My dear, little...
Oct. 11th, 2010 03:08 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: My dear, little...
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff
Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Gli stridii che provenivano dallo studio di Ciel Phantomhive erano tali da far accapponare la pelle ai disgraziati che inavvertitamente si fossero trovati nei paraggi - ad esempio, buona parte della sua servitù.
A lui non servivano solo ore e ore di pratica - cosa che, se fatta in solitudine, non giovava granché alla sua bravura come musicista - ma anche un buon insegnante dal polso di ferro che riuscisse a farlo rigare dritto quel tanto sufficiente a non far istigare al suicidio il resto della servitù, che stava tentando disperatamente di scampare a quella tortura.
La soluzione a tutto quel caos era una ed una soltanto, tanto semplice quanto mai banale: si necessitava il drastico intervento di Sebastian.
Peccato che, in quel momento, il suddetto maggiordomo fosse nella parte più lontana del giardino, impegnato in ben altro che stare a bacchettare a dovere il suo signorino.
Gli stridii che provenivano dallo studio di Ciel Phantomhive erano tali da far accapponare la pelle ai disgraziati che inavvertitamente si fossero trovati nei paraggi - ad esempio, buona parte della sua servitù.
A lui non servivano solo ore e ore di pratica - cosa che, se fatta in solitudine, non giovava granché alla sua bravura come musicista - ma anche un buon insegnante dal polso di ferro che riuscisse a farlo rigare dritto quel tanto sufficiente a non far istigare al suicidio il resto della servitù, che stava tentando disperatamente di scampare a quella tortura.
La soluzione a tutto quel caos era una ed una soltanto, tanto semplice quanto mai banale: si necessitava il drastico intervento di Sebastian.
Peccato che, in quel momento, il suddetto maggiordomo fosse nella parte più lontana del giardino, impegnato in ben altro che stare a bacchettare a dovere il suo signorino.
«È così soffice, così tenero, così... dolce. Non smetterei mai e poi mai...! Ed è così nero...!».
I suoi vaneggiamenti mentali - che in tutt’altra situazione non sarebbero mai neppure esistiti - erano dovuti alla docile palletta di pelo che Sebastian teneva amorevolmente in braccio, fissandola con quella tenerezza che mai nessuno si sarebbe aspettato di veder comparire nei suoi occhi.
L’animale emise un soffuso mrooow mentre lo sguardo del demone s’incatenava al suo e le sue dita andavano a posarsi, come sempre, sulla parte sottostante di una delle zampe anteriori, strusciandovi sopra con un delicato movimento circolare.
«I gatti... sono così teneri, sono dolci, soffici, carini...!» commentò tra sé, carezzando con l’altra mano il dorso del felino, che emise un altro prolungato mrooooow di piacere.
Lo cinse improvvisamente in un abbraccio, beandosi del contatto tra i suoi polpastrelli e la pelliccia morbida e candida dell’animale.
«SEBASTIAAAAAN!!!».
Il grido inatteso di Maylene - che riecheggiò fin dove si trovava - fece sobbalzare non solo il demone, ma anche il gatto, che scivolò via dalla sua presa e se la diede a gambe, lasciandolo con l’espressione afflitta tipica di qualcuno che viene abbandonato dal suo più grande amore.
«Sebastian!!» ripeté la cameriera, correndogli incontro, fermandosi alle sue spalle.
L’uomo soppresse il forte ed improvviso impulso di strangolarla, recludendolo in fondo alla sua coscienza, mascherando il tutto dietro un’espressione paziente che non le fece neppure sospettare i macabri progetti che aveva preso in considerazione per lei.
«Che cosa è successo, Maylene?» domandò, intuendo dalla posizione delle mani - premute sui lati del capo - che qualcosa non andava.
«Sebastian! Il signorino... sta suonando!!» replicò la cameriera, senza spiegare niente; tuttavia, non c’era bisogno di aggiungere altro: il maggiordomo sapeva cosa comportava che il conte suonasse.
Sospirò, afflitto e rassegnato.
«Se il signorino smettesse di provare ad imparare da solo come si suona...» commentò tra sé.
«Vado» disse alla donna, quindi la superò, diretto alla villa.
Era scocciato dal fatto che il conte, con il suo smanioso desiderio di imparare a suonare il violino a dovere - peraltro fallendo ogni volta - avesse interrotto il suo incontro con il gattino che, puntualmente, si ripresentava lì tutti i giorni.
Quello era l’unico appuntamento che attendeva per tutta la giornata...
«... e lui si prende il disturbo d’interromperlo» concluse tra sé, mentre varcava la soglia della villa.
Già da lì percepiva il distorto e straziante rumore delle corde di violino martoriate dall’inesperta mano del conte.
Era un tormento che lo logorava dentro, una nenia stridente come le unghie sul vetro.
Doveva fermarlo quanto prima.
Raggiunse a passo rapidissimo lo studio e spalancò la porta, attirando l’attenzione del giovane Phantomhive - che cessò finalmente di suonare, ma solo per guardarlo.
«Sebastian...?» chiese.
Il maggiordomo si fece strada all’interno.
«Signorino, dovrebbe evitare di provare a suonare il violino in mia assenza» lo redarguì pacatamente.
«Non sono tenuto a render conto a t...!».
Ciel s’interruppe e starnutì, cogliendo di sorpresa il demone.
Fece per parlare di nuovo, ma fu interrotto da un secondo starnuto, che ricordò a Sebastian il piccolo problema del suo signorino con i gatti.
«Dev’essermi rimasto qualche pelo addosso...».
A giudicare dall’espressione rivoltagli dal giovane, non era l’unico ad essersene accorto: nei suoi occhi c’era una rabbia tenuta sotto un ferreo controllo sul punto di cedere.
«Sebastian... quante volte ti ho detto che i gatti devono stare fuori di qui?» lo interrogò.
«Signorino, qui non c’è alcun gatto» si difese l’uomo, in tono innocente.
Il giovane conte starnutì nuovamente.
«Questa mi pare una prova più che sufficiente del contrario» asserì, irritato.
«Davvero?» chiese Sebastian «A me sembra solo un brutto principio di raffreddore» aggiunse, fingendo la più spudorata innocenza.
Ciel fece per replicare a tono, ma il maggiordomo lo precedette: «Adesso, signorino, dedichiamoci alla sua odierna lezione di musica».
Il Phantomhive lo guardò male per qualche secondo, poi desisté: quando Sebastian si dichiarava senza colpe, era difficile aprire una breccia nelle sue difese.
Non avrebbe mai ammesso di aver preso in casa un gatto, neppure sotto tortura.
Il demone iniziò ad istruirlo sul pezzo da imparare quel giorno.
«E ora, speriamo che non desideri ripetere lo stesso futile tentativo di autoapprendimento anche domani: non voglio porre drastici rimedi alla sua totale mancanza d’attitudine per la musica».
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff
Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Gli stridii che provenivano dallo studio di Ciel Phantomhive erano tali da far accapponare la pelle ai disgraziati che inavvertitamente si fossero trovati nei paraggi - ad esempio, buona parte della sua servitù.
A lui non servivano solo ore e ore di pratica - cosa che, se fatta in solitudine, non giovava granché alla sua bravura come musicista - ma anche un buon insegnante dal polso di ferro che riuscisse a farlo rigare dritto quel tanto sufficiente a non far istigare al suicidio il resto della servitù, che stava tentando disperatamente di scampare a quella tortura.
La soluzione a tutto quel caos era una ed una soltanto, tanto semplice quanto mai banale: si necessitava il drastico intervento di Sebastian.
Peccato che, in quel momento, il suddetto maggiordomo fosse nella parte più lontana del giardino, impegnato in ben altro che stare a bacchettare a dovere il suo signorino.
Gli stridii che provenivano dallo studio di Ciel Phantomhive erano tali da far accapponare la pelle ai disgraziati che inavvertitamente si fossero trovati nei paraggi - ad esempio, buona parte della sua servitù.
A lui non servivano solo ore e ore di pratica - cosa che, se fatta in solitudine, non giovava granché alla sua bravura come musicista - ma anche un buon insegnante dal polso di ferro che riuscisse a farlo rigare dritto quel tanto sufficiente a non far istigare al suicidio il resto della servitù, che stava tentando disperatamente di scampare a quella tortura.
La soluzione a tutto quel caos era una ed una soltanto, tanto semplice quanto mai banale: si necessitava il drastico intervento di Sebastian.
Peccato che, in quel momento, il suddetto maggiordomo fosse nella parte più lontana del giardino, impegnato in ben altro che stare a bacchettare a dovere il suo signorino.
«È così soffice, così tenero, così... dolce. Non smetterei mai e poi mai...! Ed è così nero...!».
I suoi vaneggiamenti mentali - che in tutt’altra situazione non sarebbero mai neppure esistiti - erano dovuti alla docile palletta di pelo che Sebastian teneva amorevolmente in braccio, fissandola con quella tenerezza che mai nessuno si sarebbe aspettato di veder comparire nei suoi occhi.
L’animale emise un soffuso mrooow mentre lo sguardo del demone s’incatenava al suo e le sue dita andavano a posarsi, come sempre, sulla parte sottostante di una delle zampe anteriori, strusciandovi sopra con un delicato movimento circolare.
«I gatti... sono così teneri, sono dolci, soffici, carini...!» commentò tra sé, carezzando con l’altra mano il dorso del felino, che emise un altro prolungato mrooooow di piacere.
Lo cinse improvvisamente in un abbraccio, beandosi del contatto tra i suoi polpastrelli e la pelliccia morbida e candida dell’animale.
«SEBASTIAAAAAN!!!».
Il grido inatteso di Maylene - che riecheggiò fin dove si trovava - fece sobbalzare non solo il demone, ma anche il gatto, che scivolò via dalla sua presa e se la diede a gambe, lasciandolo con l’espressione afflitta tipica di qualcuno che viene abbandonato dal suo più grande amore.
«Sebastian!!» ripeté la cameriera, correndogli incontro, fermandosi alle sue spalle.
L’uomo soppresse il forte ed improvviso impulso di strangolarla, recludendolo in fondo alla sua coscienza, mascherando il tutto dietro un’espressione paziente che non le fece neppure sospettare i macabri progetti che aveva preso in considerazione per lei.
«Che cosa è successo, Maylene?» domandò, intuendo dalla posizione delle mani - premute sui lati del capo - che qualcosa non andava.
«Sebastian! Il signorino... sta suonando!!» replicò la cameriera, senza spiegare niente; tuttavia, non c’era bisogno di aggiungere altro: il maggiordomo sapeva cosa comportava che il conte suonasse.
Sospirò, afflitto e rassegnato.
«Se il signorino smettesse di provare ad imparare da solo come si suona...» commentò tra sé.
«Vado» disse alla donna, quindi la superò, diretto alla villa.
Era scocciato dal fatto che il conte, con il suo smanioso desiderio di imparare a suonare il violino a dovere - peraltro fallendo ogni volta - avesse interrotto il suo incontro con il gattino che, puntualmente, si ripresentava lì tutti i giorni.
Quello era l’unico appuntamento che attendeva per tutta la giornata...
«... e lui si prende il disturbo d’interromperlo» concluse tra sé, mentre varcava la soglia della villa.
Già da lì percepiva il distorto e straziante rumore delle corde di violino martoriate dall’inesperta mano del conte.
Era un tormento che lo logorava dentro, una nenia stridente come le unghie sul vetro.
Doveva fermarlo quanto prima.
Raggiunse a passo rapidissimo lo studio e spalancò la porta, attirando l’attenzione del giovane Phantomhive - che cessò finalmente di suonare, ma solo per guardarlo.
«Sebastian...?» chiese.
Il maggiordomo si fece strada all’interno.
«Signorino, dovrebbe evitare di provare a suonare il violino in mia assenza» lo redarguì pacatamente.
«Non sono tenuto a render conto a t...!».
Ciel s’interruppe e starnutì, cogliendo di sorpresa il demone.
Fece per parlare di nuovo, ma fu interrotto da un secondo starnuto, che ricordò a Sebastian il piccolo problema del suo signorino con i gatti.
«Dev’essermi rimasto qualche pelo addosso...».
A giudicare dall’espressione rivoltagli dal giovane, non era l’unico ad essersene accorto: nei suoi occhi c’era una rabbia tenuta sotto un ferreo controllo sul punto di cedere.
«Sebastian... quante volte ti ho detto che i gatti devono stare fuori di qui?» lo interrogò.
«Signorino, qui non c’è alcun gatto» si difese l’uomo, in tono innocente.
Il giovane conte starnutì nuovamente.
«Questa mi pare una prova più che sufficiente del contrario» asserì, irritato.
«Davvero?» chiese Sebastian «A me sembra solo un brutto principio di raffreddore» aggiunse, fingendo la più spudorata innocenza.
Ciel fece per replicare a tono, ma il maggiordomo lo precedette: «Adesso, signorino, dedichiamoci alla sua odierna lezione di musica».
Il Phantomhive lo guardò male per qualche secondo, poi desisté: quando Sebastian si dichiarava senza colpe, era difficile aprire una breccia nelle sue difese.
Non avrebbe mai ammesso di aver preso in casa un gatto, neppure sotto tortura.
Il demone iniziò ad istruirlo sul pezzo da imparare quel giorno.
«E ora, speriamo che non desideri ripetere lo stesso futile tentativo di autoapprendimento anche domani: non voglio porre drastici rimedi alla sua totale mancanza d’attitudine per la musica».