fiamma_drakon: (Grell_Sutcliffe)
[personal profile] fiamma_drakon
Titolo: Thé delle cinque
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Slice of life
Personaggi: Alfred F. Jones (America), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Wordcount: 1315 ([livejournal.com profile] fiumidiparole)
Prompt: 25 Senses: Taste / 024. Five o'clock Tea @ [livejournal.com profile] kinks_pervs
Note: Lemon, Self!love, Yaoi
«Uffa, ma che noia!».
America alzò lo sguardo, fissando l’orologio a pendolo alla sua destra con intensità, come se solo volendo potesse far accelerare il viaggio della lancetta.
Se ne stava seduto sulla sedia al contrario, le gambe che sbucavano dai lati dello schienale, le braccia conserte appoggiate su di esso ed il mento sopra a tutto, l’espressione annoiata e lievemente contrariata.
«Ce ne hai ancora per molto?» domandò, riportando la propria attenzione su colui che sedeva compostamente dall’altra parte del tavolo - e che tra l’altro stava facendo di tutto per cercare di ignorarlo.
«Eh, Inghilterra?».



«Uffa, ma che noia!».
America alzò lo sguardo, fissando l’orologio a pendolo alla sua destra con intensità, come se solo volendo potesse far accelerare il viaggio della lancetta.
Se ne stava seduto sulla sedia al contrario, le gambe che sbucavano dai lati dello schienale, le braccia conserte appoggiate su di esso ed il mento sopra a tutto, l’espressione annoiata e lievemente contrariata.
«Ce ne hai ancora per molto?» domandò, riportando la propria attenzione su colui che sedeva compostamente dall’altra parte del tavolo - e che tra l’altro stava facendo di tutto per cercare di ignorarlo.
«Eh, Inghilterra?» insistette Alfred, vedendo che non gli rispondeva.
Arthur Kirkland inarcò un sopracciglio, alzando finalmente lo sguardo dalla tazzina che teneva sollevata con garbo ed eleganza.
«Sono affari tuoi se ti annoi: non ti ha invitato nessuno» replicò sgarbatamente, fissandolo con un certo astio: non gli interessavano i suoi problemi in quel momento. Tutto ciò che voleva era poter consumare in pace il suo sacrosanto thé delle cinque, come ogni inglese che si rispetti.
«Sì, certo... però volevi vedermi» esclamò l’altro in tono volutamente insinuante, un sorrisetto sprezzante che faceva bella mostra di sé sulle sue labbra «Se non ora, più tardi».
Una stoccata di puro gelo gli venne indirizzata dall’inglese, che appuntò con insistenza gli occhi nei suoi, come se volesse passarli da parte a parte. Era un avvertimento, un tacito "zitto, o non uscirai vivo da qui".
Si frequentavano da un po’ di tempo, avendo scoperto - dopo un lungo periodo - che nonostante i diverbi e gli attriti avuti nel corso degli anni in fondo si piacevano, ma Kirkland non era affatto propenso a lasciare che l’americano si prendesse la libertà di dirlo a destra e a manca - anche se era già quasi un qualcosa di ufficiale. Erano persino già stati a letto insieme: per certe cose - aveva scoperto - America non era tipo da aver pazienza.
Lui personalmente l’aveva trovato ben più che piacevole, anche se era restio ad ammetterlo.
Ad Alfred sfuggì una risatina decisamente snervante.
«Che hai da ridere?» sbottò irritato Arthur.
«Niente...» sospirò l’altro, storcendo le labbra in una smorfia «Mi annoio e basta... finisci in fretta con quel thé, mh? Mi sono stancato di stare qui senza far niente...».
«Ripeto: non ti ha invitato nessuno» esclamò l’inglese, cominciando ad alterarsi «Tornatene a casa!».
«Ma sono da solo anche là... uffa, non c’è nessuno che voglia giocare...» rispose sconsolato, anche se più che parlare con il suo interlocutore sembrava parlare a sé stesso.
Inghilterra sorseggiò il suo thé, riprendendo - almeno in apparenza - ad ignorarlo.
«E allora perché sei venuto qui...?» chiese dopo un po’, prendendo un pasticcino dal vassoio al centro del tavolo.
America inarcò le sopracciglia, assumendo un’espressione che Inghilterra riusciva a catalogare solo sotto la voce "perversa".
«Per giocare...» disse, imprimendo una particolare inflessione all’ultima parola che all’inglese non piacque affatto. Tuttavia, cercò di trattenersi dal rispondergli per le rime: non voleva arrabbiarsi durante il thé pomeridiano.
«Giocare?» ripeté, mordendo il suo pasticcino, fissando il contenuto della sua tazzina.
Chissà perché, nel vedere il suo thé, nella sua mente balenò qualcosa di assolutamente fuori del comune, che in altre occasioni non avrebbe mai neppure pensato di fare.
Il dilemma era se dare seguito a quell’assurdità o ignorarla completamente, anche se l’allettava decisamente di più la prima opzione: voleva proprio vedere come avrebbe reagito America.
Così sorseggiò per l’ennesima volta la sua bevanda preferita, si alzò con la tazzina ancora in mano ed aggirò il tavolo, andando a posizionarsi davanti all’americano, il quale alzò lo sguardo su di lui con una certa perplessità.
Prima che potesse dire o fare qualunque cosa, Inghilterra si piegò su di lui e, afferratolo per il risvolto della giubba, lo trasse a sé e gli strappò un bacio a sorpresa. America inizialmente rimase sbigottito, poi piacevolmente colpito ed infine schifato: Arthur, con quel bacio, gli stava facendo bere del thé.
L’americano cercò di svincolarsi dalla sua presa, scalciando e afferrandogli il braccio cercando di fargli mollare la stretta.
Quando finalmente l’inglese lo lasciò libero, Alfred si sbilanciò all’indietro e - per la foga dell’azione - cadde dolorosamente a terra.
«Ma guarda tu che reazione esagerata per un semplice scherzetto...» constatò Inghilterra con una sfumatura esasperata e sarcastica nella voce.
America si puntellò su un gomito, pulendosi la bocca con il dorso del guanto dell’altra mano.
«Bleah! Che schifo, ma cosa ti è preso?!» sbottò, rimettendosi seduto, massaggiandosi la testa dolorante.
Arthur si chinò sopra di lui, appoggiando una mano tra le sue gambe leggermente aperte, pericolosamente vicino al cavallo dei pantaloni.
«Non hai detto che...» esordì, lasciando che le dita vagassero fino a poggiarsi sul suo inguine «... ti stavi annoiando?» concluse, accarezzandogli il membro.
America deglutì nervosamente a quell'inatteso contatto intimo.
Sobbalzò quando l'inglese glielo strinse appena, lasciandosi sfuggire anche un gemito sorpreso.
Inghilterra spostò le mani più su, spostando i lembi del giubbotto per poter accedere alla cintura dell'uniforme, che slacciò con nonchalance e senza particolari difficoltà, sfilandogliela e appoggiandola sul pavimento, da parte.
Mentre si apprestava ad aprire la casacca della divisa, Alfred gli afferrò le mani e lo spinse via.
«No, non farlo» esclamò, osservando Inghilterra cadere a sedere all'indietro.
Quest'ultimo lo scrutò mentre si rimetteva in piedi e si avvicinava al tavolo. Prese la tazzina col thé e ne sorseggiò dell'altro, poi si piegò di nuovo su America, circondandolo col braccio sinistro per attirarlo a sé. Lo baciò una seconda volta a sorpresa, riversandogli in bocca la bevanda.
Si fece prepotentemente strada con la mano destra nei suoi pantaloni, cominciando a masturbarlo con forza sufficiente a far sì che Alfred sobbalzasse per la veemenza dell'azione e rischiasse di soffocare col thé.
Inghilterra ammorbidì i modi dopo qualche minuto, quando cominciò a sentire la sua erezione premere contro il palmo della sua mano.
Il thé continuava a fluire dalla bocca di Arthur in quella di Alfred mentre i due si baciavano con passione e ardore. Sembrava quasi che l'americano avesse accettato il sapore del thé, ma invece lo stava semplicemente ignorando in favore della lingua che gli stava perlustrando la bocca senza esitazioni.
Lentamente Jones rilassò i muscoli e si abbandonò a Kirkland, lasciandogli la piena libertà d'azione.
L'inglese, sentendo il peso del suo corpo farsi morto contro il suo braccio sinistro, approfondì ulteriormente il bacio, passandogli la lingua sui denti, carezzandogli poi il palato. Le sue dita, invece, continuavano a giocare con lui, masturbandolo.
La soddisfazione dell'essere per una volta lui a dirigere i giochi e non quello che subiva gli provocava piacevoli brividi d'eccitazione che gli correvano lungo la spina dorsale.
America sentiva l'orgasmo avvicinarsi sempre di più man mano che i minuti passavano. Ogni tanto un tremito lo scuoteva e le gambe tremavano. Con una mano stringeva il tessuto della manica dell'uniforme di Inghilterra, come se ciò potesse essergli di qualche aiuto al momento.
Era dannatamente piacevole sentire la sua mano in certi posti che accarezzava e giocava. Non avrebbe saputo dire se anche Inghilterra provasse simili sensazioni quando erano a letto ed era lui quello che conduceva, ma anche subire non gli parve più un qualcosa di così umiliante come aveva sempre pensato.
Arthur si separò dalle sue labbra nell'attimo in cui le sue dita fecero raggiungere l'orgasmo all'americano. Quest'ultimo lanciò un gridolino indefinibile mentre stringeva la presa sulla casacca di Inghilterra.
Quest’ultimo sentì lo sperma macchiargli le dita e si reputò più che soddisfatto. Tolse la propria mano e si rialzò, guardandolo dall'alto con un sorriso sbieco.
«Adesso ti annoi ancora...?» chiese.
Alfred rimase a guardarlo, le gambe ancora in parte divaricate.
Kirkland andò in bagno a sciacquarsi le mani, contento. Anche se perverso, era stato divertente: avere il pieno dominio della situazione perlomeno per una volta era stato bello.
Quando tornò nella sala adiacente, America era ancora a sedere a terra, le gambe aperte e distese sul pavimento, il respiro ancora accelerato. Sul suo viso c’era un’espressione piacevolmente appagata di cui Inghilterra, in quel momento, si sentì fiero - dopotutto, ne era lui l’autore.
«Be', sembra che ti sia piaciuto» commentò Arthur guardandolo dall’alto in basso con fare vagamente superiore, dirigendosi verso il tavolo «Allora, ora che sei contento, io finisco il mio thé».

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