fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Test sul campo
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Introspettivo, Slice of Life
Personaggi: Endrith Tryevruld, Jevisk Dastor Hudin Tryevruld, Ronod
Wordcount: 8946 (wordcounter)
Prompt: 2. In un solo giorno per la Maritombola #10 @ Lande Di Fandom
Note: Blowjob, First time, Foodporn, Lemon, Yaoi
«Non c’è nessuna missione per te. Non ancora, è troppo presto...» esordì con calma.
Dinanzi all’espressione delusa del nipote, la donna riprese poco dopo: «… tuttavia, mi hanno chiamata in veste ufficiale per testare le “nuove reclute” del postribolo che hanno aperto qualche giorno fa vicino all’ingresso al porto… e visto che ormai sei grande e avviato nel tuo apprendistato, pensavo che magari avevi voglia di accompagnarmi...».
Vide la delusione sul volto paffuto di Dastor svanire in un attimo, rimpiazzata da eccitazione allo stato puro. Non era la stessa espressione che aveva quando cominciava a lavorare sui suoi progetti meccanici ma poteva farle tranquillamente concorrenza.
«Sì! Ti prego, per favore fammi venire con te!» la implorò, abbandonando i resti della colazione sul tavolo per avvicinarsi a lei «Adesso posso farlo! Sono ufficialmente maggiorenne!».
Sua zia gli scoccò un’occhiata incerta, al che Jevisk aggiunse lesto: «In questo modo posso farmi perdonare dalla Dea per aver impiegato il suo potere in maniera impropria».


Il sole era da poche ore sorto sull’orizzonte ma sulla città di Niwlcryf ancora non un singolo raggio di luce era riuscito a raggiungere gli edifici: la capitale degli Arferol era - come ogni mattina - avvolta da una fredda e spessa coltre di nebbia.
Per le strade della città le prime attività del mattino avevano già aperto i battenti e gli abitanti erano talmente avvezzi alla foschia che impediva loro di vedere ad un palmo dal loro naso da non farci quasi più caso.
In una delle piccole villette a schiera che si affacciavano sulla grande strada che collegava il centro di Niwlcryf al suo ricco porto, il giovane Dastor Jevisk Hudin Tryevruld si accingeva a svegliarsi.
Aveva trascorso la notte a casa da solo mentre sua zia Endrith era fuori ad occuparsi di faccende da sacerdotessa di Harfer. Non sapeva nemmeno a che ora fosse tornata o se effettivamente l’avesse fatto, dato che si era addormentato senza neanche accorgersene mentre leggeva.
Il suo primo pensiero non appena aprì gli occhi andò al libro che stava leggendo la sera avanti e che aveva faticato tanto per procurarsi nelle settimane antecedenti. D’istinto balzò seduto, facendo cigolare il materasso sotto di sé, quindi cominciò a tastare il cuscino e a togliere le coperte alla frenetica ricerca dell’oggetto. Sperava di non averlo rovinato addormentandocisi sopra o - peggio ancora - che non ci avesse sbavato. Non si sarebbe mai perdonato un errore così goffo e stupido.
Se sua zia si fosse affacciata nella sua camera in quel preciso momento, sicuramente sarebbe scoppiata a ridere dinanzi alla scena del nipote intento a saltellare carponi da un angolo all’altro del suo letto premendo le coperte e poi togliendole, scaraventare a destra e a manca il suo cuscino per poi lanciarlo dall’altro lato della camera e sporgersi pericolosamente oltre il bordo del materasso per affacciarsi a guardare cosa ci fosse nello spazio vuoto che separava la rete dal pavimento.
Alla fine riuscì a scorgere il volume incriminato con la coda dell’occhio. Era abbandonato chiuso su un fianco, a ridosso del comodino. Sembrava illeso e Dastor tirò finalmente un sospiro di sollievo, placandosi. Raccolse il libro e lo posizionò sul mobiletto, di fianco al piccolo piattino che conteneva un mozzicone consumato di candela, quindi si stiracchiò e si alzò, dirigendosi verso il bagno.
Indossava solo un largo paio di boxer gialli e non si curò affatto di coprirsi mentre percorreva il corridoio. L’idea che sua zia potesse vederlo per caso mezzo nudo non gli dava alcun fastidio.
Come ogni mattina, aveva i capelli rossi e lunghi tutti arruffati, senza un briciolo d’ordine. Somigliavano quasi a un nido per uccelli.
Sull’occhio destro indossava una lente rotonda incastonata in una montatura di metallo dorato di discreto spessore, semplice ma allo stesso tempo piuttosto originale. L’accessorio copriva completamente l’occhio in questione ed era mantenuto fisso in posizione da un laccio di cuoio che attraversava trasversalmente la fronte e la guancia e che terminava sul retro del cranio.
L’altro occhio era completamente visibile ed era di una peculiare tonalità di grigio azzurro. Sotto la palpebra inferiore esibiva delle occhiaie difficili da nascondere, segno che non era raro che facesse le ore piccole.
Come tutti gli Arferol, Dastor era grasso, e il suo metro e sessanta di altezza non contribuiva certamente a farlo apparire più slanciato. La sua mole era notevole considerando che era appena maggiorenne e che il suo fisico non aveva ancora raggiunto il pieno sviluppo; tuttavia, Dastor non ne faceva un problema.
L’incarnato era appena abbronzato, dando ad intendere che almeno per breve tempo si era messo a sgobbare sotto il sole come la manovalanza impiegata al porto.
Il segno veramente distintivo nel suo fisico “morbido” e altrimenti poco interessante era la cicatrice di una pregressa ustione grave che gli deturpava tutta la superficie dell’avambraccio destro. Il ragazzo non pareva avere alcuna difficoltà ad ignorare il segno e a sottolinearlo c’era la naturalezza con cui muoveva ambedue gli arti, come se fossero entrambi sani.
Il giovane Jevisk si occupò della sua povera vescica prima che esplodesse, quindi cominciò a pettinarsi al meglio delle sue possibilità per cercare di disciplinare la sua chioma rossa. Non era semplice districare quel groviglio e ci riuscì - seppur non completamente - solo dopo averci speso parecchio tempo, quindi prese il suo solito nastro blu e legò la chioma più o meno domata in un semplice codino ricciuto sulla nuca.
Tornò in camera sua, indossò una larga veste da notte bianca a righe nere e si diresse verso la cucina, che si trovava al piano inferiore della casa.
Come si aspettava, sua zia dormiva ancora: il piano terra della villetta era vuoto e silenzioso e la fitta nebbia che si intravedeva fuori dalle finestre rendeva ancora più cupa l’atmosfera.
Dastor attraversò il modesto soggiorno quasi al buio, sbadigliando placido e stropicciandosi l’occhio libero. Arrivato in cucina, mormorò qualcosa e dalla sua mano crepitò un piccolo fulmine azzurro che attraversò serpeggiando l’aria per raggiungere un lampadario di metallo che pendeva al centro del soffitto. Al contatto con l’energia elettrica, il lampadario lanciò una breve pioggia di scintille innocue, quindi sulle estremità dei sei bracci dell’oggetto si accesero dei piccoli bulbi di vetro incandescente.
La luce era fioca e aranciata ma era sufficiente ad illuminare la stanza quel tanto necessario a poter vedere l’interno.
Sua zia non voleva che utilizzasse il potere delle tempeste con cui Harfer l’aveva benedetto in maniera troppo superficiale - figurarsi poi per questioni banali come l’illuminare una stanza! - tuttavia, Dastor non rientrava esattamente nello stereotipo dei fedeli seguaci della Dea. Il giovane credeva nei principi alla base della dottrina di Harfer ed era fermamente convinto del fatto che la sua innata capacità di manipolare il potere delle tempeste fosse un dono della divinità… ma la sua fede si fermava lì. Ciò che faceva o no con le abilità di cui era stato investito era affar suo.
La cucina non era molto grande e Dastor l’attraversò velocemente, andando a recuperare dalla dispensa l’occorrente per prepararsi la colazione.
Al contrario di sua zia, che preferiva sempre una colazione piuttosto leggera a base di tè e biscotti, lui era più incline verso un pasto essenzialmente salato e abbondante. Ritrovandosi spesso da solo in casa, aveva imparato a fare molte cose che normalmente un ragazzo apprende più in là nel tempo, come per esempio il cucinare. Non era un cuoco a tutti gli effetti, però era in grado di allestire un pasto senza rischiare di avvelenarsi.
Nel giro di poco tempo la stanza si riempì dell’odore pungente e appetitoso della pancetta che sfrigolava in padella. Insieme ad essa preparò una panciuta omelette ripiena di formaggio e un paio di salsicce. A parte mise ad abbrustolire alcune fettine di pane, per non farsi mancare niente.
La caratteristica che più attirava l’attenzione nel suo modo di cucinare piuttosto semplice ed essenziale era il suo smodato uso di olio come condimento. Era un’abitudine malsana che aveva acquisito nel tempo e che adesso che era praticamente adulto era impossibile togliergli.
L’olio in eccesso sul fondo delle padelle cominciò presto a soffriggere e produrre fumo, costringendo Dastor ad aprire la finestra che dava sulla strada per farlo dissipare.
La colazione fu pronta in men che non si dica e il giovane Arferol si sedette a tavola con l’acquolina in bocca e lo stomaco che brontolava cupo per l’appetito; tuttavia, non si avventò famelico sul cibo. Iniziò a mangiare lentamente, masticando con vigore ogni boccone prima di inghiottirlo. Nel frattempo che si nutriva, estrasse da una piccola tasca della veste un’agenda con la rilegatura sdrucita e chiaramente consunta per il prolungato utilizzo, l’aprì e cominciò a studiare i disegni di piante e fiori che aveva scarabocchiato all’interno.
Dastor era appassionato di molte scienze, tra cui lo studio della botanica. Faceva spesso disegni delle piante che coltivava nella piccola serra che sua zia aveva allestito per lui nel loro minuscolo giardino sul retro e poi prendeva appunti in merito agli estratti e alle parti delle piante che a parere suo avrebbero potuto costituire una buona aggiunta per la preparazione della birra.
Pur essendo appena maggiorenne, beveva birra spesso e volentieri e già in più di un’occasione si era ritrovato a barcollare ubriaco verso casa da una delle taverne del porto. Lo studio e la preparazione di birre artigianali era diventato uno dei suoi passatempi preferiti.
Nel pomeriggio avrebbe tentato un’ennesima distillazione per ottenere un nuovo estratto da aggiungere alla partita di birra in fermentazione nella cantina. L’idea lo eccitava alquanto, a tal punto da fargli studiare febbrilmente gli appunti presi in merito alla pianta oggetto di studio. Non voleva sbagliare.
La colazione terminò parecchio tempo dopo, interrotta più volte dai suoi concitati mormorii mentre leggeva e rileggeva i suoi appunti.
L’energia elettrica che aveva infuso nel lampadario si era quasi esaurita quando Dastor sollevò il suo largo deretano dalla sedia con l’intento di mettersi a rigovernare le stoviglie.
Senza pensarci troppo, sollevò le dita grassocce verso l’oggetto e mormorò l’incantesimo.
Nel momento esatto in cui l’energia blu partì crepitando in direzione del lampadario, una voce femminile riecheggiò alle sue spalle esclamando: «Ancora abusi del dono della Dea?!».
Il rimprovero giunse con tono stridulo e acuto e Dastor, che non si aspettava di essere beccato a quell’ora del mattino, sobbalzò spaventato rischiando di far cadere i piatti.
Paonazzo in viso, si girò verso l’arcata d’accesso della cucina, nella quale si era materializzata la corpulenta figura di sua zia Endrith.
La donna non era più nel fiore degli anni, come dimostravano le strie bianche tra i lunghi e ricci capelli rossi che le circondavano il viso paffuto, adagiandosi sui suoi grossi seni.
La camicia da notte che indossava era leggera e molto scollata, nera, e aderiva al suo fisico pieno e curvilineo in maniera provocante.
Per gli standard fisici degli Arferol, sua zia era una bellissima donna e lei ne era perfettamente consapevole. Era la ragione dietro il suo continuo sfoggio di abiti succinti, in alcuni casi persino osceni.
In quel momento preciso, gran parte della femminilità era smorzata dal fatto che era palese si fosse alzata dal letto quando avrebbe continuato volentieri a dormire per alcune ore in più. Gli occhi color acciaio erano contornati da un leggero alone scuro.
«Z-zia! Sei già sveglia a quest’ora?!» gemette Dastor, incapace di trattenersi. La sua voce normalmente baritonale aveva una nota acuta e stridente nel tono che sottolineava chiaramente la sua sorpresa.
Non si aspettava di essere colto in flagrante, non a quell’ora.
Endrith sbuffò in risposta alla sua domanda, sbadigliando vistosamente e avanzando nella cucina trascinando un poco i piedi. Spostò le ciocche di capelli che le erano caduti sulle spalle al di là delle stesse come se volesse darsi un qualche contegno più autorevole e disse: «Mi sono svegliata presto appositamente per proporti un compito come inviato della Dea… ma visto che continui ad abusare del suo dono forse la cosa non ti interessa così tanto...».
Dastor sgranò gli occhi e le sue guance si tinsero di rosso. La lente sull’occhio destro era piuttosto spessa per cui aveva un lieve effetto d’ingrandimento che dava l’impressione che avesse gli occhi di dimensioni differenti.
«Davvero?! E che genere di incarico sarebbe? Posso finalmente partire in missione?» domandò di getto, senza neppure prendere fiato tra una domanda e l’altra.
Pur essendo giovane, il suo desiderio di andarsene da Niwlcryf per visitare nuovi posti e scoprire nuove cose ardeva in lui con la forza del sole stesso. L’essere un adepto chierico del culto della Dea era l’unico modo con cui era sicuro di poter lasciare la città, un giorno.
Purtroppo il suo apprendistato non era ancora terminato e non poteva dirsi un chierico a tutti gli effetti, benché senza modestia fosse il migliore tra gli studenti. La sua sete di conoscenza era tale da spingerlo ad applicarsi in merito persino più del dovuto.
Endrith sorrise. Le sue speranze erano ammirevoli ma del tutto errate.
«Non c’è nessuna missione per te. Non ancora, è troppo presto...» esordì con calma.
Dinanzi all’espressione delusa del nipote, la donna riprese poco dopo: «… tuttavia, mi hanno chiamata in veste ufficiale per testare le “nuove reclute” del postribolo che hanno aperto qualche giorno fa vicino all’ingresso al porto… e visto che ormai sei grande e avviato nel tuo apprendistato, pensavo che magari avevi voglia di accompagnarmi...».
Vide la delusione sul volto paffuto di Dastor svanire in un attimo, rimpiazzata da eccitazione allo stato puro. Non era la stessa espressione che aveva quando cominciava a lavorare sui suoi progetti meccanici ma poteva farle tranquillamente concorrenza.
Dastor non stava più nella pelle: per anni aveva desiderato accompagnare sua zia nel suo giro di bordelli, sia per le benedizioni della prima apertura sia per le ronde di normale amministrazione per la supervisione delle attività.
«Sì! Ti prego, per favore fammi venire con te!» la implorò, abbandonando i resti della colazione sul tavolo per avvicinarsi a lei «Adesso posso farlo! Sono ufficialmente maggiorenne!».
Sua zia gli scoccò un’occhiata incerta, al che Jevisk aggiunse lesto: «In questo modo posso farmi perdonare dalla Dea per aver impiegato il suo potere in maniera impropria».
Gesticolò verso il lampadario, sperando di riuscire a convincere sua zia. Gli sembrava una giustificazione sensata, benché in fondo fosse solamente una scusa: non era minimamente pentito di aver “abusato” dei suoi poteri.
Endrith sapeva che suo nipote era un ragazzo sveglio e dall’intelletto particolarmente acuto e sapeva benissimo che non sarebbe stata l’ultima volta che utilizzava a sproposito il potere concessogli da Harfer. Chiudeva un occhio sul fatto che lo utilizzasse per compiere i suoi esperimenti, in quanto era pienamente a favore del progresso tecnologico e scientifico; tuttavia, era contraria all’impiego di una tale abilità per inezie come l’illuminazione magica della casa.
Era orgogliosa delle attrezzature che Dastor costruiva ma non del tutto favorevole al loro impiego… almeno non per tutte quante.
Dopo qualche momento di silenzio in cui finse spudoratamente di riflettere sulla propria decisione, Endrith esclamò: «Be’... visto che devi fare ammenda per il tuo errore… la Dea sarà compiaciuta dalla tua dedizione ad assolvere ai suoi precetti».
Dastor sussultò, sorpreso lui stesso di essere riuscito a convincerla senza dover insistere più di tanto.
«Oh, sì!» non riuscì a trattenere un’esclamazione di puro e semplice entusiasmo.
«Ora fila via! Non vorrai presentarti al postribolo in queste condizioni, vero?» lo rimproverò Endrith, accennando ai suoi capelli pettinati alla bell’e meglio e alle guance ispide di barba non rasata da alcuni giorni.
Dastor annuì con un vigoroso cenno del capo, quindi si precipitò al piano superiore, in bagno. La sua prima volta come emissario della Dea in un controllo di bordelli doveva essere qualcosa che a distanza di anni avrebbe ricordato come un momento perfetto.
Endrith udì una porta sbattere a distanza. Abbandonò il suo forzato contegno autorevole e sbadigliando a più riprese si dedicò svogliatamente alla sua colazione.

Dastor non era avvezzo alle apparizioni pubbliche. Il suo apprendistato presso il tempio principale di Harfer si svolgeva quasi in segreto, essendo la sua “strada” quella che meno era conosciuta e praticata da coloro che si rendevano messaggeri del potere della Dea.
Erano una specie di “corpo speciale”, un gruppo piccolo ma potente che poteva essere utilizzato all’occorrenza. L’idea di essere una potenziale arma segreta riempiva il ragazzo di giusto orgoglio; tuttavia, non lo abilitava a partecipare a tutte quelle cerimonie che in modi differenti contribuivano a forgiare la parte più socievole del carattere.
Gli ci era voluto un po’ per essere pronto per l’uscita. Si era lavato e rasato e aveva frugato nel suo armadio per quasi un’ora alla ricerca di qualcosa che fosse adatto all’occasione, senza però riuscire nell’intento. Aveva infine ripiegato sulla sua tunica da sacerdote, semplice e senza fronzoli inutili, ma solo perché era in mancanza di alternative migliori.
La lunga preparazione estetica non poté fare niente per renderlo pronto emotivamente. Non sapeva cosa sarebbe successo né tantomeno come avrebbe dovuto comportarsi e la cosa lo rendeva nervoso in maniera quasi imbarazzante.
Dastor attendeva nel soggiorno che sua zia fosse pronta. La stanza non era di per sé molto grande e il mobilio contribuiva a dare l’impressione che lo spazio fosse ancora meno. Il ragazzo camminava avanti e indietro, senza posa, occhieggiando febbrilmente le scale che portavano di sopra e poi la porticina chiusa sotto di essa, che conduceva alla cantina.
Lì sotto Dastor teneva il suo laboratorio e in quel frangente si sarebbe volentieri rinchiuso là sotto a lavorare come un pazzo su qualsiasi progetto gli fosse capitato a tiro appena sceso. A frenarlo era la consapevolezza che non appena avesse inforcato gli occhialoni di protezione, sua zia lo avrebbe chiamato per uscire.
Ciononostante, il fatto di rimanere lì con le mani in mano a logorarsi nella sua ignoranza e inadeguatezza a svolgere un compito come quello di sua zia era snervante.
«Forse non avrei dovuto accettare. Avrei dovuto lasciarla andare da sola… non mi sono documentato abbastanza su ciò che avviene nei postriboli per essere pronto...» commentò tra sé e sé, sistemandosi a più riprese la montatura fermata attorno all’occhio destro.
Aveva lucidato il metallo e persino la lente. Era da tantissimo che non lo faceva e lo dimostrava il fatto che aveva avuto mal di testa per l’eccessiva nitidezza nella vista che era seguita. Il suo occhio destro pur essendo stato molto danneggiato in passato, era pur sempre funzionante anche se molto poco, per cui aveva dovuto abituarsi un momento alla lente completamente lucida.
I minuti trascorrevano in maniera esasperatamente lenta per i suoi standard e solo dopo quella che a lui parve un’eternità udì il cigolare dei gradini che annunciava l’arrivo di Endrith.
La donna aveva indossato una delle sue tuniche più belle, riccamente decorata sul corpetto aderente con catenelle d’oro intrecciate. L’assenza di lacci a sostegno dell’indumento metteva in risalto i suoi seni prosperosi. Un ciondolo d’oro raffigurante il simbolo di Harfer - una cornucopia traboccante di verdura e pesce - pendeva dal suo collo, piuttosto lungo seppur grassoccio.
L’abito era nero e verso il fondo la gonna sfumava in un colore viola-blu che ricordava il colore del cielo al crepuscolo. Arrivava a coprire appena le sue caviglie, lasciando scoperti i sandali dorati e intrecciati alla stessa maniera del corpetto.
I capelli erano stati disciplinati e acconciati e ricadevano in una morbida cascata di riccioli rossicci sulle sue spalle.
Si era persino truccata, mettendosi un filo di ombretto nero ed il rossetto di un bel rosso carminio.
Al confronto, Dastor era semplicemente inadeguato.
«Zia sei… molto… ehm, bella» commentò impacciato il ragazzo.
Endrith scese le scale lentamente, rivolgendogli un blando sorriso benevolo.
«Non posso recarmi in un bordello in veste ufficiale senza prepararmi a dovere» gli fece presente lei «Andiamo?».
Non commentò alcunché sul semplice vestiario di suo nipote, e quest’ultimo le fu immensamente grato per ciò. Sapeva di non poter reggere una competizione con una vera sacerdotessa di Harfer, neanche se si fosse rifatto da capo l’intero guardaroba.
Uscirono insieme di casa, quindi Endrith condusse il nipote verso la loro destinazione. Lungo la strada c’erano molte più persone di quante Dastor desiderasse incrociare. Tutte quante si voltarono ad osservare sua zia e tra gli Arferol, in diversi la salutarono con un gesto reverente tipico dei fedeli di Harfer.
Dastor camminava dietro di lei ed era contento di non essere oggetto di tali attenzioni, almeno non in maniera tanto palese. Essere salutato ovunque in quel modo l’avrebbe messo notevolmente a disagio, più di quanto già non fosse abitualmente in presenza di altre persone.
Il bordello cui erano diretti non era molto distante da casa loro. Fu una passeggiata di breve durata che terminò nel giro di un quarto d’ora circa.
L’edificio dinanzi a cui si fermarono aveva i mattoni a vista, grigi come buona parte delle case della città, e nel complesso aveva un’architettura semplice. C’erano molte finestre ai piani superiori - tre per la precisione - tutte piuttosto strette e ad arco, con l’intelaiatura in legno nero. Al piano terra invece c’erano fondamentalmente due larghe finestre rettangolari ai due lati del portone a due battenti situato al centro della parete. A contornare l’ingresso - e offrire un tocco più ricercato al complesso - erano state erette un paio di colonne bianche con i capitelli scolpiti a raffigurare Harfer nella sua rappresentazione più classica - una formosa donna con la metà inferiore del corpo tentacolata - che sorreggeva una cornucopia traboccante di pesce e verdura e che pareva sostenere la lastra di pietra che chiudeva superiormente il portone.
Dastor lo trovava personalmente un dettaglio stilistico molto bello. Non si intendeva di sculture, ma le forme curvilinee di Harfer erano state impresse nella pietra in maniera squisitamente perfetta, quasi accattivante. Era come se l’artista avesse catturato una parte della sua essenza in quella raffigurazione.
«Vuoi osservare quel capitello ancora a lungo?» la voce di Endrith ruppe il momento di contemplazione in cui Jevisk era caduto inconsciamente.
Quest’ultimo scosse il capo e vide sua zia già sulla porta, all’interno del vano disegnato da uno dei battenti aperti. Dietro la sua spalla faceva capolino un uomo ben più alto di lei e muscoloso, che doveva stare curvo per riuscire a vedere al di sotto dello stipite della porta.
Dastor arrossì bruscamente, imbarazzato per il richiamo pubblico, e si affrettò a seguirla.
L’uomo al di là della porta si fece da parte per lasciarli entrare facendo un’aggraziata reverenza ad Endrith. Fu una scena che Dastor trovò a suo modo bizzarra.
L’interno dell’edificio era molto più raffinato rispetto all’apparenza esteriore: svariati tavolini neri dalla silhouette aristocratica in legno erano dislocati nella zona centrale della sala. A fare da contorno si trovavano molte chaise longue imbottite e con gli schienali dalle curve morbide, rivestiti di tessuti pregiati di un bel rosso scarlatto. Lungo la parete a sinistra dell’ingresso si trovava un bancone in legno nero lucido corredato di numerosi sgabelli e sul quale attualmente si trovavano numerosi vassoi pieni di cibo.
Nonostante Dastor avesse fatto colazione solo poche ore prima, la vista di tutti quei manicaretti gli fece venire l’acquolina in bocca.
«Salve, Mehrmor. Vi stavamo aspettando con ansia» salutò l’uomo muscoloso che li aveva accolti con voce pacata ed elegante.
Indossava una camicia di lino con una scollatura a “V” talmente pronunciata da permettergli di mettere in mostra buona parte della sua fitta peluria pettorale. Le gambe toniche erano fasciate in un paio di pantaloni neri di pelle che aderivano totalmente al suo corpo, mettendo bene in evidenza che si trattava di un Ysgr, dato che gli mancava la normale attrezzatura da riproduzione maschile.
I lunghi capelli neri erano raccolti sulla destra del cranio in una folta treccia che gli scendeva fino al pettorale. Gli occhi erano grigio acciaio e sovrastavano barba e baffi folti e ben curati. Il collo era completamente ricoperto di scaglie rosse, altro segno che lo identificava inequivocabilmente come Ysgr.
Endrith chinò appena il capo in risposta al titolo onorifico che aveva utilizzato, il tutto mentre Dastor cercava di sfruttare la sua lente pulitissima per identificare il cibo sul bancone.
«Spero che i vostri nuovi ragazzi siano all’altezza del luogo. Questo postribolo si è già guadagnato una certa fama in pochi giorni di apertura...» commentò la Arferol, al che il padrone di casa sorrise con fare vagamente affettato.
«Sono onorato di ricevere complimenti da voi. Significa che il mio lavoro è fatto bene» rispose con un certo orgoglio «Sono sicuro che i nuovi ragazzi non la deluderanno… come i precedenti».
L’Ysgr fece un cenno del capo verso il bancone. Dastor - che non aveva distolto lo sguardo da lì nemmeno per un secondo - vide un variegato gruppo di baldi giovani apparire dietro di esso e prendere in mano i vari vassoi, per poi portarli verso di loro, in una specie di processione che pareva più una sfilata.
Vedendoli avvicinarsi, Endrith spostò su di loro la sua attenzione. I suoi occhi passarono in rassegna da capo a piedi ognuno di loro, studiando il fisico e il portamento.
Suo nipote d’altro canto era più impegnato ad esaminare ciò che trasportavano rispetto a chi lo faceva. C’era tanto cibo da poter sfamare una famiglia di Arferol al completo. In aggiunta a tanto ben della Dea c’erano un paio di Bryntal, un Arferol, un Phydre’ori e un Eirasel.
I ragazzi indossavano tutti solamente i pantaloni, esibendo vari gradi di muscolatura e di grasso addominali. Si fermarono di fronte ad Endrith e si piegarono su un ginocchio, offrendole i rispettivi vassoi.
La Arferol rise, scoccando un’occhiata al padrone del locale.
«Spero non stia cercando di comprare il mio favore con tale abbondanza...» commentò in tono frivolo.
Dastor da dietro di lei si sporse ad occhieggiare uno dei due Bryntal, sul cui vassoio erano ammassati dei panciuti involtini di pasta sfoglia ripieni di formaggio filante e un qualche tipo di carne. Il leggero velo di olio lucido soprastante attirava la sua attenzione come un faro.
«Non lo ritengo necessario. È solo un piccolo omaggio per ringraziarla dei suoi servigi alla comunità» spiegò il proprietario.
Visto che erano ancora impegnati nei formalismi, Dastor pensò di approfittarne per mangiucchiare qualcosa. In fin dei conti, anche lui era da considerarsi un Mehrmor e dunque quegli stuzzichini erano anche per lui.
Nascosto dietro la mole imponente di sua zia, il ragazzo non riuscì a trattenersi oltre e protese una mano ad afferrare un involtino sotto gli sguardi silenziosi e incuriositi delle nuove reclute del bordello.
«Spero non le dispiaccia se ho portato con me mio nipote per fornirmi assistenza nella “valutazione”... i suoi ragazzi sono tanti» esclamò Endrith, subito prima di farsi un poco da parte per mostrargli Dastor, cogliendolo in flagrante mentre cercava di sgraffignare un manicaretto.
Il giovane Arferol divenne paonazzo di colpo, assumendo un colore simile a quello dei suoi capelli, prima di far sparire la mano ancora vuota dietro la schiena.
«S-s-sa-salve!» disse, balbettando violentemente per l’imbarazzo della situazione. Sperava che continuassero ad ignorare la sua presenza come avevano fatto fino ad allora almeno per un altro po’.
L’Ysgr gli rivolse un’occhiata dubbiosa e la zia invece una di blando rimprovero.
«È… piuttosto giovane… lo ritiene all’altezza?» chiese il padrone.
Jevisk sgranò gli occhi, aspettandosi che sua zia lo decretasse apertamente non in grado di affrontare l’incarico. Avrebbe dovuto trattenersi solo per un altro secondo e non sarebbe successo niente!
«Che idiota che sei stato, Dastor!» sibilò tra sé e sé, stizzito.
Non era pronto a ricevere una strigliata pubblica; tuttavia, anziché metterlo ancor più in imbarazzo, sua zia disse: «Mio nipote è adulto ed è uno dei migliori adepti della Dea della sua età. Ritengo che l’esperienza in questo campo sia di fondamentale importanza».
«… certamente, essendo ancora inesperto, può ricoprire solo una piccola parte della valutazione» soggiunse subito dopo, guardando di traverso il ragazzo «Dunque decidi chi tra di loro vuoi esaminare. Ne valuterai solo uno».
Dastor rimase stupito dalla richiesta della zia. Si era aspettato tutt’altro trattamento per il suo sgarro e la sorpresa fu tale che per un momento rimase a fissarla con espressione attonita, incapace di dire o fare alcunché. Soltanto dopo un poco il suo cervello riuscì ad elaborare il fatto che doveva operare una scelta e comunicarne l’esito a voce alta e soprattutto in fretta.
La decisione fu semplice per fortuna e non gli richiese alcuna valutazione che non fosse già stata eseguita dal suo stomaco: senza indugio, scelse il Bryntal dal cui vassoio aveva cercato di rubare del cibo.
Il giovane in questione lanciò uno sguardo che era incredulo e confuso al tempo stesso. Evidentemente non si aspettava di essere la "cavia" di un Mehrmor ancora inesperto - o forse si aspettava un normale amplesso con una donna.
Ci fu un attimo in cui gli occhi di Dastor e quelli dello sconosciuto si incrociarono e rimasero allacciati per un momento. Quel contatto fece arrossire l'Arferol, che si ritrovò per la prima volta in vita sua a sentirsi troppo piccolo. Inesperto. Inadatto.
Non era un vero e proprio sacerdote di Harfer e non lo sarebbe diventato neanche in futuro, nemmeno dopo aver concluso i suoi "studi". Lui era un chierico. Le sue mansioni sarebbero dovute essere differenti, con meno occasioni di presentarsi al pubblico o in luoghi come i bordelli e molti più lavori dietro le quinte. Doveva essere il braccio violento della Dea, l'incarnazione della rabbia oltre l'amorevole volto benevolo di Harfer, e il fatto che non si trovasse a proprio agio ad interagire amichevolmente con persone che non conosceva lo rendeva molto più adatto al ruolo di guerriero che non a quello di sacerdote.
Quando la connessione tra i loro occhi si interruppe, Jevisk realizzò che il suo prescelto si era alzato in piedi e lo osservava, in paziente attesa. Svettava sopra di lui di una trentina di centimetri abbondanti persino con la classica postura curva dei Bryntal.
L'incarnato era di un bel verde sano, simile a quello delle piante nel pieno della stagione della riproduzione. Aveva un paio di spalle massicce e muscolose e pettorali scolpiti da fare invidia a chiunque. Il viso aveva la mandibola squadrata e larga e le tipiche zanne più robuste che fuoriuscivano dalle estremità dell'arcata dentale inferiore verso l'alto erano in realtà ancora piuttosto piccole, segno che era ancora abbastanza giovane per la sua razza: data la loro longevità, i Bryntal venivano considerati adulti una volta raggiunta la cinquantina d'anni.
Aveva gli occhi grandi e rotondeggianti, con le iridi di una calda tonalità di marrone che a Dastor ricordava il cioccolato fondente. I capelli erano neri, rasati corti sui lati del cranio e lasciati crescere più lunghi sopra e sul retro, dove sfoggiava un bel ciuffo pettinato a formare una specie di cresta.
La parte inferiore dei lobi delle orecchie - che la loro razza era nota per avere particolarmente grande - esibiva diversi orecchini punteggiati di pietre colorate posizionati lungo tutto il margine.
Jevisk continuò a studiarlo in silenzio fino a che non sentì la voce del proprietario del locale esclamare: «Ronod accompagna il Mehrmor in una delle suite, per la valutazione».
Il Bryntal assentì con un cenno rapido del capo e si mosse verso il bancone con il chiaro intento di depositare il vassoio che ancora reggeva tra le mani.
Dastor non riuscì a impedirsi di intervenire: rapido e goffo, si precipitò a ghermire per i polsi il partner che aveva scelto, bloccandolo sul posto.
«Q-quello p-possiamo portarlo su... sì?» esclamò con le guance di nuovo in fiamme, lanciando un'occhiata quasi supplichevole all'indirizzo del suo interlocutore «P-per dopo» si affrettò ad aggiungere, scoccando uno sguardo di sbieco a sua zia e al padrone del postribolo.
Nessuno dei due osò muovere alcuna lamentela in risposta alla sua richiesta, e nemmeno il Bryntal. In compenso, Dastor riuscì a cogliere il rumore di una risata a stento trattenuta proveniente dagli altri ragazzi e seppe di essersi appena reso ridicolo in pubblico senza alcuna possibilità di appello.
«A-andiamo» soggiunse poi, cercando di suonare un po' più autoritario, con scarso successo.
Vide un sorrisetto sghembo dipingersi sulle labbra del suo partner e si appellò alla Dea perché non lo deridesse anche lui.
Ronod si rivolse al suo capo e con un cenno disse: «Vado a lavorare».
Il suo tono di voce era piuttosto allegro, come se si stesse divertendo. Dastor non poteva dire se per lui o per ciò che si apprestavano a fare; tuttavia, il dubbio lo metteva ulteriormente a disagio.
Il Bryntal si mosse e lui lo seguì, seppur con passo un poco incerto. Quando passò accanto a sua zia, il giovane Arferol ricevette una vistosa pacca d'incoraggiamento sul suo largo e grasso deretano da parte sua. Cercò di non soccombere all'imbarazzo, anche se per quello rischiò di inciampare nel primo gradino finendo lungo disteso sulle scale.
Per fortuna la scala era dotata di una robusta ringhiera che riuscì a sostenere il suo non indifferente peso.
Ronod lo condusse al primo piano, lungo un infinito corridoio sul quale si aprivano un'infinità di porte. Dastor si guardava nervosamente intorno, domandandosi quale fosse la camera in cui avrebbe consumato il suo primo amplesso con un'altra persona. Aveva già sperimentato a lungo in merito al sesso, ma sempre da solo o al massimo con qualche "giocattolo" di sua invenzione. Sicuramente avere un rapporto con un altro individuo sarebbe stato diverso da tutto ciò che aveva già provato, a cominciare dal fatto di dover interagire con qualcuno differente da se stesso.
«Stai calmo, Dastor. Non sei del tutto ignorante in materia... hai allenato per un sacco di tempo il culo, non può essere così complicato farlo di persona!» cercò di convincersi mentre giungeva ai piedi di un'altra scala.
Si arrampicarono fino al secondo piano, che si presentava anch'esso come un lungo corridoio su cui si aprivano delle porte, anche se qui il numero era visibilmente inferiore rispetto a quello del primo piano. Evidentemente le camere dovevano essere più grandi.
La loro camera era la prima. Mantenendo il vassoio in equilibrio con una mano sola, Ronod affondò l’altra nella tasca posteriore dei pantaloni e ne estrasse una chiave.
Una volta aperta la porta, fece un garbato cenno con la mano verso il suo accompagnatore affinché entrasse per primo.
Dastor non si fece di certo supplicare e lesto varcò la soglia, fermandosi pochi passi oltre di essa, aspettando che l’altro lo raggiungesse.
Il Bryntal richiuse la porta una volta all’interno e si avvicinò all’Arferol.
«Non ci siamo ancora presentati ufficialmente. Io sono Ronod, piacere. E tu… sei?» chiese in tono garbato, accennando un sorrisetto sghembo.
«Je-Jevisk Dastor Hudin Tryevruld» rispose l’altro, le guance paffute di nuovo rosse «M-ma tutti mi chiamano… s-solo Dastor».
«E Dastor sia» Ronod si strinse nelle spalle «Non mi aspettavo di essere messo alla prova da un ragazzo. Non… sono molto pratico».
«Io sì!» sbottò l’altro di getto, senza pensare «Ho provato a casa, ho costruito dei macchinari per simulare l’amplesso e li ho tutti testati su me stesso! Posso guidarti io!».
Nel parlare il suo tono di voce si fece progressivamente più alto. La foga con cui riversò le sue informazioni sul Bryntal fecero rimanere di stucco il medesimo.
Dastor dinanzi alla sua reazione si rese conto di aver parlato a sproposito e si morse il labbro inferiore, gonfiando le guance e facendo mezzo passo indietro.
«N-non ti sto obbligando… e-era u-un-na proposta...» soggiunse balbettando violentemente, cominciando ad ansimare per l’agitazione.
Vedendolo tanto nervoso, Ronod gli mise una mano sulla spalla e con voce pacata disse: «Va bene, va bene. Stai calmo, non ho nessun problema a farmi guidare da te… in fondo, dovrò imparare a farlo anche con gli uomini se voglio tenermi questo lavoro».
Accennò un sorriso rassicurante verso Dastor, il quale rispose con una smorfia tesa che voleva essere una sua emulazione.
Il Bryntal si allontanò da lui per andare a posizionare il vassoio sul comò accanto al grosso letto matrimoniale posizionato al centro della stanza, lungo la parete opposta all’ingresso. Le coperte erano nere ed eleganti come il baldacchino che sovrastava il letto.
Un tappeto ovale si trovava sotto di esso, per consentire di muoversi anche a piedi nudi.
Alla sinistra del letto si trovava un appendiabiti e a destra una porta più piccola che probabilmente conduceva al bagno.
«Allora Dastor… vuoi unirti a me?» chiese Ronod, sedendosi sul bordo del materasso.
Il ragazzo sgambettò lesto verso di lui, accomodandosi al suo fianco, a disagio.
Non serviva un genio per capire che non era un tipo molto estroverso; tuttavia, era lui che doveva valutare le prestazioni di Ronod. Non c’era modo di sottrarsi alla cosa ed il Bryntal lo sapeva. Inoltre, per quanto potesse apparire timido e goffo, era pur sempre un Arferol, per cui Ronod doveva soltanto riuscire a capire come stuzzicare la sua libido per far sì che il suo muro di imbarazzo crollasse.
E non poteva farlo se prima non sondava il terreno.
«Hai detto di aver già sperimentato con dei macchinari… presumo per mancanza di alternative...» disse, cercando di essere il più discreto possibile per non farlo andare nuovamente in paranoia.
Dastor intrecciò le dita grassocce e fissandole borbottò: «So-sono diventato maggiorenne un mese fa… n-no-non ho mai avuto pa-partner per provare...».
«Quindi questa è una prima volta anche per te» Ronod gli sorrise con fare incoraggiante ma Dastor arrossì ancora con violenza alla sua affermazione.
«G-gi-già» balbettò, riprendendo ad ansimare «No-non sono a-abituato a stare co-con le pe-pe-persone...».
«Si vede» Ronod ridacchiò appena «Ma vorrei che ti tranquillizzassi. Il fatto che sia un primo approccio per tutti e due non dovrebbe rendere nervoso solo te, sai?».
La sua affermazione strappò una risatina a Dastor, tesa ma sincera. Ronod fu soddisfatto del risultato ottenuto, pur essendo consapevole che si trattava di un piccolo passo.
Gli appoggiò una mano sulla coscia e la strinse debolmente ma con intento provocante.
«Che ne dici di cominciare con le lezioni…? Sono impaziente di imparare i trucchi del mestiere» esclamò il Bryntal, abbassando volutamente la voce e assumendo un tono più seducente.
Dastor iniziò a tremare in maniera palese e difficile da ignorare. Si alzò in piedi di colpo e fece alcuni passi indietro, dando poi le spalle al suo compagno.
Aveva realizzato solo allora di non essersi mai spogliato in presenza di persone diverse da sua zia. Non credeva che la cosa potesse rappresentare un problema… fino a quel momento.
Ronod era evidentemente ben messo, fisicamente parlando. Era muscoloso e alto, con le spalle larghe e i fianchi stretti.
Lui era sicuro di non poter offrire uno spettacolo di se stesso altrettanto bello. Non con il suo fisico… e le sue cicatrici.
«Cosa faccio? Cosa faccio?!» gemette tra sé e sé, disperato. Non poteva di certo mandare tutto all’aria e lasciare sua zia da sola. Aveva accettato di accompagnarla e lei si fidava di lui al punto da lasciargli testare uno dei ragazzi da solo.
«Dastor? C’è qualche problema?».
L’Arferol sgranò gli occhi e rimase immobile mentre il caldo corpo del Bryntal si accostava al suo da dietro, sovrastandolo. Il suo mento si appoggiò sulla chioma rossa dell’altro mentre le sue braccia enormi lo ghermivano con cautela, senza stringere.
«Vuoi una mano a spogliarti…?» gli chiese piano all’orecchio.
Jevisk respirava forte contro i suoi avambracci, come se fosse sul punto di sentirsi male. Era in iperventilazione, probabilmente colto da un altro quasi attacco di panico.
«Dastor?» stavolta la voce di Ronod suonava preoccupata.
«No-non mi sono mai… spogliato davanti ad altri...» rispose con voce stridula l’interpellato, senza cercare di svincolarsi dalle braccia dell’altro «Non so… non pe-penso sia u-un bello spettacolo...».
Il Bryntal tacque un momento, poi borbottò: «Ci siamo appena conosciuti… ma lo vuoi sapere un segreto?».
L’altro assentì piano, ancora sepolto tra le sue braccia, ancora tremante e con il respiro affannoso.
«Sono venuto a lavorare qui a Niwlcryf perché è la vostra capitale. Sarà piena di Arferol pronti a soddisfare i loro desideri carnali… perché adoro i vostri corpi morbidi e… e tu sei così grasso...» soffiò al suo orecchio.
Così dicendo una delle sue braccia scese a cingergli la pancia e con la mano gli diede un pizzicotto leggero sulle maniglie dell’amore, abbondanti di grasso come ogni altra parte di lui.
Dastor rimase immobile. I suoi respiri affannosi cessarono di colpo, tanto che Ronod temette si fosse sentito male davvero.
Lo lasciò andare e lo aggirò per controllarlo, pronto ad intervenire nel caso in cui si fosse ritenuto necessario. Non pensava che sarebbe dovuto arrivare a svelare una delle sue “perversioni” per riuscire ad ottenere una reazione significativa da parte del ragazzo; tuttavia, adesso si pentiva di averlo fatto, temendo di essersi spinto troppo oltre per il suo stato emotivo fragile.
Quando lo guardò in faccia vide che era ancora cosciente. Aveva gli occhi spalancati e le guance paffute rubizze. Attraverso la lente che portava sull’occhio destro si riusciva a vedere chiaramente che la pupilla era arrossata e lucida, come se fosse sul punto di piangere. Anche l’altro occhio era nelle stesse condizioni.
Confuso dalla sua condizione, il Bryntal lo afferrò per le spalle e lo scosse piano. Per tutta risposta, Dastor protese le braccia e si lanciò contro di lui, affondando la faccia nel suo petto nudo e spingendolo, facendolo cadere sul pavimento e seguendolo.
Carponi sopra di lui, l’Arferol lo fissò dritto negli occhi e con voce tremante esclamò: «V-vu-vuoi rimpinzarmi...?».
Ronod lo guardò di rimando per qualche secondo, poi sorrise e disse: «Mi piacerebbe molto».
Finalmente era riuscito a smuovere la sua libido. Era stato più difficile del previsto ma si prospettavano ore divertenti all’orizzonte: Ronod non aveva mentito. A lui piacevano davvero gli Arferol in virtù della loro fisicità particolare. Non avrebbe mai pensato che il primo con cui avrebbe fatto sesso sarebbe stato un maschio, però l’idea di riempirlo e renderlo - se possibile - ancora più grasso era talmente allettante da eccitarlo senza bisogno di alcun intervento esterno.
Jevisk si ritrasse da lui, mettendosi in ginocchio sul pavimento. Si sfilò la tunica dalla testa e la lanciò via attraverso la stanza, rimanendo con il pancione flaccido in bella mostra, così come le cicatrici sul suo braccio destro.
Ronod le notò ma non vi prestò particolare attenzione, troppo concentrato ad esplorare con le mani la vastità del suo addome tondeggiante.
Tornò a pizzicargli le maniglie dell’amore, spingendosi verso i rotolini di grasso sulla schiena, attirandolo sempre di più verso di sé.
Dastor si chinò su di lui, appoggiandosi sul suo torace massiccio e duro, lasciandosi accarezzare e pizzicare con piacere mentre la tensione sessuale cresceva dentro di lui con vigore.
«Dimmi che cosa devo fare».
Il sussurro di Ronod giunse a spezzare l’ebbrezza che si era impadronita dell’Arferol, placando i suoi nervi a fior di pelle.
Dastor si staccò da lui del minimo per poterlo guardare in faccia mentre rispondeva: «C’è del lubrificante qui… spero».
«Nel comodino?» suggerì Ronod, aiutandolo ad alzarsi.
Dastor si mosse carponi fino al mobile, aprì i vari cassetti e frugò all’interno, riuscendo a cavarne fuori un flaconcino di lubrificante praticamente nuovo.
Quando si girò verso il Bryntal, vide che si era rimesso in piedi e che si era tolto i pantaloni. Il suo pene era di dimensioni notevoli ed era persino già mezzo eretto. Jevisk non ne aveva mai visto uno così grosso di carne. Era impressionante.
Nonostante il lubrificante fosse stretto nella sua mano, l’idea di usarlo abbandonò del tutto dinanzi a quello spettacolo.
«Vi-vieni qui...» chiese, parcheggiando il suo grosso deretano sul tappeto, appoggiandosi al fianco del materasso con la schiena per avere anche del sostegno extra.
Ronod non si tirò di certo indietro. Gli si piazzò davanti al viso, mettendogli sotto gli occhi la sua mezza erezione.
«Così?» chiese.
Dastor annuì, aprendo la bocca e prendendo la cima del suo pene all’interno di essa. La leccò e poi ne prese ancora, ripetendo il processo fino a che non l’ebbe infilata dentro tutta quanta.
Era enorme persino per lui, che era avvezzo a riempirsi completamente la bocca di cibo e altro. Lentamente iniziò a succhiare, prendendosi il suo tempo per abituarsi alle dimensioni e per incalzare il ritmo, senza mettersi alcuna fretta. Voleva godersi il momento finché era nuovo per entrambi.
Ronod si morse il labbro superiore e si piegò sul suo compagno, appoggiandosi con entrambe le mani al materasso per evitare di cadergli addosso.
«Come può essere... la prima volta che lo fai...?» sospirò con voce appena rauca «Questo è... un livello professionistico...».
Dastor registrò il complimento e arrossì, dandoci dentro più per proprio piacere che per far mostra delle sue capacità nel fare pompini. In effetti un po' di pratica l'aveva fatta, anche se sempre con marchingegni di sua propria invenzione e mai con qualcuno. Non era una cosa di cui si sarebbe mai vantato con nessuno. Ciò che lo sorprese furono i risultati che quegli esercizi stavano dando contro ogni sua più rosea previsione. Perlomeno non sarebbe stato un completo disastro.
Ronod grugnì eccitato, iniziando ad accompagnare Dastor con movimenti pelvici che partirono lentamente per poi aumentare in velocità e foga. L'Arferol si adattò alle sue "richieste" meglio che poté ed il risultato fu un copioso orgasmo che gli si riversò in gola nel giro di pochi minuti. Il Bryntal mugolò e allungò una mano a trattenne la faccia del suo compagno contro il suo pube, per svuotarsi a dovere nella sua gola.
Jevisk non si oppose, non si lamentò e non si mosse. Aspettò che tutto quel ben della Dea terminasse di sgorgargli giù per la gola prima di staccarsi da lui con un rumore di tappo ed esibirsi in un notevole rutto soddisfatto.
«Così va meglio...» mormorò, sorridendo con fare inebetito.
Sentendolo, Ronod si inginocchiò davanti a lui prendendo il vassoio abbandonato e mettendoglielo davanti.
«Credevo me lo avessi fatto portare per una ragione... altrimenti lo avrei lasciato per la Mehrmor...» gli disse il Bryntal.
Dastor gonfiò le guance e lesto afferrò due dei manicaretti dalla pila, infilandoli in bocca.
«M-miei!» esclamò con difficoltà a causa dell'ingombro sterico nel cavo orale.
L'altro sorrise compiaciuto, sollevandosi di nuovo in piedi e portando il vassoio fuori dalla sua portata.
L'Arferol grugnì irritato vedendo la sua merenda allontanarsi, quindi si alzò goffamente in piedi a sua volta, saltellando nel tentativo di arrivare al vassoio. Ronod approfittò della sua distrazione per ghermirlo con il braccio libero e spingerlo steso sul materasso.
Dastor emise un gridolino sorpreso mentre collassava sul letto, facendolo cigolare pericolosamente, e poi cercò di rialzarsi, ma l'altro fu più veloce di lui a balzargli sopra, bloccandolo supino. Con entrambe le mani gli tolse i boxer, lasciandolo finalmente del tutto nudo.
«Allora... come faccio a farti godere?» chiese con un sorrisetto lascivo che fece avvampare ancora una volta il suo timido partner «Insegnami... e ti rimpinzerò di stuzzichini fino a farti sentire male».
Il diretto interpellato si leccò le labbra e cercò di mantenere i nervi saldi. Non poteva balbettare come un idiota mentre gli spiegava come andare avanti, altrimenti non avrebbe capito niente.
Prese un bel respiro e si sforzò di parlare in maniera chiara e concisa: «Prendi il lubrificante... e ricoprici tutta la... l-la-la... l'erezione. Abbondantemente».
Dastor si prese una breve pausa per farsi coraggio, incredulo all'idea di dover spiegare una cosa per lui così semplice ed elementare.
«... e poi penetrami il culo» concluse «S-sono pulito. Mi sono lavato prima di venire qui... non... ecco... spero non ti faccia... schifo».
Il normale standard dell'imbarazzo cui era arrivato in vita sua era stato superato da un pezzo. Non poteva fermarsi adesso e non avrebbe lasciato che la sua asocialità gli impedisse di compiere uno tra i doveri basilari di qualsiasi sacerdote di Harfer. Era un futuro chierico, era al di sopra dei comuni discepoli della Dea e per questo si sentiva ancor più in dovere di oltrepassare i suoi limiti emotivi.
Ronod si allungò a prendere un involtino e glielo spinse in bocca, lentamente, tenendolo sotto controllo visivo fino a che il boccone non fu scomparso.
«Così... bravo...» commentò mentre si protendeva di nuovo, stavolta per prendere il flacone di lubrificante.
Se ne rovesciò una dose cospicua nel palmo della mano e poi utilizzò quest'ultima per massaggiarsi il pene, masturbandosi per farlo tornare tosto.
Dastor finì di masticare con calma il suo manicaretto e poi spalancò la bocca per averne ancora. Non aveva intenzione di uscire da quella stanza finché non fosse stato sazio.
Ronod gli allargò le gambe e sgusciò in mezzo ad esse, quindi spinse le dita in avanscoperta, alla ricerca del suo orifizio.
«A-ancora...» lo supplicò l'Arferol, riferendosi chiaramente al cibo.
Il Bryntal per tutta risposta inserì l'indice umido nel suo deretano, strappandogli un gemito di sorpresa e facendolo sobbalzare.
«Fammi prima entrare» lo rimproverò bonariamente l'altro, guidando il suo pene di nuovo rigido verso il suo ingresso posteriore.
Spinse la cima contro il varco e poi l'affondò all'interno. Vide il viso di Dastor assumere un'espressione di dolore misto a sorpresa e piacere e seppe di stare andando bene.
Entrò ancora un po'. Si era aspettato di incontrare più resistenza e invece la sua notevole erezione scivolò all'interno senza che il suo partner emettesse nemmeno un lamento.
«Quanto hai allenato questo bel culone per riuscire a prendermi tutto senza fatica?» domandò incuriosito, palpandogli le natiche flaccide.
«Ti ho d-detto che ho sperimentato... molto...» si giustificò Dastor «... e poi hai messo un sacco di lubrificante...».
«Ho sbagliato?» domandò Ronod confuso.
L'altro si dondolò sulla schiena, schiacciando appena il deretano contro il suo corpo.
«Per niente... m-ma ora devi muoverti» gli fece notare l'altro.
Il Bryntal non si fece di certo supplicare e subito iniziò a muoversi come quando scopava con le donne. I suoi colpi erano pieni di foga e di passione e i suoi occhi scuri erano incatenati a quelli del suo compagno, il quale non riuscì a reprimere le sue normali esternazioni di piacere.
Iniziò a gemere accoratamente e muoversi cercando di andare incontro ai suoi movimenti. Ogni tanto tratteneva il fiato e il suo corpo si irrigidiva, come se stesse soffrendo, per poi rilassarsi di colpo l'attimo successivo. La sua faccia era talmente rossa che poteva tranquillamente passare per qualcuno che stava avendo un infarto, se non fosse stato per la sua espressione beata.
Nel mentre che si lavorava il suo culone, Ronod iniziò a percepire delle contrazioni attorno alla sua erezione che gli risultarono molto più piacevoli del semplice penetrare della muscolatura molliccia e inerte. Con il trascorrere dei minuti divennero sempre più forti e frequenti, portandolo ad un altro orgasmo.
Nell'esatto momento in cui il Bryntal si riversò nel suo culo, Dastor spalancò gli occhi e rantolò forte, aggrappandosi con entrambe le mani alle sue spalle.
«N-non uscire... ti prego» lo implorò con voce strozzata «R-riempimi... ancora... oh, Dea... a-ancora... sì...» soggiunse, lasciandosi ricadere pian piano sulla coperta.
Ronod esaurì il suo orgasmo e nonostante il suo pene stesse ritornando flaccido, continuò a stantuffare il culo del suo compagno, accelerando il ritmo nella speranza di riuscire a tornare duro in tempi utili.
Per darsi un aiuto in ciò, prese il vassoio e lo piazzò sui cuscini, quindi cominciò a nutrire l'Arferol. Gli involtini erano piuttosto grossi già presi singolarmente, ma a Dastor pareva non bastare ingurgitarne uno per volta, per cui il Bryntal prese a cacciargliene in bocca due o tre insieme.
Masticava con la bocca mezza aperta tanto era piena e sembrava non averne mai abbastanza. Lo spettacolo fu molto più suggestivo di quanto Ronod avesse preventivato: in men che non si dica era di nuovo pronto a sfondargli il deretano.
Ripresero l'amplesso, e di nuovo Dastor si ritrovò a bocca asciutta mentre il suo culo veniva penetrato con rinnovato vigore. Incapace di stare senza far niente e con tanta di quella tensione sessuale in corpo da poter continuare a scopare fino a notte, cominciò a masturbarsi. Il suo orgasmo arrivò talmente in fretta da non appagarlo nemmeno la metà di quanto stava subendo da Ronod.
La sua erezione piantata a fondo nel culo era la cosa più piacevole che avesse mai provato in tanti anni e quando il terzo orgasmo arrivò, Dastor implorò il suo partner per avere altro ripieno in corpo.
Come riuscisse ad avere ancora voglia di essere sfondato era un mistero per Ronod, specialmente considerato quanto aveva faticato per invogliarlo anche solo a spogliarsi. Dopo tre orgasmi iniziava ad essere un po' a corto di energie, e anche ritornare duro fu più problematico. Dovette ingozzare Dastor per un po' per tornare operativo, e poi si rimise all'opera.
Il quarto orgasmo fu una conquista lunga e faticosa e quando giunse, l'Arferol l'accolse come un dono della Dea, ansimando e gemendo come se fosse lui stesso ad eiaculare.
Ronod si sfilò dal suo culo con un movimento secco, mettendosi seduto tra le sue gambe, visibilmente provato.
«Ti basta...?» chiese con un poco di fiatone, spostandosi al fianco del suo grasso compare.
«N-non vieni più...?» domandò quest'ultimo, un poco deluso.
«Il soldato ha esaurito le energie... mi dispiace» si scusò Ronod «... però mi pare che nel vassoio sia rimasto altro cibo...».
L'espressione inizialmente scontenta di Jevisk si tramutò in un sorriso prima che spalancasse la bocca, pronto ad essere imboccato di nuovo.
Il Bryntal si distese accanto a lui e svuotò il vassoio, lentamente, godendosi ogni boccone che Dastor masticava con fervore e piacere. Nel mentre gli carezzava l'addome rotondo e flaccido. Occasionalmente si concesse qualche breve pausa per farlo venire, dato che mangiare pareva eccitarlo sessualmente.
Una volta sazio e soddisfatto sotto molteplici punti di vista, Dastor si accoccolò contro il petto duro e massiccio del suo partner.
«Com'è andato il test?» domandò quest'ultimo, impaziente di sapere l'esito della sua valutazione. Aveva già un'idea del risultato raggiunto, ma voleva che Dastor glielo comunicasse in maniera chiara e inequivocabile.
L'Arferol sbadigliò vistosamente e poi si esibì in un potente rutto prima di decretare: «Promosso... a pieni voti».
Ronod sorrise soddisfatto.
«Vogliamo scendere a comunicarlo al mio capo?» domandò.
«Possiamo... rimanere così ancora per un po'...? Mi piace sentirmi il culo ripieno... e se dovessi uscire... d-dovrei prima svuotarlo...» borbottò Dastor con tono vagamente infantile.
Ronod gli accarezzò la pancia piena con infinita dolcezza. Non si sarebbe mai stancato di toccarlo laddove aveva accumulato così tanto grasso.
Ringraziava la Dea per essere stato prescelto da lui anziché dalla donna: pur essendo anche lei decisamente in carne, non riusciva a reggere il confronto con quel ragazzo.
«E a me piace toccarti la pancia» mormorò vicino all'orecchio del suo interlocutore «... quindi non ho nessuna fretta di lasciarti andare...».
Dastor arrossì appena e mugolò contento, felice di essere andato insieme a sua zia. Allungò il collo e strofinò una guancia morbida contro la mandibola scolpita di Ronod in un gesto innocente che esprimeva tutta la gioia che provava nello stare insieme a lui, le sue coccole e il suo ripieno.

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Qui troverete un po' di tutto sia per tipo di relazioni (het, yaoi e yuri) sia per rating (con prevalenza di lavori NSFW). Se ciò non vi aggrada, migrate tranquillamente verso siti a voi più gradevoli; in caso contrario, buona permanenza e buona lettura! ♥

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