Soundless

Aug. 27th, 2020 08:27 am
fiamma_drakon: (Default)
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Titolo: Soundless
Rating: Verde
Genere: Generale, Slice of Life
Personaggi: Kilgore (OC!Sciamano)
Wordcount: 1734 (wordcounter)
Prompt: Silenzio (max 2 dialoghi) per il Capitolo 1 (1° settimana) di "Esploratori del Polyverso" @ Lande Di Fandom
Timeline: Ambientata durante l'espansione "Battle for Azeroth".
Note: Gen
Kilgore chiuse gli occhi ed inspirò a fondo e lentamente, godendosi il tepore del sole sulla pelle del viso prima di iniziare a scendere le scale che separavano la casetta dal terreno: era usanza dei Pandaren costruire le loro case su palizzate, probabilmente per una maggiore sicurezza.
Il fischiare intenso si era ridotto ancora, diventando quasi sopportabile. Almeno riusciva a sentire che attorno a sé non c'era niente che producesse rumore.



Kilgore varcò con passo incerto la porta della casupola che si trovava entro i confini del piccolo appezzamento di terra situato poco fuori da Mezzocolle. Sembrava avere serie difficoltà a mantenere un’andatura in linea retta, come se fosse reduce da una colossale sbronza. Le braccia muscolose gli tremavano appena, trasmettendo il fremito alle grosse ceste piene di provviste che trasportava. Aveva gli occhi socchiusi, come se stesse per crollare addormentato da un momento all’altro, e pareva in uno stato di profonda sofferenza.
Arrancò verso il centro dell’unica stanza che costituiva l’interno della casetta, dove si trovava un tavolo piuttosto basso considerata la sua stazza da Orco. Appoggiò ciò che trasportava sul piano, consapevole che non avrebbe retto ancora per molto, quindi si lasciò cadere di peso sul pavimento, in ginocchio.
Cacciò un gemito roco mentre si raggomitolava su se stesso, piegandosi in avanti e appoggiandosi con entrambi i gomiti sul tavolo dinanzi a sé. Con le mani si ghermì i lati del cranio, premendo leggermente i polpastrelli sulla sommità calva come a volersi infliggere un dolore superiore a quello che già stava provando per sostituirlo. In quel preciso momento gli sarebbe piaciuto moltissimo avere qualche acciacco fisico su cui concentrare la sua attenzione, come una frattura o una caviglia slogata.
Purtroppo la fonte della sua sofferenza era più in profondità, e per quante Eruzioni Benefiche avesse potuto lanciare su se stesso, niente sarebbe riuscito a farlo stare immediatamente meglio.
Aveva appena finito di ricacciare oltre la Muraglia Serpeggiante l’ultima ondata di Mantid che aveva invaso la Vallata dell’Eterna Primavera, nelle Distese del Terrore da cui era arrivata. Era una vittoria temporanea nella guerra aperta ai seguaci di N’zoth, ne era perfettamente consapevole, ma era pur sempre un risultato.
Tra tutti i servitori degli Dei Antichi che aveva affrontato o quantomeno incrociato in giro per Azeroth, i Mantid erano di gran lunga quelli che Kilgore odiava di più: i loro attacchi sonici erano quanto di più orribile avesse mai sperimentato nella sua vita. A confronto, persino i rapporti sessuali più violenti che aveva con sua moglie Gathra erano piacevoli, se non altro perché il dolore in quei casi era solo momentaneo.
Coi Mantid era tutta un’altra questione: le onde soniche con cui lo bombardavano continuamente tutte le volte che li affrontava gli lasciavano in regalo una poderosa emicrania che lo costringeva a tenersi alla larga dalle grandi, chiassose e affollate città di Kalimdor o dei Regni Orientali.
La sua fattoria a Mezzocolle, nella Valle dei Quattro Venti, era il luogo più simile ad un eremo di cui disponeva. Dopo averla ricevuta dal precedente proprietario, aveva continuato ad occuparsi dell’orto a tempo perso e aveva riarredato la casa secondo il suo gusto personale, trasformandola in una ampia e ben fornita cucina presso la quale si rifugiava più di frequente di quanto avesse preventivato in origine: il paesaggio circostante era a dir poco incantevole con i suoi prati verdi, gli specchi d’acqua e i vasti campi coltivati; l’ideale per chi aveva bisogno di allontanarsi dalla vita frenetica dell’avventuriero. Oltre a ciò, nella sua fattoria Kilgore aveva la possibilità di coltivare ciò che gli serviva per cucinare - l’unico hobby che riusciva a calmarlo.
L’Orco si massaggiò le tempie con un grugnito, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi. Il silenzio in cui la tenuta era immersa era quasi irreale tant’era assoluto, ma non riusciva a goderselo a pieno a causa delle orecchie che ancora gli fischiavano.
Stare per qualche ora - in alcuni casi addirittura mezza giornata - da solo lì a cucinare era un toccasana per i suoi attacchi di emicrania da scontro coi Mantid. Era una sorta di “terapia di riabilitazione” per riuscire a riprendere il contatto col mondo esterno in maniera il più indolore possibile, soprattutto considerato il suo udito temporaneamente fuori uso.
Decise di cominciare come al solito, imponendosi di alzarsi e iniziare a smistare la spesa. Era il passo più duro da fare, considerato quanto era stato vessato il suo apparato acustico e di conseguenza la sua capacità di mantenere l’equilibrio e la postura eretta.
Con non poca fatica riuscì a rialzarsi, quindi prese uno dei due cesti - quello pieno di pesce - e si diresse verso uno dei banconi vuoti situati a ridosso delle pareti. Aveva dovuto acquistare il pescato fresco al mercato a dispetto delle sue doti come pescatore più che altro per la sua incapacità attuale di andare a procurarsi da solo la materia prima.
Estrasse i Gamberi Mantide Giganti e iniziò a pulirli, aiutandosi con un coltello riposto in un ceppo poco distante. Era una manovra che non gli era affatto nuova, eppure dovette concentrarsi molto per riuscire nell'impresa senza affettarsi un dito.
La "terapia" stava anche in quello: riuscire a focalizzare la sua attenzione su qualcosa di manuale e semplice che distogliesse la sua attenzione dall'emicrania. In un ambiente tranquillo come quello, senza stimoli negativi dall'esterno, sarebbe riuscito a riprendere possesso del suo udito in un tempo ragionevole.
Mise i gamberi pronti in una ciotola e buttò via ciò che aveva scartato. Al contrario di quando cucinava per gli altri - ricordava bene la fatica e la soddisfazione del preparare i pasti per tutto il Circolo della Terra durante l'invasione della Legione Infuocata - farlo per sé stesso e basta era quasi una coccola. Era pur sempre lavoro, ma non aveva nessuno che venisse a lamentarsi perché ci metteva troppo tempo.
Una volta finito con i gamberi andò a recuperare l'altro cesto, che invece conteneva dei tranci di carne, Costolette di Mushan per la precisione. Per questi la preparazione fu molto più semplice, dovendoli solamente tagliare in fette larghe e sottili.
Già solo facendo tutto questo, si rese conto di stare meglio. Il fischio nelle orecchie si era attenuato e si sentiva più sicuro e fermo sulle gambe.
Prese carne e pesce e li portò nell'angolo opposto della casa, dove aveva creato una specie di pentolone piatto e pieno di brace su cui aveva sistemato una griglia di metallo. Il tutto era stato posizionato in una piccola alcova di pietra dotata di una finestra per l'aerazione.
Era orgoglioso del caminetto modificato che era riuscito a creare, soprattutto considerato che in tale maniera aveva la possibilità di cucinare anche cibi senza l'utilizzo di pentole e padelle, come in quel caso.
Depose le costolette e i gamberi sulla griglia, avendo cura di mantenerli ad una certa distanza gli uni dagli altri, per non rischiare che i sapori si mescolassero eccessivamente.
Lasciò il tutto a cuocere a fuoco lento e si diresse verso la porta portandosi dietro uno dei cesti ormai vuoti. Il sole brillava alto sulla Valle dei Quattro Venti, e a dispetto del nome l'aria era immobile e tersa.
Kilgore chiuse gli occhi ed inspirò a fondo e lentamente, godendosi il tepore del sole sulla pelle del viso prima di iniziare a scendere le scale che separavano la casetta dal terreno: era usanza dei Pandaren costruire le loro case su palizzate, probabilmente per una maggiore sicurezza.
Il fischiare intenso si era ridotto ancora, diventando quasi sopportabile. Almeno riusciva a sentire che attorno a sé non c'era niente che producesse rumore.
Percorse i pochi metri che lo separavano dall'appezzamento di terreno coltivato, fermandosi sul margine per controllare la crescita degli ortaggi. Come aveva immaginato, erano tutti pronti per il raccolto. La terra in quella regione era particolarmente fertile e ricca di nutrienti, tanto che i Pandaren riuscivano a far crescere piante incredibilmente floride e giganti. Molto probabilmente non era un agricoltore bravo come poteva immaginare visto che ancora a lui non era mai accaduto di arrivare all'orto e trovare esemplari di verdure enormi; tuttavia, non era quella la sua priorità. L'importante era che le verdure di cui necessitava crescessero sane e forti.
Prese gli attrezzi che aveva lasciato appoggiati contro la recinzione e si mise a raccogliere i Cavoli Verdi. A giudicare dal colore, erano perfetti per essere utilizzati in cucina. Sarebbero stati un contorno idilliaco per il suo piatto di Mare e Monti al Pepe Nero.
Mano a mano che li coglieva, deponeva i cespi di cavolo nel cesto che teneva vicino a sé con una cura quasi maniacale, come se fossero fatti di cristallo e avesse il terrore che maneggiandoli troppo si rompessero.
Riempì il cesto, dunque si spolverò le mani dalla terra e si avviò di nuovo verso la casa con il suo bottino. Carne e pesce avrebbero dovuto cuocere ancora un po', ma doveva dare la prima passata di pepe nero. Dopo avrebbe avuto tutto il tempo che desiderava per preparare i cavoli nella maniera più appropriata.
Si caricò su una spalla il cesto e con l'altra si aggrappò all'asta della scaletta di bambù per non rischiare di cadere all'indietro e rovinare il raccolto. Il fischio sommesso nelle orecchie aveva ceduto il passo ad una sorta di sordità temporanea per cui sentiva tutto ovattato. Anche quando si muoveva all'interno della sua armatura di maglia, ogni rumore gli giungeva come se fosse incredibilmente distante, e la sua emicrania in lenta guarigione apprezzava immensamente tutto ciò.
«RAZZIA E SACCHEGGIO!».
La voce riecheggiò nell'aria immobile e silenziosa con la potenza di un tuono, riuscendo a superare la soglia necessaria a raggiungere i timpani del povero Kilgore. Quest'ultimo sobbalzò portandosi una mano alla testa con una smorfia di dolore per la fitta atroce che il grido gli provocò. Fu come se il rumore avesse improvvisamente assunto la forma tangibile di un ago rovente che gli si era conficcato nell'orecchio, arrivando a pungolargli il cervello.
La banda di Salyis continuava a bazzicare la Valle nonostante il passare degli anni. Se Kilgore avesse proprio dovuto trovare un difetto in quella regione di Pandaria, probabilmente sarebbe stato il disturbo alla quiete pubblica che quei predoni arrecavano.
«Oooh... e sta' un po' zitto, Salyis!» sbottò all'improvviso l'Orco con una smorfia irritata sul viso, entrando in casa e sbattendosi la porta alle spalle con un colpo secco.
Qualcuno si sarebbe sicuramente occupato della banda di Salyis, probabilmente altri avventurieri che si trovavano di passaggio in zona. Era così da sempre: sembrava impossibile sbarazzarsi di quei banditi in maniera totale e definitiva.
Lui adesso aveva solamente bisogno di starsene da solo nella sua cucina ad occuparsi di sé, in pace e in silenzio.

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