fiamma_drakon: (Default)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Make an Half-Orc out of me
Rating: Arancione
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life
Personaggi: Avi, Embric, Pallina (OC!Tiefling), Tharazar (OC!Mezzorco Bardo), Themis (OC), Tiffany (OC!Genasi della Terra), Vic (OC!Mezzelfo), Ziraj (OC!Mezzelfa Barda)
Wordcount: 14'158 (wordcounter)
Timeline: Seguito diretto di questa.
Note: Blowjob, Dub-con
Avi trafficò un momento con i pezzi disseminati sul tavolo, per poi estrarre un metro a nastro, che srotolò e tese tra le mani mentre si avvicinava al Mezzorco.
«Puoi dirmi tutto mentre ti prendo le misure... senza offesa, ma mi pari un po' più... robusto dell'ultima volta...» spiegò l'armaiolo, diretto e onesto.
Dimostrando un'impareggiabile determinazione e autocontrollo, Tharazar ignorò nettamente quella pugnalata diretta all'ego e arretrò di mezzo passo per sottrarsi a lui.
«Non oggi. Niente armatura su commissione... a meno che non sia strettamente necessaria».


Tharazar era carico e pronto a cominciare la sua “nuova vita”. Non vedeva l’ora di mettersi al lavoro sul suo fisico e considerato quanti chili aveva preso di recente, era meglio rimboccarsi le maniche e iniziare il prima possibile.
C’era solo un piccolo problema, ora che ci pensava meglio.
«Ehm… ma da dove comincio?» chiese, perplesso e anche un po’ imbarazzato. In verità era la prima volta che si trovava dinanzi alla necessità di fare una cosa del genere: quando era ancora il Signore dell'Arena di Neverwinter, l'addestramento costante e le esibizioni per il pubblico gli permettevano di concedersi dei peccati di gola nei pochi momenti liberi che aveva - quando le sue mani non erano impegnate con le sue segrete esercitazioni da autodidatta col violino.
Ziraj, ancora seduta sul suo letto, sospirò e si alzò in piedi, superando il Mezzorco per andare a fermarsi in mezzo alla stanza.
«Be', direi che per il pranzo è ancora presto» ammise pensierosa «... quindi che ne dici di iniziare dall'allenamento?».
«Se vuoi fare del movimento non devi fare altro che chiedere... io sono sempre pronto» commentò Tharazar in tono lascivo, sorridendo in maniera volutamente seducente mentre si avvicinava alla sua apprendista.
«Non intendevo il sesso!» gemette lei esasperata, sollevando entrambe le mani per bloccarlo nel caso non avesse tenuto le distanze. Quale sciocca parte del suo cervello aveva davvero pensato che sarebbe stato semplice far sì che uno come Tharazar non trovasse delle allusioni sessuali nelle sue parole?
«Intendevo un allenamento vero» spiegò severa «Mi hai detto che sei stato un gladiatore, no? Ti sarai dovuto addestrare o sbaglio?».
L'espressione sensuale di Tharazar si trasformò di colpo in una smorfia. Non pareva un argomento del quale desiderava parlare, ma Ziraj aveva bisogno che capisse fino in fondo a cosa doveva prepararsi se davvero desiderava dimagrire.
«Sì?» disse lui, poi scosse la testa e brontolò: «Ma qui non siamo in un'arena. So già utilizzare lo stocco e non ho nessuna esibizione marziale da allestire. Non ha senso che faccia quello che facevo a Neverwinter».
Pessimo esempio. Ziraj non aveva la più pallida idea di come funzionasse l'addestramento di un gladiatore, ma aveva sperato che fosse sufficiente a dargli un'idea dell'impegno che avrebbe dovuto profondere verso il suo obiettivo. Purtroppo non era così.
«La cosa potrebbe rivelarsi più complicata del previsto» realizzò tra sé e sé. Scosse il capo sollevando gli occhi al cielo, quindi si allontanò in direzione dell'ampio armadio di Tharazar.
«Oh-ehi! Cosa cerchi lì dentro?!» protestò il Mezzorco, affrettandosi a seguirla. Non aveva piacere che persone diverse da lui toccassero i suoi vestiti.
Erano l'unica cosa di cui era geloso, specialmente di quelli che utilizzava per le occasioni importanti.
«Non hai qualcosa di comodo in cui puoi sudare?» esclamò Ziraj, aprendo le ante e iniziando a controllare ogni completo appeso alle stampelle «Armature... camicie... questa credo sia un'altra armatura imbottita...» la Mezzelfa estrasse per metà un completo palesemente non da battaglia, composto da una camicia, un farsetto riccamente decorato, una giacca ristretta in vita con due code a punta e un paio di pantaloni di stoffa leggera «Uuuuh, un abito elegante... questo non è quello che utilizzi per le esibizioni...» commentò in tono inquisitorio, voltandosi verso il suo insegnante in tempo per vederlo avvampare fino alla punta delle orecchie.
«R-rimettilo al suo posto! Quello non lo posso usare!» brontolò il Mezzorco, cercando di spingere di nuovo la stampella all'interno dell'armadio. Pareva impaziente di nasconderlo, come se si trattasse di un qualche sporco segreto di cui non voleva neanche ricordare l’esistenza.
«Va bene, va bene!» Ziraj obbedì ma non si spostò da dove si trovava, riprendendo a frugare fino a che non tirò fuori un paio di pantaloni marrone scuro piuttosto larghi e dall'aspetto non proprio ben tenuto.
«Questi? Sono abbastanza usurati e per niente eleganti» propose la ragazza.
Tharazar rimase a fissarli per qualche momento prima di commentare: «Li usavo in arena... ma non c'entro più da un po' di tempo...».
Ziraj provò a tendere la parte alta dell'indumento, che rispose alla sollecitazione positivamente, allargandosi parecchio.
«Ma sono elastici» fece presente.
«Non ci entro più» ribadì Tharazar, e stavolta il tono era più irritato che altro.
La Mezzelfa sospirò pesantemente e rimise a posto i pantaloni, richiudendo l'armadio.
«Be' hai bisogno di vestiti adatti per andare ad allenarti!» sbottò spazientita «Specialmente se vuoi anche tonificare i muscoli che hai tumulato nella trippa...».
Ziraj lasciò a metà il discorso e sgranò gli occhi, improvvisamente colta da un'ispirazione.
Tharazar emise un grugnito e intrecciò le braccia sul petto, frustrato.
«Non serve insultarmi ancora! Ho già ammesso di aver messo su peso...!» disse, allontanandosi da lei per andare a sedersi sul suo letto «Perché devi essere così cattiva...».
«Vai a comprare un'altra armatura!» esclamò la Mezzelfa d'un tratto.
«C-che cosa? Sono ingrassato, va bene, ma l'ultima che ho commissionato era un po' più lar...»
«Non un'armatura leggera. Compra un'armatura pesante, di quelle in piastre e complete» lo interruppe la sua apprendista.
«Perché dovrei farlo? Sono troppo pesanti per me... e non riuscirei a muovermici!» Tharazar le rivolse un'occhiata a metà tra lo scettico e il perplesso.
«Non la devi indossare normalmente al posto della tua... ma per andare a correre. E il peso dovrebbe riuscire ad aiutarti a "svegliare" i tuoi muscoli intorpiditi e sepolti» spiegò Ziraj in tono estremamente semplice e pragmatico.
Il Mezzorco fece per parlare ma preferì rimanere in silenzio, senza esprimersi né a favore né contro. In realtà non sapeva come reagire alla proposta.
La sua apprendista decise di rendergli la scelta molto più facile di quanto potesse sembrare in origine: «Così oppure dovrò chiedere a Tiffany di farti da compagno di esercizi. Con lui i muscoli li allenerai di sicuro».
Tiffany era il Genasi della Terra che lavorava come cuoco nella sua locanda. Era grosso e sicuramente pesante e per un momento Tharazar si immaginò nel tentativo di sollevarlo con la sola forza delle sue braccia.
«Vada per l'armatura. Sì, è perfetta» il Mezzorco annuì con un drastico cenno del capo e si alzò immediatamente in piedi per andare a recuperare la sua camicia turchese rimasta a terra accanto al suo specchio «È un'idea splendida» aggiunse, pregando in cuor suo che Ziraj rimanesse della sua opinione almeno finché non fosse uscito dalla locanda.
Se si fosse procurato l'armatura, di certo non gliel'avrebbe fatta mettere da parte in favore di un allenamento molto più drastico e casalingo con Tiffany.
La Mezzelfa sorrise, contenta di essere riuscita a convincerlo.
«Sono lieta di vedere che la pensiamo allo stesso modo» disse.
Tharazar si affrettò a rimettersi la camicia. Dovette trattenere un poco il fiato - e la pancia - per riuscire a far scivolare i bottoni nelle asole, ma una volta che furono chiusi non diedero alcun cenno di imminente cedimento.
«Allora io vado. Torno appena ho fatto» esclamò, per poi prendere Themis e congedarsi da Ziraj.
«Non immaginavo che la tua apprendista fosse così brava a farti cambiare idea» commentò Themis con una risatina telepatica mentre scendevano verso la sala principale della locanda.
«Hai visto quanto è grosso Tiffany?! Non riuscirei a sollevarlo nemmeno se fossi un Orco purosangue, figurarsi in questo stato!» protestò Tharazar in tono sconvolto.
«... ma di cosa parli? Ziraj mica ha detto che l'avresti dovuto sollevare...» gli fece presente Themis, al che Tharazar realizzò che effettivamente non era stata quella la proposta e che la faccenda dell'allenarsi sollevando Tiffany era tutta farina del suo sacco.
«Non importa» liquidò la cosa immediatamente, prima che diventasse tutto troppo imbarazzante «E poi sono sicuro che andare a correre sia molto più produttivo» soggiunse, terminando di scendere le scale.
Aprì la porta che si trovava all'estremità opposta e sgusciò in locanda, affrettandosi ad attraversarla diretto all'uscita.

La fucina "Vapore e Acciaio" era la più vicina e si trovava nello stesso quartiere della sua locanda. Ci era già stato insieme ad Ivellios e Eireen in almeno un paio di altre occasioni, di cui l'ultima era stata per la commissione di una nuova armatura fatta su misura per lui - che era anche quella che normalmente indossava quando andava in giro per Waterdeep a rischiare l'osso del collo per i comuni cittadini.
La bottega era gestita da una coppia di Genasi che, vista la posizione reciproca delle loro attività, ormai lo conosceva abbastanza bene pur non essendo lui un cosiddetto "cliente affezionato".
Tharazar arrivò dinanzi la porta d'ingresso nel giro di una decina di minuti. A quella tarda ora della mattina la forgia era ovviamente già pienamente funzionante, come dimostrava l'abbondante voluta di fumo che si levava dal condotto di uscita sul tetto.
Il Mezzorco rimase immobile a fissare la porta chiusa per qualche secondo prima che la voce di Themis lo raggiungesse telepaticamente: «Che stai aspettando ad entrare?».
«Credi sia davvero una buona idea?» chiese lui per contro, parlando come se fosse fisicamente in compagnia di qualcuno.
«Penso che farti faticare sia un ottimo metodo per farti raggiungere il tuo obiettivo» replicò il liuto «Ma se nutri ancora dei dubbi forse vuol dire che non sei così interessato a tornare ad essere il grande seduttore di un tempo...».
Tharazar digrignò i denti, punto sul vivo dall'esplicita accusa.
«Ho detto che voglio farlo e lo farò!» brontolò al colmo dell'indignazione. Afferrò il pomello della porta e tirò, aprendo il battente per poi varcarlo con lunghe e decise falcate.
All'interno della fucina la temperatura era parecchio alta, come sempre. L'escursione termica rispetto alla strada era palese, specialmente considerato quanto umido e freddo fosse il clima di Waterdeep in primavera.
L'interno non era molto grande. Lungo le pareti erano allineati diversi manichini su cui erano esposti alcuni modelli di armature di varie fatture e rastrelliere di armi già pronte. Al capo opposto della stanza si trovava la forgia e dinanzi ad essa, chino sopra una pesante e grossa incudine, si trovava uno dei proprietari.
Embric, il Genasi del Fuoco, era alle prese con la realizzazione di una grossa scimitarra dalla lama molto incurvata. Il suo fisico imponente e muscoloso attirò l'attenzione di Tharazar come una calamita. Era come se fosse la prima volta che lo vedeva in tutta la sua possente esibizione di virilità: spalle larghe e squadrate, muscoli tonici e ben evidenti. I capelli arancio acceso erano tagliati corti e parevano piccole lingue di fuoco.
Tharazar fu sopraffatto da una intensa invidia per il suo corpo notevole, a tal punto da rimanere paralizzato sulla soglia.
«Tharazar? Su, muoviti!» cercò di spronarlo Themis, confusa dalla sua reazione. Non era da lui bloccarsi senza alcun preavviso dinanzi a qualcuno che non fosse una bella donna.
Per fortuna il Genasi, avvezzo ad essere interrotto dai clienti nel bel mezzo del lavoro, si accorse in fretta del suo arrivo.
«Oh, buongiorno!» salutò Embric, affibbiando un'ultima martellata sulla lama della scimitarra prima di alzarsi per andare incontro al nuovo arrivato «Cosa posso fare per te oggi? Spero non ci siano problemi con l'armatura che hai commissionato...».
La sua faccia non manifestava il minimo cenno di giovialità, a dispetto del tono di voce che stava utilizzando. In verità, appariva alquanto minaccioso.
Il Mezzorco scosse il capo, riscuotendosi dalla momentanea trance in cui era caduto.
«Ah, nono! L'armatura che mi avete fatto è comodissima e fa il suo dovere alla perfezione!» si affrettò a rispondere «Sono venuto qui per...».
La frase sfumò nel nulla mentre realizzava di non aver minimamente intenzione di rendere pubblica la sua intenzione di rimettersi in forma. Aveva un'immagine pubblica da mantenere, specialmente dopo essere diventato "famoso" per l'aver restituito il tesoro di Waterdeep alla città.
«Per... per parlare con Avi» terminò precipitosamente la frase dopo poco, sperando di risultare convincente nonostante si sentisse le guance calde come l'inferno. Poteva solo immaginare di che colore fosse diventato.
L'espressione dura di Embric si fece di colpo irosa alle sue parole e benché il Genasi fosse più basso di lui, di colpo parve assumere un aspetto molto intimidatorio.
«Di cosa devi parlare con Avi che non possa sentire anche io?» chiese, e dal tono impiegato sembrava stare suggerendogli di valutare attentamente la risposta che gli avrebbe fornito.
Tharazar arretrò di mezzo passo, per niente incline a rivelare le sue intenzioni.
«Io devo... ecco... dovrei chiedere... sì... eeehrm...» cominciò a dire, esitando e interrompendosi più volte nel disperato tentativo di trovare una scusa valida che lo soddisfacesse.
Purtroppo il suo continuo tergiversare fu completamente frainteso dal suo interlocutore, il quale immaginò che dietro ad esso si nascondesse chissà quale osceno segreto riguardante Avi. La rabbia gli distorse i lineamenti mentre tuonava: «Non avrai osato toccare mio marito!».
Sollevò un pugno e Tharazar arretrò ancora, cacciando un guaito mentre cercava di proteggersi la faccia con le braccia.
Colto dal panico e da un inatteso sprazzo di istinto di sopravvivenza, urlò: «Un'armatura! Sono qui per un'armatura!».
«Embric! Cosa stai facendo? Non si trattano così i clienti!».
Il rimprovero giunse appena prima che il Genasi del Fuoco potesse prendere a pugni il Mezzorco.
Embric si volse di scatto, incrociando la snella e aggraziata figura di suo marito in piedi nel vano che dava sul retrobottega. Aveva i capelli ondulati piuttosto scompigliati e indossava il grembiule da lavoro. Dallo sguardo che gli stava rivolgendo, non sembrava per niente contento di trovarsi lì.
Frastornato dal terrore all'idea di essere picchiato, Tharazar guardò verso il Genasi dell'Acqua e gli rivolse un debole sorriso pieno di timore.
«Volevo... volevo chiedere un'armatura... solo questo… per favore» disse frettolosamente, con aria spaurita.
«Ma certo. Vieni pure nel retro» lo invitò Avi senza esitare, facendosi da parte per lasciarlo passare, il tutto senza togliere di dosso gli occhi per un solo istante dal marito.
Il bardo sgusciò via alla velocità della luce, oltrepassando Embric senza rivolgergli neanche uno sguardo per paura di farlo arrabbiare di più ed infilandosi nel retrobottega prima di venire incenerito sul posto, lasciando i coniugi da soli.
Avi intrecciò le braccia sottili sul torace, fissando con aria inquisitoria l'altro, in attesa di una qualche spiegazione per il suo comportamento.
«Non voleva dirmi perché ti voleva parlare in privato!» si giustificò subito Embric «Lo sai che ha la fama di essere un grande seduttore!».
«E tu hai pensato che potessi tradirti?» chiese di contro Avi con tono gelido.
Adesso che lo sentiva dire da lui, la cosa gli sembrava dannatamente stupida e irrealistica.
«Mi sono comportato da idiota» ammise a mezza voce suo marito, abbassando lo sguardo con fare colpevole. Se non fosse stato un Genasi del Fuoco, molto probabilmente sarebbe arrossito fino alla punta dei capelli.
«Senz’altro» concordò Avi senza esitazione alcuna «Ma ne parleremo più tardi. Ora se non ti dispiace… c’è un cliente che aspetta di essere servito» e ciò detto tornò nel retrobottega, chiudendosi alle spalle la porta con una certa violenza.
Tharazar aspettava nel retrobottega, in piedi vicino ad una delle pareti libere, guardandosi attorno con un certo timore. Pareva che da un momento all'altro si aspettasse l'aggressione di qualcuno o qualcosa.
Non appena Avi entrò nella stanza sbattendo la porta dietro di sé, il Mezzorco sobbalzò sul posto e sollevò entrambe le mani come a voler testimoniare che non aveva toccato niente.
«Scusatemi, non volevo creare... ehm... dissapori» si affrettò a giustificarsi.
«Nessun problema. Mi spiace per la brusca reazione di mio marito, spero lo possa perdonare...» Avi chinò brevemente il capo con fare molto educato, per poi avviarsi spedito verso il grande tavolo di metallo su cui erano disseminati pezzi di armatura in costruzione e svariati attrezzi.
Prese un profondo respiro e si ricompose, sorridendo in modo gioviale al Mezzorco.
«Che cosa posso fare per te? Poco fa hai accennato ad un'armatura...» le esili sopracciglia di Avi si aggrottarono in un cipiglio dispiaciuto «Spero non ci siano stati problemi con quella che ho realizzato per te poco tempo fa...» ammise.
«Nono, per niente. È perfetta!» rispose Tharazar prontamente, cercando di rassicurarlo sulla qualità del suo precedente lavoro.
A sorpresa, Avi scoppiò a ridere con tono leggero, come se stesse deridendo una sua stupida paura.
«Menomale!» sospirò, strofinandosi con il dorso della mano la fronte, lasciandovi una notevole stria di una sostanza grigiastra «Pensavo fossi tornato per chiedermi di stringerla...! L'avevo fatta un po' più grande delle misure "extra" che mi avevi dato visto che mi pareva la cosa ti premesse particolarmente...».
Tharazar raggelò alle sue parole: sapeva di aver acquistato peso di recente dato che era riuscito a riempire lo "spazio extra" dell'armatura. Aveva preso consapevolezza della cosa e adesso era concentrato e determinato nel cercare di porre rimedio alla faccenda.
Sapere di aver riempito più spazio di quello che credeva di avere a disposizione lo aveva colto del tutto impreparato.
«Sono messo davvero così male?!» rifletté ,terrorizzato e disperato insieme.
«Aaah... è pure più larga? Complimenti...» commentò Themis nella sua mente con tono derisorio.
Il primo impulso del diretto interessato fu quello di abbandonarsi alla depressione che lo stava lentamente consumando dall'interno. In fondo, la locanda era vicina e non gli sarebbe costato niente tornare indietro, occupare un tavolo solitario e naufragare nel vino fino a che non fosse stato più in grado di intendere e di volere.
Tuttavia, era quello l'atteggiamento che l'aveva portato fin lì. Era così che aveva reagito dopo essersi separato da Patria: deprimendosi, mangiando e ubriacandosi.
Stavolta non sarebbe successo. Quella doveva essere una svolta nel suo modo di affrontare i suoi problemi personali. Non sarebbe scappato da ciò che si prospettava essere doloroso o difficile, e per quanto la prospettiva di avere un'intera cantina piena zeppa di vino a sua totale disposizione fosse ben più che allettante, lui sarebbe rimasto lì con Avi e avrebbe concluso ciò per cui era uscito di casa.
«Tutto bene?».
La voce confusa di Avi giunse a spezzare la trance in cui Tharazar era caduto evidentemente più a lungo di quanto a lui fosse parso.
«Sì, stavo cercando di... rammentare una cosa. Per la richiesta che devo farti ora» rispose con tono fermo il bardo.
Avi trafficò un momento con i pezzi disseminati sul tavolo, per poi estrarre un metro a nastro, che srotolò e tese tra le mani mentre si avvicinava al Mezzorco.
«Puoi dirmi tutto mentre ti prendo le misure... senza offesa, ma mi pari un po' più... robusto dell'ultima volta...» spiegò l'armaiolo, diretto e onesto.
Dimostrando un'impareggiabile determinazione e autocontrollo, Tharazar ignorò nettamente quella pugnalata diretta all'ego e arretrò di mezzo passo per sottrarsi a lui.
«Non oggi. Niente armatura su commissione... a meno che non sia strettamente necessaria» rispose lui «Ho bisogno di un'armatura che sia pesante e imbottita... e che posso avere subito. Hai per caso qualcosa di già pronto che possa starmi...?».
Avi abbassò il metro e lo guardò da capo a piedi. Con quel bizzarro ed appariscente completo con camicia turchese con volant e maniche a sbuffo, pantaloni aderenti bianchi e stivali alti dello stesso colore, non pareva per niente il tipo di persona adatta ad un'armatura con le caratteristiche che aveva richiesto. Per non parlare del fatto che pareva palesemente troppo debole per poter indossare comodamente una corazza del genere.
Il Genasi dell'Acqua si grattò la testa, confuso e pensieroso.
«Non penso di avere nulla che tu sia in grado di mettere comodamente... saresti protetto, ma non in grado di andare in giro con la stessa facilità con cui ti muovi con quel farsetto rinforzato che ti ho confezionato» disse.
«Non importa» minimizzò il Mezzorco «Hai qualcosa del genere?».
«Potrebbe essere pericoloso» Avi non pareva molto convinto «A parte l'essere un cliente, viviamo nello stesso quartiere... ormai ci conosciamo. Non vorrei metterti in pericolo con un'armatura così ingombrante... a meno che non ci sia una valida ragione».
Date le sue perplessità nell'esaudire la sua richiesta, Tharazar si vide costretto ad aggiungere: «Ti sto chiedendo l'armatura per... perché... voglio perdere peso. E ho bisogno di fare esercizio fisico... l'hai notato anche te che sono ingrassato, no? Per favore... vorrei un'armatura pesante o che sia possibile zavorrare. Mi affido alla tua conoscenza in materia».
Nello spiegare le sue motivazioni fino in fondo, le sue guance si tinsero di rosso in maniera difficile da non notare, fatto che indusse Avi a credere che fosse stato del tutto sincero con lui.
Il Genasi dell'Acqua mise via il metro e congiunse i palmi delle mani.
«Questo cambia le cose. Armature da esercizio dici...» esclamò, cominciando a guardarsi attorno «Di sicuro ho qualche rimanenza delle ultime armature che ho inviato per l'addestramento delle nuove guardie... vieni con me, non credo di poterti trovare qualcosa di adatto senza che tu le provi...».
Avi lo guidò attraverso una porta che si trovava dall'altra parte della sua stanza da lavoro e che conduceva in un magazzino poco illuminato e pieno di manichini con armature con pezzi mancanti, ammaccati o semplicemente vecchie.
«Però ti avverto che senza poterti fare un'armatura nuova su misura, difficilmente uscirai di qui con qualcosa di bello quanto il tuo farsetto» lo avvisò Avi mentre iniziava a perlustrare il magazzino.
«Stavolta mi serve solo che sia funzionale» garantì Tharazar con un sorrisetto imbarazzato, cercando di trattenere la pancia per sgusciare a sua volta in mezzo al mare di manichini, riuscendo di fatto solo a farne cadere con effetto domino tre prima di riuscire ad afferrare il quarto e trattenerlo in piedi, impedendo l'innescarsi di un disastro a catena.
Themis sospirò con infinita pazienza ed esasperazione nella sua mente e il Mezzorco, paonazzo oltre ogni limite, arretrò prudentemente.
«M-mi dispiace!» balbettò, soverchiato dalla vergogna per la sua gaffe. Per fortuna non c'erano altri ad assistere a quella scena pietosa.
«Aspettami lì, ti porterò io i pezzi!» lo redarguì da lontano la voce di Avi. A dispetto della reazione che si era aspettato da parte sua, il Genasi parlò con tono piuttosto calmo e persino allegro, come se si stesse divertendo.
Tharazar tornò vicino alla porta e rimase lì in paziente attesa, con le braccia intrecciate, fissando il soffitto con cipiglio intento. In realtà stava cercando di dissimulare al meglio delle sue possibilità una certa apprensione ed eccitazione per l'intera faccenda.
«Sei stato bravo» si complimentò con lui Themis all'improvviso.
«Eh?» fece lui a mezza voce «Per cosa? Non volevo far cadere tutte quelle armature... credevo di riuscire a passare...» borbottò a disagio.
«Mi riferivo a prima» lo corresse Themis «Anche se il commento di Avi ti ha ferito, hai reagito in maniera positiva».
«Davvero lo credi?!» chiese il Mezzorco, illuminandosi di colpo. Sembrava nutrire profonda aspettativa nella fiducia e nel sostegno del suo strumento musicale senziente.
«Ammetto che per un momento ho temuto che saresti tornato con la coda tra le gambe alla locanda... ma la tua determinazione è stata una piacevole sorpresa vista la quantità di lamentele e di frivola isteria che hai esibito in camera» continuò Themis.
Tharazar serrò la mandibola con indignazione.
«Ho detto che l'avrei fatto e lo farò! Voglio tornare l'irresistibile Mezzorco di una volta... e niente mi impedirà di riuscirci» esclamò convinto, gonfiando con orgoglio il petto.
«Ecco la versione migliore del famoso "Tharazar il Magnifico"...!» replicò la voce del liuto, e il Mezzorco poté giurare di captare una certa compiacenza nel suo tono.
«... stavi parlando con me...?».
Avi riapparve tra i manichini trasportando diversi pezzi di armatura che parevano essere decisamente pesanti e che depositò ai piedi del Mezzorco con la stessa facilità con cui avrebbe potuto trasportare una piuma. Come fosse riuscito a far passare tutto quel metallo in mezzo al magazzino senza far cadere niente, per Tharazar era un mistero.
«Nono!» rispose quest'ultimo «Allora... questi mi dovrebbero stare?».
«Ad occhio mi sono parsi della tua taglia... ma dovrai provarli» annuì l'armaiolo «Vuoi una mano?».
I pezzi che aveva portato parevano ingombranti ma non così pesanti. C'erano molte parti in cuoio e le placche metalliche erano estese ma all'apparenza sottili. Se era riuscito Avi a portarle tutte insieme, sicuramente per lui sarebbe stato semplice sollevarle e provare a indossarle.
«Non serve! Posso farcela!» esclamò, piegandosi sulle ginocchia per prendere con entrambe le braccia la metà superiore di una corazza. Non era mai stato particolarmente forzuto, ma almeno un poco di potenza fisica in virtù della sua ascendenza orchesca l'aveva. Tirò con impeto, aspettandosi di incontrare poca resistenza e invece non fu così: con uno schiocco tremendo della spina dorsale, Tharazar si ritrovò con la schiena bloccata e l'armatura ancora saldamente ancorata al pavimento.
Si morse provvidenzialmente il labbro inferiore quasi fino a sanguinare per cercare di reprimere inevitabili lacrime di dolore e per sopprimere un grido che gli bruciava in gola.
Avi si piegò accanto a lui con aria preoccupata.
«Forse ho scelto qualcosa di troppo pesante...» borbottò, studiando la posizione del Mezzorco per poi sporgersi a guardare la sua espressione di inequivocabile dolore «Va bene, va bene... per fortuna avevo già pensato ad altre opzioni».
Senza aggiungere altro, aggirò Tharazar e gli si posizionò alle spalle. Lo afferrò per le braccia e con un movimento incredibilmente rapido e inatteso, gliele strattonò all'indietro colpendolo al tempo stesso con una ginocchiata in mezzo alla schiena.
La sua spina dorsale schioccò di nuovo, causandogli altro indicibile dolore, e Avi lo lasciò cadere come un sacco di patate a terra. Prese le parti di armatura e le trascinò di nuovo via.
«Torno tra poco» lo avvisò, inabissandosi nuovamente nei meandri del magazzino.
Tharazar giaceva su un fianco sul pavimento, le guance bagnate di lacrime e il respiro affannoso.
«Muscoli... più muscoli... devo... muscoli...» mormorava tra i singhiozzi, fissando la penombra.
«Alzati... mica vorrai farti trovare in questo stato da Avi...» lo esortò Themis «Basta che tu ti muova piano... come va la schiena?».
«Male... fa ancora male...» sibilò il Mezzorco, mettendosi faticosamente seduto sul pavimento.
La sua consapevolezza di non essere in forma aveva improvvisamente raggiunto un nuovo livello, e con essa era giunta anche un’ennesima terribile pugnalata al suo ego. Se non avesse cominciato a mettersi al lavoro avrebbe finito col deprimersi a tal punto da lasciar perdere in toto l’impresa.
Tharazar si costrinse a rimettersi in piedi, appena in tempo per veder tornare Avi con altre parti di armatura.
«Queste dovrebbero essere più alla tua portata...» disse, porgendogli i nuovi pezzi «Ti aiuto a provarli...».
Con un po’ di titubanza, Tharazar annuì.
Le due ore successive furono spese in prove di svariate tipologie di armature. La corporatura abbondante del Mezzorco rendeva la maggior parte inadatta a lui a dispetto dei suoi ridicoli tentativi di comprimersi all’interno, in alcuni casi arrivando persino all’apnea.
Nonostante le difficoltà, Avi riuscì a trovare un intero completo di piastre abbastanza pesante da soddisfare la richiesta del suo cliente e al tempo stesso non troppo piccola né tanto rigida da impedirgli i movimenti.
Tharazar ci soffocava dentro, ma la cosa era irrilevante considerato che comunque avrebbe dovuto indossarla per allenarsi e sudare. Non era affatto bella, ma l’estetica era un parametro che in quel frangente non era importante.
Pagò in contanti e Avi fu ben lieto di lasciarlo andare via trascinandosi dietro un grosso sacco contenente il suo acquisto.
«Dopo tutto questo sono già stanco...» brontolò a bassa voce mentre faceva lentamente ritorno alla Locanda Teschioditroll.
«Ancor prima di iniziare…? Buona fortuna…!» lo prese bonariamente in giro Themis.
«Davvero incoraggiante» borbottò il Mezzorco.
Quando fece finalmente ritorno a casa, la locanda era piuttosto vuota, come capitava spesso quando non era ancora ora di pranzo. I pochi avventori che occupavano i tavoli stavano consumando una tarda colazione e salutarono Tharazar mentre attraversava la sala in direzione delle scale.
Il Mezzorco ricambiò i saluti, lieto di avere ancora una certa fama a prescindere dal suo pessimo fisico. In fin dei conti, al momento era uno dei pochissimi bardi in tutta Waterdeep a non “soffrire” della Maledizione dell’Interruzione che si era abbattuta sulla città insieme alla restituzione del tesoro rubato dall’anziano Neverember. Da allora la stragrande maggioranza dei suoi colleghi - tra cui anche Ziraj - non riuscivano ad esibirsi senza essere interrotti ripetutamente dall’interferenza di voci incorporee.
Nell'attraversare la sala, non riuscì a fare a meno di percepire l'odore del cibo che proveniva dalla cucina. Benché non fosse ancora ora di pranzo e avesse fatto una discreta colazione, l'aroma gli fece venire l'acquolina in bocca.
«Non ti distrarre!» si redarguì da solo, procedendo verso le scale a passo svelto.
«Oh, sei tornato!» sentì dire dalla voce di Ziraj.
Il Mezzorco volse lo sguardo attorno a sé, notando l'esile figura della Mezzelfa uscire dalla porta della cucina. Indossava la sua uniforme da cameriera, per cui immaginava che non avesse molto tempo da dedicargli a prescindere dal quantitativo di persone presenti in locanda. Non dava una buona impressione del locale vedere i dipendenti vagabondare tra i tavoli.
Tharazar le rivolse un mezzo sorriso e fece per andarsene ma Ziraj si affrettò a raggiungerlo ai piedi delle scale.
«Ci hai messo un sacco di tempo... sei riuscito a trovare quello che serve?» indagò, sbirciando il sacco che si stava trascinando dietro il suo interlocutore.
«C'è voluto un po' più di quanto pensassi... ma sì, l'ho trovato» annuì il Mezzorco «Ora... è meglio se vado a cambiarmi...».
«Ti serve aiuto?» domandò precipitosamente la Mezzelfa, guardandolo intensamente. Sembrava ansiosa di rendersi utile in qualche modo.
«Probabilmente sì» ammise l'altro, rammentando l'immenso sostegno che Avi gli aveva fornito durante la sua ricerca «... ma sei impegnata con il lavoro adesso, quindi proverò a fare da solo».
«Non c'è quasi nessuno come puoi ben notare» Ziraj fece un ampio gesto con la mano verso il locale alle sue spalle «E comunque tra poco dovrebbe arrivare Pallina per il turno pomeridiano. Sono sicura che Vic sappia sbrigarsela da solo con così pochi clienti...».
Ciò detto, la giovane barda fiancheggiò il suo insegnante, il quale cacciò un sospiro prima di aprire la porta che separava le scale per i piani superiori dalla zona aperta al pubblico.
«Ivellios avrebbe sicuramente avuto di che lamentarsi se ti vedesse gironzolarmi intorno quando dovresti essere impegnata a lavoro...» commentò piano.
Ziraj ridacchiò sommessamente, saltellando su per i gradini.
«Allora è una fortuna che non sia nei paraggi al momento, non credi?» soggiunse.
I due tornarono nella camera da letto del Mezzorco, dove quest'ultimo si tolse con sommo dispiacere la sua comoda ed elegante armatura, rimanendo in mutande dinanzi a Ziraj, la quale era però troppo impegnata a raccapezzarsi sulle varie parti di armatura contenuti nel sacco per poter apprezzare o meno le nudità che stava esibendo.
«Credevo sarebbe stata più pesante...» ammise la Mezzelfa, soppesando i vari pezzi singolarmente.
«Ce ne erano di più pesanti ma non riuscivo a reggermi neanche in piedi avendole addosso...» commentò amareggiato Tharazar, avvicinandosi a lei per toglierle di mano un guanto «Meglio cominciare dal pettorale e dai gambali, che sono quelli più tosti da chiudere...».
Nel dirlo, le sue guance si tinsero di una tenera sfumatura rosata, al che Ziraj decise di dargli ascolto senza far troppe domande. Era già stata abbastanza dura con lui ed il fatto che fosse così docile nell'adoperarsi per mettere in pratica ciò che gli aveva ordinato di fare era un segno molto positivo da parte sua.
«Va bene...».
Con il pettorale tra le mani, Ziraj si avvicinò al bardo, il quale per tutta risposta lo prese e lo premette contro il proprio torace, girandosi allo stesso tempo a darle le spalle. Il pezzo di armatura era composto di una robusta placca di metallo un po' arrugginita ma ancora in evidente buono stato di conservazione montata su una base più morbida che ricordava un po' un farsetto fatto al contrario. Sul retro c'erano diverse cinghie che permettevano di chiuderlo. La prima cosa che Ziraj notò fu che erano provviste tutte di un singolo buco per ogni fibbia.
«Se l'ha comprata significa che è certo di entrarci...» rifletté tra sé e sé.
«S-spero tu riesca a tirare forte...» commentò il Mezzorco con tono imbarazzato, fatto che la fece dubitare fortemente di ciò che aveva appena pensato.
Tharazar si piegò leggermente in avanti appoggiandosi con entrambe le mani ad un'anta del suo armadio, in modo che Ziraj riuscisse ad arrivare anche ad allacciargli le cinture più in alto.
«Pronta?» domandò titubante.
Non sapendo esattamente che cosa aspettarsi, la Mezzelfa semplicemente afferrò salda le cinghie alla base del suo collo e le strattonò con tutta la forza che aveva.
Il Mezzorco non si aspettava tanta ferocia e la sua reazione istintiva fu di afferrarsi il colletto e tirarlo dalla parte opposta emettendo un verso strozzato.
Rendendosi conto di aver esagerato, Ziraj allentò la presa e lesta bloccò la cinghia, per poi scendere a quella più in basso.
«Scusami...!» borbottò, tirando piano la successiva per valutare l'effettiva resistenza opposta.
«Niente... te l'ho chiesto io...» boccheggiò lui, continuando a rimanere fermo come era.
La sua apprendista riuscì ad allacciare con successo la metà superiore delle cinghie senza incontrare alcun grosso ostacolo. Il problema si presentò invece quando arrivò all'altezza dell'addome, in corrispondenza del quale le cinghie a malapena riuscivano a toccarsi tra loro.
«Sei... sicuro ti stia questa roba?» domandò confusa, cominciando a strattonare con forza.
Tharazar si mise una mano sulla pancia, tentando di schiacciare la placca contro di sé.
«Mi sta... con un po' di sforzo...» ammise imbarazzato.
«E non potevi prenderne una più larga?!» brontolò Ziraj, piantando i piedini sul pavimento e iniziando a tirare con tutta la forza di cui erano dotate le sue esili braccia.
«Non ce ne erano... di più larghe...» ribatté gemendo leggermente «D-devi tirare... ancora un pochino...!».
Ziraj si puntellò contro i suoi talloni nudi, strattonando così forte da farsi male alle mani. Tharazar si raddrizzò un po' seguendo il movimento, cercando di trattenere il respiro più che poteva. In quel modo, la sua assistente riuscì in quell'impresa apparentemente impossibile.
«Fatto!» esalò quest'ultima con un sospiro.
«Allaccia le altre... finché resisto...» disse il Mezzorco tutto d'un fiato.
La Mezzelfa eseguì rapidamente, riuscendo ad allacciare le restanti cinture con un po' più di facilità. Quand'ebbe finito, l'altro inspirò a fondo con palese sollievo e l'armatura non cedette minimamente, con somma sorpresa di Ziraj.
«Sicuro di starci bene?» chiese lei con aria preoccupata.
Tharazar si voltò e si appoggiò all'armadio con la schiena, coprendosi la pancia con ambedue le mani. Ansimava leggermente ed il suo incarnato grigiastro appariva più paonazzo del normale.
«Conto di starci... molto più libero... a breve...» boccheggiò, esibendo un sorrisetto sghembo eppure sofferente «Aiutami col resto, ti prego...».
«E tu volevi mettertela davvero da solo...?» domandò sarcastica Ziraj, andando a recuperare i gambali.
Per tutta risposta, il bardo rimase muto.
Anche i gambali diedero lo stesso identico problema del pettorale: le sue cosce e il culo erano un po' troppo abbondanti per la taglia dell'armatura, ma Tharazar si prestò con pazienza e impegno alla vestizione. Ziraj era ammirata dalla sua dedizione in tal senso.
Quando fu completamente racchiuso nell'armatura, il Mezzorco andò verso i vestiti che si era tolto e dalla camicia azzurra rimosse una specie di spilletta a forma di chiave di violino. Non appena lo fece, i suoi indumenti cambiarono istantaneamente aspetto, tramutandosi in un normalissimo completo da avventuriero: una camicia di lino bianca con le maniche larghe e un notevole scollo a "V", un farsetto imbottito e trapuntato di piccolo rombi di metallo luccicante, pantaloni di cuoio robusto e stivali alti e neri dall'aria consunta. Anche la spilla cambiò aspetto, diventando un banalissimo cerchietto bianco.
«Ma che...?!» commentò perplessa Ziraj, non riuscendo a capire ciò cui aveva appena assistito.
Tharazar la ignorò e attaccò l'adesivo sul petto dell'armatura che indossava.
Dinanzi agli occhi increduli della Mezzelfa, l'armatura che con tanta fatica aveva messo al suo insegnante cedette il posto ad una fasciatura bianca che gli copriva solamente i pettorali e gli avambracci, un paio di banali pantaloni abbastanza larghi e neri, simili a quelli che lui teneva nell'armadio e che le aveva detto essere quelli che aveva sempre usato da gladiatore, e degli stivali molto più bassi rispetto a quelli che portava di solito.
«Uff... molto meglio...» borbottò lui con un mezzo sospiro.
«Q-quella spilla è magica?!» chiese Ziraj esterrefatta.
«Uhm? Parli dell'adesivo?» replicò il bardo, accennando ad un piccolo disegno impresso nella bendatura sul torace «Ah, sì... mi permette di cambiare l'aspetto dei miei vestiti... non ti preoccupare, le caratteristiche dell'armatura ci sono ancora... infatti continua a pesarmi un sacco...» spiegò.
«O-oh... questo spiegherebbe da dove sono usciti... tutti quegli indumenti variopinti...» esclamò Ziraj.
Tharazar inspirò a fondo, rimettendosi in piedi con un sorriso. Andò a recuperare Themis e il suo stocco e li fissò entrambi sulla sua illustre persona.
«Bene. Sono pronto ad andare. Spero di farcela a tornare per pranzo!» annunciò, quindi uscì dalla stanza salutando Ziraj con un entusiasmo che quest'ultima non si aspettava affatto da lui in quel frangente.
Una volta rimasta da sola, la Mezzelfa uscì chiudendosi la porta alle spalle e scese in locanda, dirigendosi verso la cucina. Pallina era arrivata ed era già al lavoro, per cui lei poté andare ad impartire a Tiffany le istruzioni in merito al nuovo menù da adottare per Tharazar.
Nel frattempo, il diretto interessato era uscito dalla locanda e stava attraversando tranquillo il quartiere in cui si trovava la sua locanda.
«Non eri uscito per correre?» gli domandò con fare inquisitorio Themis, pronta a rimetterlo sulla giusta strada a suon di emicrania.
«Sì, certo... ma non vorrei farlo qui» rispose il Mezzorco, lanciando un'occhiata attorno a sé con fare quasi guardingo, come se temesse di essere osservato.
In realtà a quell'ora tarda della mattina, in giro per le strade c'era abbastanza gente. Waterdeep era una città attiva e vivace ed il fatto che la sua locanda fosse situata in un quartiere dotato di molte botteghe non contribuiva certamente a dargli l'isolamento che pareva cercare con tanto ardore.
«E perché no? Non stai facendo niente di male in fondo...» esclamò Themis.
Numerosi passanti lo fissarono mentre Tharazar procedeva lungo la strada, spalle dritte e pancia in mostra, a volte addirittura fermandosi per guardarlo passare oltre di loro.
«Lo so... ma qui ci sono i miei vicini di casa» borbottò lui a disagio «E-e un po' mi vergogno...» ammise.
«Tharazar il Magnifico che si vergogna di farsi vedere da altri?! Questa sì che è una novità!» commentò il liuto in tono sarcastico.
Il Mezzorco salutò con un cenno della mano l'Elfo erbalista che abitava dietro la locanda, e che pareva essere di ritorno dalla spesa. L'altro gli sorrise a sua volta e ricambiò con un gesto del capo, dato che aveva entrambe le mani impegnate.
«Mi conoscono. Sanno come sono normalmente... non posso farmi vedere mentre corro» brontolò il bardo.
«Continuo a non vederci niente di strano. Lo fai per tornare in forma e sicuramente sarebbe apprezzabile far vedere che ti prendi un po' più cura di te stesso...» gli suggerì Themis.
Tharazar tacque, assumendo un contegno pensieroso, continuando a camminare di gran carriera in direzione della costa.
Gli ci volle una ventina di minuti per riuscire ad uscire dal quartiere.
«Adesso siamo abbastanza lontani per i tuoi gusti?» domandò il liuto con tono scocciato.
«Credo qui vada bene...» ponderò il Mezzorco, guardandosi attorno e rendendosi conto con sollievo che non riusciva a riconoscere gli edifici. Anche le persone che aveva intorno, pur continuando a rivolgergli occhiate curiose mentre camminava loro accanto, non sembravano interessarsi a lui così tanto da fermarsi e seguirlo con lo sguardo.
«Menomale. Ora comincia a muovere quel culo!» lo esortò Themis senza tanti giri di parole.
Tharazar prese un profondo respiro e poi cominciò ad accelerare il passo, fino a trasformarlo in vera e propria corsa. Procedeva lungo un lato della strada, cercando sia di passare il più inosservato possibile sia di incontrare meno persone da evitare. Dover rallentare per non andare addosso ai passanti o accelerare per superarli non era per niente piacevole, soprattutto considerato che già l'armatura pesava e gli rendeva difficile riuscire a mantenere il ritmo. Le gambe erano più pesanti e muoverle gli richiedeva più sforzo di quanto immaginava. Dovette fare anche un po' di prove nella postura per evitare che il peso della corazza lo sbilanciasse in avanti o all'indietro.
Si ricordò di quando era partito all'inseguimento di uno scagnozzo di Xanathar insieme ad Eireen e Ivellios e cercò di focalizzarsi sull'urgenza che lo aveva spronato in quel frangente. Non c'era la stessa adrenalina di quella volta a scorrergli nelle vene ma tentò comunque uno sforzo in tal senso: a dispetto della sua determinazione nel volersi allenare per tornare l'aitante e tonico Mezzorco di un tempo, si sentiva un completo idiota a correre senza alcun apparente scopo.
In quell'occasione aveva corso per tantissimo e si era fermato solo una volta arrivato a destinazione, il che gli dava la speranza che ci fosse ancora più speranza di quanta presumeva.
«Forse non sono messo così male come pensavo se sono riuscito a correre così tanto e con Eireen seduta in spalla...!» rifletté tra sé. Il pensiero gli strappò un sorriso ed un barlume di eccitazione gli si accese nel petto.
Non aveva ancora perso del tutto il suo smalto. Poteva riuscire a farcela, doveva solo smetterla di pensare a come poteva apparire agli altri e focalizzarsi sul suo obiettivo. Correre come un pazzo in mezzo alla città non gli era parso così idiota quella volta perché era spinto dall'urgenza del momento. Allo stesso modo doveva riuscire a mettersi nell'ordine di idee che anche allora la sua corsa era dettata da qualcosa di importante.
Il suo entusiasmo andò in frantumi quando, dopo appena una decina di minuti di corsa, cominciò a sentire una terribile fitta al fianco che lo costrinse a fermarsi all'istante.
Digrignò i denti e si appoggiò con la schiena al muro più prossimo, portandosi una mano al punto indolenzito e ansimando pesantemente.
«Andiamo, su! Puoi farcela a continuare... hai cominciato solo pochi minuti fa!» lo incitò con entusiasmo Themis.
«Da-dammi... un momen... to...» boccheggiò il Mezzorco, chiudendo forte gli occhi e riaprendoli, respirando con il naso e la bocca rapidamente «De... vo riprendere... fiato...».
La fitta era ancora forte ma stava iniziando a dolere un po' meno, pur non accennando ad andarsene.
«Yagra aveva ragione... che te... tempra orchesca del cazzo che ho...» gemette in tono lamentoso, ricordandosi delle sue mirabolanti ma terribilmente brevi prestazioni sessuali in compagnia della Mezzorca.
«Non puoi fermarti di già!» lo incalzò Themis, spronandolo a riprendere l'allenamento «Potrai anche non avere la resistenza di un vero Orco, ma tu non lo sei».
«No... no non lo sono...» replicò piano Tharazar, scuotendo il capo.
«Tu sei più di un banale Orco!».
Nonostante il dolore al fianco proseguisse, il bardo si staccò dalla parete barcollando leggermente e riprese pian piano a correre. Non riusciva ad andare troppo veloce, ma l'importante al momento era riuscire a sostenere il ritmo. Correndo senza pretendere troppo dal suo corpo forse sarebbe stato in grado di continuare per un tempo più lungo di soli dieci minuti.
La fitta al fianco continuava a pulsare imperterrita, rendendogli difficile concentrarsi sul mantenere regolare il respiro per non ritrovarsi ad annaspare senza fiato.
Continuò a dirigersi verso sud, nella generica direzione del Quartiere del Castello. Sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di attraversarlo correndo - né tantomeno qualcuno delle guardie l'avrebbe fatto passare indisturbato - però avrebbe potuto passare all'esterno per proseguire verso il Portale Spalancato.
Themis lo spronava con inconsueto fervore. Era la prima volta che Tharazar la sentiva parlare così tanto con lui, esortandolo e incoraggiandolo, supportandolo con entusiasmo e affetto. Il Mezzorco era stupito e sperava di riuscire a reggere abbastanza a lungo da dimostrare anche a lei quanto si stesse profusamente impegnando per riuscire nell'epica impresa di portare a compimento quel primo allenamento.
L'inizio di un'ennesima svolta nella sua vita.
Riuscì a resistere molto più dei suoi iniziali dieci minuti di scatto. Percorse una buona porzione di strada senza vedere o sentire niente che non fossero i metri che aveva dinanzi a sé e che era determinato a consumare. La sua concentrazione venne meno di colpo quando l'odore intenso e delizioso di pesce fritto lo investì con la potenza devastante di una mazzata nei testicoli.
Il suo stomaco, che sino ad allora se ne era stato buono e in assoluto silenzio, proruppe in un brontolio difficile da non udire. Tharazar si fermò all'istante, coprendosi l'addome con entrambe le mani mentre le sue guance si facevano improvvisamente rubizze. Era un gesto che non gli capitava di fare da moltissimo tempo. Aveva smesso di provare imbarazzo quando il suo corpo manifestava esigenze basilari come la fame poco dopo essersi separato da Patria, quando ormai aveva smesso di preoccuparsi di cosa potevano o no pensare gli altri del suo continuo appetito.
«Themis... ho fame...» brontolò a mezza voce, con tono imbarazzato «Come... non devo... cedere. Ho... fame...» aggiunse, mordicchiandosi il labbro inferiore con evidente tormento.
Il suo stomaco brontolò di nuovo.
«Tharazar andiamo. Non fermarti» gli disse il liuto «Puoi farcela a resistere. Sei più forte del tuo amore per il cibo!».
«Davvero?» domandò lui, iniziando istintivamente a sondare i dintorni in cerca della fonte dell'odore «Non so... se ci riesco... ho tanta fame».
Non era più abituato a rimanere affamato a lungo: non appena iniziava a sentirsi lo stomaco vuoto andava subito a riempirlo con la prima cosa che lo stuzzicava, e in quel momento l'odore di fritto lo allettava in maniera talmente intensa da farlo salivare come una bestia.
Una cacofonia improvvisa esplose nella sua testa. Il Mezzorco si afferrò il cranio con entrambe le mani e serrò i denti, ringhiando sommessamente. Neanche quando Themis ancora non lo aveva accettato come suo nuovo proprietario aveva mai provato un tale dolore.
«Corri via e smetto. Lo faccio per il tuo bene...» sentì dire dal liuto al di sopra del caos.
Con le lacrime agli occhi per l'emicrania lancinante, il bardo arrancò lungo la strada, allontanandosi e cercando di riprendere a correre.
Dopo poco, il chiasso nel suo cervello cessò di colpo così come era arrivato. Il silenzio che pervase la sua mente era quasi surreale e si accasciò contro una parete, ansimando piano.
«Mi dispiace. Era l'unico modo di distrarti...» borbottò Themis con tono contrito.
Tharazar avrebbe voluto inveirle contro, lamentarsi per la violenza che aveva usato sulla sua mente, appellarsi alla miriade di altri modi che aveva a disposizione per dissuaderlo dall'andare a rimpinzarsi di pesce fritto fino a sentirsi male.
«... grazie» fu tutto ciò che riuscì a dire, sospirando esausto. In cuor suo sapeva che se non avesse ricorso a qualcosa di così drastico non sarebbe riuscita a impedirgli di mangiare. Lui stesso stava per cedere all'istinto e muoversi per andare in cerca della locanda, bottega o bancarella responsabile della tentazione.
«Devo... imparare a controllare gli impulsi...» aggiunse in tono rassegnato, sollevando gli occhi al cielo.
«Sono sicura che ce la farai. Anche se ci vorrà un po' di tempo...» lo incoraggiò Themis «Che ne dici di cominciare a tornare verso casa?» aggiunse.
Con sua somma sorpresa, il Mezzorco scosse la testa in segno di diniego.
«Posso reggere ancora un po'...!» esclamò con rinnovata determinazione, quindi si avviò in direzione opposta a quella da cui era arrivato prima che il suo liuto potesse dirgli altro.
La sua corsa lo portò ancora più a sud. Cercò di aggirare tutti i posti in cui ricordava di aver mangiato o di aver visto preparare del cibo, onde evitare di nuovo la stessa scena di poco prima. Passò lontano da ogni assembramento di persone che pareva dirigersi a pranzo e dai passanti che, come l'erbalista, si accingevano a tornare a casa con la spesa per preparare da mangiare. A quell'ora c'era molta gente con sacchi e borse cariche di provviste, sicuramente di più di quanta avrebbe desiderato incrociarne, per cui la sua corsa tranquilla si trasformò in una sorta di percorso ad ostacoli.
Solo quando arrivò in prossimità del Portale Spalancato, il Mezzorco si fermò di nuovo. Era madido di sudore a tal punto che persino il suo ciuffo di capelli neri perennemente dritto si era abbassato, aderendogli in parte alla fronte lucida. Annaspava leggermente e a giudicare dalle sue guance rosse pareva sul punto di avere un collasso da un momento all'altro.
Si piegò appena sulle ginocchia, appoggiandosi alle cosce con entrambe le mani.
«Credo che ora sia meglio che tu torni indietro» lo redarguì in tono materno Themis «Se ti allontani ancora rischi di non farcela a tornare...».
Tra un rantolo e l'altro, Tharazar sogghignò con espressione stravolta e sfinita.
«Probabile... già così non so quanto ci metterò...» disse, raddrizzandosi e facendo dietrofront.
Riprese la sua corsa modesta, sperando di poter sfruttare anche la strada del ritorno per poter continuare l’allenamento. Per il primo giorno però aveva già vessato a sufficienza il suo corpo non più abituato, il quale difatti si ribellò alla sua ennesima pretesa: dopo pochi metri, complice il respiro corto e le gambe indolenzite, fu costretto a proseguire camminando.
Era sfinito e sudato ma soddisfatto. Non vedeva l’ora di farsi una doccia come mai nella sua vita, ma soprattutto non vedeva l’ora di riempirsi lo stomaco, che per tutto il tempo aveva continuato a brontolare sordo. Il suo sforzo di ignorarlo era stato notevole e adesso che ci faceva di nuovo caso gli sembrava di avere una voragine nella pancia tale era l’appetito che sentiva.
«Devo mangiare ma con moderazione. Ziraj e Themis hanno criticato il mio regime alimentare… quindi devo sforzarmi di ascoltarle» si redarguì da solo.
Con la fame che aveva e la consapevolezza che per oggi non sarebbe più stato in grado di allenarsi nemmeno volendo, i suoi pensieri spaziarono sulle possibilità riguardo il menù che lo aspettava una volta tornato a casa. C’era Tiffany ai fornelli, per cui immaginava che tornando avrebbe trovato pietanze di pesce in abbondanza.
Non era esattamente come mangiare una bella bistecca ma se lo poteva far bastare.
«Tharazar stai sbavando ancora...» gli fece presente Themis «Non ti lascerò andare a mangiare chissà dove, sappilo».
«Non ho le forze per farlo, tranquilla. Stavo pensando che potrò mangiare quando arriveremo a casa… finalmente» rispose lui con un sospiro.
Si rese conto a sue spese quanto fosse andato lontano dalla locanda. Le gambe erano sempre più pesanti e camminare difficile. Più di una volta dovette fermarsi per riprendere fiato e riposare le membra stanche. I piedi gli dolevano appoggiando un passo dinanzi all’altro sul selciato.
Più camminava e più barcollava, tentando di tornare a casa prima di svenire. Il rumore del suo stomaco era sempre più forte, quasi assordante per lui, tanto che non pareva in grado di concentrarsi su nient’altro.
«Quando arrivo… voglio mangiare… ho fame...» mormorò «Ce la farò… ad arrivare...».
Themis cominciava a temere che la stanchezza stesse prevalendo su quel poco di lucidità mentale che normalmente aveva, anche se si muoveva ancora nella direzione della sua locanda. Sperava solo che riuscisse a giungere a destinazione prima che perdesse i sensi in mezzo alla strada.
Per quel che aveva avuto modo di constatare, Waterdeep non era esattamente la migliore città in cui perdersi o finire svenuto fuori di casa. Tra la Gilda di Xanathar e gli Zentharim che si contendevano le strade in guerre aperte e piene di vittime, difficilmente uno come Tharazar sarebbe riuscito a sopravvivere se fosse stato trovato da qualche delinquente di quel tipo.
Ci misero parecchio prima di riuscire a tornare nel quartiere Teschioditroll. Tharazar imboccò quasi trascinandosi la strada che conduceva all’ingresso della sua locanda. Non gli importava più di come sarebbe parso agli occhi dei suoi vicini o dei passanti: l’unica cosa cui puntava era tornare a casa, riposarsi e rifocillarsi.
Quando raggiunse finalmente la porta, l’aprì abbandonandosi contro di essa e poco mancò che finisse lungo disteso sul pavimento nel momento in cui il battente si mosse senza opporre la benché minima resistenza.
Era ormai primo pomeriggio e la maggior parte degli avventori che solitamente si fermava a pranzo lì era andata via; ciononostante, c’erano ancora parecchie persone. Molte teste ruotarono quasi simultaneamente verso la porta quando Tharazar caracollò all’interno, aggrappandosi provvidenzialmente al bordo dell’anta prima di cadere.
Non dava l’impressione di essere del tutto padrone di se stesso; anzi, sembrava piuttosto reduce da una colossale sbronza, non fosse stato per l’abbigliamento poco consono ad una locanda e la pelle grigiastra ricoperta di uno spesso strato traslucido di sudore perfettamente visibile persino nella scarsa luce tipica delle uggiose giornate primaverili di Waterdeep.
In mezzo ai tavoli, Vic e Pallina si stavano occupando di servire i clienti rimasti. Non appena si accorsero che era Tharazar ad aver quasi sfondato la porta col suo dolce peso e le condizioni in cui era, si affrettarono a terminare ciò che stavano facendo pur cercando di non rendere evidente la loro urgenza.
Quando furono "liberi", Vic si diresse lesto verso la cucina cercando comunque di mantenere un atteggiamento piuttosto composto mentre Pallina andò incontro al proprietario del locale quasi correndo, afferrandolo prontamente per un braccio e trattenendolo in piedi.
«Tharazar? Ti senti male?» domandò preoccupata.
Il Mezzorco le rivolse un tenue sorriso, cercando di raddrizzarsi da solo.
«Correre... è stancante» borbottò con aria un po' inebetita, come se non fosse realmente presente con la mente «... c'è ancora da mangiare... vero?» chiese subito dopo. Dal tono pareva che la risposta gli premesse più della sua stessa vita.
Pallina aggrottò le sopracciglia perplessa al suo quesito, che le pareva piuttosto stupido e fuori luogo; tuttavia, obiettare non le sembrava un'opzione plausibile visto il suo stato.
«Sì, sì... certo. Ti accompagno ad un tavolo, vuoi?» esclamò, e anche se il Mezzorco si fosse rifiutato, si era già posizionata accanto a lui per avere una migliore presa sulle sue braccia e poterlo sostenere con più fermezza.
Il bardo annuì con espressione spenta e si lasciò guidare attraverso la sala come un bambino dai suoi genitori.
Pallina dovette suo malgrado fare un incredibile sforzo di volontà per rimanergli accanto dato il fetore di sudore che emanava. Se davvero era reduce da una corsa - ed effettivamente quando Ziraj l'aveva messa al corrente dell'intenzione di Tharazar di mettersi a dieta le aveva anche parlato di un qualche allenamento cui aveva intenzione di sottoporsi - doveva aver attraversato l'intera Waterdeep per ridursi in quello stato pietoso.
Lo portò fino ad un tavolo piuttosto piccolo e isolato rispetto al resto della clientela, in modo tale da potersi riposare in pace e allo stesso tempo non disturbare gli altri con il suo terribile odore di Mezzorco sudato.
Nessuno ebbe il coraggio di commentare niente a tal riguardo, e di ciò la giovane Tiefling fu immensamente grata a tutti.
Non appena arrivò di fianco alla sedia, Tharazar parve riacquisire la capacità di intendere e di volere e vi si lasciò cadere sopra alla velocità della luce, sfuggendo con agilità sorprendente alla stoica presa di Pallina. La sedia recriminò per la violenza subita cigolando pericolosamente, come se fosse sul punto di cedere sotto il suo non indifferente peso.
Il Mezzorco gemette piano, sollevando gli occhi chiari verso il soffitto e abbandonandosi prono sul tavolo con fare sofferente e grato al tempo stesso.
«Io... vado a sentire in cucina...» disse semplicemente Pallina, ansiosa di allontanarsi da lui il prima possibile.
Tharazar non mosse un dito né commentò alcunché. Sentiva le gambe pesanti come macigni e la fitta al fianco era tornata a farsi sentire, anche se meno intensa rispetto a prima. Respirava sommessamente ed ogni esalazione pareva dovesse essere l'ultima della sua vita.
«Ti avevo detto di tornare indietro prima...!» lo brontolò Themis, preoccupata per le sue attuali condizioni.
Il Mezzorco si mosse appena, sollevando un braccio per togliersi il liuto dalla schiena e appoggiarlo di fianco al tavolo, senza rispondere.
Nel frattempo, Pallina era arrivata in cucina, dove Tiffany era alle prese con la preparazione degli ultimi piatti per i clienti.
«Tharazar è tornato!» esclamò allarmata.
«Lo so, lo so. Vic me l'ha già detto» le rispose il Genasi della Terra in tono piuttosto pacato mentre terminava di preparare delle polpettine di riso freddo e tonno «Il suo pranzo è lì, se vuoi portarglielo tu...».
Con un gesto spiccio del capo indicò una ciotola piuttosto ampia appoggiata su un piano dall'altra parte della cucina. Pallina si avvicinò ad essa e sbirciò all'interno con aria titubante, dato che non somigliava affatto a ciò che era solita servirgli da mangiare. I suoi sospetti furono confermati non appena riuscì a sporgersi oltre il bordo.
«... sul serio? Devo portargli questo?!» esclamò con espressione scettica.
«Non guardare me. Ordini di Ziraj» rispose Tiffany, lavandosene le mani bellamente «Se ha fame la mangerà».
«È quasi caracollato a terra appena entrato! E mi ha anche chiesto se avevamo ancora del cibo!» proseguì la Tiefling incredula «Mi rifiuto di portargli questa roba!».
«Be', da sola sicuramente non uscirà da qui... tu o Vic dovete portargliela, e se davvero ha così tanta fame sarà bene che vi sbrighiate pure» aggiunse il cuoco con una mezza risata.
«Io non lo faccio. Non ci torno da lui, puzza da far schifo!» sibilò Pallina disgustata.
«Andiamo, non fare la schizzinosa. Ziraj non aveva detto che andava ad allenarsi?».
In quel preciso momento arrivò Vic con alcune stoviglie vuote.
Pallina si precipitò al tavolo su cui stava lavorando Tiffany e indicò la ciotola in lontananza.
«Vic! Tiff ha chiesto se puoi portare tu il pranzo a Tharazar...!».
Il Genasi scoccò un'occhiata di sbieco alla Tiefling che aveva vicino a sé ma prima che potesse dire qualcosa, il cameriere Mezzelfo andò svelto a prendere la stoviglia.
«Certamente!» disse in tono servizievole, prima di uscire di gran carriera dalla cucina.
«Problema risolto!» Pallina sorrise con aria dispettosa, agitando la codina pelosa di forma sferica che faceva capolino dal retro della sua gonna.
«Non è stato per niente professionale da parte tua» commentò Tiffany col tono di un genitore che rimproverava la figlioletta capricciosa e viziata «E ingiusto nei confronti del povero Vic...».
«Io l'ho trascinato fino al tavolo... e non è stato per niente semplice. Hai mai provato a sollevarlo?! Pesa tantissimo!» sbuffò la Tiefling.
«Immagino ci sia una ragione se ha deciso di mettersi a dieta, sai?» borbottò il Genasi, sollevando gli occhi al cielo esasperato «Ora renditi utile e porta fuori questi! Tavolo undici» così dicendo, le mise davanti tre normali piatti di pesce.
La Tiefling si raddrizzò sulle sue lunghe gambe flessuose e ridacchiò, quindi si caricò i tre piatti sulle braccia e annuì con la testa ricciuta. Le sue corna erano talmente piccole che nel movimento si confusero in mezzo ai voluminosi ricci scuri.
«Capito capito!» disse, arretrando per poi dirigersi quasi saltellando verso la porta.

Una volta fuori della cucina, Vic si diresse a passo spedito verso il tavolo su cui Tharazar si era accasciato. Non gli pareva la maniera migliore di presentarsi ai clienti; tuttavia, se davvero ciò che aveva riferito loro Ziraj era vero, immaginava che fosse troppo stanco per mantenere una qualche parvenza di decoro.
Sperava che il cibo riuscisse a restituirgli almeno le forze necessarie a sedersi compostamente a tavola come faceva di solito, anche se a giudicare dal contenuto della ciotola aveva i suoi dubbi in merito.
Non appena gli si avvicinò, Vic fu investito dall'acre odore del suo sudore. Il suo olfatto non era il senso più delicato di cui era in possesso ma si ribellò comunque a quella violenza.
Il Mezzelfo emise un verso disgustato che allertò il Mezzorco, facendogli alzare il viso - che fino ad allora aveva tenuto affondato tra le braccia conserte.
Vedendo che aveva una ciotola in mano - e persino piuttosto grande - la sua espressione si accese all'istante di vivo entusiasmo.
«... finalmente!» gemette con voce quasi stridula, raddrizzandosi sulla sedia come un cane che aspetti con trepidazione di vedersi riempire la ciotola dal suo padrone.
Vic si sentiva quasi in colpa nel sapere che le sue aspettative stavano per essere tradite brutalmente.
«Ma perché proprio io dovevo portargliela...?» si domandò il Mezzelfo sconsolato, decidendosi a tagliare corto la faccenda mettendogli subito davanti la ciotola senza tante cerimonie. Se doveva soffrire, meglio farlo in maniera rapida.
Tharazar si lanciò sul cibo non appena gli fu messo dinanzi, salvo poi fermarsi quando ormai c’erano solo pochi centimetri tra la sua faccia e l’interno del contenitore.
Alzò la testa per guardare Vic con l’espressione più delusa, depressa e disgustata che il Mezzelfo avesse mai visto.
«Che… cos’è questa roba?» chiese il Mezzorco, infilzando con la forchetta e sollevando una grossa foglia verde.
L’interno della ciotola - o per dir meglio, della zuppiera - era tappezzato di foglie grosse verdi e pomodori tagliati a pezzi.
«Dov’è il pesce...?» chiese ancora, quasi ferito dalla discriminazione effettuata nei suoi confronti «So che c’è ancora pesce… deve essercene. Non può essere già fi...».
«Ziraj ha dato istruzioni in cucina perché venisse cambiato il tuo menù in qualcosa di… più salutare. Quella è insalata» lo interruppe prontamente Vic, prima che la situazione degenerasse del tutto «Ci ha detto che vuoi stare un po’ a dieta».
Tharazar cacciò un sospiro depresso e ravanò nell’insalata con la forchetta per qualche momento, come se sperasse di riuscire a trovare qualcosa di migliore nascosto sotto di essa.
«Ma io ho fame...» borbottò.
«Anche l’insalata è commestibile» gli fece presente Vic.
«Già… peccato che non mi basti mai...» ringhiò infastidito il Mezzorco per tutta risposta, infilzando un pezzo di pomodoro con enorme frustrazione.
«Se è solamente quello il problema posso portartene ancora. C’è insalata in abbondanza in cucina» cercò di incoraggiarlo il Mezzelfo.
Tharazar fece una smorfia prima di addentare il pomodoro.
«… che fortuna...» commentò a denti stretti.
Il cameriere se ne andò, lasciandolo a vedersela da solo con il suo nuovo regime alimentare.
Nella sua non proprio lunghissima vita, Tharazar aveva evitato come la peste ogni pezzo di roba verde che si era mai trovato nel piatto. Solitamente erano foglie di lattuga o di insalata che facevano da decorazione a corpose e succulente pietanze a base di carne, del tutto superflue per la buona riuscita del piatto.
Era la prima volta che il suo cibo era costituito unicamente di quella disgustosa roba verde. Con immenso sdegno da parte sua, dovette adeguarsi alla situazione e si accinse a trangugiare la sua insalata mesto. Aveva tanta di quella fame che era ben lungi da lui l’idea di saltare il pranzo per non mangiare l’insalata; inoltre, a giudicare dalle parole di Vic, Ziraj aveva informato tutti della sua dieta, per cui sospettava che sarebbe passato molto tempo prima che potesse tornare ad assaporare qualcosa di davvero buono.
Il suo stomaco accolse la triste novità con molta meno frustrazione di lui: la fame era tale da farlo passare sopra qualunque cosa avesse introdotto, purché fosse commestibile.
Mangiò in silenzio e manifestando apertamente il suo disprezzo per la pietanza. Come aveva anticipato, l’insalata non riuscì a saziarlo.
Svuotata la zuppiera, fece un cenno per attirare l’attenzione di uno dei due camerieri e stavolta di Pallina ad avvicinarsi, un po’ titubante. Il suo timore era ben giustificato vista l’espressione tetra e irritata del Mezzorco.
Quest’ultimo grugnì a denti stretti e la Tiefling si avvicinò ancora un pochino.
«Cosa posso fare?» domandò, fortemente a disagio.
Tharazar le inchiodò addosso i suoi occhi chiari e gelidi e protese con un movimento fulmineo il braccio verso di lei, rendendogli la zuppiera vuota.
«Ancora» disse semplicemente.
Meravigliata della richiesta, Pallina prese la ciotola vuota e annuì.
«S-sì, certo. Torno subito» e si allontanò quasi correndo, tornando in cucina.
Vedendola entrare trafelata ed evidentemente sotto shock, sia Tiffany sia Vic la fissarono in attesa di una spiegazione.
La cameriera si appoggiò contro la porta con la schiena, quasi temesse che qualcuno da fuori la sfondasse, quindi d’un fiato disse: «Tharazar ha finito tutta l’insalata… e ne vuole ancora!».
I due maschi la guardarono con occhi stralunati.
«Davvero?!» fece Tiffany.
«Sei sicura di aver capito bene?!» rincarò Vic.
Pallina si allontanò dalla porta e andò verso il tavolo dietro il quale si trovavano i due colleghi.
«Certo che ho capito bene! Mi ha guardata malissimo, mi ha teso la zuppiera e mi ha detto “ancora”!» rispose, mimando l’espressione cupa e minacciosa di Tharazar.
«Menomale, l’ha presa meglio di quanto credessi...» sospirò Tiffany «Prendetemi dell’altra insalata, lo accontento subito!».
Ed in men che non si dica un’altra porzione di insalata venne servita al Mezzorco, il quale provvide a farla sparire con molta più rapidità della precedente.
Dopo quella ne chiese un’altra e poi un’altra ancora. Il sapore non migliorò affatto continuando a mangiare, ma almeno iniziò a farci l’abitudine. Il problema era che non riusciva a sentirsi pieno come quando consumava un normale pasto a base di carne o pesce; tuttavia, iniziava a sentirsi troppo stanco per continuare a rimanere lì. Lo sforzo della corsa stava cominciando a pretendere il suo giusto tributo dal suo corpo e lui non vedeva l’ora di stendersi a letto.
Nonostante sentisse ancora un certo appetito, terminata la quarta portata di insalata si alzò da tavola, raccolse Themis e si diresse pian piano verso le scale, ansioso più che mai di tornarsene in camera sua.
Pallina lo vide allontanarsi e andò veloce a sparecchiare, portando le stoviglie sporche in cucina.
«Grazie al cielo ha finito! Mi auguro che stia andando a farsi un lunghissimo bagno caldo e pieno zeppo di sapone…!» sospirò entrando, senza rivolgersi a nessuno in particolare «Spero davvero che Ziraj stia comprando interi banchetti di verdura al mercato, altrimenti se continua a mangiarne così tanta tutta insieme finirà col terminare le scorte nel giro di un paio di giorni…!» commentò poi.

Togliersi l’armatura con l’aspetto modificato magicamente risultò infinitamente più semplice di quanto Tharazar aveva previsto.
«A saperlo l’avrei modificata subito...» brontolò esausto, ammonticchiando i pezzi su una sedia per poi dirigersi in mutande verso l’armadio.
Frugò all’interno alla ricerca di biancheria intima pulita e poi si diresse verso il bagno, quindi si tolse le mutande usate e si sedette all’interno della vasca con un grugnito di sollievo. Allargò le gambe e si sporse per aprire il getto d’acqua della doccia che in quella posizione si trovava sopra i suoi piedi, quindi rimase in paziente e comoda attesa che uscisse acqua calda.
Nel frattempo iniziò a tastare la pancia, pizzicandola sui fianchi e premendola leggermente attorno all’ombelico. Era alla ricerca di miglioramenti nella sua forma fisica; purtroppo però, il grasso ondeggiò e si mosse morbido sotto i suoi stimoli esattamente come prima.
Non era cambiato niente, era ancora grasso quanto lo era appena uscito di casa ore prima.
«Uffa… speravo di aver ottenuto già qualcosa con tutto quello che ho sudato correndo...» sibilò stizzito, intrecciando le braccia sul petto, pungolando coi gomiti il suo prominente addome.
Iniziò a sentire l’aria surriscaldarsi in mezzo alle caviglie, segno che l’acqua era giunta a temperatura. Goffamente si girò sul fondo della vasca, mettendosi con la testa sotto il getto dell’acqua e allontanando da esso i piedi. La porcellana iniziava già ad essere scivolosa e infatti nel processo perse più volte l’equilibrio, rischiando di finire prono sul fondo della vasca.
Una volta in posizione, si rovesciò addosso una generosa dose di sapone liquido e iniziò a lavarsi con encomiabile olio di gomito. Cominciò dai capelli e poi scese scrupolosamente verso la punta dei piedi, senza tralasciare nemmeno le pieghe tra i suoi odiati rotolini di grasso.
Era ossessionato dalla pulizia personale. Se doveva lavarsi, non poteva non farlo alla perfezione. Se doveva andare a letto, non poteva esimersi dal lavarsi prima di farlo, a prescindere da quanto stanco, depresso o eccitato fosse.
Quando si reputò soddisfatto del risultato ottenuto, i suoi polpastrelli erano diventati più simili a prugne di quanto fosse auspicabile.
Si alzò ed uscì dalla vasca aggrappandosi al bordo della stessa per non cadere, quindi si strofinò i capelli con un asciugamano pulito.
Avrebbe tranquillamente potuto sistemarsi con una semplice Prestidigitazione, ma quando si trattava della sua igiene personale preferiva fare le cose alla vecchia maniera - a meno che non si trattasse di qualcosa di cui doveva disfarsi con urgenza in assenza di un bagno, come del fango o della melma.
Patria spesso lo aveva rimproverato per la sua ossessione nei confronti dei bagni, che trovava stupidi ed inutili durante il loro viaggiare continuo per le foreste nell’entroterra di Neverwinter. A lui non era mai importato delle sue strigliate: ogni volta che potevano fermarsi nei pressi di un qualsiasi specchio d’acqua pulita, lui ne aveva approfittato per farsi un caro vecchio bagno tradizionale.
«Adesso vorrei tanto poterti mostrare quanto possa giovare all’umore un bel bagno caldo...» rifletté mesto tra sé mentre si tamponava via l’acqua dalle gambe.
Una volta terminato, si avvolse nel telo ed uscì dal bagno accompagnato da una densa voluta di vapore che rotolò morbida sul pavimento della sua camera, per poi sollevarsi piano in volute verso il soffitto e dissolversi.
«Aaaah… così va già molto meglio…!» sospirò beato, passandosi una mano tra i capelli bagnati e pettinandosi all’indietro il ciuffo mentre si dirigeva verso il letto.
Nonostante fosse ancora a pezzi per l’allenamento e deluso dal pranzo che definire frugale era eufemistico, il bagno lo aveva rasserenato un po’, che era proprio l’effetto che sperava di ottenere. Era consapevole che allenarsi significava faticare, era solo incredulo per la quantità notevole di sforzi richiesti da parte sua su molteplici fronti.
Essere frustrato per la dieta e per le sue gambe indolenzite non lo avrebbe aiutato ad affrontare meglio la situazione, ma soltanto a sentirsi più infelice e sapeva che non doveva esserlo. Se avesse permesso alla depressione e allo sconforto di prevalere ancora non sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte e non voleva che ciò accadesse.
Farsi un bel bagno caldo era sempre la strada migliore per raddrizzare persino le giornate più brutte.
Con ancora l’asciugamano stretto addosso, si andò a stendere sul materasso. Come la sua povera schiena si posò sulle coperte, un sospiro acuto di sollievo gli sfuggì dalle labbra mentre affondava con piacere il capo umido nel cuscino.
«Che bello sdraiarsi...» commentò a voce alta, chiudendo gli occhi e godendosi il momento di pace.
«Non hai voglia di fare un po’ di pratica?» chiese Themis in tono quasi speranzoso.
Tharazar ruotò la testa nella direzione in cui ricordava di aver lasciato il suo liuto, appoggiato accanto all’armadio, così lontano dal letto da essere quasi imbarazzante.
«Dipende se significa che devo alzarmi per venirti a prendere...» gemette il Mezzorco.
«Sono sicura che nel tempo che hai trascorso nel bagno, benché sia stato lungo, non mi siano spuntate delle gambe» fece presente Themis in tono stizzito.
«Allora mi dispiace, proveremo più tardi. Mi sono appena sistemato...» bofonchiò l’altro per contro.
In quello stesso istante sentì qualcuno bussare alla porta, fatto che gli strappò un verso di sofferenza ed esasperazione chiaramente udibile a distanza.
«È una congiura?! Non posso riposarmi neanche due minuti?» esclamò infastidito, portandosi una mano a coprire gli occhi «Chiunque sia entri! Ho lasciato aperto!» aggiunse.
L’uscio si aprì cigolando appena.
«E se fossi stata una ladra? Non mi pare la maniera migliore di proteggere tutti i tuoi averi...» commentò Ziraj, affacciandosi dal corridoio.
Tharazar le scoccò un’occhiata di traverso.
«Vivi qui dentro con me, se chiudessi a chiave e mi addormentassi vorrei proprio vedere come faresti ad entrare… e comunque i ladri non bussano» rispose seccato.
La Mezzelfa entrò, richiudendosi alle spalle la porta, quindi si avvicinò al letto lentamente.
«Ah… qualcuno è di cattivo umore… Pallina mi ha raccontato della tua… “nuova esperienza culinaria”...» esclamò.
«Ho mangiato quella schifezza senza protestare» ribatté Tharazar in tono piccato, intrecciando le braccia sul torace «Non ho chiesto nient’altro. Mi sono rimpinzato di insalata e pomodori cercando di saziarmi solo con quelli. Chiedilo a Vic se non ci credi!» pareva punto sul vivo dall’idea che lei stesse avanzando delle rimostranze in merito al suo comportamento a pranzo.
«Rilassati. Lo so che hai mangiato senza lamentarti» cercò di rabbonirlo Ziraj «Mi hanno anche detto che sei tornato particolarmente provato dal tuo giro in città. Ero venuta a controllare se avevi bisogno di aiuto».
«Sono in grado di farcela anche da solo! Non sono più un ragazzino!» sbottò Tharazar, girandosi dal lato opposto a quello della sua interlocutrice.
Quest’ultima, anziché prenderla sul personale, si avvicinò ancora e con tono paziente disse: «Hai ragione. Scusami per aver dubitato di ciò… allora, ti lascio riposare in pace».
Era ormai arrivata al fianco del materasso. Tharazar continuava a tenere ostinatamente puntato lo sguardo verso il grosso specchio a parete che si trovava dall’altra parte del letto e Ziraj non riuscì a fare a meno di accarezzargli il ciuffo di capelli umidi con fare consolatorio, come a volersi far perdonare per la sua intrusione.
Smuovendogli la chioma, da essa si sprigionò un poderoso aroma floreale e vanigliato che colpì la Mezzelfa con forza. L’odore le era talmente familiare da farla rimanere per un momento senza fiato. La sua mente si affollò degli innumerevoli ricordi delle prime focose notti trascorse in quella stessa stanza e di tutte le volte che Tharazar le aveva fatto utilizzare il bagno dopo aver fatto l’amore, da sola o in sua compagnia.
Era un profumo così nostalgico e pieno di romantici ricordi da suscitare nella Mezzelfa una calda ondata di desiderio. La sensazione sbocciò nei lombi e in maniera estremamente naturale sopraffece il suo buonsenso e il raziocinio.
Continuò ad accarezzare i capelli del Mezzorco con le dita affusolate, fatto che diede fastidio al diretto interessato.
«Per favore, mi sono lavato adesso. Non mettermi le dita sporche tra i c...» iniziò a dire, ma si interruppe quando vide riflessa nello specchio la figura esile di Ziraj china sul suo orecchio.
Il suo sguardo comunicava molto delle sue intenzioni, soprattutto a Tharazar, ormai abituato ad avere a che fare con lei.
«La tua offerta di questa mattina… è per caso ancora valida…? Il tuo sapone… mi riporta alla mente un sacco di momenti… intimi» sussurrò lasciva al suo orecchio, sfiorandone il lobo con le labbra.
Qualcosa si mosse nell’inconscio del Mezzorco, un impulso primordiale cui era spesso e volentieri incline a dare ascolto, ma non in quel momento.
«Ziraj… sono stanco...» sospirò, voltandosi finalmente a guardarla di nuovo in faccia «Non possiamo rimandare a più tardi?».
La Mezzelfa rimase col viso vicino al suo, esibendosi nella sua migliore versione degli “occhi da cerbiatta”.
«Ma io ho voglia adesso» fece presente «Tu no?» chiese poi, allungando una mano a sfiorargli il pene attraverso l’asciugamano.
Vide un lampo di senso di colpa attraversare il viso del suo insegnante mentre rispondeva: «Adesso vorrei… soltanto dormire».
Ziraj si ritrasse di colpo con gli occhi spalancati, come se avesse appena avuto un incontro ravvicinato con un fantasma. Forse la cosa sarebbe stata meno sorprendente del sentire Tharazar respingere le sue avance sessuali.
«Mi stai rifiutando?! Davvero?» esclamò incredula. Da che lo conosceva, era la prima volta che si comportava così. Era scioccata.
«Credo di… sì?» sospirò il Mezzorco, neanche lui pienamente convinto delle sue stesse parole «Non penso che sarebbe molto piacevole senza la piena partecipazione di entrambi… e io adesso non ho la forza di farlo...».
«Neanche un pochina? Scommetto che se riesci ad eccitarti non potrai fermarti a metà!» a Ziraj pareva così assurdo affrontare quel tipo di conversazione con lui. Erano giorni che non lo desiderava così ardentemente come in quel preciso istante e non riusciva ad accettare un “no” come risposta, neanche se supportato da una ragione valida come la stanchezza post allenamento.
«Non sono in condizione, sono stanco» gemette il bardo in tono quasi supplichevole.
Per tutta risposta, la Mezzelfa iniziò a denudarsi. La pulsione sessuale era troppa perché riuscisse a ricacciarla indietro.
«Lascia che mi occupi io di te, per favore» disse, lanciando via la camicetta che indossava, mettendo in mostra un grazioso reggiseno di pizzo bianco «Rimani pure sdraiato dove sei. Goditi il momento se ci riesci o addormentati pure. Consideralo come un premio per la buona volontà che hai messo nell’iniziare la dieta oggi» aggiunse, liberandosi anche dei pantaloni.
«… ma mi hai suggerito te di farlo…» obiettò ancora il Mezzorco, anche se stavolta la sua voce suonava stranamente flebile. Pareva cominciare a far fatica a rimanere sveglio.
Ziraj balzò a cavalcioni su di lui e lo mise a tacere con un bacio frettoloso ma carico di affetto. Le sue dita si arrampicarono lungo le spalle e il collo, risalendo fino ad affondare nuovamente tra i suoi capelli.
«Lasciami fare, d’accordo?» gli sussurrò a fior di labbra.
Tharazar la guardò con espressione a metà tra l’addormentato e l’estatico, poi annuì blandamente, senza obiettare ancora.
Finalmente autorizzata, Ziraj scese lesta tra le sue gambe e inserì la mano destra sotto il lembo inferiore dell’asciugamano. Strinse le dita sottili attorno al suo pene e poi si piegò per raggiungerlo con la bocca.
Tharazar sentì le sue labbra umide iniziare a lavorare attorno al suo pene. Era piacevole, come sempre, eppure la percezione della cosa gli risultava assurdamente distante da lui, come se fosse slegato dal suo corpo e stesse osservando il tutto da un punto di vista esterno.
Sospirò e chiuse gli occhi, abbandonandosi alle capaci mani di Ziraj. Era la prima volta da quando aveva abbandonato Neverwinter che qualcuno si prendeva cura di lui in quella maniera. La nostalgia aveva un sapore amaro ma l’essere coccolato leniva il suo orgoglio ferito dalla recente piega degli eventi.
Senza che se ne rendesse pienamente conto, il Mezzorco scivolò nel sonno. Ziraj non aveva ancora finito coi preliminari quando lo sentì russare profondamente.
Il suo corpo continuava a rispondere ai suoi stimoli come se fosse ancora sveglio, per cui la giovane barda non se ne fece un problema. Era contenta di essere riuscita a rilassarlo abbastanza da farlo assopire e dato che l’eccitazione non pareva dargli per niente fastidio, avrebbe comunque potuto divertirsi a suo piacimento.

Quando Tharazar si svegliò, la prima cosa che notò fu che la sua stanza era immersa nella semioscurità. Subito dopo si rese conto che Ziraj dormiva placida con il capo appoggiato sulla sua spalla.
Non si era neanche reso conto di essersi addormentato, però ne sentiva eccome gli effetti: le gambe non gli dolevano più e non si sentiva più come se le sue membra fossero fatte di pietra.
Intontito dal pisolino, si guardò attorno confuso e poi fece per alzarsi. Nel farlo la testa di Ziraj scivolò sul cuscino e il movimento improvviso la fece svegliare.
«Tharazar…?» bofonchiò con voce impastata «Sei sveglio?».
Il Mezzorco non fece in tempo a rispondere che il suo stomaco si produsse in un terrificante brontolio.
«Che ore sono…? È già ora di cena…?» chiese per contro, issandosi seduto sul materasso. Così facendo gli scivolò di dosso l’asciugamano, per cui si ritrovò completamente nudo al freddo.
Rabbrividì e si affrettò ad alzarsi masticando un’imprecazione.
«Dove vai…?» domandò la Mezzelfa a voce bassa, ancora mezza addormentata.
«Mi vesto prima di prendermi un malanno, tanto per cominciare! E dovresti farlo anche tu...» disse il bardo, infilandosi pantaloni, camicia e farsetto più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita sua.
Udì il rumore delle coperte che venivano smosse ed uno sbadiglio leggero.
«Se fossi rimasto sveglio fino in fondo ti avrei aiutato a spostarti sotto con me...» gli disse la sua apprendista con una leggera risatina «Almeno ora stai meglio?».
«Molto» ammise Tharazar, chiudendosi i bottoni del farsetto «L’unico modo in cui potrei stare ancora meglio sarebbe se non avessi una voragine al posto dello stomaco...» sospirò.
«Allora sarà di sicuro ora di cena. Il tuo appetito è più puntuale di un orologio» lo prese bonariamente in giro Ziraj.
Grazie alla sua Scurovisione, il bardo riuscì a notare che la sua compagna si stava accingendo a sgusciare fuori dalle coperte per venire verso di lui. Era del tutto nuda ma sembrava a suo agio così.
«Non che serva a qualcosa se anche stasera dovrò sorbirmi altre inutili tonnellate di verdura che non mi sazieranno mai» brontolò cupo.
«Penso che sia soltanto una fase» cercò di rassicurarlo la Mezzelfa in tono pacato, raccogliendo i vestiti che aveva lanciato in giro per la camera «Sei talmente abituato a rimpinzarti di cibo fino a scoppiare che se ne mangi di meno non ti è sufficiente».
«Sono un Mezzorco, sicuramente ho uno stomaco più grande di quello di razze più minute» protestò Tharazar, avvicinandosi a Themis per mettersela sulla schiena.
«Può essere un motivo, ma di certo non è l’unico» Ziraj insistette paziente «Aspetta qualche giorno prima di lamentarti. Dai tempo al tuo corpo di abituarsi al nuovo regime. Vedrai che smetterai di sentire i morsi della fame a tutte le ore del giorno così come smetterai di rimanere senza fiato dopo pochi minuti di corsa».
Gli si avvicinò e gli accarezzò un braccio con fare rassicurante, guardandolo negli occhi dolcemente.
Tharazar le rivolse un'occhiata a metà tra il confuso e l'incredulo, poi finalmente sorrise. Era spento e scarno rispetto a quelli pieni di arroganza, audacia e brio cui era abituata Ziraj, però sembrava star dando il meglio di sé per farlo sembrare quantomeno speranzoso.
«Ci proverò» rispose il Mezzorco.
«Sono contenta» gli disse la sua apprendista, per poi assumere a sua volta un contegno piuttosto imbarazzato «Ehm... avrei una richiesta da farti...».
«Di che genere?» domandò l'altro per contro, inarcando dubbioso un sopracciglio. Dal tono pareva all'erta, come se si aspettasse qualcosa di pericoloso.
La Mezzelfa sollevò gli occhi ad intercettare quelli di lui prima di chiedere: «Vorrei che tu mi insegnassi ad utilizzare la spada».
Tharazar rimase un momento a fissarla con aria interdetta, al che lei aggiunse frettolosamente: «Visto il mio rapimento recente... se fossi in grado di difendermi da sola potrei stare più tranquilla al pensiero di tornare a vivere a casa mia... e non conoscono nessuno che sia migliore di te come spadaccino!».
La mente del Mezzorco fu attraversata da fugaci ricordi degli ultimi scontri in cui era rimasto invischiato a Waterdeep, durante i quali ben poche volte era riuscito a mettere a segno in colpo di spada e molto più di frequente era stato utile in veste di incantatore che non di spadaccino.
«Davvero vuoi che ti dia lezioni di spada?» chiese lui, sentendosi per la prima volta nella sua vita a disagio a seguito di un complimento rivolto alla sua illustre persona. Aveva rivalutato talmente tanto se stesso in negativo negli ultimi tempi da non essere più in grado di apprezzare un elogio.
Il Tharazar di un tempo non sarebbe stato in grado di riconoscerlo in quel frangente.
«Almeno potrai farle da insegnante davvero anziché far da tramite alle mie nozioni di canto...!» commentò Themis nella sua mente.
«Non vorresti riprendere le lezioni di canto piuttosto?» azzardò il bardo.
Ziraj abbassò gli occhi, improvvisamente triste.
«Con l'Interruzione ancora in atto credo sia difficile poter continuare con la pratica...» ammise «Non credi che possa imparare ad utilizzare la spada...?» domandò poi sconsolata.
«Oh, no! No, nient'affatto! Non è quello il problema!» Tharazar scosse la testa in fretta e parlò con tono fermo, sperando di scacciarle il dubbio dalla mente in maniera definitiva.
«Non so se ne sono capace» aggiunse tra sé e sé, senza esplicare la sua insicurezza ad alta voce; tuttavia, Ziraj si aspettava una motivazione al suo atteggiamento restio e lui non ne aveva altre che gli impedissero a tutti gli effetti di insegnarle ad usare la spada.
«Tharazar il Magnifico che si rifiuta di portarsi ad esempio per una sua fan...?» lo pungolò Themis.
Il commento lo punse sul vivo più di quanto immaginasse.
«Sono certo che con me come tuo tutore imparerai l'arte della spada in men che non si dica!» esclamò di scatto, pieno di fervore «Sono il migliore spadaccino in circolazione in tutta Waterdeep!».
«Devo esserlo. Solo perché non sono più in forma non significa che non sia più in grado di fare ciò per cui mi sono allenato per anni!» soggiunse tra sé, irritato verso se stesso per la sua mancanza di fiducia.
Il sorriso sul viso di Ziraj si allargò mentre con impeto si gettava contro il petto di Tharazar, abbracciandolo. Le sue braccia non erano abbastanza lunghe per poterlo cingere completamente ma il diretto interessato apprezzò comunque lo sforzo.
«Grazie, grazie! Non ti deluderò!» esclamò la Mezzelfa con voce acuta, in preda all'emozione del momento.
Tharazar le accarezzò i capelli, un po' a disagio per l'inatteso contatto fisico.
A spezzare l'intimità del momento ci pensò lo stomaco del Mezzorco, che protestò a volume talmente alto che sarebbe stato impossibile persino per un sordo non udirlo.
«Possiamo... iniziare dopo cena...? Muoio di fame...» chiese lui, allontanando con garbo la sua apprendista da sé.
«Immagino sia meglio sbrigarsi a scendere» rise delicata Ziraj «Possiamo rimpiazzare le lezioni notturne di canto con queste, se per te non ci sono problemi» propose in aggiunta.
«Perfetto... ora andiamo, però...» replicò il bardo, affrettandosi ad avviarsi verso la porta della camera premendosi una mano sull'addome.
«Arrivo, arrivo!» esclamò la Mezzelfa, anche se il suo interlocutore sembrava essersi già volatilizzato, lasciando la porta socchiusa.
Benché la prospettiva di ingozzarsi di altra insalata non lo allettasse minimamente, era pur sempre meglio che rimanere a stomaco del tutto vuoto.
«Abitudine. Devo soltanto farci l'abitudine… come ha detto Ziraj» si ripeté mentalmente Tharazar in tono convincente, sfrecciando attraverso il corridoio in direzione delle scale.
Lei lo avrebbe raggiunto non appena fosse stata pronta.
Lui aveva un bisogno di andare a mangiare qualcosa. Subito.

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Benvenuti nel mio journal personale, dove posto tutte le mie fiffi!
Qui troverete un po' di tutto sia per tipo di relazioni (het, yaoi e yuri) sia per rating (con prevalenza di lavori NSFW). Se ciò non vi aggrada, migrate tranquillamente verso siti a voi più gradevoli; in caso contrario, buona permanenza e buona lettura! ♥

I personaggi di cui scrivo non appartengono a me ma sono dei rispettivi proprietari - salvo gli originali, che sono di mia esclusiva proprietà.

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