frutta da vendere?» chiese il Peone, torcendosi nervosamente le grosse mani verdi. Pareva quasi che si aspettasse di essere picchiato per la domanda.


Lo Zocalo era una lunga strada piena di negozi e locande che si trovava lungo il fianco occidentale di Zanchul, sul livello più esterno ed inferiore della terrazza. Era un punto della capitale Zandalari che ferveva di attività commerciali durante tutta la giornata e che al calar del sole si riempiva di vita in virtù di tutti gli avventori che solevano trascorrere la serata a divertirsi e rilassarsi presso le numerose locande che erano fiorite nel corso dei secoli e che si affacciavano tutte sulla via principale.
Per arrivare allo Zocalo bastava attraversare un semplice ponte di collegamento con la Terrazza degli Artigiani, rendendolo di fatto la meta preferita di tutti gli Zandalari che, terminata una lunga e faticosa giornata di lavoro, non desideravano far altro che concedersi un bel pasto caldo e un po’ di meritato riposo.
Da quando i membri dell’Orda erano stati ufficialmente accettati nella capitale, anche loro avevano cominciato a fare spesso visita allo Zocalo, soprattutto i soldati fuori servizio che durante il giorno si trovavano a sorvegliare il Gran Sigillo e che una volta terminato il loro turno non avevano voglia di attraversare tutta Dazar’alor e le sue interminabili scale a piedi per andare a mangiare o bere qualcosa giù al porto.
Era anche vero che lo Zocalo non era un posto molto tranquillo, dato che i ladri colpivano ovunque si presentasse l’occasione… e non sempre quest’ultimi erano di forma umanoide: di recente il distretto era stato infestato dai Sauridi, piccoli rettili con fattezze simili a quelle dei Raptor ma molto più scaltri, subdoli e soprattutto poco inclini all’addestramento. Quelle bestioline scorrazzavano quotidianamente per lo Zocalo, infastidendo i mercanti e gli clienti e ovviamente rubando cibo e ninnoli scintillanti.
Un’altra giornata volgeva al termine a Zuldazar e tutti gli abitanti iniziavano a tornare alle loro case o presso le taverne. Anche allo Zocalo i mercanti si preparavano a riporre la merce al sicuro e dalle locande cominciava ad uscire un gradevole aroma di cibo per attirare i clienti. La completa mancanza di porte presso ogni edificio Zandalari, pubblico o privato che fosse, aiutava molto in quel senso.
Nonostante l’ora ormai tarda, un Orco arrivò correndo presso lo Zocalo. Non era uno dei soliti soldati che bazzicavano in zona e che spesso e volentieri se ne tornavano al Gran Sigillo a gruppetti, troppo ubriachi per reggersi in piedi da soli. Questo era vestito molto più semplicemente: indossava un paio di braghe grigie e rosse di tela che gli arrivavano fino alle ginocchia, quelli che sembravano dei consunti pezzi di calzini rossi che coprivano solo la pianta del piede e le caviglie e una canotta dello stesso colore dei pantaloncini che recava sul petto l’insegna col simbolo dell’Orda.
I mercanti dello Zocalo non avevano molta familiarità con i Peoni, eppure fin da subito parve chiaro a tutti i Troll quanto l’Orco in questione sembrasse trovarsi a disagio in quel luogo.
Con modo di fare goffo e impacciato - del tutto fuori luogo per uno della sua razza - si avvicinò ad una Troll che stava riponendo sotto il piano della sua bancarella diverse cassette di legno, la maggior parte delle quali erano ormai vuote.
«Io chiede scusa per ora… tu ha ancora frutta da vendere?» chiese il Peone, torcendosi nervosamente le grosse mani verdi. Pareva quasi che si aspettasse di essere picchiato per la domanda.
La Zandalari proprietaria del banchetto alzò il viso verso di lui ed emise un verso non molto gentile, quindi estrasse di nuovo una delle cassette e l’appoggiò dinanzi a sé con una certa irruenza, come se fosse arrabbiata. Il gesto non passò inosservato e l'Orco sembrò assumere un'espressione ancor più timida di prima.
«Chesto è tutto chello che mi rimane. Le ultime Solarance... nun ci sono sconti per chelli che arrivano a chest'ora» comunicò brusca, accennando con una delle sue tre grosse dita al cartello che recava il prezzo della merce.
Il Peone si affrettò ad annuire con il grosso cranio pelato.
«Io paga, io no venuto ora per dare meno soldi» si affrettò a puntualizzare. Era un lavoratore come tutti gli altri e benché i Peoni fossero largamente sfruttati come manovalanza per uno stipendio irrisorio, era pur sempre denaro che si guadagnava onestamente.
La Troll sbuffò e continuò a riporre il resto delle cassette vuote, avendo ben cura di tenere d'occhio il suo acquirente. Aveva già visto fin troppe volte gente che arrivava all'ultimo minuto sperando di strapparle uno sconto o che aveva addirittura cercato di derubarla approfittando del crepuscolo incalzante. Era in grado di gestire i ladri e non si sarebbe sicuramente fatta intimidire dalla grossa stazza dell'Orco.
Quest'ultimo in realtà aveva detto solo la pura e semplice verità: era arrivato in cerca di frutta fresca solo allora non tanto per risparmiare quanto piuttosto perché aveva finito di lavorare al porto nemmeno un’ora addietro. Il fatto era che aveva promesso a sua moglie, un’avvenente Elfa del Sangue che lavorava presso la locanda all’interno del Gran Sigillo, che quel giorno sarebbe andato lui a comperare della frutta fresca al mercato. Per quanto non fosse tra i suoi alimenti preferiti, sua moglie insisteva nel propinargli frutta e verdura fresche in abbondanza assieme alle più classiche e gradite pietanze a base di carne o pesce. A detta sua, lo faceva perché si mantenesse in forma e in salute e poiché l'Orco sapeva che sua moglie non faceva mai niente per caso, era disposto a sacrificarsi, seppur con un minimo di lamentele.
Purtroppo il lavoro quel giorno era stato davvero moltissimo e il Peone non aveva potuto terminare prima come aveva sperato, per cui quella che doveva essere una commissione da fare con calma, prendendosi il tempo che occorreva per scegliere quella che a suo parere era la frutta meno ammaccata, si era trasformata in un'incombenza cui assolvere in tutta fretta e con la speranza di riuscire ad arrivare prima che tutta la merce andasse venduta. Fortunatamente almeno per quello la sorte gli aveva sorriso; d'altro canto, le Solarance migliori erano state vendute durante l’arco della giornata, per cui non c'era molto tra cui scegliere.
Il Peone prese alcuni tra i frutti che avevano la superficie più lucida e che erano un po' più grandi, quindi li diede alla Troll Zandalari nella speranza che almeno fosse dell'umore adatto a mettere i suoi acquisti in una busta. Non voleva rischiare di rovinarli tenendoli tra le mani, specialmente visto che aveva maneggiato scatoloni e attrezzi per tutto il giorno senza avere l'occasione di lavarle.
La commerciante prese un sacchetto di carta e vi mise la frutta, quindi allungò una mano per farsi pagare, cosa che il Peone si apprestò a fare per poi stringere delicatamente al petto la sua spesa e voltarsi per andarsene, contento di essere riuscito a fare ciò che doveva senza ulteriori complicazioni.
Fece appena pochi passi prima di trovarsi di fronte ad uno dei piccoli Sauridi che ormai aveva imparato a temere e allontanare: quelle creaturine infestavano anche il porto, annidandosi in mezzo ai carichi che doveva trasportare ai magazzini e spaccando le casse che contenevano cibo.
L'espressione carica di sollievo sul viso dell'Orco svanì di colpo, rimpiazzata da un cipiglio corrucciato e vagamente intimidito. Istintivamente portò la mano libera a proteggere il suo acquisto, quindi borbottò: «Via bestiolina cattiva. Questo no per te!».
Il Sauride si limitò a rimanere a fissarlo, muovendo appena il muso affusolato, come se cercasse di capire cosa stava cercando di dirgli. Il Peone si mosse circospetto per aggirarlo, quindi affrettò il passo verso il ponte che portava alla Terrazza degli Artigiani; tuttavia, non appena ebbe fatto pochi metri si trovò a fronteggiare un piccolo schieramento di Sauridi.
L'Orco si bloccò di nuovo, deglutendo nervosamente.
«Io no fare male voi. Io torna a casa» disse con voce appena tremante. Quando comparivano in gruppi era un vero e proprio incubo riuscire a liberarsi di loro.
I piccoli rettili lo avevano praticamente circondato. Non poteva allontanarsi senza passare in mezzo al fronte che avevano realizzato.
Lui era solo un semplice Peone, per cui era ben lungi dalle sue abitudini risolvere i problemi con la violenza. Di solito erano i Grunt ad occuparsi di quello: il suo lavoro era sgobbare tutto il giorno trasportando provviste e armi oppure costruire edifici.
Pur avendo una forza fisica notevole - necessaria per chi svolgeva un impiego di manovalanza come il suo - non era mai stato in grado di impiegarla per attaccare o difendersi. Era una carenza ridicola considerato il passato violento e belligerante della sua razza e adesso che quella piccola squadra di ladruncoli lo fissava con gli occhietti puntati alla sua spesa, il Peone si sentiva del tutto vulnerabile.
Ciononostante, doveva riuscire a superarli. Il ponte per andare a casa era oltre la loro "barriera" e a quanto pareva c'era qualcosa che impediva a quelle bestioline invadenti di oltrepassare il limitare estremo di Zanchul.
Raccogliendo il poco coraggio che il Peone aveva in sé, decise di fare l'unica cosa che era possibile nella sua situazione: marciare attraverso i Sauridi a testa alta e passo risoluto. Sicuramente si sarebbero tolti di mezzo per non essere schiacciati sotto i suoi grossi e pesanti piedi, consentendogli di andare oltre senza doversi difendere.
Fu esattamente ciò che fece; tuttavia, il piano non andò esattamente come lui aveva previsto: non appena si mosse verso di loro, i Sauridi si spostarono tutti all'unisono verso di lui.
Con un balzo gli furono addosso e l'Orco sentì i loro denti minuscoli ma affilati e gli artigli penetrargli nelle gambe e piantarsi nei suoi pantaloni. Stavano cercando di arrampicarsi sul suo corpo.
Il Peone cacciò un grido di paura e dolore e barcollò all'indietro, riuscendo però a mantenersi in piedi.
«Ferme! Cattive bestioline! Cattive! Voi lascia andare me!» protestò con voce un po' più acuta del normale, piegandosi a cercare di togliersi i suoi aggressori di dosso.
Fu un grave errore: uno dei Sauridi scese prontamente dalle sue gambe per saltargli sul braccio, mordendolo brutalmente e facendogli lasciare la presa sul sacchetto di Solarance, che cadde a terra e si rovesciò. I frutti rotolarono sul pavimento, fermandosi a circa un metro da lui.
Tutti i Sauridi lasciarono immediatamente perdere la loro preda per concentrarsi sul bottino. Il Peone li vide sgambettare verso le sue Solarance e nella disperazione per essersi fatto sopraffare così facilmente, l'Orco trovò finalmente la forza di reagire.
Cacciando un grido da far invidia al più cazzuto dei Grunt, il Peone scattò in avanti rimanendo piegato, come se stesse caricando un muro invisibile a testa bassa. Stavolta furono i Sauridi a spaventarsi, abbandonando temporaneamente le Solarance per salvarsi dal pericolo imminente. Ciò diede il tempo all'Orco di raccogliere il sacchetto e rimetterci in tutta fretta alcuni dei frutti più vicini.
Il terrore dei suoi avversari durò solo pochi secondi, dopo i quali realizzarono che stavano perdendo il cibo che avevano faticato tanto per rubare. Tutti insieme assaltarono di nuovo il Peone, che continuò imperterrito il suo recupero ignorando le artigliate e i morsi.
Raccolse l'ultima Solarancia agitandola freneticamente in aria per scaraventare via il Sauride che vi si era attaccato, quindi la rimise nel sacchetto e cominciò la fuga.
Alcuni dei maledetti rettili erano ancora aggrappati stoicamente ai suoi pantaloni. Li sentiva cercare di graffiarlo e morderlo, forse nella speranza che si fermasse, ma i loro tentativi furono del tutto vani. Ricacciando indietro gemiti di dolore e terrore, il Peone continuò a correre via con tutta la forza che aveva nelle sue gambe - che non era poi così tanta dopo la sfiancante giornata di lavoro che aveva affrontato. I Sauridi cominciarono a mollare la presa sui suoi pantaloni sbrindellati poco per volta, tentando però fino all'ultimo di saltargli addosso e trovare punti di aggancio sui suoi grossi polpacci nudi o addirittura sulle natiche.
La fuga durò solo pochi minuti, eppure all'Orco parvero un'eternità. Quando finalmente raggiunse il ponte di collegamento con la Terrazza degli Artigiani, i Sauridi cominciarono a lasciarlo andare e a rallentare lanciando versi striduli di protesta.
L’Orco si fermò solo una volta che fu dall’altra parte e si voltò a guardarsi indietro. Le sue piccole nemesi erano allineate sul limitare dell’altra “sponda” e lo fissavano coi loro minuscoli occhietti iniettati d’odio.
Il Peone si prese almeno la soddisfazione di far loro un gestaccio, di fronte al quale i Sauridi fecero dietrofront per tornare a vagare nel cuore dello Zocalo.
Con un sospiro di sollievo e soddisfazione e le braghe a brandelli, l’Orco strinse a sé la sua spesa come se fosse un trofeo di inestimabile lavoro e si avviò verso il lato opposto alla Terrazza degli Artigiani, dove si trovava la sua casa.
«Elathriel no andare mai a Zocalo. Io va sempre fare spesa lì, se servire» decise tra sé e sé, risoluto.
Sperava che sua moglie non fosse ancora tornata dal Gran Sigillo, così avrebbe avuto modo di nascondere i vestiti stracciati prima di farsi vedere da lei. L’ultima cosa che voleva fare era raccontarle dello spiacevole episodio con i Sauridi e spaventarla inutilmente.

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